Titolo originale Curse of the Golden Flower / Man cheng jin dai huang jin jia.
Drammatico,
durata 111 min.
- Cina, Cina 2006.
uscita venerdì 25maggio 2007.
MYMONETROLa città proibita
valutazione media:
3,63
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Oro ed argento
festa del crisantemo
tunnel di sangue
Durata:
Una lacrima ed una goccia di sangue cadono ugualmente, quel che cambia è la velocità e talvolta il peso del fato.
Le masse enormi (e sterminate è- più che mai -il caso di dirlo, in ogni senso) trascurano l'individualità, eppure il singolo sovrasta il numero.
Tutti corrono verso la più terribile tragedia.
Giudizio:
Volete Edipo ? Eccone una quintalata. Fedra ? Un vagone...L' Orestiade ? A pacchi e mettiamoci anche l'incesto...e le mogli segrete.
I velluti di seta che rivestono i corridoi e le sale, passaggi obbligati in cui si snoda gran parte della vicenda, hanno una tale densità visiva e cromatica psichedelica che anche gli esterni paiono quinte di un teatro immenso.
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Oro ed argento
festa del crisantemo
tunnel di sangue
Durata:
Una lacrima ed una goccia di sangue cadono ugualmente, quel che cambia è la velocità e talvolta il peso del fato.
Le masse enormi (e sterminate è- più che mai -il caso di dirlo, in ogni senso) trascurano l'individualità, eppure il singolo sovrasta il numero.
Tutti corrono verso la più terribile tragedia.
Giudizio:
Volete Edipo ? Eccone una quintalata. Fedra ? Un vagone...L' Orestiade ? A pacchi e mettiamoci anche l'incesto...e le mogli segrete.
I velluti di seta che rivestono i corridoi e le sale, passaggi obbligati in cui si snoda gran parte della vicenda, hanno una tale densità visiva e cromatica psichedelica che anche gli esterni paiono quinte di un teatro immenso...ed è gioia per gli occhi da rasentare l'indigestione.
Lo spettatore esigente ed anglofilo:
"La Maledizione del Fiore Dorato" è un titolo decisamente più significativo, in questa città proibita entrano a blocchi di diecimila !
Gong Li sembra un pò Monica Bellucci, Strega nel film sui fratelli Grimm di Terry Gillian.
In compenso Chow Yu Fat studia per diventare il Toshiro Mifune dei tempi moderni.
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Costruita a partire dal 1406, la Città Proibita è stata per cinque secoli la reggia degli imperatori cinesi, da Yong Le, della dinastia Ming, fino a PuYi, l'ultimo imperatore, deposto nel 1911 a seguito di una rivolta popolare.
Complesso architettonico grandioso, la Città Proibita è una città nella città, con i suoi 720.000 mq di superficie ed un numero straordinario di stanze, corridoi, cortili, al cui interno, l'Imperatore-Dio viveva protetto da alte mura color rosso sangue, circondato da opere d'arte, marmi, stucchi, statue bronzee da favola, che riflettevano il potere assoluto e il ruolo cosmico del "figlio del cielo".
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Costruita a partire dal 1406, la Città Proibita è stata per cinque secoli la reggia degli imperatori cinesi, da Yong Le, della dinastia Ming, fino a PuYi, l'ultimo imperatore, deposto nel 1911 a seguito di una rivolta popolare.
Complesso architettonico grandioso, la Città Proibita è una città nella città, con i suoi 720.000 mq di superficie ed un numero straordinario di stanze, corridoi, cortili, al cui interno, l'Imperatore-Dio viveva protetto da alte mura color rosso sangue, circondato da opere d'arte, marmi, stucchi, statue bronzee da favola, che riflettevano il potere assoluto e il ruolo cosmico del "figlio del cielo".
E' in questo complesso di opulenza e segreti che Zangh Yimou ambienta il suo ultimo film, che conclude idealmente la trilogia d'amore e avventura iniziata nel 2003 con "Hero" e proseguita l'anno successivo con "La foresta dei pugnali volanti", e che esplicita inconfutabilmente la nostalgia del regista per una Cina dal passato millenario, nobilitato da una civiltà raffinatissima e crudele che la rivoluzione maoista, prima, e l'economia pseudo-capitalista, poi, hanno distrutto e cancellato.
Basato su un'opera teatrale dello Shakespeare d'oriente, Cao Yu, e ambientato nella Cina medioevale del X secolo, durante il tardo dominio della dinastia Tang, il film narra la storia crudele e torbida di un dramma (o faida) celato dietro una facciata di perbenismo opulento e sfarzoso, che dilania la decadente famiglia dell'Imperatore.
Tutto ha inizio la vigilia delle festività del "Chong Yang" (la festa dei crisantemi, comunemente chiamati in Cina "fiori dorati"), indette per celebrare con onore il ritorno dai campi di battaglia del Principe Jai, il figlio prediletto dell'imperatore.
L'atmosfera a corte è greve e pesante, i rapporti tra l'Imperatore e la sua sposa sono tesi e rancorosi. Il sovrano ha scoperto la relazione sentimentale clandestina che da anni intercorre tra l'Imperatrice ed il figliastro, principe Wang, figlio di primo letto dell'Imperatore stesso (che, a sua volta, ha un amore segreto con la figlia del medico imperiale) e, approfittando della malattia della donna, sta tentando di farla impazzire facendole bere, progressivamente, un veleno fatale. Ma anche l'Imperatrice sta tramando oscure macchinazioni contro l'Imperatore, organizzando, con l'aiuto dell'amante, un colpo di stato per sbarazzarsi dell'odiato marito.
