jackbeauregard
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mercoledì 9 gennaio 2019
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messico senza nuvole
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Cuaron realizza un film molto personale, girato in un bianconero luminoso e brillante, forse un tantino troppo lucido e pulito (ma è l'unica blanda critica che mi sento di fare), con forti richiami al neorealismo italiano, sia per il largo ricorso ai piani sequenza, che per l'utilizzo di attori non professionisti.
Ambientato nell'omonimo quartiere di Città del Messico che dà il titolo al film, agli inizi degli anni 70, in un periodo di forti fermenti e contrasti in campo politico, economico e sociale, segnati da momenti anche di estrema violenza, narra,nel corso di un breve lasso temporale, le vicissitudini di una famiglia dell'alta borghesia ispanica, padre medico, moglie insegnante di biochimica, 4 figli e 2 domestiche, per tacer del cane.
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Cuaron realizza un film molto personale, girato in un bianconero luminoso e brillante, forse un tantino troppo lucido e pulito (ma è l'unica blanda critica che mi sento di fare), con forti richiami al neorealismo italiano, sia per il largo ricorso ai piani sequenza, che per l'utilizzo di attori non professionisti.
Ambientato nell'omonimo quartiere di Città del Messico che dà il titolo al film, agli inizi degli anni 70, in un periodo di forti fermenti e contrasti in campo politico, economico e sociale, segnati da momenti anche di estrema violenza, narra,nel corso di un breve lasso temporale, le vicissitudini di una famiglia dell'alta borghesia ispanica, padre medico, moglie insegnante di biochimica, 4 figli e 2 domestiche, per tacer del cane.
Protagonista assoluta del film è Cleo, una delle due giovani domestiche di origine indio, che si occupa di tutto, dalla pulizia delle numerose deiezioni lasciate dal cane di famiglia, fino all'amorevole cura per i bambini, dai quali è affettivamente ricambiata. Tutto viene raccontato attraverso di lei, un personaggio umile, descritto con gran tenerezza, costantemente presente sulla scena, ma senza mai dominarla, se non nei momenti solitari di attività lavorativa. La sua resta sempre una posizione subalterna, non solo nella società classista in cui vive, ma anche a livello puramente visivo. Le vicende, anche quelle più strettamente personali e, in alcuni momenti altamente drammatiche, la vedono sempre un passo indietro rispetto a chi ha uno status sociale superiore, che sia un medico, la nonna o un qualsiasi lontano parente di famiglia.
A questa condizione di inferiorità sociale, dovuta principalmente alle origini etniche, si aggiunge l’aggravante di essere una donna, in una società fortemente sessista, dominata da uomini arroganti e senza scrupoli. Questo comporterà una specie di comunanza con Sofia, la moglie insegnante tradita e abbandonata dal marito medico, ma mantenendo però sempre una debita distanza, dovuta al ruolo e all’etnia, come accade in occasione del gioioso ritorno dal mare, quando tutti si sperticano in lodi e dichiarazioni di affetto nei suoi confronti, ma alla fine è sempre lei, Cleo, che deve scendere da basso a preparare il frullato, mentre gli altri stanno spaparanzati sul divano.
Cuaron ci descrive tutto questo con un eccellente uso della mdp che spazia dalle panoramiche a 360° degli interni della casa, ai carrelli laterali per le strade e i marciapiedi affollati del quartiere, fino alla desolazione delle favelas poco lontane, immerse nel fango e nella sporcizia.
Parafrasando la famosa canzone di Jannacci proprio di quel periodo, è un Messico senza nuvole quello che ci viene mostrato, oltre alla faccia triste dell’America. La mdp infatti resta quasi costantemente ancorata a terra, muovendosi solo in orizzontale, senza mai alzarsi verso il cielo, salvo nell’ultima inquadratura finale, dove viene attraversato dallo stesso aereo che aveva aperto il film, a conclusione del breve ciclo di vita familiare fin lì descritto. Le nuvole compaiono solo di riflesso, come nella strepitosa sequenza iniziale, dove uno squarcio di cielo appare e scompare continuamente tra i flussi dell’acqua sul pavimento e poi in una delle scene più dolci del film, sul finestrino posteriore della macchina di ritorno dal mare, a fare da cornice al viso e agli intensi occhi scuri di Cleo, che lo scrutano malinconicamente, mentre è abbracciata dai bimbi che riversano su di lei tutto il loro affetto.
