eugenio
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venerdì 23 ottobre 2020
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tre uomini a roma- per non parlar delle azzorre
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Ha la grazia di uno Jacques Tati “romano” il cinema di Gianni Di Gregorio. E’ un cinema lento, dialogico, chiuso dentro i palazzi della sua Trastevere, privo di ogni effetto speciale, ma imperniato sulle difficoltà quotidiane, quelle semplici e forse assai più terribili di ogni fantasticheria spielberghiana.
La storia è la stessa di tante, troppe, che abbiamo letto sui giornali o sentito in televisione: la fatica dei pensionati di salvaguardare quel minimo di dignità dopo una vita trascorsa a lavorare e il sogno di trasferirsi in qualche paradiso dove le spese siano inferiori.
Chiacchiere da bar quelle di Gianni Di Gregorio che interpreta il ruolo dell’insegnante di latino e greco in pensione, insieme a Giorgetto (Giorgio Colangeli), pensionato con la minima.
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Ha la grazia di uno Jacques Tati “romano” il cinema di Gianni Di Gregorio. E’ un cinema lento, dialogico, chiuso dentro i palazzi della sua Trastevere, privo di ogni effetto speciale, ma imperniato sulle difficoltà quotidiane, quelle semplici e forse assai più terribili di ogni fantasticheria spielberghiana.
La storia è la stessa di tante, troppe, che abbiamo letto sui giornali o sentito in televisione: la fatica dei pensionati di salvaguardare quel minimo di dignità dopo una vita trascorsa a lavorare e il sogno di trasferirsi in qualche paradiso dove le spese siano inferiori.
Chiacchiere da bar quelle di Gianni Di Gregorio che interpreta il ruolo dell’insegnante di latino e greco in pensione, insieme a Giorgetto (Giorgio Colangeli), pensionato con la minima. Chiacchiere che divengono per loro illusione di una realtà, di un progetto su cui investire insieme a un robivecchi tira a campare, Attilio (Ennio Fantastichini, alla sua ultima interpretazione) e a un di lui amico, “il professore” (il bravo Roberto Herlitzka) una figura d’altri tempi che vive in una magione quasi ottocentesca, facendo foggia nella sua libreria in noce non disdegnando un buon bicchierino di whisky immantinente sottrattogli dalla moglie e consigliando allo spiantato terzetto un paradiso in cui rifugiarsi: le Azzorre.
Chiacchiere che alla fine divengono sensazioni, prese di posizioni, scelte e infine fughe.
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare: così i tre personaggi, simbolo di una società in crisi, segnata da ingiustizie morali di fondo e arricchimenti abusivi di cui viene arditamente vagheggiata una simbologia criminale, tentano una migrazione dai loro affetti o meglio ci provano buffamente senza andar oltre Porta Settimina. Ma in quel cammino on the road tra i bar e le piazze di una Roma tutt’altro che morettiana, fatta di un’umanità indifferente alla sorte umana, al massimo tentata dai gratta e vinci, un po’ cialtrona e indolente come i nostri tre amici, sembra non esserci fine: un Nastro di Moebius in cui l’interno corrisponde all’esterno e viceversa. E allora non resta che fermarsi e mangiare un panino tutti insieme ridendo, riflettendo e chissà imparando forse a non macerarsi nelle proprie inquietudini.
Lontano Lontanoè un film di strada, una poetica degli affetti, una solitudine di tre numeri primi che si lamentano, ma in fondo ce la fanno, mentre intorno a loro arrivano i nuovi poveri e i veri viaggiatori uomini di mondo, i migranti. La grazia di Gianni di Gregorio sta nell’anteporre a un meccanismo di fuga dei tre anziani pensionati l’arrivo di giovani sbarcati dal mare, scappati da territori segnati dalla guerra. Come Abu, a Roma clandestino, rifugiato nel bugigattolo del buon Attilio, col sogno di raggiungere in Canada il fratello, un simbolo di una politica immigratoria esistente e cocente rappresentata con stile e minimalismo, privo di retorica.
