| Anno | 2024 |
| Genere | Documentario, |
| Produzione | Italia |
| Durata | 81 minuti |
| Regia di | Perla Sardella |
| Uscita | lunedì 3 marzo 2025 |
| Tag | Da vedere 2024 |
| Distribuzione | OpenDDB |
| MYmonetro | Valutazione: 3,50 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 ottobre 2025
Un film che racconta il lavoro e il mondo sindacale dall'interno, così come le diverse declinazioni della militanza In Italia al Box Office Portuali ha incassato 8 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Dal 2019 il C.A.L.P., il Collettivo Autonomo dei lavoratori del porto di Genova, ha cominciato a indire scioperi per evitare di caricare gli armamenti diretti verso i vari teatri di guerra nel mondo. "Non saremo né filiera né ingranaggio dell'industria bellica", sostengono i "camalli", noti per la loro combattività, e oggi diventati un punto di riferimento di molte battaglie, anche studentesche, non ultime le manifestazioni per la pace in Palestina e di sostegno alla Global Sumud Flotilla. Sono, come si suol dire, "duri e puri" e si battono da sempre per i diritti dei lavoratori, cercando forme di accordo con altri collettivi con cui condividono una filosofia di vita e di lavoro. Il documentario Portuali racconta le loro lotte fra il 2019 e il 2023, raccogliendo filmati dell'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico che in apertura mostrano le attività del porto al contrario, come simbolo di quanto le battaglie operaie siano tornate indietro negli ultimi decenni.
Portuali è stato diretto, fotografato e montato da Perla Sardella riprendendo le discussioni fra i lavoratori, i blocchi dei porti, gli scioperi e le manifestazioni, e in modo fieramente indipendente è stato prodotto da Marco Longo e Fulvio Lombardi per Berenice Film e distribuito da Open DDB Distribuzioni dal basso.
Ha già vinto premi al Festival dei Popoli, al Bellaria Film Festival e a Cinecittà. E più che un documentario sembra un film di Ken Loach o dei fratelli Dardenne, anche perché ha tre protagonisti carismatici: Josè Nivoi, leader pacato capace di parlare in pubblico (pur con emozione) che è andato anche a perorare la causa dei portuali fino al Parlamento Europeo e ha navigato a bordo della Global Sumud Flotilla; Riccardo Rudino, militante passionale con una visione lucida di ciò che sta succedendo in Italia ai lavoratori, in particolare in tema di sicurezza sul lavoro; e Bruno Rossi, che ha partecipato alle battaglie sindacali degli anni Settanta, e la cui figlia Martina è precipitata dal balcone di una camera di albergo a Palma di Maiorca, dove si trovava in gita scolastica, per sfuggire ad un tentativo di violenza sessuale rimasto sostanzialmente impunito.
La figura di Bruno Rossi fa da elemento di connessione fra due temi importanti per il C.A.L.P.: il progressivo allontanamento delle sigle sindacali tradizionali dai lavoratori "assumendo il punto di vista dei padroni", e la violazione sistematica (e sistemica) dei diritti delle donne. Dal punto di vista sindacale i portuali, la cui associazione era nata in seno alla CIGL, sono ora affiliati all'Unione Sindacati di Base, e l'unico rischio che corre il documentario di Sardella è quello di diventare uno spot per l'USB. Le loro discussioni vertono sullo smantellamento dei diritti dei lavoratori, cui i sindacati tradizionali non hanno posto un argine sufficiente, preferendo gli accordi con le aziende ai conflitti "responsabili ma duri quando serve". "Hanno cancellato sulla nostra testa cent'anni di lotte che avevano fatto anche loro", sintetizzano i portuali riuniti in assemblea.
I "camalli" di Genova sono anche decisi a "reintrodurre lo sciopero sociale e politico", ovvero a dare una dimensione più ampia alle loro battaglie sindacali, combattendo anche gli accordi sovranazionali che penalizzano i lavoratori italiani e mettendosi in prima linea nel bloccare l'esportazione di armi. Sanno di avere un grande punto di forza: il transito delle merci, quali che siano, che sia impedito crea un danno importante ai trafficanti (più o meno legali). E reclamano il rispetto della legge italiana, che vieta il traffico di armamenti sul suolo nazionale, e della nostra Costituzione, che "ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali".
Per le loro manifestazioni e il blocco dei porti il C.A.L.P. è stato anche indagato (e poi prosciolto) come "associazione a delinquere" e ha cercato il sostegno pubblico, ottenendo quello di Papa Francesco e del Parlamento Europeo. Ed è questo respiro politico e sociale, più altruista delle rivendicazioni su salario e ferie, a rendere oggi i portuali un simbolo: il loro è un modo di stare al mondo, e Sardella ce lo mostra sotto varie angolazioni.
Portuali è più necessario che cinematograficamente riuscito, ha il coraggio di puntare la cinepresa, anche in modo semiamatoriale, sui visi e le battaglie dei lavoratori, sulla logica politica armamentista e l'escalation militare del nostro Paese, sull'inefficienza dei sindacati tradizionali e la necessità di "superare le logiche partitiche" per trovare una coesione su temi che stanno a cuore a una gran parte degli italiani. Alla fine del documentario le immagini che abbiamo visto all'inizio scorrono in avanti, ovvero nella direzione corretta.
"Il porto è l'immagine del capitalismo globale nel ventunesimo secolo", dice in sovrimpressione una frase da "Le frontiere del mondo" di Andrea Battalico, e dal punto di vista lavorativo ha visto aumentare, come del resto in tutta l'Italia, i contratti precari, le morti sul lavoro, le cassintegrazioni usate come ammortizzatori sociali. Ma come avverte Luigi Tenco nella sua "Ragazzo mio", "Appena si alza il mare gli uomini senza idee per primi vanno a fondo": non sarà questa la sorte dei portuali di Genova.
Piacerebbe a Ken Loach questo doc sintetico, senza fronzoli, realizzato da Perla Sardella e centrato sulle lotte del Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali di Genova, fra il 2019 e il 2023. Gli scioperi per ostacolare la partenza delle navi cariche d'armi, le richieste di protocolli di sicurezza più stringenti, un'audizione al Parlamento Europeo, le assemblee da remoto, causa Covid, e in presenza, [...] Vai alla recensione »
Prendere la parola. Così s'intitola il secondo film di Perla Sardella. Una rivendicazione, la riaffermazione della legittimità di un diritto. Come quello del gruppo di giovani donne straniere al centro di quel lavoro d'imparare l'italiano. La "liberazione" di una connessa con quella delle altre. Unirsi per trovare il proprio posto e la propria voce all'interno della comunità.