thomas
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mercoledì 15 gennaio 2020
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uno splendido mosaico
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Da cosa è composta la vita di un uomo, quando si avvicina la fine ed inizia il momento dei bilanci? Da ricordi, da rimpianti, da desideri, da nostalgie, da voglia di tramandare qualcosa di se, dalla consapevolezza che il prezzo da pagare per aver soddisfatto le proprie ambizioni, spesso, è il disprezzo di chi non è riuscito a soddisfare le proprie.
E cosa determina il far prevalere la soddisfazione per ciò che si è stato rispetto alla delusione? L'aver ottenuto il consenso, l'affetto delle persone per cui ci si è spesi.
Se così è, "Hammamet" è un grandioso mosaico, perchè sa costruire con estrema pazienza, tessera per tessera, l'uomo Craxi, il suo carattere, l'amarezza dei suoi ultimi giorni.
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Da cosa è composta la vita di un uomo, quando si avvicina la fine ed inizia il momento dei bilanci? Da ricordi, da rimpianti, da desideri, da nostalgie, da voglia di tramandare qualcosa di se, dalla consapevolezza che il prezzo da pagare per aver soddisfatto le proprie ambizioni, spesso, è il disprezzo di chi non è riuscito a soddisfare le proprie.
E cosa determina il far prevalere la soddisfazione per ciò che si è stato rispetto alla delusione? L'aver ottenuto il consenso, l'affetto delle persone per cui ci si è spesi.
Se così è, "Hammamet" è un grandioso mosaico, perchè sa costruire con estrema pazienza, tessera per tessera, l'uomo Craxi, il suo carattere, l'amarezza dei suoi ultimi giorni.
Il rapporto affettuoso ma distaccato con la moglie, dolente e profondo con l'amante, gioioso e didattico con il nipote, diretto e sprezzante con il figlio, empatico e vero con la figlia, altezzoso e disincantato con i colleghi di partito, sensibile e aperto verso chi gli chiede aiuto: c'è tutta la personalità di un uomo che cercava di "aggiungere vita agli anni, piuttosto che anni alla vita".
Favino è eccezionale nel rappresentare una persona ferita dal biasimo dell'opinione pubblica, consapevole della sua fine, disillusa e politicamente isolata, ma comunque determinata a non cedere, a non accettare il fallimento della propria esistenza.
Duro, arrogante fino al termine, disperato e indomito, Craxi rimarrà un pezzo di Storia italiana ricco di luci ma anche pieno di ombre.
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nino pellino
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domenica 12 gennaio 2020
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ottimamente interpretato, ma film quasi inutile
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Pur nella considerazione di sottolineare ancora una volta la straordinaria interpretazione dell'attore Pierfrancesco Favino, questa volta nei panni dell'onorevole Bettino Craxi, devo dire che questo film oltre a trovarlo noioso, lento e a tratti pesante, lo reputerei quasi inutlie. In questa pellicola infatti, a parte le scene iniziali dedicate all'ascesa al potere di Craxi e quelle finali in cui c'è invece un pubblico di teatro che ne applaude ironicamente il successivo crollo di credibilità a causa degli errori compiuti dal noto personaggio politico, troppo risucchiato in un sistema a sua volta corrotto, tutto il resto del film si concentra a descriverci gli ultimi mesi di residenza forzata in esilio di Craxi e dei suoi familiari nel paese di Hammamet in Tunisia.
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Pur nella considerazione di sottolineare ancora una volta la straordinaria interpretazione dell'attore Pierfrancesco Favino, questa volta nei panni dell'onorevole Bettino Craxi, devo dire che questo film oltre a trovarlo noioso, lento e a tratti pesante, lo reputerei quasi inutlie. In questa pellicola infatti, a parte le scene iniziali dedicate all'ascesa al potere di Craxi e quelle finali in cui c'è invece un pubblico di teatro che ne applaude ironicamente il successivo crollo di credibilità a causa degli errori compiuti dal noto personaggio politico, troppo risucchiato in un sistema a sua volta corrotto, tutto il resto del film si concentra a descriverci gli ultimi mesi di residenza forzata in esilio di Craxi e dei suoi familiari nel paese di Hammamet in Tunisia. Pertanto la domanda che mi pongo è la seguente? A cosa è servito riportare alla luce un tratto di storia privata di questo uomo politico? Forse a soddisfare la nostalgia e l'interesse di un pubblico formato prevalentemente da ultracinquentenni socialisti che hanno vissuto nei loro vivi ricordi il triste finale di Craxi? Ai giovani d'oggi sicuramente è un film inutile, dal momento in cui la politica contemporanea è strapiena di falsi profeti o benefattori da strapazzo, nonchè satura dei soliti imbonitori per le masse.