E’ una regia molto curata quella di Cuaron, con sequenze intrise di grande realismo, come quella violenta dei disordini tra manifestanti che si conclude drammaticamente in sala parto, dove è davvero difficile trattenersi dalla commozione, o quella emblematica sulla terrazza, dove la mdp si allarga a mostrare tutte le altre “Cleo” che lavano e distendono la biancheria sui terrazzi delle case adiacenti, senza infine dimenticare la scena ad alta tensione del salvataggio in mare, con l’avanzamento lento di Cleo tra le onde sempre più alte.
Un film intenso, sincero, oserei dire imperdibile
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zarar
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lunedì 14 gennaio 2019
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il bianco e nero della nostra storia interiore
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Ho visto questo film di Alfonso Cuaron in contemporanea con Cold war di Pawel Pawlikowski. Per motivi diversi e con diverse partenze legate ai diversi contesti di appartenenza dei registi, impressiona una scelta comune: Nella tematica, nella regia, nella sceneggiatura una specie di consapevole balzo indietro, un voluto minimalismo, una macchina da presa che registra nello stile del documentario o meglio, nello stile di una memoria che ha una sua specifica narrazione, fatta non necessariamente di eventi importanti, ma di quel che per qualche motivo ci è rimasto dentro, ed è nostra storia parallela. Un curioso neo-neorealismo, che può essere piano fino alla banalità, che può sottolineare in modo elementare i salti cronologici, che sceglie il bianco e nero della memoria e del sogno, le cui riprese non disdegnano i tempi lunghi, indugiano su momenti e oggetti di piatta quotidianità, hanno ripetizioni e sottolineature di significato trasparente, visi disperatamente autentici di attori non professionisti, sentimenti e passioni tutti assorbiti da immagini e gesti.
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Ho visto questo film di Alfonso Cuaron in contemporanea con Cold war di Pawel Pawlikowski. Per motivi diversi e con diverse partenze legate ai diversi contesti di appartenenza dei registi, impressiona una scelta comune: Nella tematica, nella regia, nella sceneggiatura una specie di consapevole balzo indietro, un voluto minimalismo, una macchina da presa che registra nello stile del documentario o meglio, nello stile di una memoria che ha una sua specifica narrazione, fatta non necessariamente di eventi importanti, ma di quel che per qualche motivo ci è rimasto dentro, ed è nostra storia parallela. Un curioso neo-neorealismo, che può essere piano fino alla banalità, che può sottolineare in modo elementare i salti cronologici, che sceglie il bianco e nero della memoria e del sogno, le cui riprese non disdegnano i tempi lunghi, indugiano su momenti e oggetti di piatta quotidianità, hanno ripetizioni e sottolineature di significato trasparente, visi disperatamente autentici di attori non professionisti, sentimenti e passioni tutti assorbiti da immagini e gesti. Una memoria personale, ma sempre tuttavia legata ad una storia collettiva perfettamente percepibile. Questi registi sono immersi nella modernità di una filmografia tecnologicamente avanzata, in particolare Cuaron ci ha mostrato prodotti che hanno ampiamente attinto a questa tecnologia, ma qui appaiono pre-moderni e pre-tecnologici, apparentemente lontani da sofisticazioni formali, simbologie complicate, effetti speciali, audaci feed back o simili.L’effetto speciale c’è ed è il fare di questi film un luogo particolare della memoria, una zona aurorale che ha il non-colore e insieme la nitidezza delle cose che il più delle volte non portiamo in superficie, ma sono quelle che più intimamente ci hanno segnato e ci determinano per quelli che siamo. In Roma di Cuaron, dichiaratamente autobiografico, c’è un intorno borghese di Ciudad de Mexico negli anni ’70, una casa agiata con quattro bimbi, genitori, nonna e due domestiche. Una padrona e una giovanissima domestica india vivono in parallelo il dramma dell’abbandono da parte di due uomini , un marito e un fidanzato, diversissimi per posizione sociale, ma ugualmente indifferenti e irresponsabili. Sullo sfondo disparità sociali arcaiche e pacificamente accettate, la protesta studentesca, gli squadroni di violenti che fiancheggiano la repressione poliziesca. Le due donne, le due figure fragili eppure forti attorno a cui ruota il film, ricuciono alla fine faticosamente le loro esistenze e ricompongono un qualche equilibrio. Ma quel che è successo ha lasciato crepe e segni indelebili in tutti i protagonisti. C’è dolore, ma anche solidarietà femminile e dolcezza, e amore, e pochissima felicità. Non è affatto un rutilante armarcord felliniano, e neppure una sessione psicoanalitica, è il senso di un concreto passato per gran parte grigio che ti sta addosso, che chiede di essere ripensato nel modo disadorno e intenso con cui si presenta alla nostra memoria più profonda e autentica, un antidoto alla spettacolarizzazione, alle rimozioni e falsificazioni che caratterizzano tanta parte della nostra narrazione del presente.
