flyanto
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martedì 22 ottobre 2013
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quanto un rifugio presso un faro possa mettere a p
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Film in cui si racconta di un ex prete, interpretato da Rocco Papaleo, che ritorna al proprio paese natio nel Sud d'Italia dove troverà una situazione familiare non proprio ottimale: la sorella ha infatti abbandonato il marito (Riccardo Scamarcio) al fine di unirsi alla ragazza dell'Est che lavora come domestica a casa della madre, creando ovviamente un grandissimo scandalo per la famiglia residente in un paese alquanto provinciale e colmo di persone ben pensanti e retrograde. Essendosi spretato e pertanto avendo a suo modo dato scanalo anch' egli, il prete Papaleo si rifugia in un faro abbandonato di proprietà della famiglia dove in seguito approderanno poco alla volta una serie di personaggi singolari e "fuori dal comune".
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Film in cui si racconta di un ex prete, interpretato da Rocco Papaleo, che ritorna al proprio paese natio nel Sud d'Italia dove troverà una situazione familiare non proprio ottimale: la sorella ha infatti abbandonato il marito (Riccardo Scamarcio) al fine di unirsi alla ragazza dell'Est che lavora come domestica a casa della madre, creando ovviamente un grandissimo scandalo per la famiglia residente in un paese alquanto provinciale e colmo di persone ben pensanti e retrograde. Essendosi spretato e pertanto avendo a suo modo dato scanalo anch' egli, il prete Papaleo si rifugia in un faro abbandonato di proprietà della famiglia dove in seguito approderanno poco alla volta una serie di personaggi singolari e "fuori dal comune". Vi si trasferirà pertanto una bella ed ex prostituta, interpretata da Barbara Bobulova, poi il cognato abbandonato, un trio di individui appartenenti ad un' originale impresa di ristrutturazione ed infine la madre stessa, interpretata mirabilmente da Giuliana Lojodice, ormai "svergognata" ed impotente nei confronti delle critiche mossegli contro dal paese per le condizioni in cui si trovano tutti i membri della sua famiglia. Una serie di eventi poi accadrà portando però alla fine un'ottimale soluzione della situazione in generale e soprattutto facendo riconciliare tutti i familiari divisi finora dalle incomprensioni e dai propri problemi personali. Questa seconda opera di Rocco Papaleo in veste anche qui, come nel suo precedente "Basilicata Coast to Coast", sia di attore che di regista, lo riconferma quale autore brillante, sottilmente ironico ma equilibrato e dunque mai volgare (pur trattando temi che potrebbero "suonare" sconvenienti a molti). Inoltre, il suo spiccato gusto nello scegliere gli attori giusti al fine di ricoprire i ruoli dei vari personaggi, così come anche la scelta quanto mai azzeccata (e ricercata, sembra quasi, appositamente) dei luoghi in cui si svolgono le vicende, assicurano senza alcun dubbio e meritatamente il successo e la riuscita del film, concedendo allo spettatore un paio di ore serene e ed all'insegna del divertimento.
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daniele frantellizzi
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martedì 5 novembre 2013
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la poetica di de andré su pellicola
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La poetica di De André rivisitata e trasposta su pellicola: è questa la prima sensazione che si ha nell’assistere al nuovo film di Rocco Papaleo. Un prete spretato, una (ex) prostituta, un marito tradito, due ragazze omosessuali, una bimba che invece di andare a scuola fa la manovale nell’impresa di famiglia, gestita da due padri, dei quali uno è un ex circense di nome...Jennifer (“perché Gennaro era poco artistico”). Insomma, nell’assistere alla sfilata di coloriti personaggi allestita da Papaleo, impossibile non pensare alle tante figure cantate dal maestro genovese, dall’arcinota Bocca di Rosa in poi, con la disillusione e la marginalità sociale come tratto comune.
