rob8
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mercoledì 22 agosto 2018
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dalle parti del cnema dei coen
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Con questo film, attraversato da tensioni sotterranee e dilatati ritmi narrativi, siamo dalle parti del cinema dei Coen: evocato, non a caso, anche dalla presenza di una perfetta Frances McDormand, già splendida nel Fargo dei due citati fratelli.
Protagonista anche qui di una vicenda controversa e sfuggente alla consueta dicotomia tra bene e male. Perché nella volontà di giustizia di una madre per la figlia assassinata, c’è dolore e rivalsa, c’è prostrazione e pulsione di vendetta. Che si accresce di fronte all’inazione della polizia e all’oscurantismo dei concittadini.
Così, aderiamo con reazioni contrastanti alla maturazione dei sentimenti di questa donna sola contro tutti, che grida la sua rabbia in tre grandi manifesti pubblicitari su una strada secondaria di campagna.
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Con questo film, attraversato da tensioni sotterranee e dilatati ritmi narrativi, siamo dalle parti del cinema dei Coen: evocato, non a caso, anche dalla presenza di una perfetta Frances McDormand, già splendida nel Fargo dei due citati fratelli.
Protagonista anche qui di una vicenda controversa e sfuggente alla consueta dicotomia tra bene e male. Perché nella volontà di giustizia di una madre per la figlia assassinata, c’è dolore e rivalsa, c’è prostrazione e pulsione di vendetta. Che si accresce di fronte all’inazione della polizia e all’oscurantismo dei concittadini.
Così, aderiamo con reazioni contrastanti alla maturazione dei sentimenti di questa donna sola contro tutti, che grida la sua rabbia in tre grandi manifesti pubblicitari su una strada secondaria di campagna. Che finiranno per esser dati al fuoco dai reazionai della comunità e con caparbietà ripristinati dalla madre mai doma.
La quale infine partirà armata alla ricerca del presunto assassino della figlia, ma con non definiti propositi. Lasciando nell’incertezza lo spettatore, così come in effetti incerti sono quasi sempre la vita e i suoi accadimenti.
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paolp78
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domenica 14 gennaio 2018
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un dramma reso in commedia
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Il merito maggiore di questo film è quello di avere operato la scelta originalissima di trattare un terribile dramma in chiave leggera, a tratti persino umoristica.
Si tratta di una scelta molto rischiosa, ma a mio avviso l'operazione è pienamente riuscita.
Così su due piedi, non ricordo altre pellicole capaci di trattare tematiche così strazianti, per altro unite a numerosi ulteriori accadimenti violenti e gravi, con modalità così divertenti.
Da questa coraggiosa commistione ne scaturisce una pellicola davvero fuori dall'ordinario per la sua capacità di suscitare le più diverse emozioni: dalla commozione alla risata, dalla rabbia alla pietà.
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Il merito maggiore di questo film è quello di avere operato la scelta originalissima di trattare un terribile dramma in chiave leggera, a tratti persino umoristica.
Si tratta di una scelta molto rischiosa, ma a mio avviso l'operazione è pienamente riuscita.
Così su due piedi, non ricordo altre pellicole capaci di trattare tematiche così strazianti, per altro unite a numerosi ulteriori accadimenti violenti e gravi, con modalità così divertenti.
Da questa coraggiosa commistione ne scaturisce una pellicola davvero fuori dall'ordinario per la sua capacità di suscitare le più diverse emozioni: dalla commozione alla risata, dalla rabbia alla pietà.
Si tratta quindi di una pellicola che assolve egregiamente al compito di intrattenere lo spettatore, offrendo un autentico spettacolo, molto coinvolgente, divertente e piacevole.
Al contempo il film non rinuncia ad affrontare tematiche morali e di impegno sociale: la solidarietà umana verso chi si trova in difficoltà, la necessità di elaborare il lutto e di
superare i sensi di colpa, il valore della convivenza serena entro la propria comunità.
Ottime le interpretazioni, particolarmente intensa ed espressiva quella di Frances McDormand che è anche l'attrice più presente in scena.
La sceneggiatura infine costituisce il sicuro punto di forza della pellicola, seppure nella parte conclusiva mi pare che faccia l'errore di scadere in un eccessivo buonismo, che forse poteva essere evitato.
