Il regista di matrimoni |
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Un film di Marco Bellocchio.
Con Sergio Castellitto, Donatella Finocchiaro, Sami Frey, Gianni Cavina, Maurizio Donadoni.
continua»
Drammatico,
durata 107 min.
- Italia 2006.
- 01 Distribution
uscita venerdì 21 aprile 2006.
MYMONETRO
Il regista di matrimoni
valutazione media:
3,66
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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L'arte e la ragionedi RickyFeedback: 0 |
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giovedì 15 febbraio 2007 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Buongiorno, notte del 2003 lo aveva riportato alle inchieste e agli scandali degli anni di piombo con risultati di cui ancora oggi si rivendicano certi risultati non ottenuti (soprattutto in termini du critica). Quei mancati riconoscimenti hanno affrettato il ritorno di Marco Bellocchio sul luogo del delitto: ovvero su quei temi come l'ateismo, come l'alienazione da una società fintamente laica di cui è stato cantore sin dal memorabile I pugni in tasca del 1965. Il regista di matrimoni vede la seconda collaborazione del regista piacentino con Sergio Castellitto dopo lo splendido e "potente" L'ora di religione. Il cinema bellocchiano è un salto nell'onirico, nella bellezza dell'arte del cinema che vuole promuovere una sua identità senza richiedere troppi compiacimenti nel pubblico: forse per questa sua snobbistica autorialità che il regista ha avuto sempre numerosi estimatori e altrettanti detrattori. Il nuovo film di Bellocchio è puro inno alla libertà creativa, alla rivendicazione di crisi esistenziali (e anche professionale in questo caso) che ogni uomo nell'arco di una vita può subire e affrontare. Castellitto, regista in difficoltà, riprende (in senso filmico) in modo imperturbabile e nello stesso tempo eccessivamente partecipe il matrimonio forzato di una bella donna (la bella e brava Finocchiaro) di cui si invaghisce: non può e non vuole comprendere quelle liturgie così obsolete che annientano gli autentici desideri delle persone. Bellocchio inserisce un collage di immagini metaforiche e dialoghi al vetriolo che sottolineano ancora una volta la sua smania di difendere e monitorare l'importanza della libertà di azione. Il dialogo tra Castellitto e lo straordinario Gianni Cavina segna uno dei passi topici, non solo del film, ma anche del bellocchio pensiero: l'accusa e la rabbia del regista Smamma (Cavina) nei confronti dell'ingiusto modo di valutare i meriti di un artista. O di non considerarli del tutto; questo poichè l'arte e la ragione non viaggiano sovente a braccetto. Una parte condensata in pochi ma toccanti minuti. Il finale aperto è un'altro leitmotiv bellocchiano che induce (per chi vuole) a meditare su alcune questioni rimaste irrisolte, ma che probabilmente esigono un perenne punto interrogativo. Un'opera sottovaluta dal pubblico, che ha diviso la critica. Ma questo è un concetto rinnovabile ad ogni film di Bellocchio: il grande successo commerciale e il consenso unanime del mondo (pseudo)intellettuale avrebbe, forse, frastornato di più il regista.
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