Come stessimo assistendo a un film di Tati, Lontano lontano, mantiene un’atmosfera sospesa, eterea e distante eppure, per contrasto, assai verace e pragmatica nei confronti di un quartiere pratoliniano che per i tre pensionati assurge a mondo, universo di codardia, adagio nei gesti soliti: colazione al bar e mercato fino alla difficoltà burocratica di trovarsi senza grandi disponibilità economiche come Attilio, cittadino del mondo speranzoso di tornar in strada con una moto vecchio stile, in cui era andato in tempi non sospetti fino in Afghanistan, a detta sua.
Chiacchiere, insomma. Tutto già visto e noto. Ma con garbo, prudenza e attenzione. Con scene che ci fanno star bene, che amaramente ci fanno ridere e anche piangere. Forse per l’emozione di vedere un bravissimo Fantastichini alla sua ultima scena, in una vita che voleva cambiare e da cui è stato ineluttabilmente fermato.
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felicity
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lunedì 24 agosto 2020
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messaggio nobile e garbato
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Lontano Lontano è un film che parla delle difficoltà economiche, della vecchiaia, della voglia, ma anche della mancanza di coraggio di cambiare.
Mostra con garbo, ma anche con un sottile scatto di rabbia l’indifferenza verso un’età dove si è sempre più invisibili.
Mostra però, al tempo stesso una Roma fuori tempo, migliore di quella che è.
Con una comicità appena abbozzata, sempre al limite tra la realtà e l’essere astratta, perché più delle scene, ciò che fa ridere è soprattutto la reazione del Professore, Attilio e Giorgetto rispetto a ciò che succede davanti a loro.
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Lontano Lontano è un film che parla delle difficoltà economiche, della vecchiaia, della voglia, ma anche della mancanza di coraggio di cambiare.
Mostra con garbo, ma anche con un sottile scatto di rabbia l’indifferenza verso un’età dove si è sempre più invisibili.
Mostra però, al tempo stesso una Roma fuori tempo, migliore di quella che è.
Con una comicità appena abbozzata, sempre al limite tra la realtà e l’essere astratta, perché più delle scene, ciò che fa ridere è soprattutto la reazione del Professore, Attilio e Giorgetto rispetto a ciò che succede davanti a loro.
"Lontano Lontano" è uno sguardo che vola da un’altra parte. Sembra in un altro spazio. Forse è in un altro tempo. Pieno di un’umanità semplice e vera evidente anche nei confronti di Abu, un ragazzo del Mali che va a farsi la doccia a casa di Giorgetto. O in quella scena al mare tra Attilio e la figlia. Fantastichini e Colangeli sono intensi e carichi di vitalità.
Nonostante le difficoltà di tutti i giorni. Alla fine basta poco. Una bottiglia di vino, un po’ di carne alla brace e ancora la voglia di stare insieme.
Un messaggio nobile e al solito non urlato, ma a rivitalizzare il cinema del settantenne regista è però soprattutto la felice alchimia cretasi tra i tre attori, portatori di un discorso esperenziale di vita e di cinema tangibile durante la visione di "Lontano lontano".
Un film che comincia, prosegue e finisce in levare, approdando alla “scelta” finale con il medesimo garbato fare che aveva fino ad allora caratterizzato l’azione della pellicola. In segno di una preziosa amicizia, in nome di un ottimismo sano e senza buonismi.
I protagonisti sono pigri, ma ancora vitali, capaci di stupire sé stessi e gli altri con slanci arditi e preziosi. Capaci di sognare restando coi piedi saldi a terra, i vecchietti di Lontano Lontano ci ricordano che tutto si può fare a qualsiasi età, o almeno provarci. L’importante è non tradire sé stessi e la propria umanità.
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angelo umana
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mercoledì 8 luglio 2020
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un lontano scomodo
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Lontano Lontano. Il primo lontano mi piace pensarlo come lontano dagli anni passati dei personaggi, vite come tante, da pensionati che “tirano a campare” con le loro abitudini e passatempi, con legami venuti a mancare perché gli anni avanzano. Un altro lontano potrebbe essere la distanza dal proprio quartiere romano ad un paese straniero sconosciuto, per cambiar vita o dove ogni cosa possa costare meno e la propria pensione, ad esempio quella di Giorgetto (Vittorio Colangeli) di 420 euro al mese, permettere una vita più comoda. Il progetto di emigrare parte proprio dal meno abbiente e l'amico ex professore se ne lascia coinvolgere. Conosceranno anche un terzo “compagno di viaggio”, Attilio (Ennio Fantastichini), uno che si considera cittadino der monno, per avere avuto una vita più varia, senza pensione ma con un pick-up che usa per le sue consegne da rigattiere o da restauratore di mobili antichi.
