lucio
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venerdì 26 gennaio 2018
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umanità dolente
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Questioni razziali irrisolte negli Stati Uniti d'America. Uomini bianchi contro uomini neri. La globalizzazione selvaggia che ha impoverito le classi medie ed ha ridotto ai minimi termini la convivenza civile. In tale ambito va osservato il caparbio tentatativo di una madre che tenta di avere giustizia per la figlia violentata e uccisa. Nel Terzo millennio apparivano risolte tante problematiche sociali. Invece sta accadendo l'esatto contrario. Si riacutizzano, a livello mondiale, ferite che avrebbero dovuto essere guarite per sempre. Ombre minacciose tentano di oscurare anche le conquiste legate ai diritti civili. Uomini e donne sembrano tornare indietro nel tempo. Il grande pregio del film è quello di non santificare nessuno.
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Questioni razziali irrisolte negli Stati Uniti d'America. Uomini bianchi contro uomini neri. La globalizzazione selvaggia che ha impoverito le classi medie ed ha ridotto ai minimi termini la convivenza civile. In tale ambito va osservato il caparbio tentatativo di una madre che tenta di avere giustizia per la figlia violentata e uccisa. Nel Terzo millennio apparivano risolte tante problematiche sociali. Invece sta accadendo l'esatto contrario. Si riacutizzano, a livello mondiale, ferite che avrebbero dovuto essere guarite per sempre. Ombre minacciose tentano di oscurare anche le conquiste legate ai diritti civili. Uomini e donne sembrano tornare indietro nel tempo. Il grande pregio del film è quello di non santificare nessuno. Vittime e carnefici cambiano di ruolo con estrema facilità, a seconda delle convenienze individuali. Bella la sequenza finale in cui la mamma e l'ex poliziotto si guardano per capire se davvero hanno intenzione di farsi giustizia da soli. Come a voler significare che all'umanità dolente e rancorosa è concessa, nonostante tutto, una possibilità di riscatto.
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udiego
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sabato 27 gennaio 2018
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tra dramma e commedia amara
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Dopo alcuni mesi senza un colpevole per l’omicidio con stupro della giovane figlia Angela, Mildred Hayes decide di spronare la polizia a svolgere diligentemente il proprio lavoro installando, lungo la strada che porta verso casa sua, tre manifesti con messaggi taglienti e diretti rivolti allo sceriffo di Ebbing, Bill Willouughby. La faccenda metterà in subbuglio l’intera comunità, provocando nelle persone le più variegate reazioni.
Non si può che partire da un presupposto: “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è veramente un bel film. Martin McDonagh, più famoso per essere un eccellente drammaturgo, ma anche autore dell’apprezzato “In Bruges”, realizza un’opera corale, completa e ben riuscita sotto tutti i punti di vista.
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Dopo alcuni mesi senza un colpevole per l’omicidio con stupro della giovane figlia Angela, Mildred Hayes decide di spronare la polizia a svolgere diligentemente il proprio lavoro installando, lungo la strada che porta verso casa sua, tre manifesti con messaggi taglienti e diretti rivolti allo sceriffo di Ebbing, Bill Willouughby. La faccenda metterà in subbuglio l’intera comunità, provocando nelle persone le più variegate reazioni.
