daniela montanari
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domenica 10 febbraio 2019
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roma: una fotografia di persone in bianco e nero
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Roma: quartiere di Città del Messico nei primi anni '70. Una borghesia spiazzante ritratta in bianco e nero, con una maestria nella cura delle immagini, da meritare senza dubbio alcuno, il premio Leone d'oro Venezia 2018.
Cuarón alla regia, vuole rappresentare un'autobiografia che renda omaggio ai luoghi in cui è nato tanto che il film si può vedere soltanto in lingua originale. La storia è narrata attraverso Cleo, la giovane domestica indigena che si occupa non solo di lavare e riordinare la dispersiva abitazione disposta su più livelli, ma anche di fare la spesa, cucinare e riempire di amore i bambini, quei figli ancora così piccoli da non poter vivere senza.
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Roma: quartiere di Città del Messico nei primi anni '70. Una borghesia spiazzante ritratta in bianco e nero, con una maestria nella cura delle immagini, da meritare senza dubbio alcuno, il premio Leone d'oro Venezia 2018.
Cuarón alla regia, vuole rappresentare un'autobiografia che renda omaggio ai luoghi in cui è nato tanto che il film si può vedere soltanto in lingua originale. La storia è narrata attraverso Cleo, la giovane domestica indigena che si occupa non solo di lavare e riordinare la dispersiva abitazione disposta su più livelli, ma anche di fare la spesa, cucinare e riempire di amore i bambini, quei figli ancora così piccoli da non poter vivere senza. Le giornate faticose terminano con il ritirarsi di Cleo nel suo spazio, una piccola camera raggiungibile percorrendo una scala di ferro esterna, vicina a quel terrazzo nel quale Cleo lava, stende e raccoglie panni ogni giorno. Da lì, dal terrazzo, gli aerei sporcano il cielo riflettendosi nelle pozzanghere dopo l'acquazzone. La famiglia numerosa composta da moglie, marito, quattro figli, nonna materna e un cane di cui Cleo è costretta a raccoglierne ogni giorno lo sterco, viene colpita dal demone dell'abbandono: il padre lascia la famiglia per un'altra donna, a ridosso del momento in cui il massacro della rivoluzione studendesca si manifesta e un'altra disavventura, come non bastassero, riguarderà Cleo in prima persona.
Le due donne appartenenti a due mondi così distinti e disgiunti, una moglie abbandonata e l'altra una giovane domestica, troveranno il modo di unirsi e tenere saldamente al riparo da ogni perdita, tutti i loro figli. La fotografia che rappresenta il film è un commuovente e risolutivo momento di tutta la narrazione: come l'amore, più del coraggio, porti in salvo le vite.
Ottime sceneggiatura e ricostruzioni e assolutamente meritato il fortuito debutto di Yalitza Aparicio (Cleo).
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robert de nirog
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lunedì 26 ottobre 2020
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cleo : la forza e la rassegnazione
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Il centro della storia di questa opera di Alfonso Cuaron è Cleo. Interpretata da Yalitza Aparicio, all'esordio in questo film e che, con questo esordio, si è meritata una candidatura agli oscar. Cleo è la protagonista di questa storia ambientata nella tumultuosa Città del Messico (quartiere Roma) di inizio anni 70. Una storia di ultimi. Il bianco e nero e il ritmo e la fotografia di questo film (da molti considerato un capolavoro assoluto) rimandano agli anni d'oro del neorealismo e del cinema in generale. Cuaron che fa grande esercizio di stile narra con maestria da cineasta raffinato la miseria della condizione umana specie la condizione dei dimenticati, schiacciati sia della società borghese sia da quella rivoluzionaria.