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angelo umana
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lunedì 13 gennaio 2020
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un onorevole (?) visto da vicino
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Un ragazzino impertinente ben vestito e pettinato tira con la fionda ai vetri della scuola (cattolica), è "la mano esperta di un ingenuo gradasso" della canzone di Lucio Battisti, ma è divertito, mostra determinazione nel suo viso, e scagli la prima pietra chi non si sia mai compiaciuto di un simile trastullo.
Subito dopo vediamo quel ragazzo fatto grande e famoso, declamare il pil che cresce nella nazione (1987) e onorare Pertini, che fà sempre chic e chiama il plauso, del resto tutte le "convenscion" - anche di partito - sono celebrative, riti e recite che si compiono, parole ben assestate e battiti entusiasti di mani, boati e ovazioni, di solito da gente interessata che si compiace di un capo così e che, ineludibilmente, gli dà ragione.
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Un ragazzino impertinente ben vestito e pettinato tira con la fionda ai vetri della scuola (cattolica), è "la mano esperta di un ingenuo gradasso" della canzone di Lucio Battisti, ma è divertito, mostra determinazione nel suo viso, e scagli la prima pietra chi non si sia mai compiaciuto di un simile trastullo.
Subito dopo vediamo quel ragazzo fatto grande e famoso, declamare il pil che cresce nella nazione (1987) e onorare Pertini, che fà sempre chic e chiama il plauso, del resto tutte le "convenscion" - anche di partito - sono celebrative, riti e recite che si compiono, parole ben assestate e battiti entusiasti di mani, boati e ovazioni, di solito da gente interessata che si compiace di un capo così e che, ineludibilmente, gli dà ragione. E i garofani in una “convescion”, quale idea, che colore, che pensiero gentile! Dopo c'è una cena anch'essa celebrativa, chissà a spese di chi, tutti i salmi finiscono...a tavola.
Ma non è un film politico questo che ha girto Gianni Amelio, è sull'uomo, il suo destino e il suo declino, l'essere umano che inevitabilmente decrepisce (parola inventata). Riflette e scrive e parla, la dialettica non gli mancava e nemmeno il carisma, è il solito lottatore indomito ma coloro contro cui lotta sono fantasmi lontani, sono rimasti a Milano, Italia, quelli che lo accusarono e condannarono. Ed egli s'era preparata la via di "uscita", non si dica di "fuga" a un uomo di cotanta passata grandezza, un quasi statista: la sua dimora ad Hammamet, Tunisia, lo attendeva, guardie del corpo e autorità compiacenti “benvenivano” l'augusto ospite. Non tutti se lo possono permettere ma un grande sì che può, anche questo agio...chissà con che soldi. Sono i "costi della democrazia", di cui qualcosa restava tra le dita, gli dice un pari-merito democristiano che lo incontra in visita (Renato Carpentieri), ma gli apparati faraonici dei partiti non li capisce nessuno. Idenari per la politica sono come le armi per la guerra, sentenziò il condottiero accorto che tutto aveva compreso.
Non realizzava ancora che qualcosa incombeva su di lui e la sua gente, inchieste di cui vi era già sentore, ma perché preoccuparsi, così facevano tutti, cosi fan tutti. Lontane le paranoie ed angosce per un uomo di successo, pur intento a scolpire il suo monumento mentre i topi ne mangiavano già il piedistallo, gli dice un collega di partito che si suiciderà, pare l'unico che gli volesse bene. Ma il nostro fu grande anche in questo, non volle suicidarsi e quelle colpe, sostiene il personaggio, le pago' da vivo tutti i giorni, in un esilio dorato. "100 giorni 100 ore 100 minuti" canta Caterina Caselli nel film, ma in realtà fu una vita abbastanza serena lungo 10 anni, solo disturbata da qualche turista italiano in gita che lo riconosce, da notizie dall'Italia che comunque segue (c'è perfino un'intervista di Vespa a Berlusconi in tv, il noto programma era già in onda allora) e che forse lo contrariano, perché non può ribattere, nessuno contro cui inveire, non ha più piedistalli né fotografi o salamelecchi, un uomo che definirono vittima del suo stesso orgoglio e della sua arroganza. Qualcuno nel film lo classifica come "ingordo di tutto, scostumato, superbo, cafone. Non rispetta le donne, le usa" (vizi privati diffusi, pubbliche virtù).
