Foto di Famiglia

 “Solo i ricordi possono riempire il vuoto di ciò che abbiamo perso. E la fotografia è in grado di rendere quei ricordi tangibili. Le fotografie non salvano soltanto la nostra memoria ma a volte riescono a darci la forza di andare avanti.” E’ condensato in questa riflessione alla fine del film tutta la storia di Foto di famiglia, film di Ryota Nakano del 2020 ispirato all’esperienza vissuta di Masashi Asada, fotografo oggi 44enne, a partire dalla sua vocazione che inizia con il regalo ricevuto per i suoi dodici anni della preziosa macchina fotografica del padre. [+]

 “Solo i ricordi possono riempire il vuoto di ciò che abbiamo perso. E la fotografia è in grado di rendere quei ricordi tangibili. Le fotografie non salvano soltanto la nostra memoria ma a volte riescono a darci la forza di andare avanti.” E’ condensato in questa riflessione alla fine del film tutta la storia di Foto di famiglia, film di Ryota Nakano del 2020 ispirato all’esperienza vissuta di Masashi Asada, fotografo oggi 44enne, a partire dalla sua vocazione che inizia con il regalo ricevuto per i suoi dodici anni della preziosa macchina fotografica del padre.

Asada non ama le convenzioni, cerca una strada capace di soddisfare i suoi sogni di assoluta originalità di ricerca e di rappresentare, più che la realtà delle cose, i sogni non realizzati dalle persone. Crea situazioni, scenografie, costumi, vere e proprie maschere corrispondenti alle fantasie dei soggetti, a partire dalla sua famiglia, che sta al gioco e lo sostiene in tutto e per tutto, accogliendo le sue lunghe fasi di totale pigrizia e apatia, in attesa di trovare la strada giusta. La sua prima mostra che porta al suo primo libro, a 28 anni, è la serie di foto di famiglia dove padre, madre e i due fratelli si rappresentano di volta in volta in veste di pompieri, ladri, supereroi, piloti di auto, pazienti di pronto soccorso e così via. In fondo al libro, che ottiene un premio prestigioso, una scritta: “Verrò anche in capo a mondo per fotografare la vostra famiglia”. E così Masashi Asada gira il Giappone a fotografare gruppi di famiglia, cercando, in lunghi colloqui preventivi, di cogliere, con grande empatia, quale sogno e momento di intensa felicità può essere meglio ricostruito e rappresentato per la macchina fotografica.

Fino al giorno in cui (e qui il film, dai toni della commedia esilarante come le sue foto di famiglia ha una svolta emotiva verso il dramma collettivo) nel 2011 un terremoto di sei minuti seguito da uno tsumani devasta la regione del Tohoku, con quasi ventimila vittime. Asada mette a disposizione di un gruppo di volontari le sue conoscenze tecniche per recuperare dalle macerie delle case e ripulire album di famiglia, annuari scolastici e singole fotografie, perché i sopravvissuti possano ritrovare e conservare la memoria delle persone care attraverso le loro immagini. Un intero piano di una scuola è messo a disposizione del gruppo, che resta attivo per otto anni, recupera 80mila foto, 60mila delle quali tornano nelle mani dei legittimi proprietari e dei loro parenti.

Una storia vera toccante dove la storia del microcosmo di una vita e di una famiglia si intreccia con la vicenda più grande del terremoto e con riflessioni filosofiche sul ruolo della fotografia rese essenziali in quella frase finale. O in quest’altra: “Quello che ci aiuta a sopportare una perdita sono i ricordi”.

Un solido professionista di cinema e televisione (1958), quasi sconosciuto da noi, realizza un film mosso da un tema strambo ma poetico, che libera la fotografia, l’arte del fotografo (il tema dominante) dalla tirannia della cronaca e della testimonianza: si tratta di scolpire non soltanto l’attimo fuggitivo, il tempo che passa ma di proiettare nelle figure scolpite le possibilità mai realizzate, le azioni desiderate, insomma di tendere verso la felicità mediante la rappresentazione di vite mai vissute. [+]

Un solido professionista di cinema e televisione (1958), quasi sconosciuto da noi, realizza un film mosso da un tema strambo ma poetico, che libera la fotografia, l’arte del fotografo (il tema dominante) dalla tirannia della cronaca e della testimonianza: si tratta di scolpire non soltanto l’attimo fuggitivo, il tempo che passa ma di proiettare nelle figure scolpite le possibilità mai realizzate, le azioni desiderate, insomma di tendere verso la felicità mediante la rappresentazione di vite mai vissute. La propria famiglia è l’oggetto di queste operazioni da parte del più giovane dei suoi componenti, il fotografo in erba. Il successo che provoca questo modo di rappresentare cambierà direzione quando una catastrofe naturale e civile colpisce il paese: allora il nostro fotografo riuscirà a trovare un senso più profondo, un’intensità di ricerca che restituisce all’atto del fotografare la sua natura più intima. Non soltanto una bizzarra autobiografia familiare, ma uno sforzo testimoniale, un dono sociale. Commedia malinconica, divertente, buffa, forse sentimentale, piena di sensi sottili, atti gentili, come un inchino di ospitalità e un sorriso di convenienza. Irritanti, irrispettosi i sottotitoli italiani fatti da Google, non da un traduttore o una traduttrice.          

Il film è molto suggestivo e poetico  ma il finale non l'ho apprezzato perr niente

Un film che porta un po’ di aria frsca al cinema

All'inizio le foto di famiglia immortalano momenti allegri e spensierati, poi il protagonista si dirige a nord nelle zone devastate dallo tsunami, dove le foto di famiglia acquisteranno significati più drammatici e profondi. Dopo averlo fatto riflettere, il film nel finale fa uscire lo spettatore con un sorriso.