Non si può che partire da un presupposto: “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” è veramente un bel film. Martin McDonagh, più famoso per essere un eccellente drammaturgo, ma anche autore dell’apprezzato “In Bruges”, realizza un’opera corale, completa e ben riuscita sotto tutti i punti di vista. Partiamo dalla sceneggiatura, curata dallo stesso regista, costruita in modo da rappresentare egregiamente le varie sfaccettature della vicenda. I personaggi sono variegati ed ognuno è caratterizzato dai propri tratti distintivi: da Mildred, donna tutta d’un pezzo ed estremamente spigolosa che vive nel dolore e nel senso di colpa per aver perso la figlia, a Bill, sceriffo amato da tutta la comunità di Ebbing, anche lui angosciato per non essere riuscito a consegnare alla giustizia un colpevole per la morte di Angela. Fino ad arrivare all’ufficiale Dixon, forse il personaggio meglio caratterizzato di tutti, che rappresenta in modo nemmeno troppo velato le problematiche sociali ancora attuali in certe zone degli Stati Uniti quando si parla di neri e gay. Ovviamente, affinchè lo script sia così efficace ed incisivo, non può che essere sorretto da tre attori in vero stato di grazia. E se per Frances McDormand non sono state mai messe in discussione le sue notevoli qualità, anche Woody Harrelson e Sam Rockwell dimostrano grandi capacità nell’interpretare i loro personaggi. Il regista britannico riesce con “Tre manifesti a Ebbing, Missouri” a miscelare egregiamente la tragedia all’interno di una commedia amara, senza mai appesantire il tutto e senza mai far perdere completamente la speranza ai suoi protagonisti, anche nei momenti più bui. Il tutto è sorretto da un impianto cinematografico di spessore, da una colonna sonora, tipica per i luoghi in cui ci troviamo, che ha il merito di sdrammatizzare certe situazioni e da una fotografia pulita ed affascinante allo stesso tempo. Possiamo concludere consigliando a tutti di non perdersi questo piccolo capolavoro, che saprà sicuramente farvi piangere, ma allo stesso tempo anche strapparvi delle allegre risate, in un’atmosfera forse un po’ malinconica, ma assolutamente dolce e commovente.
Voto 4.5/5
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enzo70
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venerdì 2 febbraio 2018
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il dolore di una madre, un lungo canto americano
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Il terzo film di Martin McDonagh entra nel cuore degli States, Ebbing, Missouri. Angela Hayes è stata uccisa durante uno stupro. E la madre Mildred non si dà pace, e soprattutto non accetta l’incapacità della polizia locale di trovare il colpevole. Decide così di comprare lo spazio pubblicitario su tre manifesti stradali per gridare la sua indignazione. Ma Mildred non gira intorno alle cose, va dritta al cuore, e così attacca direttamente lo sceriffo di Ebbing, Bill Willoughby. Lo sceriffo è malato di un grave cancro al pancreas, ha una bellissima moglie, due figlie; ma non ha risolto il caso di Angela; e non ha una vita davanti. Ma i manifesti agiscono su tutta la comunità locale che viene, bene, indagata da McDonagh che caratterizza molto bene i diversi co protagonisti del film.
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Il terzo film di Martin McDonagh entra nel cuore degli States, Ebbing, Missouri. Angela Hayes è stata uccisa durante uno stupro. E la madre Mildred non si dà pace, e soprattutto non accetta l’incapacità della polizia locale di trovare il colpevole. Decide così di comprare lo spazio pubblicitario su tre manifesti stradali per gridare la sua indignazione. Ma Mildred non gira intorno alle cose, va dritta al cuore, e così attacca direttamente lo sceriffo di Ebbing, Bill Willoughby. Lo sceriffo è malato di un grave cancro al pancreas, ha una bellissima moglie, due figlie; ma non ha risolto il caso di Angela; e non ha una vita davanti. Ma i manifesti agiscono su tutta la comunità locale che viene, bene, indagata da McDonagh che caratterizza molto bene i diversi co protagonisti del film. E i vizi dell’America vera, quella del Missouri, tra razzismo e omofobia. Due parole sugli attori: Frances McDormand è perfettamente a suo agio nella parte di una madre affranta del dolore; e così per Woody Harrelson che interpreta il sofferente sceriffo Bill Willoughby; ma, che dire del sempre ottimo Sam Rockwell che nei panni del disadattato veste come con un abito su misura. Tutti candidati all’Oscar, non ho visto i film concorrenti, ma uscito dal cinema l’impressione è che McDonagh è riuscito da vero irlandese a omaggiare per l’ennesima volta gli States.
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martedì 6 febbraio 2018
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l'unica via
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Nell'oblio di un paese del Missouri e nel silenzio delle autorità, l'insopportabile dolore della madre di una ragazza violentata ed uccisa si traduce nell'affissione di 3 manifesti su una strada statale, in cui incolpa direttamente il capo della polizia locale (malato terminale di cancro e a sua volta padre di famiglia) di non aver scovato il colpevole.