Con il finale, che sicuramente non appagherà tutti gli spettatori, si palesa compiutamente il chiaro intento pedagogico della pellicola.
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howlingfantod
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lunedì 15 gennaio 2018
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antigone nel missouri
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Film dalle atmosfere coeniane, gli stessi che hanno diretto la bravissima Frances McDormand in loro altre opere fra le quali Fargo dove la McDormand interpreta il ruolo dello sceriffo. In questo superbo thriller dallo humour nero firmato da Martin McDonagh, la protagonista Mildred (Frances McDormand, fra l’altro proprio la moglie di Joel Coen), interpreta il ruolo di una madre divorata dai sensi di colpa alla quale è stata brutalmente uccisa la figlia. Il suo unico scopo è quello di ottenere giustizia con ogni mezzo, fino all’ultima ratio della vendetta, scavalcando anche la legge, quella che dovrebbe risolvere il caso, incarnando appieno quello spirito in parte anarcoide e libertario del paese dei pionieri.
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Film dalle atmosfere coeniane, gli stessi che hanno diretto la bravissima Frances McDormand in loro altre opere fra le quali Fargo dove la McDormand interpreta il ruolo dello sceriffo. In questo superbo thriller dallo humour nero firmato da Martin McDonagh, la protagonista Mildred (Frances McDormand, fra l’altro proprio la moglie di Joel Coen), interpreta il ruolo di una madre divorata dai sensi di colpa alla quale è stata brutalmente uccisa la figlia. Il suo unico scopo è quello di ottenere giustizia con ogni mezzo, fino all’ultima ratio della vendetta, scavalcando anche la legge, quella che dovrebbe risolvere il caso, incarnando appieno quello spirito in parte anarcoide e libertario del paese dei pionieri. I tre manifesti del titolo sono proprio l’urlo di una madre che ha perduto l’affetto più grande e che scardina la cittadina del Missouri dal torpore e l’accattonaggio morale con la sua determinazione all’ottenere giustizia. Willoughby, lo sceriffo di Ebbing dice: “ci ha dichiarato guerra”. Tutto il film è la piccola grande guerra di Mildred contro tutto e tutti per ottenere giustizia per sua figlia, in primis contro la polizia inetta e razzista. Tema secondario del film è il razzismo, del quale proprio la polizia sembra farsi interprete come Mildred denuncia alla troupe televisiva “la polizia è troppo impegnata a torturare la gente di colore per risolvere un crimine vero”. Il film parla anche dei vizi di quella cosiddetta America profonda, sembra quasi di trovarsi in un racconto di Flannery O’Connor , forse non a caso “citata” nel pubblicitario che stampa i manifesti e che si può notare intento a leggere un suo libro quando Mildred si presenta nel suo ufficio, quell’America e quei luoghi, dove il razzismo, la paura, il conformismo pseudo-religioso porta tutti quanti a rintanarsi nelle più rassicuranti convenzioni, magari poi accorgendoci che queste derivano da trascorsi più o meno traumatici, come nella figura dell’agente Dixon (Sam Rockwell) succube della madre, presumibilmente gay, personaggio bellissimo che nel corso della narrazione sviluppa una propria progressione etica e trasformazione, proprio lui l’inetto, il razzista, il balordo, anche se con la divisa e che lo porta ad essere una delle figure più potenti dell’ intero film. La sceneggiatura è sontuosa, non a caso ha fatto incetta di riconoscimenti ovunque e tiene lo spettatore incollato alla poltrona fino alla fine. L’anelito e il dilemma morale è quello che spinge lo spettatore a dover prendere posizione. Se è normale parteggiare da subito per Mildred, nel corso del film, soprattutto dopo il suicidio dello sceriffo, per il cancro che lo sta divorando e non per le implicite accuse mossegli, dopo le sue commoventi lettere lasciate alla moglie, a Dixon e a Mildred stessa, qualche dubbio si può insinuare nello spettatore e il dilemma come nell’Antigone Sofoclea diviene quello tra la legge degli uomini e quella del sangue. Il plot