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La poetica di De André rivisitata e trasposta su pellicola: è questa la prima sensazione che si ha nell’assistere al nuovo film di Rocco Papaleo. Un prete spretato, una (ex) prostituta, un marito tradito, due ragazze omosessuali, una bimba che invece di andare a scuola fa la manovale nell’impresa di famiglia, gestita da due padri, dei quali uno è un ex circense di nome...Jennifer (“perché Gennaro era poco artistico”). Insomma, nell’assistere alla sfilata di coloriti personaggi allestita da Papaleo, impossibile non pensare alle tante figure cantate dal maestro genovese, dall’arcinota Bocca di Rosa in poi, con la disillusione e la marginalità sociale come tratto comune.
Per una serie di (s)fortunati eventi, tali personaggi si ritrovano tutti a condividere la propria esistenza negli angusti spazi di un vecchio faro (dismesso anche lui, ovviamente). Dopo un iniziale e reciproco scetticismo, in cui si studiano e si respingono vicendevolmente, ecco prevalere la volontà e l’esigenza di fare fronte comune nei confronti delle difficoltà della vita, e da “Corte dei Miracoli” diventano una sorta di grande famiglia. La piccola impresa meridionale del titolo si trasforma da edile (ristrutturazione del faro con il fine di farne un resort per turisti) in umana: la vera impresa da raggiungere, ambita da tutti, è infatti il reinserimento sociale.
Qui e là, degli sprazzi di splendida musicalità, a sottolineare una sorta di comunione di intenti tra arte e disillusione, nell’abbandono dello spirito che caratterizza tutti i protagonisti.
Il tutto sarebbe interessante, a tratti perfino poetico, se non fosse per una sceneggiatura frammentata e confusa, per una regia scialba, e per dei dialoghi spesso fuori tempo, alla continua ricerca di inutili gag comiche. Nella prima parte si fatica a contenere sbadigli, spenti solo da alcuni bei paesaggi marini e da un intenso Scamarcio nei panni di un talentuoso ed introverso pianista. In seguito, i ritmi si alzano ed abbassano in un continuo saliscendi di interesse: ad uno sguardo d’insieme, si ha la sensazione di un film sfilacciato, assemblato in fretta, quasi alla rinfusa e senza la giusta convinzione.
Papaleo è una vera delusione (nel ruolo di regista, ma anche come attore), la sempre affascinante Barbara Bobulova sembra messa lì per una questione di mera decorazione estetica, Sarah Felberbaum è brava, ma abbastanza ordinaria...gli unici che provano a far cambiare marcia al film sono una vivace Claudia Potenza, davvero accattivante nella sua estrosa espressività, e soprattutto una maestrale Giuliana Lojodice, catalizzatrice di tutte le dinamiche, decisamente una spanna sopra tutti gli altri nel dar vita al suo personaggio, una piccola (grande) capofamiglia meridionale.
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ultimoboyscout
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giovedì 11 giugno 2015
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impresa a responsabilità limitatissima.
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Papaleo abbandona l'amata Basilicata per girare in Sardegna, nella provincia di Oristano, senza dimenticare la sua grande passione per la musica, che fa capolino anche stavolta. L'artista lucano è don Costantino, un prete spretato, confinato nel vecchio e diroccato faro del paese natio per evitare maldicenze. Quel faro diventa piano piano il ritrovo di personaggi bizzarri, come il cognato cornuto dell'ex sacerdote o una ex prostituta, trasformando il faro stesso in una sorta di refugium peccatorum. Film decisamente meno bello e meno riuscito dell'esordio alla regia di Papaleo, questa è un'opera malinconica e verosimile in cui spicca un personaggio sopra le righe, un "alieno" nella pellicola, ovvero Arturo, il cornuto sbeffeggiato da tutti, con Papaleo che si ritaglia un ruolo più defilato per dedicarsi alla regia e mettere in risalto proprio il personaggio interpretato da Scamarcio.