Gianni Amelio non dà giudizi schierati, non sappiamo quanto di ciò che riporta è documentato o immaginato, ma in fondo è verosimile ed equilibrato il film: giudizi composti, forse, ne daranno i politici in un'imminente celebrazione ad Hammamet nel ventennale dalla dipartita. Ci conduce bene lungo il suo film, osserviamo l'uomo quasi nudo, senza più cravatte rosse e doppiopetti (altri se ne ammanteranno): l'affluenza di pubblico nelle sale è fatta di teste bianche, vogliamo ri-vederlo quest'uomo - e Favino è diventato per il film un Craxi perfetto, una somiglianza inquietante - vederlo da vicino, quasi toccarlo lui che sembrava sempre inarrivabile sopra un pulpito. Eppure ... avrebbe potuto rimanere in Italia, farsi curare nel "suo Paese che ama" (lo disse un suo discepolo e successore) dove nonostante i preparativi della figlia - una Anita nel film, colei che, a dire del padre, il male che mi fanno arriva prima a lei - si rifiuta di andare, avrebbe potuto scontare i suoi 10 anni di prigione come un qualsiasi Sergio Cusani, e magari come costui uscirne mondato riqualificato e convertito a ben operare, forse ancora utile alla comunità. Ciò sarebbe stato più onorevole, non scappare come un topo, e soffrire la nostalgia del suo Paese in un esilio ricco ma ozioso e malinconicoo, una prigione anch'essa.
E' romantica e fantasiosa la chiusura: In un varietà satirico immaginario accostano “leader” a “lader”. Già trapassato il nostro (malgrado noi) protagonista passeggia sul tetto del Duomo di Milano, quella "da bere", e incontra suo padre (Omero Antonutti) che lo stava aspettando. Che hai fatto? gli chiede, e sembra dire bonariamente "ne hai combinato un'altra delle tue?: era accaduto che altri vetri della scuola aveva rotto il ragazzo con la fionda e presolo per un orecchio il prete inclemente lo aveva accusato in chiesa, davanti all'altare: maleducato manigoldo malfattore maligno maledetto, qualità nessuna.
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jaylee
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domenica 19 gennaio 2020
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il crepuscolo della prima repubblica
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Chissà se un millennial capirà veramente la controversa figura di Bettino Craxi, il più ammirato, influente ed odiato politico degli anni ’80, insieme probabilmente a Giulio Andreotti. Nelle barzellette era spesso l’Uomo Più Intelligente d’Italia, per Grillo fu l’uomo che lo sbattè fuori dalla televisione per le battute dei socialisti, per Berlusconi l’uomo a cui probabilmente deve tanta della propria fortuna, almeno ad inizio carriera.
Per tanti versi, fu il Politico che rappresentò meglio la Prima Repubblica, quella che inizia nel Dopoguerra della miseria, attraversa il boom economico degli anni ’60 fino all’Italia quinta potenza del Mondo di fine anni’80, e che si chiude con Mani Pulite, inchiesta degli anni ’90 che scoperchia definitivamente il marciume e la corruzione della politica, a favore di una Seconda Repubblica, altrettanto marcia e corrotta, ma politicamente e culturalmente infintamente più rozza.
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Chissà se un millennial capirà veramente la controversa figura di Bettino Craxi, il più ammirato, influente ed odiato politico degli anni ’80, insieme probabilmente a Giulio Andreotti. Nelle barzellette era spesso l’Uomo Più Intelligente d’Italia, per Grillo fu l’uomo che lo sbattè fuori dalla televisione per le battute dei socialisti, per Berlusconi l’uomo a cui probabilmente deve tanta della propria fortuna, almeno ad inizio carriera.
Per tanti versi, fu il Politico che rappresentò meglio la Prima Repubblica, quella che inizia nel Dopoguerra della miseria, attraversa il boom economico degli anni ’60 fino all’Italia quinta potenza del Mondo di fine anni’80, e che si chiude con Mani Pulite, inchiesta degli anni ’90 che scoperchia definitivamente il marciume e la corruzione della politica, a favore di una Seconda Repubblica, altrettanto marcia e corrotta, ma politicamente e culturalmente infintamente più rozza.
Gianni Amelio sceglie di rappresentare un Craxi ormai esiliato dopo l’asilo politico ottenuto in Tunisia, ma sempre con la testa nella politica; i rapporti con la figlia e le brevi visite del figlio di un vecchio compagno di partito (suicidatosi per la vergogna), di un avversario presumibilmente democristiano, e della sua amante sono il fil rouge di queste due ore, intimiste, sottotraccia, che non prendono posizione sul Craxi politico. Il fatto che tutti i personaggi, inclusi i familiari, abbiano dei nomi di immaginazione già in qualche modo lascia presupporre una dimensione non documentaristica, più immaginata, del rapporto del Craxi uomo a tirare le somme al crepuscolo della sua vita.