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Il centro della storia di questa opera di Alfonso Cuaron è Cleo. Interpretata da Yalitza Aparicio, all'esordio in questo film e che, con questo esordio, si è meritata una candidatura agli oscar. Cleo è la protagonista di questa storia ambientata nella tumultuosa Città del Messico (quartiere Roma) di inizio anni 70. Una storia di ultimi. Il bianco e nero e il ritmo e la fotografia di questo film (da molti considerato un capolavoro assoluto) rimandano agli anni d'oro del neorealismo e del cinema in generale. Cuaron che fa grande esercizio di stile narra con maestria da cineasta raffinato la miseria della condizione umana specie la condizione dei dimenticati, schiacciati sia della società borghese sia da quella rivoluzionaria. La società borghese e i tumuoltosi manifestanti sono le altre due trame che si sviluppano nel film: la famiglia ricca e borghese nella quale Cleo lavora e le tumultuose vicende delle proteste che visse la capitale messicana in quegli anni. Queste trame sono solo il paesaggio in cui si muove Cleo. Non riguardano la protagonista. Sono tematiche e temi, personaggi e storie che toccano ma non riguardano Cleo. Attraversano, asfaltano Cleo. Ma non riguardano gli ultimi. Che sopravvivono, non possono avere il loro figlio, ma salvano quelli della borghesia, si immolano per un mondo che non gli appartiene con disincanto e rassegnazione. Ci vuole pazienza e occhio per vedere questo film. La trama si svolge senza sussulti come senza sussulti è la vita degli ultimi. Ci vuole pazienza. E occhio per apprezzare le inquadrature da manuale. La fotografia. La bellezza del cinema. Sarebbe bello guardarlo con un critico cinematografico per poterlo apprezzare meglio. Come un audioguida al museo. Perchè in fondo è un film che merita di entrare nella storia del cinema
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cartoons'' caf�
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giovedì 6 dicembre 2018
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ho visto un film bellissimo e si intitola: "roma"
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In un Messico degli anni 70, preda di contestazioni e guerriglia, vediamo una tranquilla famiglia medioborghese alle prese con la vita di tutti i giorni: un padre, una madre, quattro figli (due piccoli e due in pre adolescenza) una nonna amorevole, l'immancabile cane per far compagnia ai piccoli e tre indios che si prendono cura della casa e delle vite di tutti loro. Sembrerebbe davvero un quadro idilliaco ma, scrostata la vernice dell'apparenza, scopriamo che la vita di questa famiglia rispecchia lo sfasciume e la crisi di un Messico che sta cambiando: moglie e marito sono sull'orlo della separazione e risulta una battaglia contro i mulini a vento, il tentativo della madre di nascondere la cosa ai figli.
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In un Messico degli anni 70, preda di contestazioni e guerriglia, vediamo una tranquilla famiglia medioborghese alle prese con la vita di tutti i giorni: un padre, una madre, quattro figli (due piccoli e due in pre adolescenza) una nonna amorevole, l'immancabile cane per far compagnia ai piccoli e tre indios che si prendono cura della casa e delle vite di tutti loro. Sembrerebbe davvero un quadro idilliaco ma, scrostata la vernice dell'apparenza, scopriamo che la vita di questa famiglia rispecchia lo sfasciume e la crisi di un Messico che sta cambiando: moglie e marito sono sull'orlo della separazione e risulta una battaglia contro i mulini a vento, il tentativo della madre di nascondere la cosa ai figli. A tenere a galla la situazione, nell'unico modo possibile, sono la presenza costante e il lavoro di Cleo; giovane india alle dipendenze della famiglia. Tutto il film ha lei come centro. E' il perno attorno al quale vorticano due mondi completamemte diversi: quello in cui lavora e quello da cui proviene ed entrambi le crollano attorno ma Cleo sembra sopportare ogni cosa sviluppando resilenza, una resilienza che la porterà, dopo una disperata confessione su una spiaggia, a raccogliere i pezzi della sua vita e di quelli della famiglia che le dà lavoro e da cui è amata, per ricominciare.
Fra primi piani intensi e una fotografia da premio, Cuaron ci trasporta in un Messico vittima delle sue contraddizioni, in un bianco e nero che colora la poesia malinconica di una sceneggiatura che scorre per immagini davanti ai nostri occhi, in maniera lenta ma senza alcuna pesantezza. Il finale del film, con i titoli di coda che scorrono davanti al palazzo sui cui sale Cleo per lavare i panni, sembra un invito a restare. Un finale sospeso, in "levare", quasi speri che la giovane scenda dal tetto per vedere come andranno avanti le vite in quella casa.
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stefanocapasso
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sabato 8 dicembre 2018
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cavarsela quando si rimane soli
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Roma è il nome di un quartiere borghese di Città del Messico, dove Alfonso Cuaron è cresciuto negli anni 60-70. Il film si basa su una struttura circolare, il dramma comincia quando il padre in strada saluta la moglie per un viaggio misterioso mentre sta passando una banda musicale e si conclude quando la famiglia rientra da una vacanza al mare che sarà rivelatoria, mentre in strada passa la stessa banda musicale. Nel mezzo si sviluppano una serie di circostanze drammatiche in cui il tratto comune è la perdita delle illusioni, in particolare rappresentata dall’uomo che se ne va. Se ne va il capofamiglia, se ne va il fidanzato della cameriera e se ne vanno le illusioni degli studenti che protestano nelle piazze.