Questo evento scatenza un'onda anomala di tragiche ritorsioni in cui si mischiano i limiti non accettati di giustizia personale e legge, razzismo latente e risentimenti familiari che mettono tutti contro tutti e portano a galla una sottaciuta realtà fatta di rancori, provocazioni, sopprusi, desideri di vendetta, frustazioni.
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Nell'oblio di un paese del Missouri e nel silenzio delle autorità, l'insopportabile dolore della madre di una ragazza violentata ed uccisa si traduce nell'affissione di 3 manifesti su una strada statale, in cui incolpa direttamente il capo della polizia locale (malato terminale di cancro e a sua volta padre di famiglia) di non aver scovato il colpevole.
Questo evento scatenza un'onda anomala di tragiche ritorsioni in cui si mischiano i limiti non accettati di giustizia personale e legge, razzismo latente e risentimenti familiari che mettono tutti contro tutti e portano a galla una sottaciuta realtà fatta di rancori, provocazioni, sopprusi, desideri di vendetta, frustazioni.
Scritto benissimo, struggente, tremendamente attuale per ricchezza di temi (violenza sulle donne e razzismo, solo per citarne alcuni), è il tragico spaccato di una società ignorante e retrograda del Sud degli USA che vede nella violenza l'unica via per rimediare all'incapacità di cogliere e accettare i sentimenti positivi (anche dei piccoli gesti, un invito a cena o un sorso di aranciata).
Ogni personaggio, anche secondario, funzionale alla narrazione: dimostrazione di come anche nel 2018 si possa scrivere una storia di grande forza narrativa, senza effetti speciali, senza scadere nella volgarità, nei dettagli scabrosi o nei patetismi.
Recitazione sublime, in cui spicca la straordinaria performance di Frances McDormand, che delinea un personaggio femminile potente e fragile nella solitudine della sua battaglia personale, rancoroso e al tempo stesso capace di modificare atteggiamenti e convinzioni.
Da par suo, sopra le righe Sam Rockwell, a tratti al limite del caricaturale ma anche in questo caso necessario alla storia. Sono i due personaggi più tormentati, coloro che più di ogni altro necessitano di una vittima sacrificale da immolare per placare il proprio odio/dolore: inutile dire che sono facce della stessa medaglia e, non a caso, sono loro che nello splendido finale aperto si avventurano verso una personale e travagliata redenzione (forse impossibile da fare individualmente) dopo l'insieme degli avvenimenti che loro stessi hanno contribuito a causare.
Poteva essere un film di Eastwood, a metà strada tra Mystic River e Un mondo perfetto.
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greatsteven
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lunedì 16 luglio 2018
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da sola contro tutti coloro che hanno dei torti.
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TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI (USA, 2017) di MARTIN MCDONAGH. Interpretato da FRANCES MCDORMAND, WOODY HARRELSON, SAM ROCKWELL, PETER DINKLAGE, JOHN HAWKES, CALEB LANDRY JONES, LUCAS HEDGES, ABBIE CORNISH, SAMARA WEAVING, CLARKE PETERS, SANDY MARTIN, DARRELL BRITT-GIBSON, KATHRYN NEWTON, ŽELJKO IVANEK
La 60enne Mildred Hayes è ancora sconvolta, sette mesi dopo, dalla violenta morte della figlia Penelope, barbaramente stuprata e uccisa da un malvivente mai identificato, motivo per cui, quando un giorno vede sulla strada di Ebbing (Missouri) tre manifesti malconci, li affitta per svariati mesi in modo che vi vengano dipinte sopra tre frasi, una per ciascun cartellone, aizzanti all’odio per coloro che violentano e spronanti a denunciare i soprusi e le imperdonabili disattenzioni della polizia di Ebbing, rea, secondo Mildred, di trascurare i crimini autentici per perdere tempo a bastonare persone di carnagione scura e omosessuali cubani.