Ad interpretarlo, un Pierfrancesco Favino che non sembra Craxi, E’Craxi. La Prostetica certo aiuta, ma la voce, il modo affannato con cui parla, i suoi manierismi sono assolutamente impressionanti. Non crediamo onestamente si possa superare, a memoria, solo Val Kilmer riuscì ad essere così identico a Jim Morrison in The Doors di Oliver Stone.
Favino non solo è Craxi, E’ il film. Alla fine, questo è il grande limite del film di Amelio, che un po’ ci ha ricordato Il Traditore di Marco Bellocchio, stesso protagonista, stessi pregi, stessi difetti, tutto accentuato, anzi. Sembra quasi che quando il regista si trovi un inteprete di questo tipo, si dimentichi di tutto il resto. Un Po’ come se ti trovassi Cristiano Ronaldo in squadra e sacrifichi tutto, altri giocatori, schemi di gioco, per metterlo al centro dell’attenzione.
E’ tutto in secondo piano. Un teatro fatto di sagome, gli altri attori (in particolare i familiari e il figlio dell’amico scomparso) assolutamente anonimi e poco credibili, come personaggi di un presepe intorno al Bambino, (vedi la scena della festa di Pasqua con tutti gli amici e il penoso pezzo alla chitarra del figlio). Leggermente meglio Renato Carpentieri (il Politico Democristiano) e Claudia Gerini (l’Amante); ma gli unici passaggi interessanti sono il Congresso Socialista del 1989 e soprattutto il “sogno” di Craxi tra i tetti del Duomo, l’incontro col padre e il cabaret/giudizio finale. Curioso perché questo pezzo surreale è il tono che fu scelto per Andreotti, che ebbe da Sorrentino un film pop, lisergico, esagerato (ma bello e interessante) con Il Divo; quasi a dire: politica e farsa funziona meglio come abbinamento, almeno in Italia.
Questa soluzione di Amelio, invece, suscita più di uno sbadiglio. Tanto valeva portare Craxi con un monologo a teatro di un’oretta, sarebbe stato decisamente più efficiente. E Favino si sarebbe visto lo stesso. (www.versionekowalski.it)
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ganesh
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domenica 2 febbraio 2020
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viva noschese...
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Una stella perchè faccio la media tra le cinque di un mimetico Favino, ( ma se voglio vedere un'imitazione perfetta vado a cercare Noschese a Studio Uno su You Tube) e l'inguardabilità pari a zero del complesso del film.
Dialoghi e attori, con tutto il rispetto per "Un posto al Sole" da soap opera, incongruenze d'epoca, incluso il vetro rotto con la fionda, un temperato che certamente in una canonica degli anni 50 ancora non poteva esserci, canzoni fuori contesto e fuori periodo, anche Piovani non è al suo meglio e poi il cameo imbarazzante della Gerini, appiccicato come una figurina nel contesto forse i cinque minuti peggiori del film intero con la la ingerie a vista come in un cinepanettone, infine una sceneggiatura cerchiobottista che dice e non dice, didascalica a livelli di documentario sovietico, che non prende nessuna posizione, ammicca, allude, non conclude.
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Una stella perchè faccio la media tra le cinque di un mimetico Favino, ( ma se voglio vedere un'imitazione perfetta vado a cercare Noschese a Studio Uno su You Tube) e l'inguardabilità pari a zero del complesso del film.
Dialoghi e attori, con tutto il rispetto per "Un posto al Sole" da soap opera, incongruenze d'epoca, incluso il vetro rotto con la fionda, un temperato che certamente in una canonica degli anni 50 ancora non poteva esserci, canzoni fuori contesto e fuori periodo, anche Piovani non è al suo meglio e poi il cameo imbarazzante della Gerini, appiccicato come una figurina nel contesto forse i cinque minuti peggiori del film intero con la la ingerie a vista come in un cinepanettone, infine una sceneggiatura cerchiobottista che dice e non dice, didascalica a livelli di documentario sovietico, che non prende nessuna posizione, ammicca, allude, non conclude.
Amelio si conferma per quello che ho sempre pensato sia, un regista sopravvalutato con un'abilità pari a un Sergio Martino ma con più supponenza...
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samanta
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lunedì 8 giugno 2020
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gli ultimi anni di un presidente, ma dov'è craxi?