originario si snoda in un complicato intreccio da thriller poliziesco per scoprire l’assassino. Se la locale polizia poteva apparire quantomeno complice omertosa del brutale omicidio, man a mano si insinuano più profonde riflessioni sulla stessa liceità del rispondere alla rabbia con la rabbia. La frase a suo modo ingenua gettata come un sasso nello stagno dalla altrettanto ingenua compagna diciannovenne dell’ ex marito di Mildred. “La rabbia genera altra rabbia”, è come una dolce farfalla che spiega le ali in un altrimenti crudo far west dei sentimenti dove vige la legge del più forte. Bellissimo in tal senso il brano della lettera post-mortem che lo sceriffo Willoughby consegna all’agente Dixon dicendogli che per fare il detective, quello a cui l’agente aspira, serve l’amore, proprio questo, quella cosa che declinata al proprio lavoro, ma anche in senso più ampio è la cura del dettaglio. Il tutto è condito da un humour folgorante, brutale e sanguigno (anche in senso letterale), su tutte basterebbe la scena di Mildred che strappa di mano il trapano al suo dentista, il quale aveva fatto un esposto contro i manifesti affissi e che viene trafitto all’ unghia da Mildred con lo stesso. La scelta morale su da quale parte stare è lasciata a noi spettatori con un bellissimo finale aperto degno di questo grandioso film, quando Mildred e l’ispirato agente Dixon completando il proprio riscatto morale, decidono di avviarsi in auto per andare a uccidere uno stupratore, anche se a questo punto sappiamo non essere quello della figlia di Mildred, come una sorta di giustizia divina che sopraggiunge, o forse no, non lo faranno chiudendosi il film con i due in auto che si confessano i propri dubbi su quello che avevano deciso di intraprendere e si riservano di decidere strada facendo. E siamo ai titoli di coda, con MyMovies dallo schermo nero che consiglia il film ed io che proprio da MyMovies lo consiglio a tutti.
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flyanto
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martedì 16 gennaio 2018
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la disperazione di una donna forte e batatgliera
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I tre manifesti a cui il titolo del film ("Tre Manifesti a Ebbing, MIssouri") si riferisce sono i cartelloni che una madre, disperata, fa affiggere sulla strada che porta al suddetto paese, al posto dei cartelloni pubblicitari, come monito ed allo stesso tempo incitamento alla Polizia locale a condurre in maniera decisa e seria le indagini per trovare il colpevole che le ha violentato ed ucciso la figlia adolescente. Secondo la donna, infatti, le Forze dell'Ordine non si sono affatto preoccupate a dovere del caso che hanno, invece, condotto in maniera superficiale e sbrigativa e pertanto ella si trova costretta ad arrivare a quest'ultimo, e quanto mai singolare, tentativo dei cartelli al fine di spronare i 'cops' a renderle giustizia.
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I tre manifesti a cui il titolo del film ("Tre Manifesti a Ebbing, MIssouri") si riferisce sono i cartelloni che una madre, disperata, fa affiggere sulla strada che porta al suddetto paese, al posto dei cartelloni pubblicitari, come monito ed allo stesso tempo incitamento alla Polizia locale a condurre in maniera decisa e seria le indagini per trovare il colpevole che le ha violentato ed ucciso la figlia adolescente. Secondo la donna, infatti, le Forze dell'Ordine non si sono affatto preoccupate a dovere del caso che hanno, invece, condotto in maniera superficiale e sbrigativa e pertanto ella si trova costretta ad arrivare a quest'ultimo, e quanto mai singolare, tentativo dei cartelli al fine di spronare i 'cops' a renderle giustizia. Ma la protagonista incontra soltanto una forte ostilità da parte di quasi tutto il paese in cui vive, esponenti della Polizia compresi (ad eccezione del più umano e comprensivo capo), e pertanto ella si trova costretta lottare strenuamente da sola contro tutti. Vari eventi si susseguiranno in un crescendo sempre maggiore inaspettato e rivelatore di bassezze umane.