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TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI (USA, 2017) di MARTIN MCDONAGH. Interpretato da FRANCES MCDORMAND, WOODY HARRELSON, SAM ROCKWELL, PETER DINKLAGE, JOHN HAWKES, CALEB LANDRY JONES, LUCAS HEDGES, ABBIE CORNISH, SAMARA WEAVING, CLARKE PETERS, SANDY MARTIN, DARRELL BRITT-GIBSON, KATHRYN NEWTON, ŽELJKO IVANEK
La 60enne Mildred Hayes è ancora sconvolta, sette mesi dopo, dalla violenta morte della figlia Penelope, barbaramente stuprata e uccisa da un malvivente mai identificato, motivo per cui, quando un giorno vede sulla strada di Ebbing (Missouri) tre manifesti malconci, li affitta per svariati mesi in modo che vi vengano dipinte sopra tre frasi, una per ciascun cartellone, aizzanti all’odio per coloro che violentano e spronanti a denunciare i soprusi e le imperdonabili disattenzioni della polizia di Ebbing, rea, secondo Mildred, di trascurare i crimini autentici per perdere tempo a bastonare persone di carnagione scura e omosessuali cubani. La sua azione scatena prevedibilmente le ire delle locali forze dell’ordine, soprattutto del manesco e arrogante Jason Dixon, poliziotto che vive con la madre bigotta e razzista, più volte richiamato dal superiore, lo sceriffo William Willoughby, per i suoi metodi sanguinari. Willoughby rassicura Mildred che, malgrado non si abbiano prove né tempo sufficienti per scovare il colpevole dell’omicidio di sua figlia, le forze di polizia autoctone s’impegneranno affinché il delitto non rimanga impunito. Poco dopo lo sceriffo, gravemente ammalato di tumore e tutt’altro che propenso a passare gli ultimi mesi della sua vita in un letto d’ospedale piuttosto che accanto alla sua famiglia, lascia un biglietto alla moglie una notte e poi, infilatosi un cappuccio, si spara un colpo alla testa. La sua morte lascia sconfortati e spaventati tutti gli aventi dell’EPD, tanto che Dixon entra prepotentemente nella sede pubblicitaria in cui Mildred s’era recata per far dipingere le frasi sui manifesti e defenestra il giovane Red, cui la donna aveva pagato a tal scopo una cifra considerevole. Divorziata da anni, con un altro figlio da mantenere e l’ex marito che non la vede di buon occhio pur essendo anch’egli amareggiato per la perdita di Penelope Hayes, Mildred una mattina riceve la visita di uno sconosciuto nel suo negozio di articoli domestici, il quale ne fracassa uno e le insinua il sospetto che possa essere lui il colpevole, giacché è a conoscenza dell’accaduto. Come se non bastasse, una notte, mentre è in automobile col figlio, Mildred vede i manifesti in preda alle fiamme, e tenta con scarso successo di domare l’incendio. Sempre più arrabbiata e intollerante nei confronti degli agenti di Ebbing, la notte successiva scaglia una serie di bottiglie molotov contro la sede centrale di polizia, nel momento stesso in cui Dixon, licenziato per aver brutalmente picchiato senza una valida ragione Red, legge una lettera che gli aveva lasciato Willoughby prima di suicidarsi, in cui gli dice che crede nelle sue potenzialità professionali. Rimasto ustionato e senza lavoro, Dixon decide di mettere finalmente la testa a posto e, una sera, in un locale, sentendo lo stesso uomo introdottosi nel negozio di Mildred parlare di una violenza carnale, lo provoca e se ne esce con la faccia tumefatta dai suoi cazzotti. A quel punto, coi manifesti recuperati e resi di nuovo visibili a chiunque attraversi la strada e col capitano Abercrombie che assicura alla protagonista che l’EDP è estraneo al fatto del fuoco appiccato, Mildred stringe un’inattesa alleanza con Dixon che, assicurando di cambiare d’ora in poi comportamento, la segue mentre insieme vanno in Idaho, armati di un fucile, nel tentativo di inseguire l’uomo che, in separate sedi, hanno entrambi conosciuto e che credono essere l’assassino di Penelope. Benché sottovalutato agli Oscar (due sole statuette, ma meritatissime – McDormand