nathan
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martedì 20 febbraio 2007
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cronaca della sopravvivenza nel far west
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Uno dei film western più oggettivi della storia.Non c'è bene e male,non ci sono buoni e cattivi,il conflitto tra pellerossa e soldati viene raccontato con un taglio cronachistico e realistico.Molto bella l'ambientazione,quasi claustrofobica.Dietro ogni roccia può esserci un pericolo,la morte è dappertutto,e tutti sono costretti a conviverci,elaborando raffinate strategie di sopravvivenza,(la stessa sopravvivenza che spinge gli indiani alla guerra),strategie anche estreme.Impressionante la scena nella quale il soldato che accompagna la famiglia del contadino sul carro,attaccato dagli apache,conscio dell'impossibilità della vittoria,uccide la donna egli stesso e poi si spara in bocca per evitare di finire vivo nelle mani degli indiani che lo avrebbero torturato.
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Uno dei film western più oggettivi della storia.Non c'è bene e male,non ci sono buoni e cattivi,il conflitto tra pellerossa e soldati viene raccontato con un taglio cronachistico e realistico.Molto bella l'ambientazione,quasi claustrofobica.Dietro ogni roccia può esserci un pericolo,la morte è dappertutto,e tutti sono costretti a conviverci,elaborando raffinate strategie di sopravvivenza,(la stessa sopravvivenza che spinge gli indiani alla guerra),strategie anche estreme.Impressionante la scena nella quale il soldato che accompagna la famiglia del contadino sul carro,attaccato dagli apache,conscio dell'impossibilità della vittoria,uccide la donna egli stesso e poi si spara in bocca per evitare di finire vivo nelle mani degli indiani che lo avrebbero torturato.Film crudo,ma oggettivo,senza alcuna lezione di morale,allo stesso modo dello sguardo disincantato e stanco di Burt Lancaster.Crepuscolare.
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domenico rizzi
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mercoledì 18 giugno 2014
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la ragione non e' mai da una parte sola
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"Ulzana's Raid" venne diretto da Robert Aldrich nel 1972 mentre era in corso la guerra del Vietnam e il western andava in cerca di nuovi spunti che lo rilanciassero sugli schermi di tutto il mondo. Un film revisionista, senz'altro, ma con qualche eccesso, ammesso e non concesso che il conflitto contro i Vietcong c'entrasse qualcosa con gli Apache. Poco importa che Ulzana sia stato realmente un condottiero di questo popolo - o meglio, di una delle sue tante bande isolate che combattevano per conservare un costume di vita non del tutto condivisibile secondo l'etica moderna - e che non abbia fatto la fine descritta nel film, dal momento che visse fino al 1909. Dopo questa premessa, va detto che quello di Aldrich, regista de "L'ultimo Apache" nel 1954, è un ottimo lavoro, che interpreta benissimo i sentimenti della gente impegnata nella conquista delle aride distese del Sud-Ovest statunitense, si tratti di giovani sottotenenti inviati a compiere una missione impossibile, guide indiane come Kenitay o smaliziati esploratori al servizio dell'esercito quale è Mc Intosh, interpretato da un anziano ma sempre eccezionale Burt Lancaster.