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cinefoglio
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mercoledì 23 gennaio 2019
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istantanea di roma
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Una pellicola suggerita ed articolata nella sua proiezione dall'elemento acqua, in tutte le sue varie forme: di pioggia e grandine; liquidi corporei e acqua di servizio per pulire i pavimenti; acqua come humus della campagna e come nemica e domatrice del fuoco; acqua che è inizio e fine della vita come l’oceano.
Mancava solo la soffice neve, ahimè, improbabile nel quartiere di ROMA in Città del Messico.
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Una pellicola suggerita ed articolata nella sua proiezione dall'elemento acqua, in tutte le sue varie forme: di pioggia e grandine; liquidi corporei e acqua di servizio per pulire i pavimenti; acqua come humus della campagna e come nemica e domatrice del fuoco; acqua che è inizio e fine della vita come l’oceano.
Mancava solo la soffice neve, ahimè, improbabile nel quartiere di ROMA in Città del Messico.
Tra manierismo e stasi di incredibile bellezza, Cuarón regala a noi pubblico una storia toccante, da seguire con lo sguardo, che asseconda i movimenti da destra a sinistra, e viceversa, come una pennellata intrisa della magie dei colori messicani, racchiusi però in una scala di bianchi e neri.
Una storia tutta giocata nei dettagli, nella bustina di manzanilla lasciata galleggiare nel lavabo, nel dolore e nell'inadeguatezza dei volti davanti all'orrore che scosse il Messico negli anni settanta, nella posa sovrumana suggerita dal capitán ad uno squadrone di giovani oltremodo nipponici e, perché no, nell'ingenuità stessa del patronato e della borghesia snob.
Da vedere assolutamente ed in streaming sulla piattaforma Netflix.
19/12/2018
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fulviowetzl
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martedì 4 dicembre 2018
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l'eroismo del quotidiano
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Alfonso Cuaron torna a Ciudad de México, e in un nitidissimo bianco e nero, non immemore de Los Olvidados di Louis Buñuel, filmato in prima persona, racconta la sua infanzia nel quartiere medioborghese di Roma, nel 1971. Cleo domestica india in una famiglia, padre e madre, una nonna, quattro figli tra l'infanzia e la prima adolescenza, ad un passo dallo sfasciarsi, passa le giornate ad attraversare le stanze, seguita da panoramiche di 360°, a svegliare e addormentare i bambini, preparare colazioni, lavare androni, raccogliere escrementi del cane, spegnere le luci ad una ad una nella notte. E' il motore silenzioso della famiglia, guarda ma non giudica, ma il suo sguardo non è sottomesso, Cleo è intenta a cercare di capire.