e Rockwell – su sette candidature), ha ricevuto lunghi applausi dopo la proiezione al 74° Festival di Venezia, e in terra italica la critica ha avuto certamente uno sguardo più lucido ed oculato: la storia affronta numerosi temi (diversità, razzismo, ignoranza, ingiusta sottomissione del sesso femminile a quello maschile, desiderio di farsi giustizia da sé, modo d’intendere l’utilizzo della violenza, senso del dovere in varie declinazioni) approfondendoli uno per uno senza perdere di vista un particolare significato di pietà, comprensione, tolleranza, ma anche di coraggio, autostima e valorizzazione, che costituisce sia il perno cui tutto il film ruota intorno sia la morale conclusiva dello stesso, in quanto il personaggio principale è una donna che non vuole rendersi schiava degli uomini, a qualunque categoria appartengano (e qui la distinzione fra civili e pubblici ufficiali è una chiave di lettura di estrema importanza), e perciò lotta affinché tutte le donne della sua città non subiscano irragionevoli soprusi, ricorrendo tanto ai mezzi legali (la società pubblicitaria presso cui compra il trio di cartelloni da pitturare) quanto ai sistemi più virulenti (l’attacco incendiario alla centrale è un pezzo di bravura imperdibile). Dall’altro canto, gli uomini si atteggiano in svariati modi: c’è chi mantiene il suo ruolo e non smentisce i suoi ideali pur credendo che una giustizia debba essere portata a termine a qualsiasi costo (lo sceriffo William/Harrelson); chi dapprima è solo un ubriacone omofobo e spaccone che sa fare la voce grossa solo quando impugna un manganello e poi volta faccia passando dalla parte dei buoni, o meglio, pentendosi dei suoi sbagli, per dedicarsi ad adempiere la causa più opportuna (l’agente Dixon/Rockwell); chi agisce solo in apparenza da mediatore e lavoratore semplice e senza pretese, ma in realtà coltiva interessi per chiunque combatta fino allo stremo per il rispetto di diritti inalienabili (Red/Landry Jones); chi disprezza la consorte da cui s’è separato ma non la prole che con lei ha generato (Hawkes); e chi incarna finalmente lo spirito più genuino e meno opportunistico della legge (C. Peters), un tutore zelante che non spreca fiato né ore a giustificare i suoi sottoposti, ma fatica perché ognuno non si senta diverso né schiacciato dall’altro, eliminando ogni distinzione di sorta. Curando sia la regia che la sceneggiatura, McDonagh ha conquistato un posto d’onore fra i cineasti d’oltremanica (britannico con origini irlandesi) per il merito di aver saputo edificare una vicenda che lascia a bocca spalancata, induce a profonde riflessioni, non ha la pretesa di spiegare tutti i cavilli che intrica man mano che l’intreccio procede ed evita il finale consolatorio per lasciare allo spettatore uno spiraglio aperto alla speranza che i flagelli non abbiano infine la meglio sulla sanità (e santità) dei lottatori.
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samanta
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venerdì 19 gennaio 2018
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la rabbia genera rabbia
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Il film è ambientato ai giorni nostri nel Missouri stato che aveva la schiavitù ma che allo scoppio della guerra civile scese di combattere nell'Unione contro i sudisti e che mantenne la schiavitù fino al al 1865 quando venne abolita da un emendamento costituzionale. La protagonista è Mildred (Frances McDormand) madre cinquantenne separata dal marito che vive con una ragazza di 19 anni e con due figli Robbie di circa 20 anni e Angela di 16 anni che viene stuprate e uccisa, il film inizia 7 mesi dopo la morte della ragazza con la madre che affigge 3 grandi manifesti su dei cartelloni con cui invita la polizia e lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson) a fare le indagini e non limitarsi a controllare i neri, ma la sua iniziativa non viene ben vista.