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"Ulzana's Raid" venne diretto da Robert Aldrich nel 1972 mentre era in corso la guerra del Vietnam e il western andava in cerca di nuovi spunti che lo rilanciassero sugli schermi di tutto il mondo. Un film revisionista, senz'altro, ma con qualche eccesso, ammesso e non concesso che il conflitto contro i Vietcong c'entrasse qualcosa con gli Apache. Poco importa che Ulzana sia stato realmente un condottiero di questo popolo - o meglio, di una delle sue tante bande isolate che combattevano per conservare un costume di vita non del tutto condivisibile secondo l'etica moderna - e che non abbia fatto la fine descritta nel film, dal momento che visse fino al 1909. Dopo questa premessa, va detto che quello di Aldrich, regista de "L'ultimo Apache" nel 1954, è un ottimo lavoro, che interpreta benissimo i sentimenti della gente impegnata nella conquista delle aride distese del Sud-Ovest statunitense, si tratti di giovani sottotenenti inviati a compiere una missione impossibile, guide indiane come Kenitay o smaliziati esploratori al servizio dell'esercito quale è Mc Intosh, interpretato da un anziano ma sempre eccezionale Burt Lancaster. Gli Indiani attaccano insediamenti, uccidono, torturano in maniera barbara e violentano le donne, ma per il vecchio uomo della Frontiera, conscio di trovarsi di fronte ad una realtà che non si può modificare, odiarli sarebbe come "odiare il deserto perchè non c'è l'acqua". Inoltre, perchè "la ragione non è mai completamente da una parte". Il racconto prosegue con una lentezza a volte esasperante, che accentua la suspense mettendo a dura prova i nervi dei protagonisti, fino a quando, grazie ad uno stratagemma, l'astuto e spietato Ulzana non si decide ad attaccare la piccola scorta rimasta isolata in un avvallamento. Rimasto solo e inseguito dal cugino-rivale Kenitay, ingaggiato come scout dalla cavalleria, si renderà conto che il suo cammino è ormai giunto alla fine, offrendosi alla giustizia dell'avversario. Lo stesso fatalismo, per certi aspetti ammirevole, di Mc Intosh, che, ferito in diverse parti del corpo durante il combattimento, rifiuta di essere trasportato al forte, chiedendo all'attonito tenente De Buin (Bruce Davison) di confezionargli una sigaretta. E' la dignitosa resa dell'uomo di fronte ad una natura ostile e ingrata e all'ineluttabile decisione della sorte. "Nessuna pietà per Ulzana" è assai meno apologetico di "Soldato Blu", perchè Bianchi e Pellirosse, pur obbedendo a logiche differenti, sono entrambi vittime di qualcosa che li sovrasta, da accettare con la rassegnazione dimostrata dall'anziano scout e dal capo Apache.
Domenico Rizzi, scritttore.
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johngarfield
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venerdì 30 settembre 2011
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western classico e "adulto"
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Western classico, anche se alcuni elementi inducono a ritenere che l’ambientazione western sia solo un pretesto per porre alcune questioni di tipo socio-politico. Aldrich, si sa, non è uno “yes man”, cerca sempre di sottrarsi alle ferree regole imposte dagli studios. E’ un personaggio scomodo che spesso si è trovato a pagare personalmente la sua libertà d’espressione, che troppo spesso non collimava con le esigenze della fabbrica dei sogni.
Stavolta ha provato a produrre un film, aiutato in questo (e un po’ condizionato) da Burt Lancaster, che desse ai più l’idea di un buon film western, ma suggerisse ai più avveduti delle similitudini con questioni molto più moderne quale la guerra in Vietnam (siamo nel 1972).
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Western classico, anche se alcuni elementi inducono a ritenere che l’ambientazione western sia solo un pretesto per porre alcune questioni di tipo socio-politico. Aldrich, si sa, non è uno “yes man”, cerca sempre di sottrarsi alle ferree regole imposte dagli studios. E’ un personaggio scomodo che spesso si è trovato a pagare personalmente la sua libertà d’espressione, che troppo spesso non collimava con le esigenze della fabbrica dei sogni.
Stavolta ha provato a produrre un film, aiutato in questo (e un po’ condizionato) da Burt Lancaster, che desse ai più l’idea di un buon film western, ma suggerisse ai più avveduti delle similitudini con questioni molto più moderne quale la guerra in Vietnam (siamo nel 1972).
Come si sa, le varie amministrazioni americane e le autorità militari hanno contrastato per anni progetti cinematografici che non fossero più che apologetici circa l’impegno USA nel paese asiatico. Lo stesso Coppola dovette girare le scene nelle Filippine usando elicotteri di quell’esercito (e il film è del 1979 (a ben 5 anni di distanza dalla fine del conflitto).
