Cantando dietro i paraventi

Paolo D'Agostini

Da grande artista, Ermanno Olmi "ci fa". Fa l'ingenuo e, tornando sull'arte antica del ùmestiere delle armi ma virando verso il fiabesco, spezza in modo "impolitico" una lancia a favore del deporre le stesse - senza perdere l'onore - tramite la virtù salvifica del perdono. Sa insomma che le cose non vanno così, ma si guarda bene dal rinunciare al dire autorevolmente la sua da intellettuale fuori dal coro e assolutamente indipendente.
In un favoloso mondo di pirateria cinese del XVIII secolo, che secondo il principio felliniano il regista bergamasco ha inventato tutto qui nei paraggi e con neanche un cinese vero (ma avvalendosi di un Bud Spencer-Carlo Pederzoli di wellesiana monumentalità) ma non senza produrre un effetto visivo sontuosamente spettacolare, Olmi trae spunto da una storia vera e pubblicata agli inizi dell'Ottocento: ma ci ricama di metafora e d'allegoria da par suo attraverso una messa in scena di cui sottolinea fortemente la carica di finzione teatrale.
È la storia della vedova Ching che raccoglie la spada del marito, ammiraglio della flotta piratesca, combattuto dall'imperatore e tradito dagli azionisti che traggono vantaggio dalle sue scorrerie. Contro la vedova Ching, enigmatica e sensuale, si muovono le forze imponenti dell'impero che, dapprima respinte con perdite, tornano con uno spiegamento che non lascia speranze alle giunche corsare. E qui il miracolo: anziché attaccare e annullare il nemico il principe che guida la spedizione punitiva aspetta. E infine lancia un messaggio di riconciliazione: colorati aquiloni che portano su di sé scritta un'antica formula di saggezza. La vedova Ching potrà così consegnarsi senza spargimento di sangue e senza vergogna, la guerra finirà e le donne, finalmente, potranno tornare a cantare dietro i paraventi.
Olmi, e non sarebbe lui sennò, se ne frega altamente dei rozzi sociologismi femministi. Le donne sono fatte per donare serenità e per cantare discretamente dietro i paraventi, come la pioggia per bagnare i campi e il sole per riscaldare. Se poi pirati, azionisti e imperatori odierni abbiano voglia di starlo ad ascoltare, purtroppo, è tutt'altro paio di maniche. Unico appunto a un film che riempie gli occhi e il cuore, rispetto al capolavoro che lo ha preceduto
Da La Repubblica, Domenica 26 ottobre 2003


di Paolo D'Agostini, Domenica 26 ottobre 2003