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Il film è ambientato ai giorni nostri nel Missouri stato che aveva la schiavitù ma che allo scoppio della guerra civile scese di combattere nell'Unione contro i sudisti e che mantenne la schiavitù fino al al 1865 quando venne abolita da un emendamento costituzionale. La protagonista è Mildred (Frances McDormand) madre cinquantenne separata dal marito che vive con una ragazza di 19 anni e con due figli Robbie di circa 20 anni e Angela di 16 anni che viene stuprate e uccisa, il film inizia 7 mesi dopo la morte della ragazza con la madre che affigge 3 grandi manifesti su dei cartelloni con cui invita la polizia e lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson) a fare le indagini e non limitarsi a controllare i neri, ma la sua iniziativa non viene ben vista. In realtà lo sceriffo che è stimato dalla comunità ed è nella fase terminale di un tumore ha fattto quello che era nei suoi poteri per trovare il colpevole, il suo suicidio però modificherà la situazione nel senso che a causa dele lettere dal lui lasciate cambierà, anche se di poco, la vita dei protagonisti tra cui il poliziotto Dixon violento ed irresponsabile che viene cacciato dalla polizia dal nuovo sceriffo (di colore). Non sto a dilungarmi nella trama ma il film mi ha destato notevoli perplessità innanzitutto i personaggi: Mildred è una donna piena di livore e di rabbia che si sente in parte colpevole della morte perché quando fu uccisa la figlia le negò l'auto perché voleva andare al bar a ubriacarsi e disse che non le importava se veniva stuprata, piena di odio incendia la stazione di polizia proprio dopo che è venuto il nuovo sceriffo che ha cercato di mettere ordine nella polizia e riattivando le indagini su Angela. Dixon il poliziotto è una caricatura penosa, dipinto con un quoziente di intelligenza di un bambino di 6 anni violento e irresponsabile che legge in ufficio i fumetti, i poliziotti appaiono dei nulla facienti lo stesso sceriffo Willoughby pur avendo del buon senso non si capisce perché abbia ridotto in questo modo la polizia. Il contorno è di una comunità (bianca) che in base alla dittatura del politically correct viene dipinta piena di pregiudizi, di un livello culturale prossimo allo zero e che passa il tempo lavorando poco e bevendo birra. Il film è lento non salvato dall'interpretazione buona di Frances McDormand e di Woody Harrelson, è francamente noioso tant'é che sembra allo spettatore più lungo dell'ora e 45 minuti effettivi, infarcito di un turpiloquio imbarrazzante con frequenza impressionante come intercalare viene detto c***o e ogni altra parolaccia, con scambi di insulti tra madre e figli di "puttana" e "troia". suscitando le risatine di alcuni spettatori, sarebbe questa la verve comica del film?
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biso93
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domenica 21 gennaio 2018
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tre manifesti per un grande affresco
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Tre manifesti a ebbing, missouri e un film del 2017 scritto e diretto da Martin Mcdonagh, presentato al festival di Venezia e fresco vincitore di 4 Golden Globe. Mcdonagh sorprende un po tutti, soprattutto il sottoscritto. Insieme ad un amico sono andato al cinema per vedere questo film e le mie aspettative erano quelle di trovarmi di fronte ad un film simile ai precedenti del regista, humor nero, ironici, ben scritti e un po bizzarri. Con mia grande sorpresa qui Mcdonagh fa il salto di qualita'..prende una zappa la tira violentemente contro il terreno e non se la tira mai sui piedi, scrive una sceneggiatura superlativa, piena di ritmo, dialoghi taglienti e colorati di un linguaggio diretto e volgare, crea personaggi con mille sfaccettature e portati benissimo in scena dai tre attori principali, qui in gran forma.
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Tre manifesti a ebbing, missouri e un film del 2017 scritto e diretto da Martin Mcdonagh, presentato al festival di Venezia e fresco vincitore di 4 Golden Globe. Mcdonagh sorprende un po tutti, soprattutto il sottoscritto. Insieme ad un amico sono andato al cinema per vedere questo film e le mie aspettative erano quelle di trovarmi di fronte ad un film simile ai precedenti del regista, humor nero, ironici, ben scritti e un po bizzarri. Con mia grande sorpresa qui Mcdonagh fa il salto di qualita'..prende una zappa la tira violentemente contro il terreno e non se la tira mai sui piedi, scrive una sceneggiatura superlativa, piena di ritmo, dialoghi taglienti e colorati di un linguaggio diretto e volgare, crea personaggi con mille sfaccettature e portati benissimo in scena dai tre attori principali, qui in gran forma. Quindi a differenza di In Bruges e 7 psicopatici, Three billboards picchia sull'accelleratore del dramma, della violenza verbale e da un crudezza emotiva spiazzante, ben mitigata da un intelligente umorismo nero figlio in parte dei coen e di tarantino stesso (in parte). Questo film e' serio e tratta numerose tematiche sociali trasformando il piccolo paese di ebbing in un grande centro culturale, affresco di un intera societa'. La regia di Mcdonagh e' di livello per la sua capacita di stare legata ai personaggi e di nn essere mai invasiva. La marcia in piu al film la danno gli attori, Sam Rockwell, Woody Harrlenson e Francis Mcdormand ci donano performance incisve e taglienti riuscendo a trasmetterci le varie sfaccettature dei personaggi, permettendo a noi di immedesimarci nella vicenda. Certo il film non e privo di difetti, ma riesce a sorprendere e tiene molto bene il ritmo nonostante non sia un film leggero e ritmato. Gran bel film, vivamente consigliato e da nn lasciarsi scappare!!