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Lontano Lontano. Il primo lontano mi piace pensarlo come lontano dagli anni passati dei personaggi, vite come tante, da pensionati che “tirano a campare” con le loro abitudini e passatempi, con legami venuti a mancare perché gli anni avanzano. Un altro lontano potrebbe essere la distanza dal proprio quartiere romano ad un paese straniero sconosciuto, per cambiar vita o dove ogni cosa possa costare meno e la propria pensione, ad esempio quella di Giorgetto (Vittorio Colangeli) di 420 euro al mese, permettere una vita più comoda. Il progetto di emigrare parte proprio dal meno abbiente e l'amico ex professore se ne lascia coinvolgere. Conosceranno anche un terzo “compagno di viaggio”, Attilio (Ennio Fantastichini), uno che si considera cittadino der monno, per avere avuto una vita più varia, senza pensione ma con un pick-up che usa per le sue consegne da rigattiere o da restauratore di mobili antichi. E' anche vero che quando gli anni passano e i legami sono pochi, emigrando all'estero non sembra di lasciare chissà quali cose importanti nel posto usato, chi cce conosce qua?.
Nella scelta del possibile paese di destinazione sono stati aiutati da uno studioso, il professore Roberto Herlitska, il quale spiega che in certi paesi un caffé costa un euro scarso, mentre a Ginevra anche sei euro. In altri posti poi la legge locale costringerebbe a sposarsi una donna del posto per averci la residenza. Eppoi nella scelta influisce la situazione economica del paese, eventuali guerre, la religione. Le Azzorre sono il posto più indicato, sole aria mare e poca gente, anche vacanziera.
Ma il loro progetto vago non fa sprizzare convinzione dai loro visi, sembra mancare la motivazione forte, eppoi, con tutti gli annessi e connessi, la cosa è comunque impegnativa. Del resto Attilio ha una figlia parrucchiera che gli vuol bene, è giovane e piena di futuro; il professore in pensione è stato attratto dagli occhi di una signora incrociata nel solito bar un paio di volte; Giorgetto ha un fratello di cui poca stima ha e poca ne riceve, ma ha preso in casa un inquilino giovane, immigrato dal Mali e molto volenteroso, gli ci sono voluti due anni di viaggio “scomodo” per arrivare a Roma (altro che un volo d'aereo per andare alle Azzorre...) ma sogna di raggiungere il suo fratello sistemato in Canadà.
Il mio è un racconto per ricordare un altro racconto qual è il film a sua volta; il regista ha voluto metterci alcune scenette – comunque ben accette – che rappresentano espressioni o temi comuni di casa nostra, come dei tic scherzosi. Ad esempio ciò che dice a Giorgé l'amico ex professore di latino e greco, co' quello che hai lavorato...per avere quella scarsa pensione. Quello a sua volta, poco colto, chiede se i suoi ragazzi il latino e greco lo ricordino più. Immancabili i “gratta e vinci”, scommesse speranzose che molti sono usi praticare. Oppure toccarsi le parti basse per scaramanzia, molto tipico. E gli sportelli pubblici o parapubblici, l'uno dell'Inps e l'altro delle Poste, e perfino in banca, quando gli impiegati non sono dei mostri di affabilità e cortesia.
Troveranno il modo, col fondo cassa che si erano preparato, di fare una buona azione: in fondo “partire è un po' morire” (anzitempo nel loro caso) e il cambiamento qualche ansia la generava. E' una commediola semplice e gradevole, come le interpretazioni dei tre molto autentiche e come il suo regista Gianni di Gregorio che impersona l'ex professore di lettere classiche.
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donatella
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mercoledì 1 luglio 2020
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delicatezza e malinconia
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Lontano Lontano …
dove si vuole andare, con la fantasia, sognando il sogno, programmando, pianificando, giocando contro la fortuna, in un gratta e vinci contro la carognaggine dell’età che avanza, della tristezza che ti prende, della solitudine che ti assale, della mestizia che ti accompagna.
