| Anno | 1978 |
| Genere | Drammatico, |
| Produzione | Italia |
| Durata | 175 minuti |
| Regia di | Ermanno Olmi |
| Attori | Carlo Rota, Luigi Ornaghi, Francesca Moriggi, Omar Brignoli, Antonio Ferreri Teresa Brescianini, Giuseppe Brignoli, Pasqualina Brolis, Francesca Villa, Maria Grazia Caroli, Battista Trevaini, Giuseppina Sangaletti, Lorenzo Pedroni, Felice Cervi, Pierangelo Bertoli, Brunella Migliaccio, Giacomo Cavalleri, Lorenza Frigeni, Lucia Pezzoli, Franco Pilenga, Guglielmo Badoni, Laura Locatelli, Carmelo Silva, Mario Brignoli, Emilio Pedroni, Vittorio Capelli, Francesca Bassurini, Lina Ricci, Massimo Fratus. |
| Tag | Da vedere 1978 |
| Distribuzione | Cinecittà Luce |
| Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
| MYmonetro | 3,72 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 22 ottobre 2025
La vita di quattro famiglie contadine della bergamasca sul finire dell'800. Il film è stato premiato al Festival di Cannes, ha vinto 5 Nastri d'Argento, ha vinto un premio ai David di Donatello, In Italia al Box Office L'albero degli zoccoli ha incassato 7,9 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Tra l'autunno del 1897 e la primavera del 1898 seguiamo la vita di quattro famiglie di contadini che formano una piccola comunità. Della terra che lavorano solo un terzo del raccolto resta a loro. Uno dei capofamiglia, Batistì, vorrebbe che il figlio di sei anni, Minek, lavorasse con lui nei campi ma il parroco lo invita a farlo studiare. La quotidianità della vita viene seguita fino a quando il taglio di un albero per fabbricare gli zoccoli a Minek, che ne ha rotto uno, fa precipitare la situazione.
Ermanno Olmi ricostruisce con amore un mondo che la civiltà industriale tende a lasciare nell'oblio.
"Quando mi mandavano a passare l'estate presso Treviglio (nella cascina dove viveva la nonna materna Elisabetta) nel pieno degli anni '30 era come fare un viaggio nell'800. Solo dopo la guerra è cominciata nelle campagne l'età moderna: la cascina di mia nonna è diventata un condominio, nelle stalle ci hanno messo i box per le automobili". Così Olmi spiegava l'origine del film in un'intervista all'epoca della sua uscita nelle sale.
Non siamo però di fronte ad un ritratto in cui la memoria cambia tutto in meglio. Siamo semmai messi in condizione di comprendere quali fossero i ritmi di una vita di duro lavoro in cui il succedersi delle stagioni diveniva un elemento determinante. Gli accadimenti che avvengono sotto i nostri occhi sono legati a ciò che la Natura impone. Le veglie, con i racconti che fanno magari paura ai più piccoli, segnalano la presenza di un senso di comunità che sarà però prima o poi dissolto.
Di fatto già la prima decisione che viene presa da Batistì rappresenta un capovolgimento dell'ordine che chi ha il potere impone. Il capofamiglia si chiede timoroso: "Cosa diranno a vedere un figlio di contadini che va a scuola?". Ci penserà il padrone alla fine a ripristinare l'ordine basato sull'ingiustizia.
Olmi ha realizzato un film in cui la sceneggiatura di base veniva di giorno in giorno modificata da quegli interpreti che vivendo, seppure in epoca diversa, la vita dei contadini gli segnalavano ciò che poteva suonare come non verosimile o stonato. Ne è nato un film che sa raccontare un mondo che solo Vito Pandolfi, avvalendosi della preziosa consulenza di David Maria Turoldo, aveva affrontato con altrettanta verosimiglianza con Gli ultimi nel 1963.
Nel frattempo però il tessuto socio-economico del Paese era cambiato grazie alle conseguenze del boom e sul piano politico si stavano ancora vivendo i cosiddetti anni di piombo. Olmi riesce a raccontare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo senza farsi inquinare da posizioni ideologiche ma mostrando le persone nel loro rapportarsi quotidiano.
Un film entrato a far parte del panorama mondiale della cinematografia (che ne ha riconosciuto il valore a partire dalla Palma d'oro a Cannes) come quella cascina scoperta per caso ed emersa dalla nebbia quasi attendesse da tempo di diventare il set di un film su una memoria che ancora oggi ci è necessaria perché ci parla delle nostre radici.
In una cascina vicino a Bergamo alla fine del secolo scorso, cinque famiglie di contadini vivono, lavorano, amano, soffrono. Una ragazza sposa uno dei giovani. Il loro viaggio di nozze a Milano è movimentato dalle repressioni, da parte delle truppe di Bava Beccaris, delle manifestazioni popolari. L'albero del titolo è quello che uno dei contadini taglia per fare gli zoccoli per il figlio. Il padrone viene a saperlo e scaccia la famiglia.
Ermanno Olmi ritrova fiato ed estro poetico mettendo in immagini le storie contadine dei suoi nonni. Il film circola in due versioni (una italiana e l'altra in bergamasco non proprio stretto, doppiata dagli stessi attori non professionisti). Grande successo in Italia e in tutto il mondo (Palma d'oro a Cannes).
In oltre tre ore di proiezione (nell'originale era uno sceneggiato tv) molte le scene indimenticabili (come la semina sotto la prima nevicata, un gesto consumato come in una sacra funzione).
L'ALBERO DEGLI ZOCCOLI (IT, 1978) di ERMANNO OLMI ● Biennio 1897-98 ambientato nella campagna della bassa bergamasca: la vicenda è costruita attorno alle azioni corali di una piccola comunità di contadini che lavora a mezzadria un podere, compiendo duri sacrifici e affrontando dolori lancinanti, ma sempre senza perdere una grande dignità: nonno Anselmo che, insieme alla [...] Vai alla recensione »
L’albero degli zoccoli è il capolavoro di Ermanno Olmi. Un film inusuale, un coro cantato in una lingua ostica, come ostico è il popolo che lo canta, i bergamaschi; nella dimensione essenziale della povertà delle campagne della bassa bergamasca con attori non protagonisti che rappresentano perfettamente il mondo dal quale veniamo e che ci sembra oggi estremamente lontano. [...] Vai alla recensione »
Concordo sul fatto che" l'albero degli zoccoli" sia un capolavoro in assoluto,un solo piccolo appunto,nel film non c'è un momento di gioia o di serenità tutto è permeato da un triste fatalismo in parte comprensibile.Per quanto riguarda l'uso del dialetto lombardo i dialoghi degli attori sono molto lenti e rarefatti che si ha il tempo di capirli [...] Vai alla recensione »
Lunghissimo film di Olmi, vale la pena vederlo almeno una volta nella vita. Specchio rassegnato (ma fedele) delle durissime condizioni dei contadini bergamaschi, ormai al tramonto del secolo XIX. Le scene ai limiti dello splatter dell'uccisione della scrofa, la bellezza incantevole di Maddalena, l'amore con cui il padre costruisce gli zoccoli per il figlio rimangono per sempre nella memoria [...] Vai alla recensione »
Viviamo in un mondo orrendo. Gli uomini sembrano strappati alle loro radici e proiettati in incubi di fantascienza in cui non ci sono più risposte, né alla morte né alla vita. La realtà è ignorata, la verità è perduta. Ma ci sono i Poeti, soprattutto quelli che, parlando con il cinema, riescono a farsi ascoltare. Ieri Bergman, che gridava “un flagello sta per abbattersi su di noi”, oggi Ermanno Olmi, [...] Vai alla recensione »