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simoalex
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domenica 21 gennaio 2018
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tra fargo e true detective, un piccolo gioiello.
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Per tutti gli amanti del cinema dei fratelli Coen, ma anche non, non perdetevi Tre manifesti a Ebbing Missouri, diretto da Martin McDonagh. Un film nero, duro e a tratti grottesco ma anche poetico e viscerale in bilico tra misericordia e ira. Girato interamente nella provincia americana, il film porta alla luce il vero volto della nazione dove ancora oggi violenza, razzismo e omofobia nutrono i sentimenti di chi ci abita e mostra un panorama umano miserabile e dannato, un posto in cui a morire sono le speranze prima ancora delle persone. La sontuosa Frances McDormand (la poliziotta incinta di Fargo e la moglie massacrata di Missisipi burning) ha già praticamente prenotato l’oscar, affitta tre manifesti per ricordare alla polizia il caso della figlia violentata e bruciata viva, andando ad infrangere l’apatia dei poliziotti locali fino a coinvolgere l’intero paese.
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Per tutti gli amanti del cinema dei fratelli Coen, ma anche non, non perdetevi Tre manifesti a Ebbing Missouri, diretto da Martin McDonagh. Un film nero, duro e a tratti grottesco ma anche poetico e viscerale in bilico tra misericordia e ira. Girato interamente nella provincia americana, il film porta alla luce il vero volto della nazione dove ancora oggi violenza, razzismo e omofobia nutrono i sentimenti di chi ci abita e mostra un panorama umano miserabile e dannato, un posto in cui a morire sono le speranze prima ancora delle persone. La sontuosa Frances McDormand (la poliziotta incinta di Fargo e la moglie massacrata di Missisipi burning) ha già praticamente prenotato l’oscar, affitta tre manifesti per ricordare alla polizia il caso della figlia violentata e bruciata viva, andando ad infrangere l’apatia dei poliziotti locali fino a coinvolgere l’intero paese. Oscar sicuro anche per Sam Rockwell (il cattivo stupratore del miglio verde) come attore non protagonista, e alla sceneggiature originale. Un capolavoro.
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zarar
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giovedì 8 febbraio 2018
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sinfonia drammatica nell'america profonda
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Bel film sull’ America profonda di quel che crudelmente è stato definito il white trash di zone rurali e semiabbandonate del Midwest. Mildred, donna povera, rabbiosa e disperata, non tollera che le indagini sulla figlia stuprata, uccisa e bruciata segnino il passo. La sua disperazione è tanto più forte quanto più le relazioni con questa figlia adolescente ribelle sono state in passato conflittuali e un suo rifiuto di prestarle la macchina per uscire ne ha indirettamente causato la morte orribile. Di fronte al muro di impotenza e indifferenza che la fronteggia, ha un’idea: tre giganteschi manifesti che interrogano la comunità e soprattutto lo sceriffo Bill Willoughby su quanto stanno facendo per risolvere il caso.
