Ottobre

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Un film di Sergei M. Eisenstein. Con Boris Livanov, Vasili Nikandrov, N. Popov, E. Tiss Titolo originale Oktiabr'. Drammatico, Ratings: Kids+16, b/n durata 94 min. - URSS 1928. MYMONETRO Ottobre * * * 1/2 - valutazione media: 3,90 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari. Acquista »
   
   
   

Il mese rivoluzionario per eccellenza dei russi. Valutazione 4 stelle su cinque

di Great Steven


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lunedì 6 febbraio 2017

 

OTTOBRE (URSS, 1928) diretto da SERGEJ M. EJZENSTEJN. Interpretato da V. NIKANDROV, VLADIMIR POPOV, BORIS LIVANOV

Girato interamente a Leningrado, è la ricostruzione, fedelissima a livello storico e di un’intensità ammirevole per la messinscena, della rivoluzione d’ottobre dieci anni dopo, appunto in occasione del decimo anniversario dalla presa di potere del comunismo sovietico, che rovesciò la monarchia assoluta degli zar, cacciò i regnanti dal paese e vide l’affermazione di Lenin e dei suoi bolscevichi. Rientrato da un lungo esilio, il carismatico e combattivo Vladimir Ilic Ul'janov aizzò i contadini e operai russi a ribellarsi al potere dittatoriale di stampo zarista e convinse l’esercito, appena uscito dalla Prima Guerra Mondiale, a prendersi le tre cose principali per sopravvivere (pane, pace e terra, opportunamente ribadite nelle didascalie che scandiscono l’andamento del film) con la forza, ma in un primo momento le masse rivoluzionarie vengono sconfitte e ridotte temporaneamente al silenzio. Viene dunque istituito un governo provvisorio guidato da Alexander Kerenskij, uomo ambizioso ma inetto e debole, che diventa immediatamente il bersaglio dei bolscevichi, imprigionati insieme al primo reggimento mitraglieri. Incapace di risolvere i problemi della Russia, Kerenskij è costretto a farsi aiutare dai suoi ex nemici, cosicché i soldati vengono liberati e hanno dunque l’occasione, coadiuvati fortemente dal partito che ha frattanto raccolto il sostegno operativo del proletariato, di ritentare la scalata al potere. Dopo una breve resistenza e una nuova e potente arringa da parte di Lenin, i rivoluzionari prendono d’assalto il Palazzo d’Inverno e obbligano i borghesi alla resa. Il 25 ottobre 1927, alle 10 del mattino, viene firmato il patto d’alleanza che sancisce l’inizio del regime comunista nell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche. Ormai avvalorato come autore cinematografico incaricato di celebrare nel mondo la potenza, la bellezza e il valore della Russia comunista, Ejzenstejn non dimenticò mai però la sua missione artistica e, più che costruire un panegirico cerimonioso della sua nazione d’origine (un simile scivolone fu abilmente evitato anche col precedente La corazzata Potëmkin, 1925), diresse un documento storico di incontestabile valenza descrittiva ed espressiva per quanto concerne la più grande rivoluzione socio-politica del primo Novecento. La sua pellicola anche questa volta non prevede protagonisti in senso stretto, giacché i personaggi che popolano le veloci e dense immagini in movimentata sequenza sono tutti tratti dalla società povera e, in quanto membri del popolo, agiscono nell’ambito della settima arte esclusivamente allo scopo di rievocare un frammento di gloriosa Storia recente, ma non per questo la loro partecipazione è meno evidente o fruttuosa: le gremite e inferocite folle che inneggiano ai discorsi di Lenin, i soldati che combattono per le strade di Pietrogrado, i proletari che reclamano i diritti essenziali alla vita e i reparti militari femminili che pongono d’assedio il cerchio d’acciaio che circonda gli edifici istituzionali moscoviti assolvono pienamente il loro compito, facendo ben comprendere allo spettatore quanto la violenza, l’imposizione e la conquista autoritaria abbiano giocato un ruolo fondamentale nel far voltare pagina alla storia della Russia, determinando un cambiamento epocale come se ne ebbero pochi nelle vicende politiche degli Stati europei, e forse del mondo. Rimane, nonostante tutto, un film di propaganda, ma Ejzenstejn seppe evitare i toni paternalistici e campanilistici rendendo sempre onore alle fasce più svantaggiate della società e permettendo loro con costanza di esprimersi, e in questo modo, più che asservirsi all’ordine costituito nazionale, consentì al suo innegabile genio di mettere i propri capolavori al servizio dello stile artistico e della protesta popolare. D’altro canto, l’ottobre più focoso e ammantato di presagi mortiferi di tutti i tempi non viene riesumato come un evento polveroso da ricordare con compassione e rimpianti dopo un decennio, ma è bensì considerato in tutta la sua essenza rivoluzionaria di spartiacque decisivo e definitivo nel sancire un irripetibile passaggio da un regime assolutistico ad un altro sempre dell’identico stampo, malgrado o forse proprio grazie alle promesse salvifiche e foriere di novità benevole che Lenin e i suoi seguaci fecero al proletariato. Di fatto precipitandolo dalla padella alla brace, in quanto, com’è noto, e anche il regista non manca di sottintenderlo fra le righe, insinuando in certo qual modo una velata ma possente critica al rinnegamento degli ideali di libertà, il comunismo sovietico adottò un modus operandi dittatoriale, in tutto e per tutto. Consigliabile agli studenti che affrontano a scuola il periodo della rivoluzione d’ottobre e a tutti quegli appassionati di cinema storico che amano vederlo anche nelle vesti di vecchi film muti in bianco e nero. Esiste anche in versione sonorizzata. Una maestosa colonna sonora che, con un procedere greve e cupo, pervade le immagini, alcune indimenticabili per la loro verosimiglianza schiacciante, fra cui vale la pena di citare: il cavallo bianco che cade dal ponte levatoio appena sollevato; i cosacchi che giocano coi loro copricapi e si divertono mentre mangiano il rancio; il primo reggimento dei mitraglieri che avanza mesto e coeso dopo la prima sconfitta; le riunioni sindacali del governo provvisorio all’interno di vaste stanze vitree tempestate di lussuose decorazioni; l’assedio conclusivo al Palazzo d’inverno, probabilmente una delle scene di guerra più convincenti ed emozionanti che il cinema muto abbia mai saputo creare agli occhi della settima arte.

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