Una commedia delicata e malinconica, piena di una Roma intravista con garbo attraverso vetri di un autobus, di una romanità discreta, di fette di anguria mangiate nell’unico modo possibile, di tre uomini, amici un po’ per caso e un po’ no, di una vita che va come vuole lei, di pischelli migranti che si ritrovano con una vecchia scatola tra le mani, piena di un sogno che sembra diventare reale.
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Lontano Lontano …
dove si vuole andare, con la fantasia, sognando il sogno, programmando, pianificando, giocando contro la fortuna, in un gratta e vinci contro la carognaggine dell’età che avanza, della tristezza che ti prende, della solitudine che ti assale, della mestizia che ti accompagna.
Una commedia delicata e malinconica, piena di una Roma intravista con garbo attraverso vetri di un autobus, di una romanità discreta, di fette di anguria mangiate nell’unico modo possibile, di tre uomini, amici un po’ per caso e un po’ no, di una vita che va come vuole lei, di pischelli migranti che si ritrovano con una vecchia scatola tra le mani, piena di un sogno che sembra diventare reale.
Ma è proprio vero che non è mai troppo tardi per cambiare vita?
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xerox
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lunedì 22 giugno 2020
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bellissimo!!!
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GRAZIE GIANNI DI GREGORIO!!! Ma che film BELLO, BELLO, BELLO!!! Un film senza pupazzi digitali, senza serial killer, psicopatici, assassini, maniaci.... Un film pieno di levità e di GRAZIA che è un inno a uno dei sentimenti più belli che esistono: L'AMICIZIA! Questo non è un film: è un BALSAMO nel mare della produzione di films disturbanti e distopici.
Tre adorabili pensionati (anzi due!) economicamente disastrati che trovano il modo di dare un futuro a un immigrato più disastrato di loro: VERAMENTE BELLO!!! Meravigliosa la scena finale della mangiata del cocomero! Tre italiani che ci fanno sentire ORGOGLIOSI di essere veramente italiani, della parte MIGLIORE!
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jonnylogan
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venerdì 6 marzo 2020
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al sole delle azzorre
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Gianni, Giorgietto e Attilio sbarcano il lunario fra una pensione esigua, le giornate trascorse al bar e la ristrutturazione di mobili antichi. I tre decidono di abbandonare l’Italia per trovare nuovi stimoli e vivere una vita più agiata. La prima decisione che dovranno prendere sarà capire in quale nazione recarsi.
Grazie all’aiuto dello sceneggiatore Marco Pettenello, Di Gregorio aggiunge un’altra pellicola alla sua esplorazione della mezza età, interpretando questa volta il ruolo di un ex docente di Greco e Latino al quale il ricordo di quello che insegnava brucia maggiormente proprio per la caducità delle materie insegnate, figlie di un sistema scolastico, e quindi di una nazione, che non ha saputo minimamente valorizzare né la sua professione, ma neppure la parte finale della sua esistenza, trascorsa fra una sigaretta e un bicchiere di vino consumato al bar vicino Porta Settimiana.
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Gianni, Giorgietto e Attilio sbarcano il lunario fra una pensione esigua, le giornate trascorse al bar e la ristrutturazione di mobili antichi. I tre decidono di abbandonare l’Italia per trovare nuovi stimoli e vivere una vita più agiata. La prima decisione che dovranno prendere sarà capire in quale nazione recarsi.