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Roma è il nome di un quartiere borghese di Città del Messico, dove Alfonso Cuaron è cresciuto negli anni 60-70. Il film si basa su una struttura circolare, il dramma comincia quando il padre in strada saluta la moglie per un viaggio misterioso mentre sta passando una banda musicale e si conclude quando la famiglia rientra da una vacanza al mare che sarà rivelatoria, mentre in strada passa la stessa banda musicale. Nel mezzo si sviluppano una serie di circostanze drammatiche in cui il tratto comune è la perdita delle illusioni, in particolare rappresentata dall’uomo che se ne va. Se ne va il capofamiglia, se ne va il fidanzato della cameriera e se ne vanno le illusioni degli studenti che protestano nelle piazze. In tutto questo le due donne protagoniste dovranno fare i conti con una realtà nuova che chiederà di rendersi abili a nuove “avventure” e in sostanza a portare a compimento un percorso di emancipazione e crescita. Sullo sfondo il tema sociale della ricca borghesia bianca che domina sui nativi che sono tutti alle loro dipendenze. Per dare equilibrio a questo Cuaron sceglie di fare raccontare la storia a Cleo, la cameriera indios che col suo sguardo portare a conoscenza la quotidianità e i vizi della classe dominante. Lunghissime panoramiche a scoprire i grandi spazi delle ville dei gringos diventano la cifra stilistica del film che assieme al formato esteso e al bianco nero fanno di questo film un’esperienza visiva molto potente. E’ un film che in molti aspetti contiene il Cinema nei suoi aspetti più importanti, e tra questi spicca l’aspetto fotografico, la messa in scena, la scelta delle inquadrature che danno un grande valore estetico al lavoro. Mi è piaciuto decisamente meno il ricorso melodrammatico fondato sulla descrizione morbosa dei momenti più tragici del film, che sembra ricercare il pathos con mezzi facili
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mauridal
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lunedì 10 dicembre 2018
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immagini nitide da roma
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Quando un regista di cinema ,vuole rappresentare una sua storia ,una sua personale esperienza di vita ,che riaffiora dalla memoria dell'infanzia , ma nel contempo vuole raccontare anche i contesti in cui quella storia si svolse , mischiando e sovrapponendo la memoria con gli avvenimenti della storia del paese in cui è vissuto , allora il film che un regista come Alfonso Cuarón realizza è Roma , un film nitido e al contempo sfo[+]
Quando un regista di cinema ,vuole rappresentare una sua storia ,una sua personale esperienza di vita ,che riaffiora dalla memoria dell'infanzia , ma nel contempo vuole raccontare anche i contesti in cui quella storia si svolse , mischiando e sovrapponendo la memoria con gli avvenimenti della storia del paese in cui è vissuto , allora il film che un regista come Alfonso Cuarón realizza è Roma , un film nitido e al contempo sfocato nella memoria dei ricordi da bambino ma determinato e incisivo nelle immagini delle vicende storiche e politiche del Messico negli anni '70. Anni turbolenti segnati da grandi contestazioni di masse giovanili , spesso represse nel sangue. Cuaròn ha raccontato in questo grande bel film la sua intima infanzia familiare ,il rapporto con la madre, la nonna, e soprattutto con la tata cuoca domestica, Cleo , la vera figura materna, che al contrario della propria famiglia borghese e benestante è di umili origini meticce . Tuttavia se l'amore per i bambini della famiglia è una esclusiva di Cleo, la povera serva , la vera umanità di Roma , traspare nella contrapposizione tra indio , meticci poveri e borghesia ricca messicana , che vive nella capitale , dove nel borghese quartiere Roma si svolge la vicenda. Cuaròn nelle belle e curate immagini del film , ci presenta dunque una vita intima e un ricordo personale della sua famiglia, ma anche una epica storia di popolo, povero e asservito al capitalismo rampante in Messico che provocherà come pure raccontato , anche massacri e repressioni. La vera forza del film è nel racconto per immagini, di stile realista, in un luminoso B/N ma con un tocco di fantasia e immaginazione che rende i personaggi , soprattutto femminili anche immersi nel sogno dei ricordi. Scene da storia del cinema sono visivamente presenti, come il salvataggio dei bambini annegati nell'oceano da parte di Cleo, e anche il parto drammatico , del feto morto, della stessa Cleo simbolo della donna , forte e generosa che nonostante l inclemenza della realtà , continua a mantenere il senso della
vita per sé e per tutti coloro che ama. Un Film da annoverare tra i capolavori del cinema internazionale. (mauridal).
