figliounico
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martedì 31 gennaio 2023
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se non fosse per auteuil...
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Un fatto di cronaca nera francese degli anni ’90 è il soggetto ispiratore, sceneggiato da Carrere e diretto da Nicole Garcia, di questo film del 2002 che si limita a trasmettere il senso di angoscia del protagonista, peraltro grazie soltanto alla performance attoriale di Daniel Auteuil, non offrendo una qualsiasi chiave di lettura per la storia straordinaria che racconta, ovvero quella di un uomo comune che è riuscito ad ingannare e a truffare tutti, moglie, genitori, parenti, amici e conoscenti, almeno per due decenni fino al gesto estremo e distruttivo. Garcia rimane in superficie, riporta quello che legge nello script senza aggiungervi nulla di autoriale, non va oltre la pedissequa narrazione del fattaccio di cronaca e non basta l’utilizzo frenetico e smodato dei flash back per rendere originale e personale una pellicola che rimane prigioniera della vicenda piuttosto che trarne spunto.
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Un fatto di cronaca nera francese degli anni ’90 è il soggetto ispiratore, sceneggiato da Carrere e diretto da Nicole Garcia, di questo film del 2002 che si limita a trasmettere il senso di angoscia del protagonista, peraltro grazie soltanto alla performance attoriale di Daniel Auteuil, non offrendo una qualsiasi chiave di lettura per la storia straordinaria che racconta, ovvero quella di un uomo comune che è riuscito ad ingannare e a truffare tutti, moglie, genitori, parenti, amici e conoscenti, almeno per due decenni fino al gesto estremo e distruttivo. Garcia rimane in superficie, riporta quello che legge nello script senza aggiungervi nulla di autoriale, non va oltre la pedissequa narrazione del fattaccio di cronaca e non basta l’utilizzo frenetico e smodato dei flash back per rendere originale e personale una pellicola che rimane prigioniera della vicenda piuttosto che trarne spunto. La messa in scena è asettica, senza pathos e senza prospettiva artistica. La riuscita del film è lasciata alla indubbia bravura del cast, non solo Auteuil ma anche Cluzet e Devos, ed il film finisce per somigliare ad una rappresentazione teatrale e tuttavia senza regia nella quale i personaggi si muovono pirandellianamente in cerca di un autore.
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fabio57
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mercoledì 9 marzo 2016
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buon film
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Quello che più colpisce del film è sapere che è tutto vero.Purtroppo la storia raccontata magistralmente da Garcia è autentica e questo la rende ancora più angosciante.Con una regia asciutta e una sceneggiatura sobria,Il regista ci porta nelle lunghe e allucinanti peregrinazioni del protagonista,medico per tutti in realtà nullafacente, in stazioni di servizio e a congressi dove non è invitato.Così assistiamo alla lenta e inevitabile discesa, di questo sedicente dottore, negli inferi della sua follia criminale, dalla quale non riesce ad affrancarsi e che lo porta inesorabilmente alla tragedia finale.E' terribile pensare che un uomo "normale" che apparentemente ama la famiglia , affettuoso con i figli , premuroso con i genitori, si complica poi la vita a tal punto da inventarsi una professione che non ha mai praticato e vivendo di bugie ed espedienti per quasi vent'anni, e che messo alle strette invece di ammettere la montagna di menzogne che aveva seminato per tutta la vita,pensa bene di liquidare la questione sterminando tutti i suoi cari, le vittime dei suoi raggiri .
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Quello che più colpisce del film è sapere che è tutto vero.Purtroppo la storia raccontata magistralmente da Garcia è autentica e questo la rende ancora più angosciante.Con una regia asciutta e una sceneggiatura sobria,Il regista ci porta nelle lunghe e allucinanti peregrinazioni del protagonista,medico per tutti in realtà nullafacente, in stazioni di servizio e a congressi dove non è invitato.Così assistiamo alla lenta e inevitabile discesa, di questo sedicente dottore, negli inferi della sua follia criminale, dalla quale non riesce ad affrancarsi e che lo porta inesorabilmente alla tragedia finale.E' terribile pensare che un uomo "normale" che apparentemente ama la famiglia , affettuoso con i figli , premuroso con i genitori, si complica poi la vita a tal punto da inventarsi una professione che non ha mai praticato e vivendo di bugie ed espedienti per quasi vent'anni, e che messo alle strette invece di ammettere la montagna di menzogne che aveva seminato per tutta la vita,pensa bene di liquidare la questione sterminando tutti i suoi cari, le vittime dei suoi raggiri .La soluzione finale è allucinante, di una persona gravemente disturbata e incline ad una violenza e crudeltà inaudite.