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Papaleo abbandona l'amata Basilicata per girare in Sardegna, nella provincia di Oristano, senza dimenticare la sua grande passione per la musica, che fa capolino anche stavolta. L'artista lucano è don Costantino, un prete spretato, confinato nel vecchio e diroccato faro del paese natio per evitare maldicenze. Quel faro diventa piano piano il ritrovo di personaggi bizzarri, come il cognato cornuto dell'ex sacerdote o una ex prostituta, trasformando il faro stesso in una sorta di refugium peccatorum. Film decisamente meno bello e meno riuscito dell'esordio alla regia di Papaleo, questa è un'opera malinconica e verosimile in cui spicca un personaggio sopra le righe, un "alieno" nella pellicola, ovvero Arturo, il cornuto sbeffeggiato da tutti, con Papaleo che si ritaglia un ruolo più defilato per dedicarsi alla regia e mettere in risalto proprio il personaggio interpretato da Scamarcio. Il regista gioca con gli stereotipi, in particolare con quelli del meridione, il tono è quello della commedia ll'italiana alla Pietro Germi (più o meno), col fulcro comico rappresentato da mamma Stella che confina il figlio per poi soccombere di fronte al secondo "scandalo" che la travolge, ovvero la figlia che lascia il marito per scappare con un misterioso amante. Il contesto dove si svolge l'azione e si muovono i personaggi appare sospeso, quasi surreale, ma tutto sommato verosimile, Papaleo dirige con sobrietà un film prevedibile, buonista, con una struttura definita e già vista, senza alcuna novità di narrazione o di costruzione, con l'ottimismo di fondo che diventa una zavorra terrificante. Si incrociano sogni infranti, destini e voglia di ricominciare, di una seconda possibilità, col faro, grande protagonista della pellicola, che è metafora della luce ma anche punto nevralgico e centrale per essere punto di raccolta dei personaggi e dei loro dubbi, problemi, esperienze e confessioni.
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patricemakabu
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mercoledì 30 ottobre 2013
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una grande impresa del regista rocco papaleo
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La musica è uno degli elementi fondamentali che caratterizza questa produzione, l' anello di congiunzione tra la bellezza incontaminata dello scenario circostante e le peculiarità dei personaggi, protagonisti di quello che tutto si potrebbe definire tranne che una classica commedia all' italiana.
Una piccola impresa meridionale é in realtà una grande impresa del regista Rocco Papaleo, che si fa portavoce di una serie di tematiche che oggi risultano attualizzate e rivalutate.
Un film da cui cristallina affiora una spiccata comicità, ma che nasconde soprattutto la capacità di utilizzare il grande schermo per raccontare storie di vita che la società non si riconosce ancora pronta a comprendere e metabolizzare se non con molte riserve, che rischiano di incrinare i rapporti eclissando chi per svariate ragioni si vede primo attore di scelte apparentemente poco comprensibili e fuori dagli schemi della cosiddetta “normalità”.
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La musica è uno degli elementi fondamentali che caratterizza questa produzione, l' anello di congiunzione tra la bellezza incontaminata dello scenario circostante e le peculiarità dei personaggi, protagonisti di quello che tutto si potrebbe definire tranne che una classica commedia all' italiana.
Una piccola impresa meridionale é in realtà una grande impresa del regista Rocco Papaleo, che si fa portavoce di una serie di tematiche che oggi risultano attualizzate e rivalutate.
Un film da cui cristallina affiora una spiccata comicità, ma che nasconde soprattutto la capacità di utilizzare il grande schermo per raccontare storie di vita che la società non si riconosce ancora pronta a comprendere e metabolizzare se non con molte riserve, che rischiano di incrinare i rapporti eclissando chi per svariate ragioni si vede primo attore di scelte apparentemente poco comprensibili e fuori dagli schemi della cosiddetta “normalità”.
In questa seconda esperienza da regista Papaleo riesce qualitativamente a reggere al cospetto di Basilicata coast to coast, oggi però i personaggi percorrono un viaggio diverso, un viaggio interiore, sulla rotta dell' orizzonte nella verità, della liberazione che avviene spogliandosi di quel moralismo che nella vita non fa bene a nessuno e che non permette quasi mai di esprimersi liberamente.
L' ambientazione scelta non a caso é geograficamente al di fuori del contesto cittadino, un luogo inabitato, un quasi microcosmo, alla vista costante del mare a simboleggiare la riconquista in solitudine del proprio essere sul filo del movimento perpetuo delle onde, che sembrano portare progressivamente sulla sponda tutto quello che é lontano dagli stereotipi e dalle abitudini.