Il regista Martin Mc Donagh, già autore dell'ottimo e riuscitissimo suo esordio "In Bruges", torna sullo schermo con questa commedia "dark" , estremamente drammatica nel contenuto e framezzata da una costante, intelligente ed acuta ironia. La disperazione della protagonista, peraltro magnificamente interpretata dall'attrice Frances Mc Dormand, viene 'stemperata' dai dialoghi brillanti, diretti e spesso coloriti di espressioni forti, e, anche se le situazioni sono tragiche, l'andamento in sè dell'intera storia acquista un andamento più lieve che però non trascura e tralascia mai la drammaticità di fondo degli eventi. Insomma, un perfetto equilibrio tra dramma e commedia allo stesso tempo. Il cast di attori, inoltre, si rivela per intero all'altezza dei ruoli con la Dormand che, ovviamente, spicca notevolmente su tutti tanto da meritare il Golden Globe ed essere candidata alla futura cerimonia degli Oscar. Ma anche Woody Harrelson, il capo della Polizia e Sam Rockwell, il poliziotto violento e razzista, ben sostengono il confronto con la Dormand. Insomma, un film eccellente (meritatissima la premiazione all'ultimo Festival di Venezia) in cui anche gli avvenimenti vengono ben presentati e scanditi in una tempistica ideale e sempre in evoluzione crescente che tiene vivo quanto mai l'interesse dello spettatore.
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maurizio.meres
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domenica 14 gennaio 2018
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una sceneggiatura superlativa
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Siamo in una delle tante cittadine degli Stati Uniti,dove tutti sanno di tutti,non ci sono svaghi e l'unico che la città conosce è l'intolleranza dell'uno verso l'altro,una forma di razzismo radicata è propensa all'odio reciproco,il tutto controllato si fa per dire da uno sceriffo di contea che diventa suo malgrado il padre padrone di una cittadinanza assente e mentalmente radicata ad una sofferenza esistenziale dove anche un assassinio per stupro di una ragazza diventa un fastidio sociale,è una madre che non si arrende per il fatto che nessuno indaghi,ma soprattutto l'indifferenza totale crea uno scompiglio alle forze dell'ordine,perennemente dormienti.
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Siamo in una delle tante cittadine degli Stati Uniti,dove tutti sanno di tutti,non ci sono svaghi e l'unico che la città conosce è l'intolleranza dell'uno verso l'altro,una forma di razzismo radicata è propensa all'odio reciproco,il tutto controllato si fa per dire da uno sceriffo di contea che diventa suo malgrado il padre padrone di una cittadinanza assente e mentalmente radicata ad una sofferenza esistenziale dove anche un assassinio per stupro di una ragazza diventa un fastidio sociale,è una madre che non si arrende per il fatto che nessuno indaghi,ma soprattutto l'indifferenza totale crea uno scompiglio alle forze dell'ordine,perennemente dormienti.
Bellissimo film di un America intollerante,squallida,senza principi,chiusa in una specie di setta,con una sceneggiatura impeccabile,profonda,intensa frammentata da un umorismo triste e cupo dove il dover ridere diventa un obbligo abitudinario per lo spettatore,ambientazione grigia,essenziale e soprattutto triste.
L'ottimo regista Martin McDnagh spazia tra i vari stati d'animo di tutti i personaggi con una facilità sorprendente riuscendo addirittura nel far uscire dal profondo umano un buonismo mescolato all'odio.
Interpretazione magistrale di Frances McDormand che interpreta la madre della ragazza uccisa,recita ma soprattutto si esprime con sguardi profondi,con grande intensità,un personaggio creato per lei,ottimo anche Sam Rockwell,che recita la parte del poliziotto stupido e superficiale,veramente un ottima interpretazione meritevole del premio ricevuto ai Golden Globes come attore non protagonista,senza dimenticare lo sceriffo interpretato da Woody Harrelson
Per gli amanti del grande cinema è un obbligo vederlo ed apprezzarlo per la completezza cinematografica dov'è tutti gli ingredienti che necessitano affinché un film diventi perfetto ci sono tutti.
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gustibus
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venerdì 19 gennaio 2018
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contro tutto e tutti!
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La visione a prima vista e'di un film degli anni '70..Mildred(F.Mc Dormand)vuole a tutti i costi sapere chi ha stuprato e violentato la figlia,nella provincialissima Ebby ,cittadina nel missoury.La polizia del luogo latita tremendamente,quasi nell'indifferenza della gente del posto,entra nelle case e nella vita famigliare dove non si vede nulla di bello,il capo polizia con un tumore e si uccide,un altro che sembra quello più umanamente difettoso(Sam Rockwell,il matto del "Miglio Verde"),sorprendera'verso la fine che con la mamma prenderà la decisione finale.Protagonisti i tre manifesti che la mamma fa appendere per urlare e denunciare alla polizia che non e'stato fatto niente.
