
Titolo originale | Ástin sem eftir er |
Anno | 2025 |
Genere | Drammatico, |
Produzione | Islanda, Danimarca, Svezia, Francia |
Durata | 109 minuti |
Regia di | Hlynur Palmason |
Attori | Sverrir Gudnason, Ingvar Eggert Sigurðsson, Anders Mossling, Ída Mekkín Hlynsdóttir Katla M. Þorgeirsdóttir, Saga Garðarsdóttir, Halldór Laxness Halldórsson, Kristinn Guðmundsson, Grímur Hlynsson. |
Tag | Da vedere 2025 |
Distribuzione | Movies Inspired |
MYmonetro | 3,25 su 4 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 20 maggio 2025
Anna e Maggi si separano lentamente, tra lavoro, figli e momenti condivisi. I gemelli, lasciati spesso soli, inventano giochi strani e rischiosi.
CONSIGLIATO SÌ
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Anna e Magnus, detto Maggi, si stanno separando: è un processo graduale, che la coppia porta avanti trascorrendo ancora del tempo insieme ai tre figli, in escursioni o in cene a casa. Mentre l'unità coniugale si va sfaldando, Anna si concentra sul suo lavoro di artista, anche se i riconoscimenti tardano ad arrivare; Maggi, invece, lavora su un peschereccio ed è quasi sempre in mare aperto. Quando i genitori non ci sono, i figli si dedicano a passatempi curiosi: in particolare i due gemelli, che tendono a creare giochi bizzarri e talora pericolosi per la loro incolumità.
Il tipico gusto nordico per uno humour trattenuto, ma non per questo meno crudele, trova in Hylnur Pálmason un interprete di eccezione.
Fin dai suoi primi cortometraggi, il regista islandese ha mostrato un talento non comune nel trasformare eventi di vita quotidiana in momenti di puro nonsense, convertendo il tragico in comico con delizioso gusto minimalista. In questo senso The Love That Remains appare come la sua opera più compiuta sin qui, particolarmente sentita perché attinente all'esperienza di vita del regista - non è un caso se a interpretare Ída, Grímur, and Porgils sono i suoi veri figli - e perché la giusta misura per mantenere un equilibrio di umori contrastanti - la commedia con un tocco di surreale e il dramma famigliare (mitigato dalla prima) - sembra aver trovato la soluzione perfetta. Girato in pellicola 35mm e accompagnato dalla colonna sonora jazzy di Harry Hunt, il film è impreziosito da un lavoro di montaggio che procede per analogie audaci, accostando sequenze con richiami ossimorici, quasi a evidenziare la sua natura duplice. Da un lato ricostruzione finzionale di quanto avvenuto a Pálmason, dall'altro trasfigurazione paradossale con escursioni nel puro dada.
Gli elementi surreali, spesso irresistibili, mescolano elementi di Still Life di Jia Zhang-ke e del cinema di Roy Andersson, per tradurre su schermo i pensieri più assurdi dei personaggi - l'aereo del noioso gallerista svedese che cade è il desiderio più o meno inconscio di Anna, così come il pollo gigante rappresenta l'incubo a occhi aperti di Maggi. Permane un senso di inafferrabilità in The Love That Remains, la sensazione che la vita e le sue assurdità non si possano prevedere né comprendere e che, forse, un nucleo familiare possa meglio funzionare se disunito, preservando la libertà di fallire dei singoli (Anna che persevera con la sua carriera artistica, Maggi che cerca di isolarsi dalla società degli uomini). E se il tutto non potrebbe che avvenire in Islanda - microcosmo peculiare dalla popolazione esigua e dalle mille potenzialità, in cui tecnologia e vita rurale da medioevo possono convivere gioiosamente - è altresì vero che la disgregazione e ricomposizione di un nucleo famigliare sempre più fragile è questione globale. L'aggiornamento del modello ormai obsoleto di Kramer contro Kramer passa anche di qui.
Quella di Godland è ancora una terra di grandi contrasti e tensioni, non solo geografici. Una famiglia (mamma, papà, due figli maschi, una femmina) vive una specie di comunità-limbo: i genitori sarebbero separati, ma Anna permette a Maggi, che lavora in un peschereccio, di frequentare i bambini e anche di stare tutti insieme magari per un pic-nic. L'islandese Hlynur Pálmason alza l'asticella dell'ambizione [...] Vai alla recensione »
Uno delle colonne portanti del cinema di Hlynur Pálmason è l'ambiente. In Godland il paesaggio ostile dell'Islanda era diventato il luogo di un viaggio spirituale tra io dubbio e la fede nel XIX secolo. Questo nuovo progetto sull'isola racconta una storia contemporanea, quella di una separazione e delle difficoltà del divorzio. Il poco che resta di un amore svanito.
Hlynur Pálmason, classe 1984, è un regista che ama cambiare sempre strada: dei suoi quattro film, nessuno assomiglia all'altro tranne che per la fiera, costante, ambientazione islandese, terra natia del cineasta e da lui - si direbbe - molto amata o, se non altro, osservata. Dopo il bellissimo e a suo modo epico Godland (presentato nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2022), Pálmason torna sulla [...] Vai alla recensione »