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Il film desta difficoltà nel giudizio, Amelio è un regista noto (anche in TV) e di discreta qualità (I ragazzi di via Panisperna, La tenerezza), ma ha scelto una via di mezzo che provoca dele perplessità. Innanzitutto il protagonista è Craxi (dall'aspetto e dal modo di parlare), ma nel film è chiamato il Presidente (Pierfrancesco Favino) , è cambiato il nome della figlia in Anita, capisco che è difficile parlare di un protagonista della storia italiana quando sono ancora in vita parenti e tanti personaggi di quei tempi, ma non apprezzo nascondersi dietro quel mezzuccio dell'anonminato la moglie e il figlio sono senza nome come anche il politico che incontra, ha il nome solo un protagonista inventato.
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Il film desta difficoltà nel giudizio, Amelio è un regista noto (anche in TV) e di discreta qualità (I ragazzi di via Panisperna, La tenerezza), ma ha scelto una via di mezzo che provoca dele perplessità. Innanzitutto il protagonista è Craxi (dall'aspetto e dal modo di parlare), ma nel film è chiamato il Presidente (Pierfrancesco Favino) , è cambiato il nome della figlia in Anita, capisco che è difficile parlare di un protagonista della storia italiana quando sono ancora in vita parenti e tanti personaggi di quei tempi, ma non apprezzo nascondersi dietro quel mezzuccio dell'anonminato la moglie e il figlio sono senza nome come anche il politico che incontra, ha il nome solo un protagonista inventato. E' quindi difficile giudicare un film che affronta un pezzo di storia non alla Oliver Stone, ma si rifugia nell'anonimato dei giudizi e l'inquadramento storico è fatto affrontando i problemi più importanti di striscio.
Ad esempio la giustizia che fu usata come una clava contro DC e PSI senza toccare, se non di sfuggita, il PCI che prendeva come tuttti tangenti per finanziare il partito (ricordate Greganti?) senza tenere conto i finanziamenti dall'URSS (vedi Dossier Mitrokhin), le vicende di quei giorni (ma anche di questi ...) rivelano una saldatura tra una parte della magistratura e una parte polica. Craxi commise tra gli altri 2 gravi errori "Sigonella" e la politica filoaraba (questa anche di Andreotti che la pagò), tali comportamenti determinarono l'ostilità degli USA che trovarono un'altro interlocurore che non fosse il PSI e la DC e che adesso è strettamente legato ai poteri forti. Oltra ai finanziamenti illeciti c'era la corruzione anche di politici, ma su Craxi ormai il giudizio prevalente che non commise illeciti personali, anche il famoso tesoro di 50 miliardi non fu mai trovato. Peraltro dopo 20 anni dalla sua morte la corruzione è ulteriormente dilagata, coivolgendo oltre la politica.la pubblica amministrazione e la giustizia. Tutti questi temi sono affrontati superficialmente soffermandosi il regista sugli ultimi anni di vita nell'esilio di Hammamet dove Craxi viveva con la moglie che nel film è una figura evanescente. Il film è lento e noioso e alcuni episodi per non limitarsi ai soliloqui del Presidente non convincono:
- la creazione di un personaggio Fausto (Luca Sartori) figlio di un dirigente socialista suicida cha arriva di nascosto nella casa di Craxi per ammazzarlo ma che poi diventa un testimone filmando e registrando tutto quello che succede, il Presidente che sa della sua intenzione (?), gli consegna una registrazione dei suoi segreti e il ragazzo scompare.
- L'incontro con l'amante (Claudia Gerini) in reggiseno e mutandine, una scena penosa sia pure breve;
- l'incontro con il Politico (un DC) una via di mezzo tra Forlani e Andreotti, , ma il tutto si riduce ad uno scambio di "supercazzole",
- infine la scena finale con la visione onirica del Presidente che assiste ad un carabet in cui viene deriso.
Dopo questa scena il Presidente muore (era gravemente ammalato) e pochi mesi dopo la figlia visita in manicomio dove è stato ricoverato, Fausto che gli consegna la registrazione del padre. La parte migliore è la recitazione eccellente di Favino che oltre all'ottimo trucco riesce ad imitare molto bene il modo di parlare e di gestire di Craxi, mediocri le altre recitazioni. Un film che delude, forse è troppo presto per fare un film del genere
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francesco izzo
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domenica 12 gennaio 2020
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un'ottima rappresentazione
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Interpretazione magistrale di Favino (certo bravissimi anche quelli che hanno scritto il copione ed l truccatori, però), che riproduce quasi alla perfezione toni, posture, umori, scatti di nervi, momenti di tenerezza e scambi salaci del leader socialista ormai spodestato, condannato ed esiliato ad Hammamet.