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giorpost
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giovedì 17 settembre 2015
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un impeccabile daniel auteuil per un dramma reale
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Su Daniel Auteuil si è detto quasi tutto, tale è la sua bravura e vista la mole di estimatori che ha in tutt' Europa e nel resto del globo. L' attore francese mi ha costantemente sorpreso per la sua poliedricità nell' alternare ruoli brillanti ad altri dal profondo dramma interiore. In quest' opera dal titolo L' avversario (Francia, 2002), tratta da una vera storia di cronaca nera, Auteuil veste i panni di Jean-Marc, un uomo affetto da evidente disturbo di personalità borderline e che ha basato gli ultimi 18 anni di esistenza su fondamenta fatte esclusivamente di menzogne. Egli mente sul suo lavoro, mente sugli investimenti finanziari che propone a persone a lui vicine, mente a sua moglie ed ai suoi due figlioletti sulle sue reali e fittizie priorità di marito, padre e uomo.
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Su Daniel Auteuil si è detto quasi tutto, tale è la sua bravura e vista la mole di estimatori che ha in tutt' Europa e nel resto del globo. L' attore francese mi ha costantemente sorpreso per la sua poliedricità nell' alternare ruoli brillanti ad altri dal profondo dramma interiore. In quest' opera dal titolo L' avversario (Francia, 2002), tratta da una vera storia di cronaca nera, Auteuil veste i panni di Jean-Marc, un uomo affetto da evidente disturbo di personalità borderline e che ha basato gli ultimi 18 anni di esistenza su fondamenta fatte esclusivamente di menzogne. Egli mente sul suo lavoro, mente sugli investimenti finanziari che propone a persone a lui vicine, mente a sua moglie ed ai suoi due figlioletti sulle sue reali e fittizie priorità di marito, padre e uomo.
Il dramma subirà un' evoluzione terribile, quanto imprevedibile, dal momento in cui la sua amante Marianne (Emmanuelle Devos), ex moglie di un suo amico ed a lungo corteggiata, lo lascia definitivamente: tale evento sancirà il punto di rottura definitivo nell' ambito di un' involuzone psichica di un personaggio che ha voluto vivere per anni oltre le proprie possibilità, con la pericolosa attitudine a ledere chi lo circonda.
Daniel Auteuil e Francois Cluset, quest' ultimo presente nella pellicola con un ruolo da comprimario insiemi ad altri bravi interpreti, sono due mostri del cinema transalpino, ma in questo caso non è fattibile un paragone tra i due vista l' enormità e l' intensità della prova di Auteuil il quale, come fatto in altre circostanze, si è totalmente immedesimato nel personaggio, scendendo nei più cupi meandri della mente criminale di Faure che lotta contro un avversario temibile: se stesso.
La regia della Garcia lascia un tantino a desiderare e per diversi aspetti è spiazzante per l' utilizzo di alcune tecniche poco comprensibili, come la presenza di stacchi rapidi durante i dialoghi o per talune inquadrature in sequenze fondamentali, vedi il tentato omicidio di Marianne. Stavolta, però, non mi soffermerò più di tanto sugli aspetti tecnici o sulla musica (pur essendo, quest' ultima, curata dal grande Angelo Badalamenti), ma esclusivamente sulla prova di uno dei più grandi attori del mondo.
Voto: 6.5 al film, 9 a Auteuil.
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paperino
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giovedì 28 aprile 2011
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al di là della condanna cercare di capire...
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Quello che più mi ha colpito di questo film è il tentativo, portato avanti tenacemente fino alla fine, di mostrare i fatti accaduti dal punto di vista del protagonista.Il difficile gioco di continui flash back mi sembra perfettamente riuscito nel situare l'inizio della vicenda e la sua fine nello stesso luogo e nella stessa atmosfera di straniamento.
Simbolica in questo senso l'immagine dei cocci del piatto di cui solo nelle ultimissime inquadrature comprendiamo il significato.
Mi ha sorpreso come , con un linguaggio scarno e mai sopra le righe la regia sapientemente ci ha portato ad immedesimarci nelle difficoltà , nelle ansie , nei momenti di disperazione e di sollievo di un uomo che ha commesso a sangue freddo cinque omicidi e ne ha causato un sesto.
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Quello che più mi ha colpito di questo film è il tentativo, portato avanti tenacemente fino alla fine, di mostrare i fatti accaduti dal punto di vista del protagonista.Il difficile gioco di continui flash back mi sembra perfettamente riuscito nel situare l'inizio della vicenda e la sua fine nello stesso luogo e nella stessa atmosfera di straniamento.
Simbolica in questo senso l'immagine dei cocci del piatto di cui solo nelle ultimissime inquadrature comprendiamo il significato.
