Titolo originale | Sto minut iz zhizni Ivana Denisovicha |
Anno | 2021 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Russia |
Regia di | Gleb Panfilov |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 3 recensioni. |
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Ultimo aggiornamento martedì 20 luglio 2021
Storia di un gruppo di soldati costretti a dieci anni di lavoro forzato nei campi siberiani.
CONSIGLIATO SÌ
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1941, fronte russo. Il soldato Ivan Denisovič Šuchov finisce prigioniero dei tedeschi, che lo obbligano a sminare un sentiero. Una volta fuggito e ritornato nei ranghi sovietici, la sua versione dei fatti non è ritenuta credibile e viene accusato di essere una spia dei tedeschi. La condanna è a dieci anni di reclusione in un campo di lavoro in Siberia.
Prima di "Arcipelago Gulag" e del premio Nobel, a rivelare al mondo Aleksandr Solženicyn fu "Una giornata di Ivan Denisovič", storia di un soldato dell'esercito russo finito in un gulag sulla base di un sospetto.
Un decennio di reclusione per Šuchov significa rimanere vedovo e non poter conoscere il proprio nipote, senza più avere contatti con la propria famiglia e adattandosi a condizioni di vita impossibili. Quando l'inverno è rigido, la temperatura raggiunge i 20 gradi sottozero e il rischio di incorrere in una punizione che comporti la reclusione in isolamento, senza cappello e giaccone, porta a obbedire a ogni ordine degli aguzzini che gestiscono il campo. È solo un residuo di solidarietà umana a mantenere unito il gruppo di prigionieri e a restituire loro la dignità di esseri umani, in un contesto mortificante e tale da ridurli a una condizione ferina.
La ricostruzione operata da Gleb Panfilov è improntata alla classicità e al realismo: con una narrazione semplice, di raro nitore, il regista - vincitore di un Pardo d'oro, che non poté mai ritirare perché obbligato a rimanere in Unione Sovietica, nel 1969 per Nessun orizzonte oltre il fuoco - ci riporta al fronte meno raccontato del secondo conflitto mondiale e al clima di paura e tensione che trasformò gradualmente l'entusiasmo post-rivoluzionario in puro terrore.
Panfilov sottolinea come fosse inizialmente sincera l'adesione del soldato Šuchov agli ideali sovietici, prima che un sospetto potesse comportare la sua reclusione, e riprende ogni dettaglio della vita nel gulag. Ogni attimo che sembra avvicinare il soldato al miraggio della liberazione significa un nuovo compromesso da accettare per poter sperare di tornare alla vita da uomo libero.
Lo stile della regia rimane lineare ed essenziale, assecondando l'andamento di un tempo che per i prigionieri del campo si è fermato. Fuoricampo è come se la Grazia, presenza invisibile, illuminasse il volto semplice di questi reclusi, aiutandoli a resistere in condizioni impossibili. A 90 anni il regista russo ritorna su uno dei testi fondamentali della dissidenza degli intellettuali al regime sovietico e la sua lezione di classicità pare un monito su un passato ancora vicino e troppo spesso rimosso frettolosamente dalla memoria collettiva.
Nel 1962 Aleksandr Solženicyn pubblicò il romanzo Una giornata di Ivan Denisovic che raccontava con crudo realismo la prigionia di un soldato russo accusato di spionaggio durante la II guerra mondiale e condannato a 10 anni in un Gulag. Per lo scrittore iniziò un lungo contenzioso con il regime dell' URSS che si concluderà nel 1974 con la espulsione dal suo paese.
Gleb Panfilov, classe 1934 e cinquanta anni di carriera alle spalle, è una vecchia conoscenza del Festival di Locarno. Nel 1968, il suo film d'esordio, Nessun orizzonte oltre il fuoco (No Path through Fire) vinse proprio a Locarno il massimo riconoscimento, il Pardo d'oro. Questa volta è Piazza Grande ad accoglierlo, con una nuova opera in anteprima mondiale ispirata all'intenso romanzo di Aleksandr [...] Vai alla recensione »