Con alcuni personaggi (bravi anche loro) in parte presi da spunti reali ed in parte di fantasia ( Vincenzo: è Balzamo e Moroni insieme? Il personaggio anziano, di piccola statura con panama e barba bianca che lo va a trovare alla fine sarebbe Cirino Pomicino? E l'amante chi sarebbe?) ed alcune invenzioni (tipo il figlio di Vincenzo che conserva sempre un alone di mistero o la figlia che invece di Stefania diventa una Anita bruna ed emotiva) il film regge stupendamente, cattura lo spettatore e lo rende pienamente compartecipe delle sorti del Leader socialista sicuramente per tre quarti del tempo.
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Interpretazione magistrale di Favino (certo bravissimi anche quelli che hanno scritto il copione ed l truccatori, però), che riproduce quasi alla perfezione toni, posture, umori, scatti di nervi, momenti di tenerezza e scambi salaci del leader socialista ormai spodestato, condannato ed esiliato ad Hammamet.
Con alcuni personaggi (bravi anche loro) in parte presi da spunti reali ed in parte di fantasia ( Vincenzo: è Balzamo e Moroni insieme? Il personaggio anziano, di piccola statura con panama e barba bianca che lo va a trovare alla fine sarebbe Cirino Pomicino? E l'amante chi sarebbe?) ed alcune invenzioni (tipo il figlio di Vincenzo che conserva sempre un alone di mistero o la figlia che invece di Stefania diventa una Anita bruna ed emotiva) il film regge stupendamente, cattura lo spettatore e lo rende pienamente compartecipe delle sorti del Leader socialista sicuramente per tre quarti del tempo. Peccato per la fine, in cui, forse per strafare, forse semplicemente per voler concludere il film in modo un pò originale, avvengono alcune stranezze che a mio avviso sarebbe stato meglio evitare.
Il film è comunque complessivamente da 9 meritato.
E' la fotografia riuscita degli ultimi giorni di un leader politico con grande visione da statista, che ha pagato a caro prezzo la volontà di innovare, di riformare e di cambiare un' Italia ancora conservatrice, retorica, ipocrita e un pò bigotta; certo peccando spesso anche di orgoglio, metodi discutibili e a volte fin troppo disinvolti ,nonché dovendo render conto, probabilmente, anche del suo brutto carattere e di una certa arroganza di modi, per lo meno di fronte all'opinione pubblica più superficiale.
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inesperto
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lunedì 13 gennaio 2020
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favino è divino
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Quello che più balza all'occhio di questo lungometraggio è indubitabilmente l'interpretazione di Favino. E' stupefacente, quasi sconvolgente, quanto la parlata sia identica a quella del vecchio capo socialista. E' così perfetto che, immergendosi nel film, sembra di essere proprio lì, in compagnia del vero e proprio Craxi. Il nostro più grande attore sta effettuando un'ascesa inarrestabile. Vivi complimenti. Per quanto concerne la pellicola, quello che viene mostrato in maniera preponderante è il lato intimista del nostro protagonista, dal suo esilio dorato di Hammamet. Di politica si narra molto poco; si dà solamente spazio ad opinioni generali espresse direttamente da lui, conversando con l'interlocutore di turno, relativamente alla vicenda processuale ed alle prassi partitiche di quando era ai vertici dello Stato italiano.
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Quello che più balza all'occhio di questo lungometraggio è indubitabilmente l'interpretazione di Favino. E' stupefacente, quasi sconvolgente, quanto la parlata sia identica a quella del vecchio capo socialista. E' così perfetto che, immergendosi nel film, sembra di essere proprio lì, in compagnia del vero e proprio Craxi. Il nostro più grande attore sta effettuando un'ascesa inarrestabile. Vivi complimenti. Per quanto concerne la pellicola, quello che viene mostrato in maniera preponderante è il lato intimista del nostro protagonista, dal suo esilio dorato di Hammamet. Di politica si narra molto poco; si dà solamente spazio ad opinioni generali espresse direttamente da lui, conversando con l'interlocutore di turno, relativamente alla vicenda processuale ed alle prassi partitiche di quando era ai vertici dello Stato italiano. Questa scelta narrrativa fa inevitabilmente rallentare i ritmi, facendo disperdere un po' di quel pathos che, con un maggiore accento ai fatti politici dell'epoca, si sarebbe potuto provare. E' difficilmente giustificabile, inoltre, l'espressione di un fantomatico aspetto onirico verso la conclusione. Non è condivisibile quanto espresso da alcuni sul carattere agiografico dell'opera: Craxi non si rivela beatificato da quanto mostrato. E' la semplice biografia degli ultimi anni di vita di un ex politico controverso, le cui decisioni ed azioni (a livello di scelte pubbliche e morali) sono state molto discutibili, ma che, a paragone di chi abbiamo visto succedersi posteriormente, risulta comunque uno statista di livello marcatamente diverso. Ad ogni modo, alla fine della fiera, si tratta di un buon film con una straripante recitazione.