Mi ha sorpreso come , con un linguaggio scarno e mai sopra le righe la regia sapientemente ci ha portato ad immedesimarci nelle difficoltà , nelle ansie , nei momenti di disperazione e di sollievo di un uomo che ha commesso a sangue freddo cinque omicidi e ne ha causato un sesto.
L'autore poteva decidere di svolgere il tema trattandolo come un semplice fatto di cronaca o piuttosto di proporci un film di condanna utilizzando toni esasperati ed immagini violente o raccapricianti per portare lo spettatore al disprezzo, all'odio o al desiderio di vendetta nei confronti del protagonista.
Sceglie invece di mostrarci la sua vita come si svolge nella quotidianità spiazzandoci fin dall'inizio in quanto vediamo che il nostro medico mancato si reca effettivamente a congressi e si incontra con uomini di scienza ed ha un rapporto premuoroso, affettuoso e costante nei confronti della moglie dei figli e dei genitori, quanto " normalmente" e senza problemi si svolge la sua vita sociale nei rapporti con amici di famiglia.La sua soffenza interiore viene a galla man mano che affiora la consapevolezza di non poter più reggere il gioco e alla fine diventa disperazione , come dimostra la corsa nel bosco, metafora del suo scivolare verso un punto di non ritorno e poi il pianto disperato.
Ci viene così presentato come un bambino mai cresciuto che spera di portare avanti per sempre, senza essere scoperto, una specie di pantomima volta a nascondere in tutti i modi il fatto di " aver sbagliato il compito" che in questo caso è anche il compito di figlio, marito e padre responsabile, ruolo che non è in grado di sostenere.
Il suo lato infantile emerge anche quando, dopo un iniziale tentativo di rifiuto di gestire il capitale del'amante,pur sprofondando sempre di più nel ruolo di truffatore si gratifica con l'acquisto di un'auto nuova.
Proprio come un bambino pensa che qualcosa accadrà per salvarlo un'altra volta dalla situazione in cui si trova cercando sempre al di fuori di sè la soluzione del problema in quanto il suo sè, il suo Io non esiste. Come un bambino non riesce a formulare un progetto per un futuro più ampio ma tenta di salvarsi nell'immediato.
Quando tutto è perduto mette in atto l'eliminazione di coloro che sarebbero rimasti i più delusi e disorientati dalla scoperta della sua vera identità con un' apparente meticolosa freddezza cercando il modo e il momento più opportuno. Nei giorni passati chiuso nella casa dove giacciono senza vita le persone per cui valeva la pena continuare a vivere e recitare si conclude l'operazione di straniamento dalla realtà : dato che non potranno più soffrire per causa sua non c'è più motivo di preoccuparsi per loro.
Continua però a fingere riservando per se stesso la morte più atroce.... con un punto di domanda finale : sopravviverà? Lo spettatore non lo saprà mai come non saprà mai quale problema mentale possa aver indotto un uomo a sostenere la fatica e la sofferenza di vivere la vita di un altro per così tanto tempo... Superfluo dire che il film si basa tutto sulle molteplici ed efficaci espressioni di Daniel Auteuil e che comunque stiamo parlando di un assassino che merita di essere punito.
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mary22
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domenica 12 aprile 2009
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angosciante
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Se lo spettatore non sapesse che è basato su una storia vera..lo troverebbe assurdo. E questa storia resta comunque inspiegabile nel film in cui le psicologie sono algide, non vive ma quasi meccaniche e quindi non convincenti. Il protagonista è tratteggiato come un quasi pazzo..sicuramente Auteuil è molto bravo..ma il film non spiega nulla. E' reso comunque il sapore di una ossessione..di una estrema estraneazione..di una follia e tutto il dolore delle vittime ignare.
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adriana
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mercoledì 30 aprile 2008
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l'avversario
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angosciante, inquietante, coinvolgente, indimenticabile....lo strappo nella tela della normale ,apparentemente, vita di un uomo alla fine è come un pugno nello stomaco...la scena in cui lui torna dalla camera dei figli, dopo averli uccisi e si accascia sulla poltrona provoca quasi un dolore fisico pur senza alcuna visione di cadaveri, sangue armi del delitto ecc. è più potente ed efficace di "mattanze" da film-horror..... un film bellissimo!!!
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ntn
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domenica 16 settembre 2007
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film comunque da vedere
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Interpretazione di Daniel Auteui ottima, la personalità del personaggio interpretato è resa con sagacia e trasporto.
Il dramma vissuto dal protagonista è trasmesso molto bene, il regista ha saputo fare il suo mestiere, il montaggio delle sequenze girate in esterno è più che buono.
E' un titolo da tenere in videoteca.
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