SOMEWHERE (USA, 2010). Diretto da SOFIA COPPOLA. Interpretato da STEPHEN DORFF, ELLE FANNING, CHRIS PONTIUS, MICHELLE MONAGHAN, LAURA CHIATTI, JO CHAMPA, ALEXANDER NEVSKY
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Johnny Marko è un attore di Hollywood con residenza in un lussuoso hotel della California. Assolutamente a suo agio in una vita monotona e tutt'altro che interessante, occupata da folle di ammiratori, corse
in automobile, farmaci e spettacoli appositamente preparati per lui, deve a un certo punto accettare la richiesta dell'ex moglie che gli affida temporaneamente la loro bambina undicenne, Cléo. Il contrasto fra
i loro due mondi è notevole: Cléo pratica pattinaggio artistico, ama nuotare e giocare ai videogames, ed è caratterizzata da una personalità vivace e curiosa. Senza mai abbandonare il suo torpore e la sua
indistruttibile indifferenza, Johnny saprà comunque comportarsi da bravo genitore nel periodo (positivo) che la figlia passerà con lui. Fino a quando la madre non la riprende e Johnny riprecipita nella sua solitudine,
ora più angosciosa di prima. Premiato con un controverso Leone d'Oro al Festival di Venezia, è un film certamente di non immediata comprensione e piuttosto articolato a livello psicologico, ma chi l'ha giudicato
noioso e monotono è probabilmente succube della cinematografia moderna, sempre più propensa a sfornare action-movie zeppi di violenza e inverosimiglianze, al limite anche del patetico e purtroppo tutti
dipendenti dal ciclo della ripetitività. In "Somewhere", invece, l'azione è tutta concentrata nel pensiero dei personaggi e nelle mosse che quest'ultimo li conduce a fare: sebbene non si possa parlare di un autentico
racconto di formazione, bisogna notare come il rapporto tra un padre ombroso e una figlia solare giovi ad entrambi, apra nuove prospettive e permetta un confronto costruttivo che aiuti entrambi - ma soprattutto lui - a crescere. Ma crescere solo interiormente, poiché il comportamento di Johnny sarà anche autodistruttivo, in ultima analisi, ma resta sempre il prodotto di una società troppo caotica, nervosa, affamata di ricchezza e
potere (anche mediatico, come s'evince dalla conferenza coi giornalisti), costantemente preoccupata ad evolversi con una velocità superiore ai suoi stessi ritmi e che quindi stanca e svilisce l'individuo, il quale cade
in una depressione (definibile in tutto e per tutto "metropolitana") perché non sente di appartenervi. Isolato e schiavo della società che in fin dei conti detesta, questo personaggio necessita di una svolta, benché sappia che forse gliene manca il coraggio o la volontà. La scena finale, in cui percorre molti chilometri con la macchina per poi scendere in una campagna dove non c'è anima viva, rappresenta però un piccolo riscatto, o meglio, un punto di partenza: Johnny Marko fugge dal suo torpore, si lascia alle spalle quel mondo rumoroso per iniziare a trovare un suo equilibrio interiore, così da valorizzare la sua esistenza. Dove lo
troverà? Non si sa. "Da qualche parte", ci dice il titolo. Quanto alla sceneggiatura, avrebbe fatto decisamente meglio a inserire più personaggi rilevanti e a togliere qualche vip nel ruolo di sé stesso: a parte l'intermezzo italiano della consegna dei Telegatti (bravi Frassica e la Ventura), gli altri (come Del Toro) sono piazzati male e il massimo che riescono a fare è una comparsata insipida. Per concludere, i silenzi e le pause che spesso ricorrono scena dopo scena hanno chiaramente un loro compito espressivo, ma più d'una volta si indugia troppo, e in quegli specifici casi non sarebbe guastata una maggiore rapidità.
La Coppola ha comunque saputo orchestrare bene questa storia diversa dalle altre, che non perde di vista il suo scopo, con l'esperienza via via crescente di una regista che si sta definitivamente affermando.
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