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La visione a prima vista e'di un film degli anni '70..Mildred(F.Mc Dormand)vuole a tutti i costi sapere chi ha stuprato e violentato la figlia,nella provincialissima Ebby ,cittadina nel missoury.La polizia del luogo latita tremendamente,quasi nell'indifferenza della gente del posto,entra nelle case e nella vita famigliare dove non si vede nulla di bello,il capo polizia con un tumore e si uccide,un altro che sembra quello più umanamente difettoso(Sam Rockwell,il matto del "Miglio Verde"),sorprendera'verso la fine che con la mamma prenderà la decisione finale.Protagonisti i tre manifesti che la mamma fa appendere per urlare e denunciare alla polizia che non e'stato fatto niente.IL film nella sua narrazione e'un pugno nello stomaco contro l'indifferenza,il lassismo che se non hai il colpevole subito non si può fare niente.I media,la giornalista che fa il servizio viene apostrofata"bocchinara"e tante altre cose fuori luogo in un quadro "politicamente scorretto"ce'tutta l'etica di questo film.Bello e reale per la provincia americana,è forse uno schiaffo a noi italiani che abbiamo si anche noi alcune di queste "note nere"ma(dico io!)con un po' di melanconico ruffianismo e' difficile che avremo cosi'tante Ebby(paesi o cittadine cosi'!)Sicuramente da vedere! Ma non per i benpensanti!lo capirebbero?Film che prendera'quasi sicuramente l'oscar,tra soggetto e attori.Poi un po' esagerato il racconto lo e'!e la critica E'IMPAZZITA per le 5stelle.Un po' troppo ma il cinema e'bello per queste incongruenze.
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silvanobersani
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sabato 13 gennaio 2018
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il trionfo della inconcludenza
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Film sghembo e irritante. A tratti decisamente brutto. Non tradisce le promesse perchè promesse non ne fa. Da un assemblaggio gratuito di personaggi scopiazzati qua e là (il poliziotto buono, il poliziotto sciroccato, il figlio disadattato, l'ex marito che sta con una ochetta diciannovenne), che alla fine si disperdono in una sceneggiatura schizofrenica, sempre in bilico tra tragedia e farsa, il film non decolla perchè proprio non sa da che parte andare. E non sa neppure decidersi se portare avanti la tragedia o la farsa. La noia non prevale solo perchè soverchiata dalla irritazione. L'autore butta lì tre o quattro temi a caso tra quelli cari alla filmografia allineata al pensiero dominante di una America post obamiana, e non li porta da nessuna parte, in una inconcludente giostra dell'ovvio.
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Film sghembo e irritante. A tratti decisamente brutto. Non tradisce le promesse perchè promesse non ne fa. Da un assemblaggio gratuito di personaggi scopiazzati qua e là (il poliziotto buono, il poliziotto sciroccato, il figlio disadattato, l'ex marito che sta con una ochetta diciannovenne), che alla fine si disperdono in una sceneggiatura schizofrenica, sempre in bilico tra tragedia e farsa, il film non decolla perchè proprio non sa da che parte andare. E non sa neppure decidersi se portare avanti la tragedia o la farsa. La noia non prevale solo perchè soverchiata dalla irritazione. L'autore butta lì tre o quattro temi a caso tra quelli cari alla filmografia allineata al pensiero dominante di una America post obamiana, e non li porta da nessuna parte, in una inconcludente giostra dell'ovvio. Sappiamo che siamo nella profonda provincia degli stati centrali solo perchè i protagonisti girano con salopette di jeans, girano su pick up e la colonna sonora snocciola sdolcinate ballate country, decisamente estranianti. La psicologia dei personaggi è monca e superficiale. Sembrano marionette di cartone e gli interpreti, quasi tutti dimenticabili e sicuramente dimenticati, non riescono a mettere un briciolo di umanità nei loro dialoghi surreali. Si salva certo l'interpretazione di una superba Frances McDormand, che dai ruoli di caratterista imposti dalla sua fisicità si guadagna meritatamente il ruolo di protagonista in questa pellicola. Scivola tra le scene con la fissità di una recitazione alla Buster Keaton, ma sembra sempre in procinto di dire "saprei fare di meglio, ma il regista mi costringe a questo ruolo farlocco". Degna di nota anche l'interpretazione di Sam Rockwell, i cui esordi nel Miglio Verde sembrano aver segnato la sua carriera relegandolo ai ruoli di personaggi afflitti da disagio mentale. Ma non bastano due bravi interpreti a dare anima ad un'opera che ne è priva. Di questo film non ricorderemo nulla se non quasi due ore di violenza gratuita, iperrealista, inutilmente fastidiosa. Lasciate perdere i fratelli Coen, lasciate stare Tarantino. E lasciate stare per favore anche Antigone. Da dimenticare il regista Martin McDonagh, sbruffone, didascalico, non fatevi ingannare dalla macchina del consenso dei Golden Globe: usa la cinepresa come una clava. Anzi da ricordare per evitarlo accuratamente la sua prossima opera.