Alcuni registi poco inclini ad abbassare la testa e abituati a ragionare con le proprie idee, pensarono che questa censura poteva essere evitata utilizzando metodi ben noti ai registi costretti a dirigere in regimi poco democratici (pensiamo alla Spagna, alla Cina, al Portogallo ecc.) e cioè l’allegoria. Il modello che meglio si prestava a questa operazione era appunto la conquista dell’Ovest a scapito della libertà e dei diritti delle popolazione native che vi abitavano e cioè le tribù indiane o pellerossa. Ecco quindi apparire film come SOLDATO BLU di Ralph Nelson (1970), UCCIDERO’ WILLIE KID di Abraham Polonsky (1969) ecc. La cosa curiosa è che la critica chiama questo tipo di film con l’appellativo di “revisionista”, cosa che non mi sento di condividere, visto il pesante valore negativo che ha acquisito questo termine in questi anni a proposito dell’Olocausto, dove revisionista è chi, appunto, lo nega. Sembrerebbe quasi che si voglia cancellare la terribile macchia di cui si sono resi colpevoli gli Stati Uniti nei confronti dei pellerossa, il che è francamente troppo.
L’argomento in questione qui è la fuga di un capo indiano, Ulzana (realmente esistito, ma in questo caso, credo che il regista si sia ispirato anche ad un altro capo e cioè Victorio), dalla solita riserva indiana. La sua fuga è costellata da una serie di uccisioni particolarmente feroci che richiedono l’intervento immediato di un plotone della cavalleria USA e di alcuni scouts come il vecchio McIntosh (Burt Lancaster)e la guida indiana Ke-Ni Tay (Jorge Luke).
La fine vede l’annientamento del gruppetto di Apache, la morte di Ulzana (un ottimo Joaquín Martínez) e quella molto probabile del vecchio scout.
La chiave del film sta però nei dialoghi e soprattutto nelle domande che pone il giovane ufficiale di cavalleria Davison (Garnett DeBuin) a McIntosh e a Luke. “Perché si comportano così?” alludendo alla furia selvaggia con cui gli Apache uccidono e torturano i coloni bianchi. Questa domanda è illuminante perché in primo luogo indica l’ignoranza dell’ufficiale riguardo agli usi e costumi indiani. In secondo luogo, denota la classica filosofia del doppiopesismo occidentale. Se a uccidere siamo noi, siamo nel giusto e la loro morte è un elemento spiacevole ma necessario per gli interessi della nostra civiltà. Se a uccidere sono loro, si tratta di selvaggi e devono essere giustiziati. Spostando queste questioni sulla guerra in Vietnam è facile trovare dei parallelismi. Comunque, a parte il discorso allegorico che pure è elemento chiave, il film si avvale di ottimi dialoghi, di una storia molto ben raccontata e su un’ambientazione realistica e senza falsi pudori. Gli Apache sono raffigurati in modo convincente (finalmente) e non convenzionale.
Lancaster, more solito, condizionò un po’ la regia di Aldrich, al punto che decisero che ci sarebbero state due versioni, una diretta come voleva Aldrich e l’altra, come la voleva Lancaster. Pare che in realtà ci fossero nella seconda alterazioni nei dialoghi, ma l’impianto rimaneva lo stesso.
Più che un film revisionista, io lo definirei un film adulto, maturo e l’inizio di un certo filone western che chiamerei crepuscolare. Gli indiani sono una razza in estinzione, gli scout pure e i tenentini giovani finiscono per lasciare l’esercito sfiduciati (come nel caso dello splendido GERONIMO, di Walter Hill, 1993, quasi un “sequel” di questo). Sta nascendo una nuova America sulle macerie cruente della precedente.
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elgatoloco
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martedì 1 marzo 2016
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memorabile
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Senza essere un"antiwestern", senza essere scalfito dalla moda"spaghetti-western"leoniana e di altri, senza cedere alla moda degli"Indiani buoni"(pellirossa, indios, nativi americani, certo andrebbe meglio, ma...)presente in film precedenti come"Soldato Blu", Bob Aldrich in questo"Ulzanas' Raid"realizzava un film feroce sulle incomprensioni(tra Bianchi e "Indiani", tra il vecchio e il giovane cavalleggero, tra le persone in genere, con una concezione semplicemente omaggiante e molto"traditional"della donna...), ma anche sull'incomprensibilità della vita, servendosi di audaci quanto efficaci primi piani, ma anche di "panoramiche"e di piani-sequenza di indubbio rilievo.