Un' originale struttura alberghiera ricavata da un vecchio faro, rimesso in sesto con la forza di chi si rimette in gioco ripartendo da zero, quale metafora migliore, che con molta probabilità il regista ha individuato come l' importanza di creare uno spazio nella nostra vita all' interno del quale accogliere e comprendere anche quello che ci sembra incomprensibile ed inconcepibile partendo, appunto, proprio da zero – un faro che certamente in origine era stato creato per indicare una rotta sul mare con il passare degli anni ritorna ad esercitare la stessa funzione sui confini dell' anima - in un luogo dove c'è posto per tutti.
Una piccola impresa meridionale é un lungometraggio dai ritmi scorrevoli, intervallati da frasi ricche di significato e da una serie di indovinati primi piani che riportano lo spettatore all' attenzione senza inutili forzature nei dialoghi, che si evidenziano volutamente poco articolati al fine di creare un clima molto vicino alla realtà, per la seconda volta Rocco Papaleo mette in scena una produzione che apre lo sguardo verso ambienti quasi sconosciuti, valorizzandone la bellezza e promuovendone la conoscenza al pubblico - che si é riscoperto coinvolto da un contesto suggestivo che ben fa comprendere le ragioni per cui il sud Italia dovrebbe essere maggiormente considerato quale ambita meta turistica.
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daniele grano
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domenica 9 marzo 2014
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una piccola impresa per un piccolo film
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La seconda fatica cinematografica di Rocco Papaleo può definirsi in tutto e per tutto "un'occasione sprecata".
La trama è, tutto sommato, accattivante: un ex prete (Rocco Papaleo), per sfuggire alle malelingue del piccolo paesino meridionale dove è nato e cresciuto, si rifugia nell'abbandonato faro di famiglia.
A fargli compagnia arriveranno nell'ordine: una ex "top escort" (Barbara Bobulova); suo cognato (Riccardo Scamarcio), abbandonato dalla moglie scappata con la badante di sua madre, sorella dell'ex prostituta; una famiglia di imprenditori edili/circensi napoletani; a completare il quadro, la stessa madre di Papaleo, scappata dal paese per la vergogna.
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La seconda fatica cinematografica di Rocco Papaleo può definirsi in tutto e per tutto "un'occasione sprecata".
La trama è, tutto sommato, accattivante: un ex prete (Rocco Papaleo), per sfuggire alle malelingue del piccolo paesino meridionale dove è nato e cresciuto, si rifugia nell'abbandonato faro di famiglia.
A fargli compagnia arriveranno nell'ordine: una ex "top escort" (Barbara Bobulova); suo cognato (Riccardo Scamarcio), abbandonato dalla moglie scappata con la badante di sua madre, sorella dell'ex prostituta; una famiglia di imprenditori edili/circensi napoletani; a completare il quadro, la stessa madre di Papaleo, scappata dal paese per la vergogna.
Il cast è di tutto rispetto, con attori in grandissima forma (in particolare, le forme della Bobulova sono molto spesso generosamente offerte al pubblico) ed ambientazione e fotografia sono spettacolari, in un ipotetico paese al confine fra Basilicata e Puglia, anche se il film, in realtà, è stato girato in Sardegna, a capo San Marco.
Manca però qualcosa: i dialoghi sono slegati tra loro, la narrazione non è scorrevole; il ritmo è lento, molto lento, al punto che lo spettatore, senza alcuno sforzo particolare, può prevederne il finale, quasi scontato.
Nonostante la verve comica di Papaleo sia viva e intatta, il comico lucano cade negli stessi errori di "Basilicata Coast to Coast", cercare di creare un'opera collettiva e musicale, originale ed anticonformista, senza dare il giusto peso al filo narrativo ed alla sua messa in scena.
Alla domanda: Consigliato? la risposta è Nì, ma forse anche No.
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filippo catani
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giovedì 24 ottobre 2013
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un variegato meridione
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Un parrocco di un paesino del Sud decide di ritirarsi presso un faro per non fare sapere in paese che ha abbandonato il ministero da circa tre mesi per amore di una donna che lo ha poi lasciato. Questo faro finirà per diventare un punto di accoglienza per diversi personaggi alle prese con diversi problemi personali.
