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Da un certo punto in avanti (che non svelo, ma per molti è stato lo stesso), fino alla fine del film, ho pianto come una fontana. È incredibile come un racconto che, tutto sommato, mantiene i toni di commedia riesca a creare una tale tensione nello spettatore che, perfettamente ignaro di quel che sta accadendo nel suo animo, come assistesse incredulo alla performance di un prestigiatore, alla fine si trova a dover sfogare un affanno (in lacrime copiose, nel mio caso). Trovo che la capacità di far commuovere con grazia sia un pregio di pochi. Anzi sia un vero e proprio talento, un dono del cielo. Ringrazio Pif per avere girato questo film, per avermi emozionato con tanta delicatezza e tatto, come non mi succedeva da tempo.
La mafia uccide solo d’estate mi ha ricordato La vita è bella. Descrive l’orrore certo, ma lo sconfigge con la speranza, lo calpesta con la semplicità, la normalità, l’umiltà, la lealtà, la goffaggine, la testarda umanità che c’è nell’essere bambini o adulti rimasti fanciulli, sempre capaci di stupirsi, o di illudersi (agli occhi dei cinici), ad ogni modo teneri da far piangere e con un potere, forse inutile, ma immenso. Come bestiole indifese che, anche se percosse, abbaiano, graffiano ma non potranno mai essere crudeli.
Ho ritrovato la stessa abilità di Benigni nel rivestire, con rispetto, il dolore d’ironia, di trasporre l’amarezza al livello della poesia. Questa è un’arte purissima e rara: prendersi beffe della cattiveria, dell’abominio, per cacciarli via dal mondo a calci nel sedere.
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