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Sicut transit gloria mundi

di francesca meneghetti


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martedì 14 gennaio 2020

Sicut transit gloria mundi
Per riguardo (e rispetto) verso chi ha annunciato un’astensione a priori dall’ultima opera di d’Amelio, si può sostenere la tesi che non è un film veritiero su Bettino Craxi. Semmai un biopic che mira a scavalcare la realtà, soprattutto politica, al fine di focalizzare l’attenzione su una vicenda esistenziale: il declino doloroso, dal punto di vista fisico e morale, di un “grande”. Un po’ come il Napoleone del “5 maggio” manzoniano. Che cosa significa per un potente arrogante, spregiudicato e intelligente, che aveva tutto a portata di mano, belle donne comprese, passare nei panni di malato o invalido? Quali costi umani ha questo progressivo dire addio alla vita, nonostante il motto: “aggiungere vita agli anni, e non anni alla vita”? Il percorso, segnato da rabbia e paura non è facile, e la straordinaria interpretazione di Favino, degna quasi del Bergman più intimista, lo dimostra.
Ma c’è anche la riflessione sul passato di questo politico Innominato fuggito ad Hammamet per sottrarsi a due condanne definitive. Il protagonista infatti si rispecchia nella vicenda che fa da cornice: quella del tesoriere del suo partito, morto suicida, ma “resuscitato” dal figlio Fausto. Padre e figlio sono la voce della coscienza, il grillo parlante nella testa del leader. Rappresentano simbolicamente quello che era in origine il Partito socialista, specie il padre, che non si toglie mai la tuta da operaio. Rifiutando il magna magna anche reale, richiamava il capo alla rettitudine e lo metteva in guardia dagli adulatori, ottenendo il suo rispetto e il suo affetto, ma si suicidava di fronte alle inchieste giudiziarie, per protestare la sua innocenza. Nella realtà scrisse una lettera drammatica a Napolitano: “Egregio Signor Presidente, ho deciso di indirizzare a Lei alcune brevi considerazioni prima di lasciare il mio seggio in Parlamento compiendo l’atto conclusivo di porre fine alla mia vita. È indubbio che stiamo vivendo mesi che segneranno un cambiamento radicale sul modo di essere nel nostro paese, della sua democrazia, delle istituzioni che ne sono l’espressione. Al centro sta la crisi dei partiti (di tutti i partiti) che devono modificare sostanza e natura del loro ruolo. Eppure non è giusto che ciò avvenga attraverso un processo sommario e violento, per cui la ruota della fortuna assegna a singoli il compito delle “decimazioni” in uso presso alcuni eserciti, e per alcuni versi mi pare di ritrovarvi dei collegamenti.” Tuttavia il vero tesoriere del PSI, Sergio Moroni, era laureato in lettere, non operaio, e deputato, Nel 1994 il Tribunale di Milano, con sentenza confermata in appello e in Cassazione, accertò che aveva ricevuto «circa 200 milioni in totale nelle sue mani in una cartellina tipo quelle da ufficio, avvolta in un giornale». Di fronte a una realtà così sfuggente come si può evitare l’ambiguità? Non si può, e la si persegue volutamente. Anche ricorrendo ala dimensione simbolica, specie nel finale, che ha tratti quasi felliniani.
Questo per dire che l’intenzione del regista non pare (come è stata giudicata da molti) come assolutoria rispetto a un personaggio storicamente determinato come fu Bettino Craxi: anzi, c’è una scena che inquadra Berusconi, intervistato in TV a proposito della guerra in Kossovo, quasi a suggerire che il primo favorì l’ascesa del secondo.
Certo il tema della politica italiana è forte. Si parte dagli anni ’80, anni di vacche grasse, con l’Italia quinta potenza industriale, e una prassi politica che sta cambiando: non è più quella dei padri costituenti, che uscivano dalla Resistenza, credevano nei valori della Costituzione, e si erano formati nelle scuole di partito. E’ la politica delle “marchette”. Protesa non a procurare il bene del Popolo, ma la soddisfazione della Gente, somma di individui capaci di coltivare solo il loro interesse particolare,di clienti, che i nuovi partiti devono vezzeggiare e soddisfare, con reciproco interesse. Do ut des. Alla faccia dell’interesse generale. Specie quello delle generazioni future.
Un film ricco di spunti, tutto da discutere come si faceva una volta nei cineforum, ma da vedere.

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