Intorno al faro finiscono per ritrovarsi numerosi personaggi in cerca d'autore. Questo film vive così di alcuni momenti decisamente ironici e anche surreali (basti pensare allo splendido personaggio di Jennifer) alternati però a fasi in cui il ritmo finisce un po' per scadere (specialmente nella parte centrale) e sembra quasi che il film proceda così senza una direzione ben precisa.
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Un parrocco di un paesino del Sud decide di ritirarsi presso un faro per non fare sapere in paese che ha abbandonato il ministero da circa tre mesi per amore di una donna che lo ha poi lasciato. Questo faro finirà per diventare un punto di accoglienza per diversi personaggi alle prese con diversi problemi personali.
Intorno al faro finiscono per ritrovarsi numerosi personaggi in cerca d'autore. Questo film vive così di alcuni momenti decisamente ironici e anche surreali (basti pensare allo splendido personaggio di Jennifer) alternati però a fasi in cui il ritmo finisce un po' per scadere (specialmente nella parte centrale) e sembra quasi che il film proceda così senza una direzione ben precisa. Al netto di ciò il film resta certamente godibile anche se una spanna sotto al sorprendente Basilicata coast to coast. L'idea originale di questa pellicola è proprio quella di unire in una sorta di non luogo una serie di personaggi che per un motivo o l'altro devono dare una svolta alla loro vita rompendo un po' le convenzioni e gli schemi. Ed è forse quì dove si vede la riflessione più agrodolce di Papaleo; c'è infatti una parte della popolazione meridionale (e non solo) che è disposta ad aprirsi alla novità e ad abbandonare le tradizioni mentre un'altra fetta è decisamente restia. A questo proposito c'è la bellissima scena finale dove tra il matrimonio e l'urlo di Jennifer (non mi avrete mai gringos) che segna una demarcazione netta su certi modi di vivere la propria esistenza. Piacevoli le canzoni, splendidi i panorami e molto valido il cast dove insieme a Papaleo (che però lascia molto spazio al resto del cast) sono da segnalare un grandissimo Schiano nel ruolo di Jennifer e anche una Bobulova in gran forma.
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rosalba bilotta
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domenica 3 novembre 2013
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l'amore, se vero e sincero, va oltre ogni barriera
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Il film di Rocco Papaleo “Una piccola impresa meridionale”, uscito lo scorso mese nelle sale cinematografiche italiane, narra il coraggio del cambiamento quando si è veri e sinceri nei confronti di se stessi e con le persone con cui ci si relaziona quotidianamente.
Il Faro Capo San Marco rappresenta un punto d’incontro di anime in viaggio, un rifugio lontano dalle critiche e dai pregiudizi del paese, ma anche un luogo di evoluzione del singolo e del gruppo, in cui si prendono decisioni importanti per vivere meglio il presente e per star bene in futuro.
Apparentemente, giungono al Faro persone con un destino segnato, afflitte da un dolore, da un imprevisto, da una scelta, che trovano, però, il coraggio di essere se stesse e si impegnano a perseguire la verità, anche facendo i conti con i pregiudizi e gli stereotipi, dati dalla società.
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Il film di Rocco Papaleo “Una piccola impresa meridionale”, uscito lo scorso mese nelle sale cinematografiche italiane, narra il coraggio del cambiamento quando si è veri e sinceri nei confronti di se stessi e con le persone con cui ci si relaziona quotidianamente.
Il Faro Capo San Marco rappresenta un punto d’incontro di anime in viaggio, un rifugio lontano dalle critiche e dai pregiudizi del paese, ma anche un luogo di evoluzione del singolo e del gruppo, in cui si prendono decisioni importanti per vivere meglio il presente e per star bene in futuro.
Apparentemente, giungono al Faro persone con un destino segnato, afflitte da un dolore, da un imprevisto, da una scelta, che trovano, però, il coraggio di essere se stesse e si impegnano a perseguire la verità, anche facendo i conti con i pregiudizi e gli stereotipi, dati dalla società.
