Titolo originale | For Ellen |
Anno | 2012 |
Genere | Drammatico |
Durata | 95 minuti |
Regia di | So Yong Kim |
Attori | Paul Dano, Jon Heder, Jena Malone, Margarita Levieva, Dakota Johnson, Alex Mauriello . |
MYmonetro | 2,44 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 20 febbraio 2013
Joby affronta un lungo viaggio per ottenere la custodia condivisa della figlia Ellen. Al Box Office Usa For Ellen ha incassato 7,3 mila dollari .
CONSIGLIATO NÌ
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Joby Taylor non ha mai avuto un ruolo nella vita di sua figlia Ellen. Non l'ha mai vista in sei anni, tutti impegnati a diventare una rockstar. Ora che la madre della bambina gli chiede di firmare le carte del divorzio, rinuncerà anche formalmente ad ogni contatto con lei. Ma Joby non è pronto per farlo, non subito. Isolato in un paesaggio deserto e nevoso, il ragazzo affronta per la prima volta questo capitolo della sua vita e trascorre due ore con la piccola Ellen.
In apertura del film, prima la sua automobile e poi il protagonista stesso scivolano sul terreno ghiacciato. Il film si configura dunque immediatamente come la storia di un equilibrio da trovare, di un giovane uomo che ha perso i suoi appigli ed è scivolato lungo sei anni di vita senza accorgersene, ritrovandosi improvvisamente a terra.
Terzo lungometraggio di una regista sudcoreana di stanza a New York, For Ellen segue il personaggio da vicino, con un approccio quasi fisico, che mira ad allinearsi al suo stato mentale, al ritmo della musica che ha in testa, e ogni volta vive di piccolissimi shock quando il prosieguo della narrazione lo sprona al risveglio. Lento e letargico, il film costruisce una tensione palpabile, salvo poi non trovare il modo di risolverla e scappare velocemente da questa responsabilità, in un finale comodo e insoddisfacente.
Ciò che funziona è il movimento impercettibile grazie al quale il narcisismo di Joby si sgretola fino a condurre il protagonista di fronte alla figlia in uno stato di vulnerabilità e timidezza del tutto simile alla condizione psicologica della bambina. L'incontro che ha luogo è allora sincero e credibile, tremante nella sua irripetibilità. In una struttura che è quella di un percorso interiore, questo è il punto posto in alto e tuttavia anche quello che scorre con maggior veridicità e facilità, a dimostrazione che, a precederlo, è stato fatto un buon lavoro. Peccato, dunque, a maggior ragione, che la regista scivoli sul finale, trasformando la sua fotografia di un'immaturità nella spia di un'altra maturità ancora da conquistare: la sua, dietro la macchina da presa.