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savio 86
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martedì 14 gennaio 2020
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craxi dov'è?
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Salta subito all'occhio una cosa: Amelio non fa nomi. Craxi è chiamato "il presidente", la figlia Anita, poi vi sono il giudice, il politico, l'amante... nessuna identità storica. Forse è banale ridurre Hammamet alla semplice "tortura" emotiva dell'esilio/latitanza di un moderno Napoleone. Il Craxi del perfetto Favino in realtà, porta al nostro tavolo il salato conto col passato: è lo scontro di generazioni, un tema tanto caro al cinema - soprattutto d'autore- ma che è trattato in maniera quasi rivoluzionaria, una tensione quasi nascosta, che emerge sporadicamente, ma che rappresenta il punto di forza della "Storia" e della storia craxiana. Siamo di fronte a quella generazione che, pur avendo conosciuto la fame durante guerra e la ricchezza di "quinta potenza industriale", ha commesso i suoi errori e di questi le generazioni successive da un lato ne pagano il prezzo, dall'altro sono messe di fronte all'inevitabile giudizio che-volente o nolente- bisogna dare.
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Salta subito all'occhio una cosa: Amelio non fa nomi. Craxi è chiamato "il presidente", la figlia Anita, poi vi sono il giudice, il politico, l'amante... nessuna identità storica. Forse è banale ridurre Hammamet alla semplice "tortura" emotiva dell'esilio/latitanza di un moderno Napoleone. Il Craxi del perfetto Favino in realtà, porta al nostro tavolo il salato conto col passato: è lo scontro di generazioni, un tema tanto caro al cinema - soprattutto d'autore- ma che è trattato in maniera quasi rivoluzionaria, una tensione quasi nascosta, che emerge sporadicamente, ma che rappresenta il punto di forza della "Storia" e della storia craxiana. Siamo di fronte a quella generazione che, pur avendo conosciuto la fame durante guerra e la ricchezza di "quinta potenza industriale", ha commesso i suoi errori e di questi le generazioni successive da un lato ne pagano il prezzo, dall'altro sono messe di fronte all'inevitabile giudizio che-volente o nolente- bisogna dare. Ed è qui che la narrativa cinematografica di Amelio irrompe nella sua quasi perfezione: da un lato ci sono i figli che perdonano i genitori per loro errori, e li accudiscono e aiutano fino in punto di morte, dall'altro c'è chi quel passato lo vuole distruggere. Allora è chiaro che non è interesse di Amelio parlare di Craxi o di Tangentopoli (ripeto: nessun personaggio storico citato, nemmeno lo stesso Craxi) ma di portare avanti una profonda analisi sul senso dell'errore e delle sue dirette conseguenze e soprattutto sulla posizione da assumere di fronte a chi, prima di noi, ha sbagliato (discorso che può essere fatto per i grandi errori della storia o per le nostre realtà quotidiane). Analisi a parte andrebbe fatta per la complessa simbologia del film: su tutte spiccano le immagini del piccolo Craxi che rompe i vetri, forse di un oratorio, con la sua piccola fionda, e lo schermo triangolare con Craxi al centro, immagini che compaiono all'inizio e alla fine della pellicola e che rappresentano da un lato il desiderio perenne delle nuove generazioni di "distruggere" il proprio passato, deridendo perfino chi cerca di punirlo, dall'altro il triangolo, simbolo di Dio per antonomasia, in cui compare il Craxi all'apice della sua parabola e alla fine, ormai morente sulla sedia a rotelle e deriso dai pessimi comici del varietà. Ciò che siamo stati (giovani distruttori) lo saranno i nostri figli e la perenne parabola umana sarà sempre soggetta al giudizio di Dio, forse l'unica posizione che conta davvero.
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francesca meneghetti
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martedì 14 gennaio 2020
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sicut transit gloria mundi
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Sicut transit gloria mundi Per riguardo (e rispetto) verso chi ha annunciato un’astensione a priori dall’ultima opera di d’Amelio, si può sostenere la tesi che non è un film veritiero su Bettino Craxi. Semmai un biopic che mira a scavalcare la realtà, soprattutto politica, al fine di focalizzare l’attenzione su una vicenda esistenziale: il declino doloroso, dal punto di vista fisico e morale, di un “grande”. Un po’ come il Napoleone del “5 maggio” manzoniano. Che cosa significa per un potente arrogante, spregiudicato e intelligente, che aveva tutto a portata di mano, belle donne comprese, passare nei panni di malato o invalido? Quali costi umani ha questo progressivo dire addio alla vita, nonostante il motto: “aggiungere vita agli anni, e non anni alla vita”? Il percorso, segnato da rabbia e paura non è facile, e la straordinaria interpretazione di Favino, degna quasi del Bergman più intimista, lo dimostra.
