Che paura con i Manetti a lezione da Bava e Dario Argento
di Roberto Nepoti La Repubblica
Pur sempre minoritario nel nostro cinema, durante gli anni 60 l’horror italiano ebbe la funzione di introdurre sullo schermo le pulsioni sessuali e le perversioni con i film di Bava, Margheriti e altri piccoli maestri della serie B. Non bisogna andare troppo in là per cercare i referenti dei Manetti Bros., al secolo Marco e Antonio Manetti: uno dei personaggi di Paura, Simone, segue una lezione universitaria dove il professore illustra la poetica di Mario Bava, “sdoganato” ormai anche dalla cultura accademica. Credendo assente il proprietario, un ricco marchese, tre ventenni romani decidono di passare il weekend nella sua villa piena di auto d’epoca, chitarre e ogni altro ben di Dio. Però in cantina l’imprevedibile blasonato custodisce, incatenata, anche una donna nuda, un po’ bella un po’ bestia. Dopo la lunga introduzione, necessaria a installare i personaggi, il tasso di suspense si mantiene a un buon livello fino alla conclusione. I Manetti mostrano di aver imparato bene la lezione di Bava e del primo Argento, anche se (la serie di Shaw non è passata a caso) aggiungono alla ricetta tradizionale una dose di splatter.
Da La Repubblica, 15 giugno 2012
di Roberto Nepoti, 15 giugno 2012