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Pistole e cinema: Intervista a Enzo G. Castellari

Il cinema muscolare e il western di un artigiano divenuto autore.
di Roberto Donati

Enzo G. Castellari
Enzo G. Castellari (Enzo Girolami Castellari) (85 anni) 29 luglio 1938, Roma (Italia) - Leone.

mercoledì 18 luglio 2007 - Incontri

Enzo G. Castellari
Per Enzo G. Castellari, figlio del regista Marino Girolami (la G puntata sta proprio per il cognome paterno) e nipote del regista Romolo Guerrieri, laureato in architettura e pugile professionista, vale un equivoco annoso: essere accomunato, spesso con disinvolta ignoranza, al nome di colleghi dell'epoca, magari artigiani come lui ma non altrettanto autori del suo pari. Castellari è uno dei padri del cinema moderno, come potrebbe esserlo stato Sam Peckinpah, Sergio Leone, Arthur Penn. Non bisogna guardare ai risultati in sé e per sé, non è l'ora delle pagelle e delle classifiche: Castellari è regista che sa dove piazzare la macchina da presa e perché, sa come lavorare in post-produzione, abbina nella stessa scena ralenti e velocità normale, condivide con Friedkin la costruzione in sceneggiatura delle sequenze d'azione, sa improvvisare e dirigere gli attori (essendo stato prima di tutto attore, nel mondo dello spettacolo). Non è un caso, non può davvero essere un caso, che Tarantino lo abbia nel mirino e, ormai da tempo, ci illuda di realizzare un remake alla propria maniera, del suo Quel maledetto treno blindato.

Cosa è stato lo spaghetti western e perché oggi non è più quello di un tempo? Si può ipotizzare una rinascita del genere?
È stata un'epoca gloriosa, ha permesso l'esordio alla regia di molti bravi aiuti-regista (io incluso) e il successo mondiale per il cinema Italiano. Abbiamo vinto una sfida con l'America, patria del western, al punto che i loro film hanno poi subito l'influenza del nostro modo di reinventare il genere. Si deve al western di Leone se il Cinema ha potuto godere del passaggio alla regia di Eastwood, amo moltissimo i suoi film, soprattutto Breezy con William Holden, un film romantico e delicato. Inaspettato da un "duro" del West. Il genere finì perchè se ne fecero troppi, esageratamente troppi, e poi le imitazioni delle imitazioni di Trinità hanno dato il colpo di grazia. Il Western non morirá mai, il genere é morto.

La retrospettiva di Venezia invita a un ripensamento del genere. Però i registi, di un tempo e nuovi, non sembrano cogliere i fermenti. Tu lo farai, un nuovo western?
Non credo che la retrospettiva inviti a un ripensamento, é solo l'omaggio a quel tipo di Cinema che è stato grande. I fermenti non si colgono con una retrospettiva, per i giovani è mancata l'esperienza del set, la partecipazione alla realizzazione di quei film, non potrebbero mai realizzare quello che abbiamo fatto noi. Del mio western se ne parla da tempo e si continua a parlare...siamo vicini.

Cos'è che permetteva un tempo la proliferazione dei generi anche in Italia e cos'è successo poi?
Di questo ormai se ne parla da lustri in tutti i convegni, le riunioni, le trasmissioni sul tema… Non c'è più niente da aggiungere… I generi da noi creati sono stata la fortuna del Cinema Italiano e quello straniero che ci ha imitati, soprattutto l'America… Non dimenticare che il successone di Bronson con i suoi film di giustiziere solitario è stato creato imitando il mio Il cittadino si ribella e questo non è stato mai un segreto.

Come mai, secondo te, Keoma ha rappresentato il canto del cigno del western all'italiana?
Il successo straordinario di Keoma in tutto il mondo é dovuto alla qualità del film. È il film di cui vado più fiero. Dopo il grande risultato del mio se ne fecero degli altri, ma furono mere imitazioni e dei flop.

Franco Nero, un attore feticcio o molto di più?
È un ottimo attore, un viso dalla bellezza cinematografica unica, un grandissimo appassionato ed esperto di cinema, una persona stupenda e un grande amico. Franco Nero è stato l'interprete ideale dei miei personaggi ed è l'unico che ancora lavora in tutto il mondo.

Il cinema italiano di una volta era il tentativo artigianale di rifare un cinema americano ribelle e spettacolare, o gli intenti erano anche diversi e più solidi?
Quando parli del cinema Italiano di una volta parli di De Sica, Rossellini, Visconti, Antonioni, De Santis, Bolognini - e non era certo un cinema di imitazione - parli del grande cinema mondiale. Se invece ti riferisci ai nostri generi western-polizieschi sono sicuramente partiti con l'ispirarsi a quelli americani con momenti eclatanti che hanno anche oscurato quello "originale" e l'intento è sempre stato, soprattutto per me, di fare un cinema per il pubblico.

L'ultimo film di Quentin Tarantino, come d'abitudine, recupera un immaginario: stavolta sono omaggiati soprattutto gli stunt-men e i film costruiti su di loro. Tu ne avresti da raccontare in proposito.
Quentin è un genio con una cultura cinematografica sorprendente e in ogni suo film vuol far rivivere il fascino che lo ha fatto sognare sin da ragazzino, impiegato di un Video-store dove ha palpitato alla visione dei tantissimi film che ha visto, molti dei quali italiani. Lui fa il film che vorrebbe ancora vedere come spettatore.

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