E’ una gioia vedere questo film! Sembra riportarti indietro nel tempo e nella memoria della Storia del Cinema. Quello vero delle origini! La sua forza la trae dall’essere muto e in bianco e nero!
Questi hanno un certo fascino e sono anche emblematici, perché sono forme di bellezza diverse dal sonoro e dal colore, nonché un rimando allegorico all’autentica funzione del Cinema come fuga dalla Realtà, dimensione altra rispetto alla nostra Realtà.
Nel negare a quest’ultima le sue caratteristiche essenziali a cui i nostri sensi sono abituati, cioè parola, suono, colore, si viene a creare esattamente una nuova Realtà; quasi fantastica, surreale; che però esalta il nostro reale attraverso le sue mancanze.
Ma anche queste ultime, l’assenza di colore e di parole, sono in sé e per sé magici, perché contribuiscono a rafforzare e focalizzare le nostre attenzioni sui valori emozionali, sentimentali e ideali espressi dai personaggi e dalle scene viste nel loro prezioso bianco e nero muto.
Quest’opera esprime una superiorità del concetto visivo e una riscoperta del valore emozionale oggi soffocato da eccessi di inutili dialoghi e effetti speciali.
Ma è anche un sincero e affettuoso omaggio ai film e ai capolavori del muto che hanno fatto la Storia del Cinema e i suoi primordi; nonché ad un cinema con la “C” maiuscola, dato che il muto è eccitante proprio perché è una “forma” cinematografica al suo stato “puro” di cui oggi non si avverte più l’importanza.
Non contano soltanto l’eleganza figurativa, la cura formale e la raffinatezza visiva in questa pellicola, ma soprattutto i gesti e gli sguardi degli ottimi attori che riescono a far trionfare l’Arte e l’Amore toccando con massima semplicità il nostro cuore.
Hazanavicius descrive in modo appassionato il cambiamento hollywoodiano negli anni Trenta quando il cinema passò dal muto al sonoro attraverso il suo attore, premiato a Cannes, Dujardin. Gorge Valentin, star del muto si ritrova con la carriera rovinata per colpa dell’avvento del sonoro. Peppy Miller, aspirante comparsa e innamorata di lui, invece, se ne ricorderà nella sua ascesa. Nel riprendere atmosfere e storie di un certo cinema classico statunitense, non solo del muto, ma anche degli anni ’50 come “Eva contro Eva” o “E’ nata una stella”, il regista ricostruisce sapientemente un’epoca e un immaginario molto preciso. Forse lo fa fin troppo, rischiando non solo staticità e manierismo stilistico (formati, tecniche, inquadrature, didascalie, luci del muto), ma anche la perdita di solidità e intensità alla struttura narrativa. Ma questo non sminuisce comunque, la bellezza di alcune scene, del tono leggero e dolce, della genialità della regia e del montaggio (girato persino a 22 fotogrammi al secondo), e del registro lirico e romantico; che rendono l’opera coinvolgente e affascinante.
“The Artist”ha molte qualità, ma la principale, ripeto, è nel come riesce a trasmettere con intensità le parole dal muto e i colori dal bianco e nero. Molti film contemporanei, purtroppo, fanno il contrario. Hanno perduto questa fondamentale capacità.
E ci fanno rimpiangere “Luci della città”, “Cantando sotto la pioggia” o “Cappello a cilindro”...
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