Il personaggio principale è un prete che, all’età di 55 anni, decide di confessare, alla madre e al paese, di aver avuto una relazione con una donna e di averla amata e, per questo motivo, di non poter più fare il sacerdote. Dice, infatti, <<Non potevo stare nell’ambiguità con me stesso e con Dio. Avevo una relazione con una donna>>.
La Signora Stella, inizialmente, è una mamma distrutta dal dolore e dalla vergogna data dal fatto che il figlio prete vuole sciogliere i suoi voti e la figlia Rosamaria, sposata, ha lasciato il marito per fuggire con l’amante donna di cui si è perdutamente innamorata e grazie alla quale ha trovato il coraggio di scegliere di gridare il proprio amore e il riconoscimento del diritto di amare, senza differenze di genere.
Il marito di Rosamaria che, in confessione, rivela di essersi sposato solo per dare gioia alla famiglia, pur non amando più la donna con la quale si è accostato al sacramento del matrimonio. Disistimato dal padre, vive alimentando in sé la passione per la musica jazz, senza essere compreso.
Una escort, apparentemente gioiosa e felice, che va in pensione a 40 anni e chiede alla sorella Valbona e a Don Costantino di essere ospitata nel Faro. Il giorno canta la canzone di Caterina Caselli “Sole spento”; la sera guarda le foto dei suoi clienti, immaginando che tutti quegli uomini la sognino.
Un Faro ha il compito di illuminare la rotta dei naviganti, di indicare una via di luce anche nelle tenebre della notte, di dare speranza nel giungere ad una meta, anche se si è in viaggio da diverso tempo.
Con la rinascita del Faro avviene, in ogni personaggio del film “Una piccola impresa meridionale”, un’evoluzione radicale: la mamma accetta l’amore che la figlia prova per una donna; il prete, sempre più convinto della scelta di sciogliere i voti, sceglie di sposare in pubblico due donne che si amano e impara un mestiere che lo porterà ad inserirsi nel tessuto sociale come cittadino; il ragazzo, prima sposato e inghiottito in un ruolo scelto da altri, matura e torna a suonare in pubblico, progettando il suo futuro basato sul talento e sulla voglia di amare nuovamente; la prostituta diventa imprenditrice, perché investe il suo denaro nella ristrutturazione del Faro, e corona il suo sogno d’amore decidendo di sposarsi con un uomo che la ama; la donna, che ha lasciato il marito per amare un’altra donna, si sente più forte e viva perché ha il coraggio di gridare il suo amore per la sua compagna e di lottare perché venga riconosciuto anche dagli altri.
L’amore, se vero e sincero, va oltre ogni barriera, quando si ha il coraggio di viverlo, indipendentemente dai ruoli, dal genere e dalle scelte passate e pregresse rispetto ai bisogni presenti dell’Io.
Viva l’amore dunque, perché chi ama non deve vergognarsi di esternare ciò che prova e che fa sentire vivi.
Se non si sceglie di abbracciare il nuovo che ormai esiste dentro sè, la coltre di silenzi, di bugie, di rinunce, di dolore, farà morire lentamente, e farà sentire inesistenti e spenti, chi ancora è in vita.
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giulio larosa
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domenica 13 gennaio 2019
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una impresa scadente
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Un ex prete torna al suo paese dopo essere stato lasciato dall'amante e per evitare lo scandalo viene alloggiato in un faro di proprieta' della famiglia. Un po' alla volta arrivano al faro personaggi piu' o meno strampalati e credibili. Questo sarebbe un film? E' poco piu' di una recita da teatrino della scuola media. Gia' l'incipit della trama e' una trovata sciocca: il prete spretato che fa scandalo al punto da doverlo nascondere poteva andare bene negli anni 50, 60 anni prima di questo film, oggi lo scandalo sarebbe un figlio che si vuole fare prete sul serio e non il contrario. La recitazione infine e' ai livelli della commedia da baraccone, con un parlare del "suddo" che fa imbestialire per quanto e' da caricatura.