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Bel film sull’ America profonda di quel che crudelmente è stato definito il white trash di zone rurali e semiabbandonate del Midwest. Mildred, donna povera, rabbiosa e disperata, non tollera che le indagini sulla figlia stuprata, uccisa e bruciata segnino il passo. La sua disperazione è tanto più forte quanto più le relazioni con questa figlia adolescente ribelle sono state in passato conflittuali e un suo rifiuto di prestarle la macchina per uscire ne ha indirettamente causato la morte orribile. Di fronte al muro di impotenza e indifferenza che la fronteggia, ha un’idea: tre giganteschi manifesti che interrogano la comunità e soprattutto lo sceriffo Bill Willoughby su quanto stanno facendo per risolvere il caso. Intorno a lei altri personaggi derelitti: l’apparente detentore di un potere ostile, lo sceriffo stesso, in realtà impotente quanto lei e per di più malato terminale di cancro; Jason Dixon, il poliziotto omosessuale violento per frustrazione, dominato da una madre autoritaria e cattiva; Red Welby, il ragazzo che l’aiuta a comporre i manifesti, povero Cristo interessato inizialmente solo alla pagnotta, ma poi soggiogato dall’energia selvaggia della protagonista e suo alleato; altri marginali, come l’amico nano, l’amica di colore, che la capiscono anche se lei nella sua ossessione non ha più spazio psicologico per capire nessuno. In quest’ambiente in cui persino la solidarietà si manifesta come violenza (i colleghi e gli abitanti del paese non tollerano che lo sceriffo sia attaccato, bruciano i manifesti, attaccano Red, sono ostili a Mildred) qualcosa alla fine succede, perché l’ottimismo umanistico americano non rinuncia ad offrire una via d’uscita: alla morte dello sceriffo Willoughby, un nuovo sceriffo porta un’aria nuova e l’apparentemente irrecuperabile poliziotto Dixon, a cui il vecchio sceriffo ha lasciato con una lettera un mandato di fiducia, avendo visto un’anima anche nella sua personalità deformata e violenta, si libera dal suo sé peggiore e offre a un aiuto alla protagonista. Su i due che partono insieme per nuove indagini il film si chiude, con molti punti interrogativi e un timido invito alla speranza. Questa parte finale di improbabile riscatto e miracolosa trasformazione è il punto debole del film, pur non togliendo molto alla sua qualità complessiva. La regia è ottima, con una forza e un uso sofisticato della macchina da presa alla Altmann, che dosa toni diversi e opposti con grande efficacia; la colonna sonora è tutt’uno con l’immagine e lo sviluppo drammatico; Frances McDorman è bravissima nel ruolo di Mildred, a cui presta un volto ed una gestualità di grande forza espressiva nella sua asprezza quasi autistica. Tre stelle e mezzo.
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lbavassano
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domenica 11 febbraio 2018
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grottesco e dolentemente umano
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Bello. Soprattutto nella capacità di passare dal grottesco al dolentemente umano, agli scoppi improvvisi di violenza, secondo quella che da tempo si è dimostrata la cifra stilistica più interessante del miglior cinema americano, la più adatta a rappresentare le contraddizioni degli Stati Uniti di oggi e di ieri, ma anche dell'altro ieri. Transitando da un piano all'altro senza forzature e stridori, ma sorprendendo costantemente lo spettatore. Bella la storia, con qualche eco, credo, de "La promessa" di Durrenmatt, e solidissima la sceneggiatura. Bella la fotografia, e la colonna sonora che ben asseconda l'andamento di ballata del Sud. Sempre pienamente convincente l'interpretazione di Frances McDormand, fulcro indispensabile.
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Bello. Soprattutto nella capacità di passare dal grottesco al dolentemente umano, agli scoppi improvvisi di violenza, secondo quella che da tempo si è dimostrata la cifra stilistica più interessante del miglior cinema americano, la più adatta a rappresentare le contraddizioni degli Stati Uniti di oggi e di ieri, ma anche dell'altro ieri. Transitando da un piano all'altro senza forzature e stridori, ma sorprendendo costantemente lo spettatore. Bella la storia, con qualche eco, credo, de "La promessa" di Durrenmatt, e solidissima la sceneggiatura. Bella la fotografia, e la colonna sonora che ben asseconda l'andamento di ballata del Sud. Sempre pienamente convincente l'interpretazione di Frances McDormand, fulcro indispensabile.
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