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felicity
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lunedì 15 giugno 2020
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e' già un piccolo grande classico
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Il film è un grande inno nostalgico che parla di cinema a tutto tondo.
Roma è un film che porta alla riflessione e proprio grazie ad essa possiamo comprendere appieno tutte le scelte formali e narrative.
Il film di Alfonso Cuarón è un grande film, se non non il migliore dell’anno 2018, sicuramente il più bello.
Resta un incredibile viaggio nostalgico che ci fa sorridere e che ci lascia qualcosa di molto amaro in bocca.
E la qualità che rende Roma un ottimo prodotto è la sua unicità: pur citando se stesso e altri prodotti, il film di Cuarón non somiglia a nient’altro di già visto e, nel bene o nel male, che piacciano o no, le sue scelte sono uniche e fanno di Roma già un piccolo grande classico.
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Il film è un grande inno nostalgico che parla di cinema a tutto tondo.
Roma è un film che porta alla riflessione e proprio grazie ad essa possiamo comprendere appieno tutte le scelte formali e narrative.
Il film di Alfonso Cuarón è un grande film, se non non il migliore dell’anno 2018, sicuramente il più bello.
Resta un incredibile viaggio nostalgico che ci fa sorridere e che ci lascia qualcosa di molto amaro in bocca.
E la qualità che rende Roma un ottimo prodotto è la sua unicità: pur citando se stesso e altri prodotti, il film di Cuarón non somiglia a nient’altro di già visto e, nel bene o nel male, che piacciano o no, le sue scelte sono uniche e fanno di Roma già un piccolo grande classico.
In ogni singola inquadratura c’è la compenetrazione di dolore e fede, nascita e morte, staticità e movimento. E anche nelle immagini che sembrerebbero più freddamente controllate, emerge sempre l’ossessione per un particolare che attraversa il fondale come se volesse scalfire l’impressione di una natura morta e raccontare il processo in divenire, uno spostamento che può essere fisico, ma soprattutto spirituale e biologico.
Un film che si accontenta soprattutto di amare gli spazi e le persone. Un film straordinariamente femminile fatto da un uomo. Ma forse un uomo non basta. Soltanto un “figlio” può fare un film così.
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freerider
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mercoledì 23 gennaio 2019
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qualità tecnica non basta
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Non è mia intenzione screditare l’osannato “Roma” di Alfonso Cuaron ma forse è il caso di ricondurlo dal firmamento alla superficie terrestre.
Certamente il regista messicano ha saputo trarre il meglio dai potenti mezzi a sua disposizione - verosimilmente la più avanzata e sofisticata tecnologia – ricavandone così un risultato formalmente impeccabile, levigatissimo e ammaliante soprattutto dal punto di vista fotografico. Ma, pur rimanendo a livello di “forma”, sappiamo che essa non si esaurisce nel nitore o nella luminosità dell’immagine, né nella simmetria o nell’equilibrio di un’inquadratura, lavorare sulla “forma” significa anche e soprattutto “creare” una modalià di rappresentazione visiva e cioè osservare con la mente e non solo con gli occhi, cogliere un dettaglio lasciandolo nell’angolo, adottare un altro punto di vista, crepare l’immagine per renderla viva, spostare l’attenzione dello spettatore e giocare proficuamente con essa.
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Non è mia intenzione screditare l’osannato “Roma” di Alfonso Cuaron ma forse è il caso di ricondurlo dal firmamento alla superficie terrestre.
