stefanocapasso
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lunedì 17 luglio 2017
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l'amore che salva
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Saimir, adolescente, vive col padre ad Ostia. Sono immigrati irregolari albanesi e sbarcano il lunario come possono, trafficando con l’immigrazione clandestina
Mentre il padre ha trovato una donna con cui dividere la sua vita, Saimir è in quella fase della vita in cui l’inquietudine e i bisogni assillanti lo spingono a sperimentare esperienze di varia natura, trovandosi fondamentalmente solo anche per via della sua condizione di emigrato. Il conflitto col padre esploderà quando dovrà trasportare una giovane ragazza destinata alla prostituzione.
Bello questo film di Francesco Munzi che affronta un dramma sociale, familiare e personale in modo asciutto, rarefatto, con pochi dialoghi che rispecchiano la condizione di isolamento dei protagonisti.
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Saimir, adolescente, vive col padre ad Ostia. Sono immigrati irregolari albanesi e sbarcano il lunario come possono, trafficando con l’immigrazione clandestina
Mentre il padre ha trovato una donna con cui dividere la sua vita, Saimir è in quella fase della vita in cui l’inquietudine e i bisogni assillanti lo spingono a sperimentare esperienze di varia natura, trovandosi fondamentalmente solo anche per via della sua condizione di emigrato. Il conflitto col padre esploderà quando dovrà trasportare una giovane ragazza destinata alla prostituzione.
Bello questo film di Francesco Munzi che affronta un dramma sociale, familiare e personale in modo asciutto, rarefatto, con pochi dialoghi che rispecchiano la condizione di isolamento dei protagonisti.
Sotto il tema principale dell’emarginazione dovuta all’età e alla condizione di migrante, se ne sviluppa un altro altrettanto potente: la mancanza della madre. Il protagonista riesce a trasformare la rabbia di questa mancanza, da qualcosa di distruttivo in qualcosa di utile per gli altri e in fondo per se stesso, anche a costo di rompere il rapporto col padre. L’amore per la figura materna, pur rappresentata ormai solo da una foto, lo spinge pur nell’avversità estrema delle sue condizioni, a compiere quelle scelte sane che lo svincolano da un destino altrimenti segnato
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tu lo sai
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mercoledì 17 dicembre 2008
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la bianca è sciocca
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la bianca è sciocchissima ahahahaha
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morales
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mercoledì 17 dicembre 2008
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bello e incantevole
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è stupendo, lo vedrei anche tre volte di fila
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vvv
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venerdì 3 agosto 2007
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bello
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rosy60
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martedì 28 novembre 2006
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la scelta di saimir
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Film documentario, asciutto, malinconico, coinvolgente, che descrive con efficacia un degrado ambientale ed umano, che diventa "normalità" per i clandestini, quasi un destino ineluttabile.Sorte amara,incomprensibile, alla quale il giovane protagonista Saimir si ribella, diventando prima la coscienza critica del padre e poi, per aiutare una giovane clandestina destinata alla strada, rompendo il muro di omertà. La scelta etica di passare dalla parte del "bene" gli costerà la perdita del padre e l'ingresso nel mondo degli adulti, dove Saimir ora è veramente solo.
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giosi
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martedì 29 agosto 2006
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lo sguardo di saimir
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Brillante esordio di Francesco Munzi con un'opera prima che si farà ricordare a lungo. Lo sguardo disincantato e malinconico del protagonista quindicenne albanese Saimir, proiettato in luoghi senza futuro e su un'umanità senza riscatto, descrive un'Italia di immigrazione e sofferenza che nessun autore aveva sinora raccontato con la verità e la sempicità delle immagini di Munzi. Il film ha la capacità di raccontare una storia sostanzialmente semplice con un taglio struggente ed essenziale. Imperdibile.
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francesco
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martedì 11 aprile 2006
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etico
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Storia di una presa di coscienza e di una coraggiosa scelta morale, filmata su un non-luogo come il litorale romano: case costruite a metà, cascinali abbandonati solo in apparenza, il mare fuori stagione. Sullo sfondo un'Italia nascosta ma quasi sempre complice di una criminalità d'importazione. E che offre una sola via d'uscita a Saimir, una stazione dei carabinieri, un modulo per la denuncia, uno strappo con il passato da pagare in prima persona.
La regia è capace di immagini splendide: l'arrivo dei clandestini all'inizio del film, gente che sembra uscire dal buio o i bambini con i palloncini rossi sulla spiaggia, nel giorno di un matrimonio già senza futuro. Un film etico, merce rara. Da vedere.
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paolo.apa
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mercoledì 29 giugno 2005
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saimir di francesco munzi vola alto.
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La fotografia è bella come bellissima l’immagine che chiude il primo tempo con i clandestini che ritornano dalla campagna.
Francesco Munzi attualizza l’aforisma n. 2 di T. W. Adorno:”… nella società antagonistica anche il rapporto delle generazioni è un rapporto di concorrenza, dietro cui si nasconde la violenza pura e semplice. Ma oggi cominciamo a regredire verso uno stadio che non cosce più il complesso edipico, ma il parricidio.”
La spiaggia sempre presente a ricordo d’antiche invasioni e conquiste. Una pagina di cronaca scritta con il piglio del migliore Corrado Alvaro. Bello
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michele il critico
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giovedì 12 maggio 2005
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saimir
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SAIMIR
regia: Francesco Munzi
Saimir, sedicenne albanese, abita in una casa sul lungomare laziale con il padre trasportatore di immigrati clandestini, la compagna italiana del padre e la foto sempre a fuoco della madre. L'incontro con Michela, ragazza che sembra prima apprezzare le sue qualità umane ma che poi rifiuta il suo modo di vivere troppo diverso, conduce Saimir all'estremo rifiuto della realtà di cui è prigioniero.
Munzi, alla sua prima opera, punta a volare alto, affrontando temi delicati con uno stile che sembra ispirarsi ad un certo cinema europeo.
Tuttavia il ricorso esasperato di silenzi, di panoramiche di spazi desolati a campo medio e lo studio dei volti dei protagonisti non significano sempre in quanto tali se non strutturati in un contesto che ne esalta la forza espressiva.
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SAIMIR
regia: Francesco Munzi
Saimir, sedicenne albanese, abita in una casa sul lungomare laziale con il padre trasportatore di immigrati clandestini, la compagna italiana del padre e la foto sempre a fuoco della madre. L'incontro con Michela, ragazza che sembra prima apprezzare le sue qualità umane ma che poi rifiuta il suo modo di vivere troppo diverso, conduce Saimir all'estremo rifiuto della realtà di cui è prigioniero.
Munzi, alla sua prima opera, punta a volare alto, affrontando temi delicati con uno stile che sembra ispirarsi ad un certo cinema europeo.
Tuttavia il ricorso esasperato di silenzi, di panoramiche di spazi desolati a campo medio e lo studio dei volti dei protagonisti non significano sempre in quanto tali se non strutturati in un contesto che ne esalta la forza espressiva. C'è forse dietro l'incapacità di raccontare in una maniera diversa?
VOTO **
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[+] grande munzi - bis
(di pancho)
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anonimo
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domenica 8 maggio 2005
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albanese
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