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Un ex prete torna al suo paese dopo essere stato lasciato dall'amante e per evitare lo scandalo viene alloggiato in un faro di proprieta' della famiglia. Un po' alla volta arrivano al faro personaggi piu' o meno strampalati e credibili. Questo sarebbe un film? E' poco piu' di una recita da teatrino della scuola media. Gia' l'incipit della trama e' una trovata sciocca: il prete spretato che fa scandalo al punto da doverlo nascondere poteva andare bene negli anni 50, 60 anni prima di questo film, oggi lo scandalo sarebbe un figlio che si vuole fare prete sul serio e non il contrario. La recitazione infine e' ai livelli della commedia da baraccone, con un parlare del "suddo" che fa imbestialire per quanto e' da caricatura. Mi aspettavo che parlasse delle difficolta' dei poveri che lavorano dalle nostre parti che si devono barcamenare tra uno stato che si presenta solo come esattore e poliziotto, la malavita, la corruzione e il poco lavoro mal pagato, invece racconta una storiella senza alcuna credibilita', infarcita di casi umani ridicoli tanto per riempire un oretta di intrattenimento. Voto zero
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trammina93
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domenica 29 giugno 2014
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piuttosto scarso
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Per me non raggiunge la sufficienza questo film. Mi aspettavo un film più divertente, invece di battute divertenti ce ne sono davvero poche, si possono contare sulle dita di una mano. Magari la prima metà è anche guardabile ma la seconda fa venire l'orticaria. Era carino il mistero creatosi su chi fosse l'uomo mistetioso con cui era scappata la moglie di Arturo (Riccardo Scamarcio), nonchè sorella di don Costantino (Rocco Papaleo) ed è stata sorprendente la scelta di inventarsi che fosse lesbica e che la sua amante fosse Valbona (Sarah Felberbaum). Certo però non mi aspettavo che da lì in poi il film fosse un inno all'omosessualità.
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Per me non raggiunge la sufficienza questo film. Mi aspettavo un film più divertente, invece di battute divertenti ce ne sono davvero poche, si possono contare sulle dita di una mano. Magari la prima metà è anche guardabile ma la seconda fa venire l'orticaria. Era carino il mistero creatosi su chi fosse l'uomo mistetioso con cui era scappata la moglie di Arturo (Riccardo Scamarcio), nonchè sorella di don Costantino (Rocco Papaleo) ed è stata sorprendente la scelta di inventarsi che fosse lesbica e che la sua amante fosse Valbona (Sarah Felberbaum). Certo però non mi aspettavo che da lì in poi il film fosse un inno all'omosessualità. Non sono omofoba e non lincerò mai una coppia di omosessuali che vedo per strada però da qui ad inneggiarli ci passa un treno perchè se fossimo tutto omosessuali il genere umano si estinguerebbe non potendo riprodursi. Dal momento in cui si è scoperto di quest'amore omosessuale, la trama è stata incentrata quasi soloo su quello, con scene di sdolcinerie, romantichierie, baci tra le due che dopo un pò ti stufano. Per poi arrivare al finale anch'esso incentrato su quest'amore lesbo, con le due donne che giungono da una nave, vestite da sposa, tutto in stile spose fantasma e vengono dichiarate "unite come perdona e persona". Che dire se non: mah? Il resto della trama era poco solido, nulla di intrippante, nulla da cui ricavare gag divertenti, neanche la trovata della compagnia girovagante dei due uomini e la bambina che aiutano nella ristrutturazione Papaleo e gli altri. Scamarcio era molto sotto tono in questo film, non ha brillato come il suo solito, gli ho visto fare parti decisamente migliori (basti pensare Mine vaganti, Romanzo criminale ma anche Il rosso e il blu per rimanere in tema di commedie), quindi a mio avviso è sprecato per qiesto film visto il suo talento. Papaleo non mi ha mai fatto ridere troppo, non mi fa impazzire il suo accento nè la sua comicità e infatti neanche in questo film m'è piaciuto.Chi ha prevalso sugli altri in quanto a bravura ed un bel ruolo è Barbora Bobulova, che tra l'altro secondo me ha dato anche prova di avere un'ottima voce nel canto su questo film. Inoltre la Bobulova è stata l'unica che mi ha fatto uscire qualche sorriso, sarà che la sua storia è l'unica che hanno potuto sfruttare per qualche gag divertente, essendo la prostituta su cui tutti hanno i pregiudizi. Al di là di questo il film per me è da bocciare proprio.