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Alfonso Cuaron torna a Ciudad de México, e in un nitidissimo bianco e nero, non immemore de Los Olvidados di Louis Buñuel, filmato in prima persona, racconta la sua infanzia nel quartiere medioborghese di Roma, nel 1971. Cleo domestica india in una famiglia, padre e madre, una nonna, quattro figli tra l'infanzia e la prima adolescenza, ad un passo dallo sfasciarsi, passa le giornate ad attraversare le stanze, seguita da panoramiche di 360°, a svegliare e addormentare i bambini, preparare colazioni, lavare androni, raccogliere escrementi del cane, spegnere le luci ad una ad una nella notte. E' il motore silenzioso della famiglia, guarda ma non giudica, ma il suo sguardo non è sottomesso, Cleo è intenta a cercare di capire. Quest'espressione mi ha ricordato quelle sul viso degli anziani coniugi che in Una Storia di Tokio di Yashujiro Ozu, visitano figli ingrati e nuore devote, ma senza giudicare mai. Intorno la "storia" accade, con terremoti e incendi, sommosse represse nel sangue, guerre tra bande di giovani indios che partecipano a esercitazioni marziali, spacciate da istruttori americani per ricerca del sé. Il tutto descritto con carrelli lunghissimi ma non distanti (il carrello di per sé suggerisce di solito la distanziazione, il non coinvolgimento di chi ha in mano la macchina da presa), sia per le strade della città che nelle aperte campagne coltivate nei dintorni. E il miracolo di Cuaron è proprio questo: far scaturire le emozioni più profonde senza pilotarle ma descrivendole. Come in sottofinale la scena meravigliosa, memore del finale di Quattrocento Colpi di Truffaut, in cui Cleo, che non sa nuotare, entra in mare sfidando il crescere delle onde, per salvare i bambini a lei affidati. Sofia la madre e Cleo vivono due tragitti paralleli, lasciata dal marito partito "in viaggio d'affari" la madre, lasciata al cinema Cleo, durante la proiezione di Tre Uomini in fuga (!) da Firmin, un coetaneo dedito alle arti marziali, che se la dà a gambe, non appena informato da Cleo di un ritardo del ciclo. Mentre gli aerei solcano il cielo diretti altrove, come Cuaron che oggi vive a Pietrasanta, specchiandosi nei pavimenti costantemente lavati e rilavati, assistiamo all' eroismo del quotidiano di Cleo, che Yalitza Aparicio, probabilmente esordiente, rende con assoluta e commovente aderenza, la osserviamo vivere e sopravvivere a colpi e contraccolpi che fiaccherebbero chiunque, vediamo il nascere di una vera e profonda solidarietà femminile (non dimentichiamo anche la monumentale mamma di Sofia), e riflettiamo sull'inconsistenza e scelleratezza dei maschi, ora come allora. Un capolavoro.
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alesimoni
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domenica 9 dicembre 2018
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roma, cinema aperto
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Capolavoro. Non ci sono tante altre definizioni per l'opera del fenomenale Alfonso Cuaron. Che fosse un mostro di tecnica si sapeva già da Gravity, ma con quest'opera in 65mm ha superato sé stesso: ci sono alcuni piani sequenza con una luce e una profondità che tolgono il respiro . Partendo da dati autobiografici, il cineasta messicano finisce col confezionare un'opera politica con un fortissimo messaggio contro la dittatura , ma sopratutto a favore della donna utlizzando scene dal fortissimo impatto emotivo. E' un trattato sulla condizione femminile molto più efficace di tanti testi o manifestazioni in piazza: dovrebbe essere visto da ogni giovane ragazza di oggi. Al di là del titolo, è intriso di italianità perché "figlio" della scuola neorealista italiana, come ammesso dallo stesso regista, sia per il formato, che per la messa in risalto della gente di strada (la fantastica Cleo), che per l'uso di attori non professionisti.
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Capolavoro. Non ci sono tante altre definizioni per l'opera del fenomenale Alfonso Cuaron. Che fosse un mostro di tecnica si sapeva già da Gravity, ma con quest'opera in 65mm ha superato sé stesso: ci sono alcuni piani sequenza con una luce e una profondità che tolgono il respiro . Partendo da dati autobiografici, il cineasta messicano finisce col confezionare un'opera politica con un fortissimo messaggio contro la dittatura , ma sopratutto a favore della donna utlizzando scene dal fortissimo impatto emotivo. E' un trattato sulla condizione femminile molto più efficace di tanti testi o manifestazioni in piazza: dovrebbe essere visto da ogni giovane ragazza di oggi. Al di là del titolo, è intriso di italianità perché "figlio" della scuola neorealista italiana, come ammesso dallo stesso regista, sia per il formato, che per la messa in risalto della gente di strada (la fantastica Cleo), che per l'uso di attori non professionisti. E' assolutamente impensabile e assurdo, pensare di vedere un film del genere su una tv: se ne perderebbe l'essenza,e Cuaron questo lo sa benissimo, quindi la (anche sua) scelta di farlo distribuire da Netflix, mi soprende non poco.