Tra i due coniugi, a far da collaboratore e spia, c'è l'ambigua figura di Jiang, il medico imperiale.
La resa dei conti avviene la notte che precede i festeggiamenti, quando un esercito ribelle viola la città proibita, verso la battaglia finale, summa ideologica di vuxia e di ombre cinesi, orda monocromatica che avanza e calpesta brutalmente la distesa di crisantemi gialli che orna il cortile, e che inesorabilmente si macchia di rosso sangue.
La schiacciante superiorità militare dell'Imperatore, che ha facile gioco dei ribelli, sembra ricordarci che il potere, più che sulla ragione, si regge sulla forza ma anche sul tradimento e le passioni, sull'ambizione e la crudeltà. [-]
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“La città proibita” ha un effetto visivo abbagliante, pieno di colori vivacissimi e dorati, masse umane immense che si muovono simultaneamente, con precisione chirurgica e scenografie di rara bellezza; il fascino grandioso della dinastia Tang è portato allo schermo in una cornice splendida che ci delizia gli occhi.
Il wuxiplan, genere che ricorda il nostro “Cappa e Spada”, raggiunge il suo apice di eccesso e tecnica con questo film, nel quale viene riflessa un'interessante storia di complotti e ribellioni della famiglia Tang, ambientato in un favoloso X secolo, con personaggi totalmente al di fuori di una qualsiasi concezione moderna, ma che rimangono pur sempre affascinanti e curiosi.
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“La città proibita” ha un effetto visivo abbagliante, pieno di colori vivacissimi e dorati, masse umane immense che si muovono simultaneamente, con precisione chirurgica e scenografie di rara bellezza; il fascino grandioso della dinastia Tang è portato allo schermo in una cornice splendida che ci delizia gli occhi.
Il wuxiplan, genere che ricorda il nostro “Cappa e Spada”, raggiunge il suo apice di eccesso e tecnica con questo film, nel quale viene riflessa un'interessante storia di complotti e ribellioni della famiglia Tang, ambientato in un favoloso X secolo, con personaggi totalmente al di fuori di una qualsiasi concezione moderna, ma che rimangono pur sempre affascinanti e curiosi.
Immancabili scene acrobatiche di arti marziali e scene con sangue che scorre a fiumi, ma la validità del film si compiace un po' troppo di questa meraviglia visiva, facendo perdere un po' il filo della storia, che ha un inizio un po' troppo lento, come se volesse farci godere gli occhi e basta, nella prima ora di film.
Comunque, gli ultimi quaranta minuti di film sono valgono l'attesa, sfociando in un trionfo di colpi di scena e di violenti combattimenti da farti roteare gli occhi.
Le prove attoriali sono un po' troppo fredde, anche se riprendono fedelmente la staticità degli uomini di quell'epoca: uomini decisamente attaccati alla tradizione e all'onore, che seguono gli ordini meglio di qualsiasi automa.
“La città proibita” attrae ma non conquista pienamente, segno del fatto che la bellezza se non accompagnata da altri elementi utili di un film (storia, recitazione, originalità) è eccesso è basta.
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"CUrse of the Golden Flower"(Zhang Yimou, anche cosceneggiatore, 2006)riprende una stoia di quello che per gli Occidentali è "Media Aetas", "Medioevo"(definizione umanistica, poi omologata nei secoli), che in Oriente e in particolare in quello straordinario subcontinente che è "China"non ha invece nessun significato. Potere e corruzione(incesti, omicidi in famiglia, nella famiglia imperiale)da parte di un imperatore e dei suoi ninjas, che sono sostanzialmente"sgherri al suo servizio"(ma anche questo è una definizione occidentale, di stampo democratico-.liberale, che non va bene né per il tempo né per la mentalità cinese).
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"CUrse of the Golden Flower"(Zhang Yimou, anche cosceneggiatore, 2006)riprende una stoia di quello che per gli Occidentali è "Media Aetas", "Medioevo"(definizione umanistica, poi omologata nei secoli), che in Oriente e in particolare in quello straordinario subcontinente che è "China"non ha invece nessun significato. Potere e corruzione(incesti, omicidi in famiglia, nella famiglia imperiale)da parte di un imperatore e dei suoi ninjas, che sono sostanzialmente"sgherri al suo servizio"(ma anche questo è una definizione occidentale, di stampo democratico-.liberale, che non va bene né per il tempo né per la mentalità cinese). IL tutto narrato con lo stile inimitabile, "lussurioso"o meglio lussoreggiante, "barocco"(ma anche qui è definizione occidentale, di origine portoghese, tra l'altro, dunque dlel'estremo Occidente)che si serve di straordinarie scenografie, che rimandano alle "incredibili"(ma per noi OccidentalI)architetture interne e architetture nel senso pieno del palazzo imperiale, con fortissimi contrasti Luce-Oscurità, gradazioni di luce diverse, contrasti forti naturalmente, dove ogni personaggio ha dietro di sé ma anche su di sé abiti e colori che lo caratterizzano, in un gioco assolutamente"unico"di contrasti(appunto)di dialettiche interne che rimandano ad altro. Credo non serva affatto discettare su eventuali errori storici e di ambientazione che Zhang Yimou abbia commesso(o magari anche"voluto commettere")dato che ci troviamo in un campo minato, per chi non è culturalmente affine(neppure affine, in realtà, bisognerebbe essere"uguali"ossia partecipare in pieno della e alla cultura cinese), mentre servità piuttosto mettere gli"occhiali"che ci fornisce l'antropologia culturale e la relativizzazione storica degli eventi. Un film, comunque, che è testimonianza storica, al di là di evneutali"piccoli errori".... El Gato
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