Prova a incastrarmi

Con “Prova a incastrarmi” Sidney Lumet torna sul banco degli imputati. Da "Il verdetto" a "La parola ai giurati", tanto per citarne alcuni, le aule del Tribunale sono una costante nella carriera del regista ottantenne che ha sempre mostrato uno spiccato interesse per le storie giudiziarie. Con un'inversione di tendenza rispetto al passato, Lumet ha diretto una "legal comedy" basandosi sulle testimonianze raccolte nel processo che vide tra gli imputati alcuni esponenti di famiglie mafiose operanti nel New Jersey. Accusato di ricettazione, associazione a delinquere, spaccio di sostanze stupefacenti, Jack Di Norscio riuscì con la spacconeria da emigrante italiano a conquistare la giuria e le prime pagine dei giornali diventando un autentico showman. Tocca ad un inedito Vin Diesel -l'attore newyorkese dal fisico scultoreo è dovuto ingrassare oltre venti chili ed ha parlato più di quanto non abbia mai fatto in tutti i suoi film- il ruolo del gigione che arruffianò la corte con barzellette e monologhi da cabaret, mentre tutti gli altri protagonisti si muovono perfettamente tra leggi, leggine ed emendamenti. Iniziale omaggio a Rudolph Giuliani -alcune immagini di repertorio mostrano un procuratore distrettuale che illustra le operazioni antimafia-, poi la cronaca più o meno verosimile del processo più lungo della storia americana. “Prova a incastrarmi” passa con disinvoltura dalle celle alle aule giudiziarie, affida le sorti del film ad un mafioso dalla battuta facile mostrando i perversi meccanismi legali. Un processo con 20 imputati e più di 70 capi di imputazione poteva perdersi tra arringhe e requisitorie, ma Lumet ha una scelta di tempi perfetti: vince la scommessa convincendo giurati e spettatori. Antonello Villani (Salerno)