Per qualche dollaro in più

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Un film di Sergio Leone. Con Clint Eastwood, Gian Maria Volonté, Lee Van Cleef, Mara Krupp, Luigi Pistilli.
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Western, durata 130 min. - Italia 1965. uscita giovedì 3 luglio 2014. MYMONETRO Per qualche dollaro in più * * * 1/2 - valutazione media: 3,77 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

senza kurosawa ... Valutazione 2 stelle su cinque

di LUCA G


Feedback: 2602 | altri commenti e recensioni di LUCA G
martedì 17 dicembre 2024

... si va alquanto giù,
non capisce un bel niente chi dice - inclusi mr. Spielberg e Bogdanovich - che il n° 2 è superiore al n° 1, il capolavoro di L è e sarà sempre il 'pugno',
senonché lo fu perché Sergio aveva la base del film di Kurosawa, copiato in una maniera invereconda, soltanto io nei compiti di matematica ero più bravo a copiare;
L trovò nell'avvocato Grimaldi il nuovo produttore che gli consentì di realizzare il sequel, Valerii riferiva che l'avv gli porse il libretto degli assegni e la penna - 'scriva lei la cifra' -  e che L 'signorilmente restituì', in ogni caso pare che almeno un paio di generazioni fossero sistemate e che intanto a L una Rolls non la levasse nessuno, lo vidi io stesso in Via Veneto nel 70, stupenda in verde inglese Roma K2 ...;
è un numero due e i numeri due non sono mai stati superiori ai numeri uno;
ad una analisi critica, non è un granché, ultraspettacolare ma alquanto banale e rozzo,
la sequenza iniziale è entusiasmante, ma banalissima, c'è uno a cavallo, c'è in sottofondo un'altro che fischietta, un colpo di winchester, e parte ... cavoli come si chiama lo strumento 'doing doing' ... scacciapensieri? il fischio, e poi gli spari che frammentano i nomi dei titoli di testa,
ma perché era questo che il pubblico voleva, sparatorie su sparatorie, con il suono caratteristico dei film italiani, una specie di 'tushh tushggg' un suono sordo che mi mandava in visibilio, e morti in quantità industriale, Kezich sul Catalogo Bolaffi ne contò almeno 40, tanti quanti John Ford non ne fece mai in tutta la sommatoria dei suoi film, e si giocava al rialzo, perché Corbucci in Django ne totalizza ben oltre nel solo primo tempo, Kramer col 1° Sartana inutile contare, ce n'è uno a ogni minuto;
questo, e solo questo, fu il western italiano;
L ne soffriva come non mai, non sopportava che Antonioni fosse considerato un grande regista e lui no;
questo western aveva perduto tutta l'originalità del primo, non essendovi più il film di K a far da base, L non sapeva più che pesci pigliare, De Fornari scrive che il soggetto fosse opera di due sconosciuti giovanotti, pagati ben bene per non comparire nei titoli, e che poi Vincenzoni e Donati si misero all'opera con la sceneggiatura del soggetto come base, caricandolo di spari su spari, di scene senza riferimento alla inconsistente trama, tanto per far numero, si poteva sparare anche solo per aver chiesto che ore sono;
la prima parte è un pò statica e ripetitiva, van Cleef che spara a Ringo - lo stesso 'bellissimo' attore di Django - Eastwood che dà colpi di karaté, una scena alquanto forzata, ma tanto sull'onda del 'pugno' si poteva mostrare qualsiasi cosa che agli spettatori andava bene, come per Trinità-2, come capisce bene le cose il pubblico;
il modo in cui E entra nella banda dell'Indio è demenziale, privo di ogni credibilità, 'già amigo perché mi hai liberato?' già appunto perché;
l'unica bella sequenza è quella in rosa di Volontè che osserva i fidanzati - il bellino biondino futuro Peter Lee Lawrence e la venusta Rosemarie Dexter -, lui che si alza e cerca di prendere la colt appesa al muro, partono gli spari e Lawrence che si gira come una trottola, da una parte, dall'altra, il western di L, il suo cinema, fu questo e solo questo, e non è affatto una cosa da poco,
il cinema è spettacolo puro, no matter come il regista lo realizza, con i silenzi Antonioni e Bergman, con gli spari L;
significati nel fim non v'è neanche l'ombra, e a nessuno sarebbe importato niente che vi fossero stati;
senonché la sequenza in rosa di cui sopra è indice della sciatteria di L, Lawrence al termine dei quattro cinque colpi che s'è beccato giace sul pavimento, senza che sul petto in faccia abbia alcun segno, si vede che l'Indio ha sparato a salve, ma come si fa a far così??
ma allora non gliene fregava niente, un capolavoro???
e certo la musica di M fu un capolavoro, con l'organo, ora confesso non so dire il musicista, che ignorante che sono;
un'altra caratteristica di L è la crudeltà della rappresentazione, di una violenza 'inaccettabile',
la sequenza del duello tra V e l'attore_mascotte di L, il gran caratterista sosia di Alan Ladd,
ci sono, nella chiesetta, la moglie col figliuolo in braccio, 'da quanto tempo hai messo su famiglia, parla da quanto?!'
'cinque anni' 'mmm giusto il tempo che ho fatto in galera quindi con la taglia hai messo su famiglia quindi la tua famiglia è mia',
la moglie e il bimbo spariscono dall'inquadratura e si sente ... tuggiùùù tuggiùùùù ... 'nooooooo' 'ecco ora mi odi al punto giusto',
una sequenza oscena nella sua violenza, veramente turpe più di un film porno,
e meno male che avevano appena emanato la nuova legge sulla censura, perché, s'era per me, mandavo L a processo ai sensi dell'art. 529 codice penale;
la sequenza finale della sparatoria nel villaggio messicano è mediocre e priva di grandezza;
è invece meraviglioso lo sviluppo del duello V-van Cleef, dapprima 'spara se ti riesce' e parte il carillon,
poi, quando si va verso la fine, riparte il carillon, 'dovresti stare più attento vecchio',
'Colonnel try this', E porge la 45 a vCleef, in italiano dice 'Indio tu il gioco lo conosci' in inglese è più bello 'now we start';
... non v'è credo molto altro,
eppure L fu un grande regista, un genio del cinema, non un signor mestierante come chessò Monicelli che mi è sempre stato sulle ...,
un grande regista che fece un solo grande film 'per un pugno di dollari', che in sé era tutt'altro che un capolavoro;
rispetto a Ford, Hawks, Aldrich, Peckimpah, L come si colloca?
fuori, eppure fu grande lo stesso, incredibile, ma proprio per il concetto di cinema come divertimento allo stato puro, per il quale non mette conto di giudicarlo artisticamente,
secondo la definizione dell'Ascarell, il cinema era ontologicamente 'la realizzazione in forma industriale di un'opera d'arte'.







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