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boffese
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lunedì 7 gennaio 2019
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colonia roma
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ROMA di Cuaron e' il miglior film dell anno . Un appassionante racconto sulle donne che hanno accompagnato l adolescenza del regista. Di una sensibilita' inverosimile , toccante ,dolce e poetico nel raccontarle.
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ROMA di Cuaron e' il miglior film dell anno . Un appassionante racconto sulle donne che hanno accompagnato l adolescenza del regista. Di una sensibilita' inverosimile , toccante ,dolce e poetico nel raccontarle. Tutti gli attori sono bravissimi , credibili , reali.
Poi c'e' la parte tecnica del film , che riesce , non si sa come , a superare quella umana. Un eleganza che si respira ad ogni fotogramma , grazie ad un bianco/nero perfetto e ad una regia che ti fa vivere la pellicola.
Cuaron firma il suo grande capolavoro , grazie al suo film piu personale.
VOTO : 9,5
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miguelangeltarditti
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domenica 13 gennaio 2019
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sobre la dignidad humana
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Varios premios internacionales, la aceptaciòn del publico, y las significativas recaudaciones, parecen aplaudir este profundo film de Alfonso Cuaròn.
Cuaròn, que tambièn ha escrito el libro, imprime al film diversas lecturas, cada una màs profunda y complicada que la otra, en esa ciudad capital del Mexico de los años 70.
El problema politico- economico del pais, el tema de la incondicionalidad del amor, a hipocrecia en el mismo amor de algun otro, el tema de la esclavitud “de nacimiento” de los pobres, en relaciòn a los que han un poco (y no necesariamente un maximo ostentoso) de nivel economico. Esta necesidad extraña, implicita en la condiciòn del ser humano, que comporta la necesidad de ejercer el poder sobre el otro.
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Varios premios internacionales, la aceptaciòn del publico, y las significativas recaudaciones, parecen aplaudir este profundo film de Alfonso Cuaròn.
Cuaròn, que tambièn ha escrito el libro, imprime al film diversas lecturas, cada una màs profunda y complicada que la otra, en esa ciudad capital del Mexico de los años 70.
El problema politico- economico del pais, el tema de la incondicionalidad del amor, a hipocrecia en el mismo amor de algun otro, el tema de la esclavitud “de nacimiento” de los pobres, en relaciòn a los que han un poco (y no necesariamente un maximo ostentoso) de nivel economico. Esta necesidad extraña, implicita en la condiciòn del ser humano, que comporta la necesidad de ejercer el poder sobre el otro. De esa necesidad, dice Rousseau, nace el mal.
En esa forma de apoderarse de la libertad del otro delinea la esclavitud. El poder que a veces se ejerce con odio y crueldad, como en el caso de tiranias conocidas, o de los pequeños poderes que sufrimos en menor escala, hasta cuando por tomar un solo ejemplo, el portero de un edificio nos ofrece dificultades que podrian ser salvadas con un poco de buena voluntad.
En esta familia burghesa del Mejico del 1971, aparecen atisbos de todo eso. El amor incondicional de Cleo, la empleada domestica sobrecargada de resposnsabilidades, que ama y cuida esa familia, y que recibe de los niños tambièn un amor gratificante. Su resignaciòn a ese modo de vivir casi de absoluta dependencia de los otros. Esa humildad, que es un don, pero que parece que no le regalarà otro standar de vida.
Un grupo famliar, como tantos otros, donde aparecen desencuentros de pareja, hipocrecias de amor, y niños que sustentan en definitiva las relaciones. Y Cleo con ellos. Por siempre, como diràn en un momento dramàtico del film.
En esa sociedad, algo caòtica, con militares o policias que inspiran represiòn y con algùn rasgo de ironia, en la repeticiòn de ese desfile barrial, que pareciera ser, por su precariedad, la otra cara del poder, esa fragilidad sustentada solo por la prepotencia de las armas, y no por la razòn de los argumentos.