Grazie all’aiuto dello sceneggiatore Marco Pettenello, Di Gregorio aggiunge un’altra pellicola alla sua esplorazione della mezza età, interpretando questa volta il ruolo di un ex docente di Greco e Latino al quale il ricordo di quello che insegnava brucia maggiormente proprio per la caducità delle materie insegnate, figlie di un sistema scolastico, e quindi di una nazione, che non ha saputo minimamente valorizzare né la sua professione, ma neppure la parte finale della sua esistenza, trascorsa fra una sigaretta e un bicchiere di vino consumato al bar vicino Porta Settimiana. Gianni, Giorgietto, anch’egli pensionato ma con problemi economici evidenti e Attilio, ex fricchettone che vive alla periferia dell’impero, per la precisione a Tor Tre Teste, dove i due sodali non si sono mai spinti, decidono quindi di cambiare vita e per questo iniziano a progettare la loro fuga da una nazione che non li vuole perché parte improduttiva, o marginalmente produttiva, di una filiera che non si sa bene da che parte voglia parare. La prima decisione che I tre dovranno prendere sarà capire in quale nazione recarsi e per questo l’aiuto di un prezioso cliente di Attilio sarà determinante, da lì in poi l’escalation di dubbi colpirà ogni aspetto della loro vita, dall’incertezza per il futuro vissuto lontano dall’Italia, fino ai dubbi di salute e natura economica. Di Gregorio rimaneggiando un suo vecchio racconto riesce a creare una pellicola minimalista e lenta, esattamente come i suoi tre protagonisti, presi fra la voglia di rimanere e quella di ricostruirsi una vita in ben altri lidi, ma anche fin troppo prevedibile fino a un epilogo nel quale spicca ancora di più la figura di Attilio, interpretato dal canto del cigno di Ennio Fantastichini, capace di ergersi sui due eccellenti coprotagonisti, lo stesso Di Gregorio ed Enrico Colangeli. Da vedere per completare la cinematografia di Di Gregorio e ammirare le ultime curve della vita di tre pensionati dei giorni d’oggi e per ammirare un’ultima volta un mostro sacro del cinema e teatro di casa nostra.
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thomas
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lunedì 2 marzo 2020
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da vedere
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C'è un Cinema, fatto di dialoghi intelligenti, che racconta la vita reale. In questo Cinema i personaggi sono persone che si comportano proprio come quelle che ogni giorno incontriamo o con cui ci sfioriamo. Questo Cinema è vero perché sa raccontare l'uomo in tutte le sue debolezze e nei suoi punti di forza. Non c'è una storia costruita attorno ad un personaggio, ci sono persone che costruiscono una storia, quella della quotidianità. E chi l'ha detto che la quotidianità non possa essere "eroica"? "Lontano lontano" è uno stupendo gioiellino della nostra cinematografia perché senza enfasi, con naturalezza, ci racconta la smania di "svoltare" che a tutti, almeno una volta nella vita, prende e avvince.
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C'è un Cinema, fatto di dialoghi intelligenti, che racconta la vita reale. In questo Cinema i personaggi sono persone che si comportano proprio come quelle che ogni giorno incontriamo o con cui ci sfioriamo. Questo Cinema è vero perché sa raccontare l'uomo in tutte le sue debolezze e nei suoi punti di forza. Non c'è una storia costruita attorno ad un personaggio, ci sono persone che costruiscono una storia, quella della quotidianità. E chi l'ha detto che la quotidianità non possa essere "eroica"? "Lontano lontano" è uno stupendo gioiellino della nostra cinematografia perché senza enfasi, con naturalezza, ci racconta la smania di "svoltare" che a tutti, almeno una volta nella vita, prende e avvince. Ma il film ci dice che questa voglia di cambiamento si scontrera' sempre con la realtà: quanto più questa è fatta di rassicuranti abitudini, tanto più la voglia è destinata a trasformarsi in velleità. I tre protagonisti ci regalano momenti godibili fatti di dialoghi divertenti e indolentemente ironici, proprio come accade in quella splendida città cui è ambientata la storia, Roma, fotografata e raccontata con affetto, nei suoi vicoli di Trastevere e nelle sue sterminate periferie. Alla fine i nostri viaggeranno si, ma andranno moito più vicino di quanto pensavano: a "svoltare", grazie a loro, sarà chi era condannato ad una quotidianità fatta di abitudini tutt'altro che rassicuranti.
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space
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lunedì 24 febbraio 2020
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bello
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Assolutamente da vedere, delicato. La Roma che ci piace
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piero pavan
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martedì 17 dicembre 2019
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lontano lontano al punto di essere introvabile!
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La notizia dell'uscita del IV firlm di Gianni De Gregorio mi ha entusiasmato, e già da mesi sono in attesa di gustarmi questo nuovo film, film ovunque preannunciato in uscita nelle sale cinematografiche il 5 dicembre 2019. Macché, introvabile, almeno nei cinema della provincia di Venezia, Padova, Treviso, e sono tante le sale e i multisala. Mi chiedo perché e vorrei sapere quando si potrà finalmente vedere questo film.
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