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Senza essere un"antiwestern", senza essere scalfito dalla moda"spaghetti-western"leoniana e di altri, senza cedere alla moda degli"Indiani buoni"(pellirossa, indios, nativi americani, certo andrebbe meglio, ma...)presente in film precedenti come"Soldato Blu", Bob Aldrich in questo"Ulzanas' Raid"realizzava un film feroce sulle incomprensioni(tra Bianchi e "Indiani", tra il vecchio e il giovane cavalleggero, tra le persone in genere, con una concezione semplicemente omaggiante e molto"traditional"della donna...), ma anche sull'incomprensibilità della vita, servendosi di audaci quanto efficaci primi piani, ma anche di "panoramiche"e di piani-sequenza di indubbio rilievo...evitando(more gringo, dovremmo aggiungere)ogni primissimo piano. Eroismo-antieroismo?No, più probabilmente una visione"realistica"del West(Far West?Mah...forse no...)contro ogni mitizzazione e rimitizzazione... "Realismo", non come riproduzione oggettiva del"reale"(non esiste, credo)ma come intelligentemente si può ri-darla con i mezzi della"riproducibilità tecnica"... Credo che la definizione di"western revisionista"avanzata da qualcuno(qualche critico)sia fortmente limitativa, soprattutto se non si dice in che cosa consista(consistebbe)la revisione operata. Burt Lancaster e Bruce Davison sono interpreti di notevole spessore, in specie nella prospettiva qui indicata. El Gato
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giovanni morandi
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venerdì 7 ottobre 2022
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lancaster/aldrich accoppiata vincente giovanni mor
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'Odiare gli indiani sarebbe come odiare il deserto perché non c'è acqua." In questa frase pronunciata da Machintosh (Burt Lancaster bravo come sempre) all'interrogazione morale che tormenta il suo giovane tenente che dirige un plotone di soldati Usa che si trovano due compiti molto difficili: trovare il Capo Apache Ulzana, fuggito dalla riserva in Arizona, e, portare al sicuro una donna, superstite di uno dei vari massacri, che gli indiani hanno fatto nella loro fuga.
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'Odiare gli indiani sarebbe come odiare il deserto perché non c'è acqua." In questa frase pronunciata da Machintosh (Burt Lancaster bravo come sempre) all'interrogazione morale che tormenta il suo giovane tenente che dirige un plotone di soldati Usa che si trovano due compiti molto difficili: trovare il Capo Apache Ulzana, fuggito dalla riserva in Arizona, e, portare al sicuro una donna, superstite di uno dei vari massacri, che gli indiani hanno fatto nella loro fuga.
Purtroppo, nonostante il tentativo di "appiedare" Ulzana ed i suoi; ma all'epoca non c'erano i telefonini e la guida indiana incaricata di scovare un indiano solitario, che doveva segnalare con uno specchio, quando avrebbe compiuto la sua missione, viene anticipato da un altro messaggio lanciato dall'Indiano di Ulzana, cosicché i soldati blu, andati avanti, con la donna, si ritrovano in una gola, prima che il resto del plotone possa raggiungerli.
Ma Ulzana, avrà comunque la peggio, e, rimasto solo, fatto il rituale della morte, si farà uccidere dalla guida indiana.
Ma Machintosh verrà ferito gravemente e, preferirà di morire sul campo di battaglia, non dopo avere avuto conferma dell' uccisione di Ulzana, ed aver fumato l' ultimo sigaro.
Adrich, si sa, è un grande regista e riesce a dare un ritmo serrato ed avvincente a questa pellicola che, anche se sfrutta temi già percorsi da tanti, riesce, grazie, non finirò di ripeterlo, all'interpretazione del vecchio Burt, a farci apprezzare questo western coi fiocchi.
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