Otra sutileza de la regia es mostrar los libros de la casa dejados en el suelo, cuando la crisis matrimonial se lleva la aparatosa libreria que los contenia, como si lo escencial, el universo del libro, no fuera tan importante como esa apariencia del ostentar economico, simbolizada por la libreria retirada por el hombre, en la divisiòn de bienes matrimoniales.
Alfonso Cuaròn, no solo maneja todos estos contenidos, sino tambièn, el mocimiento de camaras, la fotografia, y las escenas multitudianrias con excelente composiciòn.
Pero ademàs, su film, nos permite la emociòn y la reflexiòn al mismo tiempo, escenas conmovedoras, o escenas despojadas de sentimientos y con una estetica pictorica belisima, como son las escenas de los suburbios mejicanos, por ejemplo.
No deja de pintar, una imagen donde el hombre no queda demasiado bien parado en relaciòn con la mujer, y donde parece que vuelca un poco su personal historia familiar.
Cleo, la protagonita, con esa humildad y disponibilidad a ultranza, es magnifica, conmovedora, se trata de. Yalirtza Aparicio
Marina de Tavira, la madre, excelente y el resto del elenco, en particular los niños, fantasticos.
Esplendido film de impronta latinoamericana, que produce una estetica que sacude nuestra conciencia y nuestros sentimientos. Sentir, para provocar la reflexiòn. Reflexionar, para sentirnos humanos.
Para sentir y comprender la importancia de respetar la dignidad del hombre, sin discriminaciones. De ningun color!
michelangelotarditti@gmail.com
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giovedì 24 gennaio 2019
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é semplicemente un film sulla dignità umana
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il corollario delle ingiustizie sui popoli che sono stati distrutti è una convenzione data dal senso di colpa dei bianchi anglofoni e ispanici. La dignità delle donne è la questione a mio avviso più evidenziata nella storia. In quanto questi eventi potrebbero svilupparsi in maniera identica in qualsiasi situazione occidentale di questi tempi, come la drammarica situazione italiana delle donne assasinate dai loro compagni (almeno una ogni 2,5-3 gioni). Una follia. Il film mi ha stupito per il corso naturale e regolare che l'autore ha saputo dare alla trama, ineluttabile, ma (ripeto) naturale, perche naturale è la follia della specie umana (almeno in base alla situazione planetaria di questo periodo).
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il corollario delle ingiustizie sui popoli che sono stati distrutti è una convenzione data dal senso di colpa dei bianchi anglofoni e ispanici. La dignità delle donne è la questione a mio avviso più evidenziata nella storia. In quanto questi eventi potrebbero svilupparsi in maniera identica in qualsiasi situazione occidentale di questi tempi, come la drammarica situazione italiana delle donne assasinate dai loro compagni (almeno una ogni 2,5-3 gioni). Una follia. Il film mi ha stupito per il corso naturale e regolare che l'autore ha saputo dare alla trama, ineluttabile, ma (ripeto) naturale, perche naturale è la follia della specie umana (almeno in base alla situazione planetaria di questo periodo). La follia dell'uomo è nella violenza, quella della donna è nella rassegnazione. Per questo la mia considerazione cade poi sulla dignita, dove da questo film il genere mashile ne esce impotente, mentre quello delle donne ne esce consapevole della solitudine inevitabile alla quale sono destinate le protagoniste. ("siamo sole" dice, in un certo qual modo felice di averlo capito, la padrona alla sua domestica in una condivisione totale della condizione di solitudine) in una situazione in cui entrambe avevano dato fiducia al loro uomo.
Dopo aver visto la Donna Eletrica, che mi ha deluso, perchè nella storia si vuole a tutti i costi far vincere la causa della protagonista, questo film mi ha ricompensato della mia assoluta voglia di riflettere sulla nostra condizione sociale.
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lorifu
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sabato 9 febbraio 2019
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un capolavoro
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Roma è un bellissimo film del regista messicano Alfonso Cuaron , reduce della vittoria all’Ultimo festival di Venezia, con l’assegnazione del Leone d’Oro e candidato all’Oscar 2019 per il cinema messicano.