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Sicut transit gloria mundi Per riguardo (e rispetto) verso chi ha annunciato un’astensione a priori dall’ultima opera di d’Amelio, si può sostenere la tesi che non è un film veritiero su Bettino Craxi. Semmai un biopic che mira a scavalcare la realtà, soprattutto politica, al fine di focalizzare l’attenzione su una vicenda esistenziale: il declino doloroso, dal punto di vista fisico e morale, di un “grande”. Un po’ come il Napoleone del “5 maggio” manzoniano. Che cosa significa per un potente arrogante, spregiudicato e intelligente, che aveva tutto a portata di mano, belle donne comprese, passare nei panni di malato o invalido? Quali costi umani ha questo progressivo dire addio alla vita, nonostante il motto: “aggiungere vita agli anni, e non anni alla vita”? Il percorso, segnato da rabbia e paura non è facile, e la straordinaria interpretazione di Favino, degna quasi del Bergman più intimista, lo dimostra. Ma c’è anche la riflessione sul passato di questo politico Innominato fuggito ad Hammamet per sottrarsi a due condanne definitive. Il protagonista infatti si rispecchia nella vicenda che fa da cornice: quella del tesoriere del suo partito, morto suicida, ma “resuscitato” dal figlio Fausto. Padre e figlio sono la voce della coscienza, il grillo parlante nella testa del leader. Rappresentano simbolicamente quello che era in origine il Partito socialista, specie il padre, che non si toglie mai la tuta da operaio. Rifiutando il magna magna anche reale, richiamava il capo alla rettitudine e lo metteva in guardia dagli adulatori, ottenendo il suo rispetto e il suo affetto, ma si suicidava di fronte alle inchieste giudiziarie, per protestare la sua innocenza. Nella realtà scrisse una lettera drammatica a Napolitano: “Egregio Signor Presidente, ho deciso di indirizzare a Lei alcune brevi considerazioni prima di lasciare il mio seggio in Parlamento compiendo l’atto conclusivo di porre fine alla mia vita. È indubbio che stiamo vivendo mesi che segneranno un cambiamento radicale sul modo di essere nel nostro paese, della sua democrazia, delle istituzioni che ne sono l’espressione. Al centro sta la crisi dei partiti (di tutti i partiti) che devono modificare sostanza e natura del loro ruolo. Eppure non è giusto che ciò avvenga attraverso un processo sommario e violento, per cui la ruota della fortuna assegna a singoli il compito delle “decimazioni” in uso presso alcuni eserciti, e per alcuni versi mi pare di ritrovarvi dei collegamenti.” Tuttavia il vero tesoriere del PSI, Sergio Moroni, era laureato in lettere, non operaio, e deputato, Nel 1994 il Tribunale di Milano, con sentenza confermata in appello e in Cassazione, accertò che aveva ricevuto «circa 200 milioni in totale nelle sue mani in una cartellina tipo quelle da ufficio, avvolta in un giornale». Di fronte a una realtà così sfuggente come si può evitare l’ambiguità? Non si può, e la si persegue volutamente. Anche ricorrendo ala dimensione simbolica, specie nel finale, che ha tratti quasi felliniani. Questo per dire che l’intenzione del regista non pare (come è stata giudicata da molti) come assolutoria rispetto a un personaggio storicamente determinato come fu Bettino Craxi: anzi, c’è una scena che inquadra Berusconi, intervistato in TV a proposito della guerra in Kossovo, quasi a suggerire che il primo favorì l’ascesa del secondo. Certo il tema della politica italiana è forte. Si parte dagli anni ’80, anni di vacche grasse, con l’Italia quinta potenza industriale, e una prassi politica che sta cambiando: non è più quella dei padri costituenti, che uscivano dalla Resistenza, credevano nei valori della Costituzione, e si erano formati nelle scuole di partito. E’ la politica delle “marchette”. Protesa non a procurare il bene del Popolo, ma la soddisfazione della Gente, somma di individui capaci di coltivare solo il loro interesse particolare,di clienti, che i nuovi partiti devono vezzeggiare e soddisfare, con reciproco interesse. Do ut des. Alla faccia dell’interesse generale. Specie quello delle generazioni future. Un film ricco di spunti, tutto da discutere come si faceva una volta nei cineforum, ma da vedere.
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