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stefanomaria
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domenica 27 ottobre 2013
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scusate, ma non ho capito...
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Cosa devo dirvi, il cinema, la proiezione, la sala, il buio, quello splendido schermo che si anima di storie fantastiche (non nel senso delle fantasia; anzi, non solo....), commoventi, drammatiche, dolci, fredde, passionali, dure (talvolta durissime...), vere, false, inventate....mi affascina sempre; sono uno che difficilmente esce dalla sala non appagato, disgustato, deluso.... Questa volta, dopo aver visto 'Una piccola impresa meridionale' mi sono alzato dalla poltroncina con una sensazione di vuoto, di incompleto, di non ultimato, di imperfetto, come dopo aver visto una qualsiasi cosa che tu sai difettosa, imprecisa.... incompiuta, in pratica.
Cercherò di spiegarmi meglio: mi è piaciuta l'idea, che ho trovato discretamente originale, del prete spretato che ritorna la paesello 'profondamente' meridionale; ho goduto profondamente la fotografia, la scenografia, la 'location' (mio dio che mare.
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Cosa devo dirvi, il cinema, la proiezione, la sala, il buio, quello splendido schermo che si anima di storie fantastiche (non nel senso delle fantasia; anzi, non solo....), commoventi, drammatiche, dolci, fredde, passionali, dure (talvolta durissime...), vere, false, inventate....mi affascina sempre; sono uno che difficilmente esce dalla sala non appagato, disgustato, deluso.... Questa volta, dopo aver visto 'Una piccola impresa meridionale' mi sono alzato dalla poltroncina con una sensazione di vuoto, di incompleto, di non ultimato, di imperfetto, come dopo aver visto una qualsiasi cosa che tu sai difettosa, imprecisa.... incompiuta, in pratica.
Cercherò di spiegarmi meglio: mi è piaciuta l'idea, che ho trovato discretamente originale, del prete spretato che ritorna la paesello 'profondamente' meridionale; ho goduto profondamente la fotografia, la scenografia, la 'location' (mio dio che mare...!); ho altrettanto gioito intimamente alla colonna sonora (IO AMO RITA MARCOTULLI!!!!), l'atmosfera languidamente jazzistica che il regista ha voluto rendere; ho apprezzato, ancora, la inusuale interpretazione di Scamarcio (bellone hollywoodiano che qui interpreta pregevolmente uno sfigato...); Giovanni Esposito, caratterista di valore; lo stesso Papaleo l'ho trovato poco dinamico, ma decente; la Loiodice in una insolita parte in dialetto, ma sempre immensa....
Ma ho anche notato una serie interminabile di problematiche, alcune di rilevantissima importanza, buttate lì, senza una conclusione, senza una presa di posizione chiara, trattate come se fossero il colore di un'auto o la nota della spesa... Omosessualità, crisi di vocazione, problemi di condivisione di figli minori, ottusità/chiusura mentale dei piccoli centri meridionali, disoccupazione, rapporti familiari inquinati da consuetudini (e sicuramente ne ho dimenticato qualcun'altro...) sono troppi per essere tutti affrontati in un unico film e, perdonatemi, ci vogliono due palle così per farlo bene! Registi molto più esperti e navigati di Papaleo hanno tentato nell'impresa naufragando miseramente nelle difficoltà fisiologiche insite nella trattazione di tali argomenti!
Per concludere: per fare un buon film impegnato (ammesso che fosse questo l'intento del regista...), non è necessaria una splendida colona sonora, una location da urlo e Giuliana Loiodice nel cast; peraltro, per fare un decente film leggero (ammesso che fosse questo l'intento del regista...) non è consigliabile affrontare migliaia di problematiche pesanti ed estremamente serie se ci sono buoni caratteristi (o comici..) che ti danno una mano....
Insomma, non ho capito.....
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