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[+] evviva i buoni film!
(di mariaf.)
[ - ] evviva i buoni film!
[+] pilota mancato
(di goldy)
[ - ] pilota mancato
[+] hai ragione
(di lanco)
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(di mosegiulio)
[ - ] è cosi
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(di enricodanelli)
[ - ] meno male che non sono solo
[+] concordo con la critica negativa
(di scrignomagico)
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angeloumana
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mercoledì 17 gennaio 2018
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come ti costruisco un oscar
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Tanto parlarne, tanta pubblicità e giudizi celebrativi ma poi è il solito film americano con così tante trovate, colpi di scena e rivelazioni dell'ultima ora, per attrarre il maggior pubblico possibile. Questa è la legge degli Oscar o delle americanate: drammatizzare al punto giusto, i cattivi e i buoni al loro posto, ma i cattivi con l'esempio dei buoni forse finiscono per diventare buoni pure loro. Una colonna sonora altrettanto celebrativa e solenne, come quella che si sente mentre brucia un posto di polizia, la violenza gratuita giusto per aumentare il pathos, l'attesa da thriller, una spolveratina su temi sociali, sulla chiesa, sui negri che si devono chiamare “di colore” e sulla polizia che li persegue a prescindere.
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Tanto parlarne, tanta pubblicità e giudizi celebrativi ma poi è il solito film americano con così tante trovate, colpi di scena e rivelazioni dell'ultima ora, per attrarre il maggior pubblico possibile. Questa è la legge degli Oscar o delle americanate: drammatizzare al punto giusto, i cattivi e i buoni al loro posto, ma i cattivi con l'esempio dei buoni forse finiscono per diventare buoni pure loro. Una colonna sonora altrettanto celebrativa e solenne, come quella che si sente mentre brucia un posto di polizia, la violenza gratuita giusto per aumentare il pathos, l'attesa da thriller, una spolveratina su temi sociali, sulla chiesa, sui negri che si devono chiamare “di colore” e sulla polizia che li persegue a prescindere. Mildred, l'attrice più rappresentativa o protagonista, che ha avuto una figlia ammazzata ma ha le risposte e il phisique du role per dire e fare la cosa giusta, che altri naturalmente alla fine loderanno, e le risposte sempre pronte da burbera benefica. Non c'è sentimento, solo i conflitti di un microcosmo forse rappresentativo dell'America, forse, i buoni contro i cattivi come al solito. Il finale resta aperto, e meno male che si conclude così perché dopo le due ore non restava che dormirci sopra anche con ulteriori trovate. Un film ben acconciato per vincere premi e rientrare dagli investimenti fatti. Ma il dubbio resta: che un presunto Oscar non valga un Orso d'Oro, una Palma o un Leone, e forse nemmeno un festival di Toronto, Locarno, Nashville o San Sebastiàn. Saranno bambinoni questi americani che si fanno piacere spettacoli ben preparati perché the show must go on? "Quando la voglia di vendetta va oltre la legge" dice un sottotitolo, ed è già di per sé rappresentativo di qualcosa di epico che accadrà, con la musica giusta: per favore, americani o britannici, allontanate da noi questo calice.
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ennio
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martedì 23 ottobre 2018
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tre manifesti venati di vetero ideologismo
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Più che un manifesto a Ebbing, Missouri, sembra il manifesto di un certo progressismo fortemente ideologizzato, basato su uno schema trito e ritrito, e qui portato all'estremo: prendi un film, ci sbatti dentro due tipi di persone: brave persone (rigorosamente neri omosessuali e donne), e altre persone corrotte, violente, omofobe e razziste (maschi bianchi, preferibilmente in divisa da poliziotto).