Certamente il regista messicano ha saputo trarre il meglio dai potenti mezzi a sua disposizione - verosimilmente la più avanzata e sofisticata tecnologia – ricavandone così un risultato formalmente impeccabile, levigatissimo e ammaliante soprattutto dal punto di vista fotografico. Ma, pur rimanendo a livello di “forma”, sappiamo che essa non si esaurisce nel nitore o nella luminosità dell’immagine, né nella simmetria o nell’equilibrio di un’inquadratura, lavorare sulla “forma” significa anche e soprattutto “creare” una modalià di rappresentazione visiva e cioè osservare con la mente e non solo con gli occhi, cogliere un dettaglio lasciandolo nell’angolo, adottare un altro punto di vista, crepare l’immagine per renderla viva, spostare l’attenzione dello spettatore e giocare proficuamente con essa.
La forma non è dunque solo superficie - e cioè perfezione - ma anche profondità - e quindi tridimensionalità - dell’immagine ed è sulla base di questo distinguo che l’ambizione di Cuaron in “Roma” si rivela squisitamente tecnica, esteriore, bidimensionale. La stessa scena del parto, insistita nel minutaggio per ricavarne il maggior effetto di pathos possibile, così come quella virtuosistica sulla spiaggia che termina però in un quadretto (quello della locandina del film) fin troppo geometrico e simbolico, testimoniano un controllo assoluto dell’immagine ma anche una certa ritrosia nel voler mettere le mani nel cuore della scena stessa per restituirla dopo essersene appropriato artisticamente. Questa sorta di distanza cautelativa si avverte sia a livello di rielaborazione estetica (non c’è una sbavatura ma in fondo nemmeno nulla di inedito) sia a livello concettuale e propositivo (“bello” non vuol necessariamente “interessante”).
Insomma il film si distingue senz’altro per la sua qualità produttiva ma il progetto in sè rimane confinato nella dimensione dell’omaggio, della rievocazione del passato, del “film d’autore” da manuale (cui non mancano inoltre alcune connotazioni molto “diplomatiche” come le due donne protagoniste entrambe deluse dagli uomini...) che però non cresce, non si mette in gioco, non pone questioni, non offre diverse chiavi di lettura, anche dialoghi e scrittura sono all’insegna della linearità.
So di essere una voce fuori dal coro e se non fosse per l’acclamazione generale non avrei sentito l’esigenza di ridimensionarlo, ma considerata la glorificazione di cui è oggetto mi chiedo davvero se “Roma” ha lo spessore, la complessità e il portato di un capo d’opera oppure se è “solo” un film di medio standard qualitativo che sta raccogliendo onori oltre misura.
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peergynt
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domenica 2 settembre 2018
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un amarcord neorealistico
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Citare Fellini come riferimento per l'ultimo film di Alfonso Cuaron è assolutamente fuorviante. In un bellissimo bianco e nero (fotografato dallo stesso regista), Cuaron racconta la solitudine e la profonda umanità di una donna, un'india, Cleo, domestica in una famiglia della media borghesia messicana. Siamo a Roma, un quartiere di Città del Messico, e entrambe le donne (la domestica e la sua padrona) vengono abbandonate dai loro uomini. Dovranno cavarsela da sole, grazie anche ad una franca solidarietà che, malgrado la differenza sociale, le lega e le affratella. Soprattutto portatrice di un'umanità generosa e aperta, fatta di gesti concreti e di poche parole, è Cleo.
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Citare Fellini come riferimento per l'ultimo film di Alfonso Cuaron è assolutamente fuorviante. In un bellissimo bianco e nero (fotografato dallo stesso regista), Cuaron racconta la solitudine e la profonda umanità di una donna, un'india, Cleo, domestica in una famiglia della media borghesia messicana. Siamo a Roma, un quartiere di Città del Messico, e entrambe le donne (la domestica e la sua padrona) vengono abbandonate dai loro uomini. Dovranno cavarsela da sole, grazie anche ad una franca solidarietà che, malgrado la differenza sociale, le lega e le affratella. Soprattutto portatrice di un'umanità generosa e aperta, fatta di gesti concreti e di poche parole, è Cleo. Nessuna visionarietà, nessun barocchismo in questo film (un pallido accenno felliniano si intravvede solo nella figura dell'insegnante di arti marziali), solo un solido neorealismo che sarebbe piaciuto molto a Vittorio De Sica. Lento e più descrittivo che narrativo, è cinema per chi vuole vedere sviluppato il personaggio più che la storia.
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francesco zennaro
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domenica 16 dicembre 2018
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roma: un leone d'oro alla "colonna sonora".
