BENEDETTA PIGNATELLI
Sofia Coppola da New York, regista-sceneggitrice-stilista, ha ricevuto parole gonfie di miele dai critici americani per l’occhio clinico, intimo, poetico e lungimirante esibito in Lost in Translation, suo secondo film, girato in 27 giorni per 3,4 milioni di euro e presentato al Festival di Venezia. Che suggerisce come in alcuni casi anche la creatività abbia origine genetica. Ragazza dotata di sviluppati bicipiti mentali e di massiccia dose di coraggio (dimostrato dall’aver scelto di tenersi sia il cognome paterno sia il naso originale), Sofia ha anche un asso nella manica: il possente network di amicizie creative con il quale è costantemente connessa. La regista è il fulcro di una “sei gradi di-separazione (celebre)”, sfruttata non come sterile diploma mondano ma con fini creativi. Come decanta Lynn Hirschberg su The New York Times Magazine. Un esempio? Coppola ha suggerito suo cugino Nicolas Cage (cognome originale: Coppola) per il film Adptation, regia del marito Spike Jonze. Altro amico è il regista Wes Anderson(The Royal Tenenbaums) che l’ha aiutata a stanare l’amico Bili Murray per Lost in Translation. Buttate lì un nome più o meno vitale e trovate (creative) tracce di Sofia. Lo stilista Marc Jacobs? Sofia ha disegnato una serie di borse, “The Sofia Collection”, per la linea Marc by Marc Jacobs. Kate Moss? Amica decennale e star del video del gruppo neo-garage-punk The White Stripes, diretto da Coppola jr Madonna. Sofia è apparsa nel video Deeper and Deeper. Due presenze fisse nei progetti coppoliani sono lo scenografo Lance Accord, conosciuto, manco a dirlo sul set dell’uber-fotografo Bruce Weber. E Brian Reitzell, batterista del gruppo Redd Kross e autore delle colonne sonore dei film di Sofia. Nell’orbita coppoliana gravitano anche il cugino-attore Johon Schwartzman, Kirsten Dunst e Josha Hartnett, questi ultimi scritturati nel cast di The Virgin suicides firmato da Sofia nel 2000. E poi Thurston Moore, responsabile insieme con l’ex fidanzata e compagna di band Kim Gordon, di aver suggerito a Sofia la lettura del libro di Jeffrey Eugenides. Oltre all’amica del cuore, Zoe Cassavetes, progenie di John Cassavetes e Gena Rowlands, con cui Coppola jr ha gestito in tandem Hi-Octane, programma tv di nomi, trend e luoghi dell’ultim’ora, andato in onda sul canale Comedy Central.
Anche l’ultima opera, Lost in Translation, è figlia delle liaison amical-creative coppoliane. Il film si basa in parte sulle numerose puntate giap di Coppola che a Tokyo ha la filiale della sua boutique losangelena Heaven 27 (19-4 Sarugaku-Cho Shibuya-Ku, www.milkfed.jp) dove si vendono anche le pezze di Milk Fed, linea di sportswear-streetwear creata da Coppola e Stephanie Heyman. La storia cinematografica è quella di un attore americano 50enne dalla carriera in luna calante, a Tokyo per promuovere il Whisky Suntory sotto paga di 2 milioni di dollari. Sposato ma solo, Bob Harris (l’attore Bill Murray incontra la 20enne Charlotte (l’attrice Scarlett Johansson), fresca sposa ma sola (il marito fotografo-attore Giovanni Ribisi – vaga per Tokyo tallonando rockettari). Nella sterile quiete dell’hotel Park Hyatt le due anime (e solo quelle), sfiancate dal fuso e spiazzate dall’idioma si adottano. Anche la regista, come i protagonisti del film, bivacca spesso al Park Hyatt, fattole scoprire dal suo cicerone e amico Fumihiro Hayashi.
Ne ha fatta di strada Sofia Coppola, dalla sua prima apparizione, alla nascita letterale, nella scena del battesimo del Padrino, nei panni di un infante maschio, alla goffa presentazione nel Padrino III, martoriata dai critici. Oggi Sofia, che ha anche uno champagne col suo nome, frutto del vigneto paterno a Napa Valley, California (rivoluzionano, petulante, reazionario, fragrante, freddo, cool si legge sull’etichetta coniata da Francis Ford Coppola), è tra le voci più eclettiche di Hollywood, con in mano mezzi multimediali: regia, penna, foto pubblicate su Allure, Interv’iew e Vogue Paris) e acume talent scout (ha lanciato le band My Bloody Valentine, The Peaches e Air). Oggi si è conquistata il rispetto di colleghi e attori. Perché un altro segreto dal Coppola-manuale: “È il rapporto che ha con gli attori, complice, non dittatoriale, sa quello vuole ma ha l’intelligenza e il buon gusto di collaborare con loro” secondo le parole dell’amica Greta Seacat, acting coach e da 11 anni responsabile del reparto recitazione sui set di Francis Ford Coppola. “Come suo padre, sorpassa la visione tridimensionale, entra in una quarta dimensione. Quando viene ai miei seminari per l’interazione attori-registi ama vivisezionare i testi dei suoi film, li plasma, li mette in discussione come si rimetterà in discussione Coppola jr con il prossimo progetto che risponda all’appello di “photojournalistpro” (tente di Craig’s List, bollettino internettiano molto in voga), che aspetta una e-mail da Coppola per proporle una biografia su Carroil Shelby, vincitore della 24 ore di Le Mans e padre della fuori-serie Cobra?
Da Sette, 2 Ottobre 2003