Cloverfield |
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Un film di Matt Reeves.
Con Lizzy Caplan, Jessica Lucas, T.J. Miller, Michael Stahl-David, Mike Vogel.
continua»
Azione,
Ratings: Kids+13,
durata 85 min.
- USA 2008.
- Universal Pictures
uscita venerdì 1 febbraio 2008.
MYMONETRO
Cloverfield
valutazione media:
2,82
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Fobie post-moderne e riflessioni metalinguistiche
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| sabato 23 febbraio 2008 | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
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Nonostante tutto l'armamentario horror vi converga, confluendo in un corpus filmico compatto insieme alla spettrale presenza dell'11 settembre, non si può dire che Cloverfield sia un prodotto riuscito. Il cortocircuito strutturale è lampante nella semiosi profilmica che tenta di far coincidere tecnologie e modelli rappresentativi mainstream con elementi narratologici pseudo-amatoriali. La presunta continuità del vedere implode ancor prima di manifestarsi in contraddizioni semantiche che rendono la dialettica del rappresentabile la rappresentazione di un non-credibile, e quindi il fatto amatoriale viene a cadere. Per esempio, com'è possibile che una videocamera riesca a registrare perfettamente una telefonata al cellulare quando fuori impazza il finimondo? Non si dovrebbero nemmeno sentire le voci dei protagonisti, figuriamoci una comunicazione al telefonino. Com'è possibile che la videocamera continui a funzionare dopo tutti gli incidenti che le capitano, ultimo quello aereo? Come può una ragazza impalata alzarsi e camminare come se nulla fosse, uscire indenne da un incidente aereo e rilasciare una lacrimevole dichiarazione alla mdp stile Strega di Blair? Ma al di là di questo, la consuetudine dei modelli, la loro ciclica ripetitività (la storia d'amore, l'uomo duro e puro disposto a tutto per salvare la sua amata ecc.) impediscono alla pellicola di concludere il succitato processo di semiosi, rendendo la verosimiglianza uno scarto tra quanto detto e quanto si vuol dire. Uno spunto interessante è dato dai mostri e da questa impossibilità di vedere, di centrare l'inquadratura se non nella scena finale (una vera bestemmia, dove si svela quanto prima era nascosto, con caduta ulteriore di credibilità.) Banalizzando, esiste un cinema commerciale ed uno apertamente d'autore o sperimentale, e non sempre è facile far combaciare le due realtà, specialmente quando le esigenze produttive hanno la meglio su quelle artistiche. Si potrebbe aggiungere qualcosa sulla auto-riflessività del cinema, sul rapporto percettivo tra visione e modalità di visione, ma per quanto detto la retorica è grippata in anticipo.
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