Il punto più basso del film è raggiunto nella scena del neo-sceriffo nero che viene a sostituire il predecessore.
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Più che un manifesto a Ebbing, Missouri, sembra il manifesto di un certo progressismo fortemente ideologizzato, basato su uno schema trito e ritrito, e qui portato all'estremo: prendi un film, ci sbatti dentro due tipi di persone: brave persone (rigorosamente neri omosessuali e donne), e altre persone corrotte, violente, omofobe e razziste (maschi bianchi, preferibilmente in divisa da poliziotto).
Il punto più basso del film è raggiunto nella scena del neo-sceriffo nero che viene a sostituire il predecessore. Sembra di rivivere le stesse atmosfere di “La calda notte dell'ispettore Tibbs”, peccato che non siamo nel 1967 bensì 50 anni dopo, le ultime discriminazioni razziali sono superate da mezzo secolo e la realtà qui rappresentata è del tutto artefatta ed eccessiva, ad esclusivo uso e consumo di una ristretta cerchia di cosiddetti “progressisti” alla ricerca costante del cattivone razzista.
Le cose buone del film sarebbero molte, dalle interpretazioni, prima di tutto della McDormand a cui viene di fatto assegnato un Oscar alla carriera. Anche la sceneggiatura è valida, e non mancano i momenti esilaranti e tragicomici. Cose buone annacquate però dall'impostazione manichea e dottrinaria data all'intera impalcatura del film.
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enricodanelli
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lunedì 29 gennaio 2018
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chi semina vento raccoglie ... filmacci
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Al personaggio più insulso del film è lasciato l'onore di dire la frase che più rappresenta (o dovrebbe rappresentare) questo film: la diciannovenne Penelope nel bel mezzo di una cena con il suo attempato e disgustoso compagno per far colpo esclama "LA RABBIA GENERA SOLO ALTRA RABBIA". Il film infatti non è altro che una escalation di rabbia e livore secondo un climax innescato dalla irritante e irascibile protagonista e da qualche pazzo che la segue nelle sue "eroiche" imprese. La critica al "sistema" di questa signora (che ha grosse colpe, ma pochi sensi di colpa) non è per nulla documentata, è cieca, sorda e si basa su luoghi comuni e nel suo evolversi calpesta con certo sadismo altri individui altrettanto se non più indifesi, deboli e degni di compassione.
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Al personaggio più insulso del film è lasciato l'onore di dire la frase che più rappresenta (o dovrebbe rappresentare) questo film: la diciannovenne Penelope nel bel mezzo di una cena con il suo attempato e disgustoso compagno per far colpo esclama "LA RABBIA GENERA SOLO ALTRA RABBIA". Il film infatti non è altro che una escalation di rabbia e livore secondo un climax innescato dalla irritante e irascibile protagonista e da qualche pazzo che la segue nelle sue "eroiche" imprese. La critica al "sistema" di questa signora (che ha grosse colpe, ma pochi sensi di colpa) non è per nulla documentata, è cieca, sorda e si basa su luoghi comuni e nel suo evolversi calpesta con certo sadismo altri individui altrettanto se non più indifesi, deboli e degni di compassione. Si arriva infine al classico "farsi giustizia da se" dei film western, ma qui in un modo talmente sconclusionato che si cade nel ridicolo con la assurda scena di chiusura (perlatro molte altre scene sono ridicole in questo film pseudodrammatico). Se il film avesse voluto identificare questo disgustoso modus operandi della protagonista con la attuale presidenza americana di Trump probabilmente ce lo avrebbe fatto capire in altro modo prendendone chiaramente le distanze. E allora sarebbe stato encomiabile. Invece la scenografia gioca su bassi livelli e turpiloqui a profusione e fa dire l'unica frase che ha un senso nel film (LA RABBIA GENERA SOLO ALTRA RABBIA) al personaggio più stupido del film, come dire che non è la posizione del regista. Anni luce lontano da Mississipi Burning - le radici dell'odio (che fra l'altro vedeva la più convincente partecipazione della McDormand), questa storia lascia attoniti su quanto possa risultare sconclusionato certo film d'autore.
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