Il titolo può trarre in inganno ma sin dalle prime scene ci si rende conto che Roma è soltanto un quartiere medio borghese della caotica Città del Messico agli inizi degli anni ’70 e la scelta[+]
Roma è un bellissimo film del regista messicano Alfonso Cuaron , reduce della vittoria all’Ultimo festival di Venezia, con l’assegnazione del Leone d’Oro e candidato all’Oscar 2019 per il cinema messicano.
Il titolo può trarre in inganno ma sin dalle prime scene ci si rende conto che Roma è soltanto un quartiere medio borghese della caotica Città del Messico agli inizi degli anni ’70 e la scelta voluta di un bianco e nero, nitido e luminoso, esalta i contorni di una storia non storia in cui ti senti inserito come fossi un personaggio del film. È una raffigurazione corale dove la vita si svolge come su un grande set cinematografico e sono rappresentate tutte le categorie umane con le loro divisioni sociali, politiche, mentali, emozionali.
Cleo, di origini indio è la domestica di una famiglia dell’alta borghesia ispanica e nonostante sia trattata con benevolenza dalla famiglia accogliente anche per il rapporto di grande amore che la lega ai bambini è e resterà sempre, in una società classista, relegata a un ruolo subordinato che lei accetta di buon grado come sorte destinatale dal destino. La sua bontà e dedizione vengono riconosciute soprattutto dai bambini, quattro fanciulli vivaci e sensibili che trovano in lei, nel suo abbraccio sincero e genuino, quell’amore spesso distratto e assente dei loro genitori.
Sullo sfondo di un Messico dove ai movimenti tellurici si alternano sommosse e rivolte sociali, povertà e ricchezza convivono nello stesso humus come il fango e la polvere delle favelas a poca distanza dalle luci e i marciapiedi metropolitani.
Cleo e Sofia, moglie di un medico, in una società sessista, formata da uomini subdoli e brutali, subiranno la stessa sorte. Abbandonate dai rispettivi uomini troveranno nel dolore che le accomuna quella solidarietà che azzererà ogni differenza sociale.
Siamo Sole! Non importa quello che ti dicono. Alla fine noi donne siamo sempre sole.
Sono le parole che Sofia dirà a Cleo consapevolizzando la loro condizione d'inferiorità rispetto al maschio.
Un film sincero, vero, intenso che indaga e fotografa con estremo realismo i sentimenti umani. Cleo è una figura che rimarrà impressa nella memoria perché incarna "la madre" lei mamma mancata dal grembo accogliente.
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jardena
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sabato 9 febbraio 2019
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amore profondo anche senza legami di sangue
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È un film lento, che ti avvolge a poco a poco. Già la prima lunga scena del lavaggio del pavimento ci porta nel film, nel Messico degli anni 70. Cleo è sempre indaffarata, sempre di corsa, ma interiormente serena, accompagna i lavori con la musica. Lavoro, lavoro, lavoro, da questo è scandita la sua vita, ma l'amore verso i figli della padrona è profondo e sincero e viene contraccambiato, non solo dai bambini, ma dalla famiglia tutta. L'universo maschile è squallido e poco sensibile, sia la figura di Firmin che del padre. Queste sono figure abbiette, egoiste e disprezzabile, le figure femminili sono forti, con dei principi e solidali. Cleo è tormentata dal dolore e dal rimorso per la morte della sua bambina, la bimba è nata morta perché lei non l'aveva desiderata abbastanza.
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È un film lento, che ti avvolge a poco a poco. Già la prima lunga scena del lavaggio del pavimento ci porta nel film, nel Messico degli anni 70. Cleo è sempre indaffarata, sempre di corsa, ma interiormente serena, accompagna i lavori con la musica. Lavoro, lavoro, lavoro, da questo è scandita la sua vita, ma l'amore verso i figli della padrona è profondo e sincero e viene contraccambiato, non solo dai bambini, ma dalla famiglia tutta. L'universo maschile è squallido e poco sensibile, sia la figura di Firmin che del padre. Queste sono figure abbiette, egoiste e disprezzabile, le figure femminili sono forti, con dei principi e solidali. Cleo è tormentata dal dolore e dal rimorso per la morte della sua bambina, la bimba è nata morta perché lei non l'aveva desiderata abbastanza. La fine vuole essere la sua redenzione per questo complesso di colpa? Molto bello, toccante e profondo.
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