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Bianco e nero dalla fotografia magistrale; interpretazioni (tutte, ex aequo!) come se fosse una candid camera nascosta che spia la realtà e non un film recitato; regia superba, nel senso più elevato del termine.
Ma a fare la vera differenza è stata la "colonna sonora". Atipica. Una sorta di "contrappunto esistenziale" costituito non di note musicali, bensì di "lacrime e sangue", ingratitutini bastarde non nuove (nulla di nuovo sotto il sole) e gratitudini affettive inaspettate. Tante storie umane: Cleo, e la madre di famiglia con i quattro figlioletti, e la nonna, e l'ostetrica, e il rianimatore, e i moti di piazza con uccisioni a sangue freddo, sono immersi/e fino al collo nei drammi di vite che, nonostante tutto, continuano.
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Bianco e nero dalla fotografia magistrale; interpretazioni (tutte, ex aequo!) come se fosse una candid camera nascosta che spia la realtà e non un film recitato; regia superba, nel senso più elevato del termine.
Ma a fare la vera differenza è stata la "colonna sonora". Atipica. Una sorta di "contrappunto esistenziale" costituito non di note musicali, bensì di "lacrime e sangue", ingratitutini bastarde non nuove (nulla di nuovo sotto il sole) e gratitudini affettive inaspettate. Tante storie umane: Cleo, e la madre di famiglia con i quattro figlioletti, e la nonna, e l'ostetrica, e il rianimatore, e i moti di piazza con uccisioni a sangue freddo, sono immersi/e fino al collo nei drammi di vite che, nonostante tutto, continuano. Ricordando che, dopotutto, "La vita è bella" (anche in una casa senza librerie).
Zenna9000 16 Dicembre 2018
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maurizio.meres
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lunedì 25 febbraio 2019
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un film vero
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Questo film girato interamente in un bianco nero che sa di nostalgia,ricordi che risorgono dai più piccoli particolari,costumi di un passato che nel profondo dell'essere sono sempre rimasti nei pensieri nascosti,Cuaròn rivive forse la sua vita andando un po' indietro nel tempo negli anni settanta dove la voglia di cambiamento era viva anche in una nazione come il Messico succube di un potere fragile,e con un tasso enorme di povertà e dove la differenza sociale tra i Messicani di generazione occidentale e gli Indios era enorme.
La figura di Cleo una governante tutto fare amata da tutti per la sua bontà e la dolcezza che usciva dai suoi occhi,umile,ingenua,una figura che sicuramente esiste nei ricordi del regista diventa la vera essenza del film,girato in una tonalità di grigi che trasportano lo spettatore dentro il racconto entrando nella famiglia dove vive Cleo,sembra di scorrere gli attimi di vita insieme a loro.
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Questo film girato interamente in un bianco nero che sa di nostalgia,ricordi che risorgono dai più piccoli particolari,costumi di un passato che nel profondo dell'essere sono sempre rimasti nei pensieri nascosti,Cuaròn rivive forse la sua vita andando un po' indietro nel tempo negli anni settanta dove la voglia di cambiamento era viva anche in una nazione come il Messico succube di un potere fragile,e con un tasso enorme di povertà e dove la differenza sociale tra i Messicani di generazione occidentale e gli Indios era enorme.
La figura di Cleo una governante tutto fare amata da tutti per la sua bontà e la dolcezza che usciva dai suoi occhi,umile,ingenua,una figura che sicuramente esiste nei ricordi del regista diventa la vera essenza del film,girato in una tonalità di grigi che trasportano lo spettatore dentro il racconto entrando nella famiglia dove vive Cleo,sembra di scorrere gli attimi di vita insieme a loro.
La realistica visione di quel momento è fatta di particolari quasi insignificanti ma importanti e di stati d'animo intensi,vivere la vita di tutti i giorni perché e come essere proietti nel passato, danno un quadro molto neorealistico di una nazione instabile con una esagerata disuguaglianza sociale.
Superlativa diventa la fotografia,la sceneggiatura con i sottotitoli è scorrevole senza pause,drammatica,cruda in alcune scene e commovente,con uno sfondo ottimistico dovuto dalla positività dei personaggi nella speranza di una vita migliore o forse da rassegnazione radicata.
Film bellissimo imperdibile per gli amanti del grande cinema,sicuramente lo sfondo seppur molto velato di una politica di emarginazione si sente ma e anche vero che il cinema ( serio )diventa spesso l'unico canale per di trasmissione.
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