Titolo originale | Namhansanseong |
Anno | 2017 |
Genere | Storico |
Produzione | Corea del sud |
Durata | 140 minuti |
Regia di | Hwang Dong-hyuk |
Attori | Byung-Hun Lee, Kim Yun-seok, Soo Go, Jo Sin-je, Hae-il Park Hee-soon Park, Song Young-chang, Da-wit Lee, Sung-tae Heo, Pub-lae Kim, Ah-in Cho, Jin Sun-gyu, Yoo Soon-woong, Ji-il Park, Moon Chang-gil, Kim Seo-hyun, Jung-ki Kim, Ki-jun Shin, Yun Byeong-Hui, Yoon Byung-hee, Jong-ryol Choi, Seung-Hoon Choi, Seong Do-Hyeon, Han Dong-Hoon, Seong Gyu-Chan, Su-ho Ha, Chang-Hyeon Han, Dong-won Han, Shin Hee-Chul, Song Hyung-soo, Kwak Ja_hyung, Park Jae-han, Tae-min Jang, Hee-Ryeon Jeon, Hwang Jin-ho, Hwang Ju-Seop, Hyun Joong Kang, Jang-yoo Lee, Sang-hong Lee, Kim Mal-gu, Gwak Min-ho, Seol Min-Yeong, No-shik Park, Tae-San Park, Jeong Seon-Chul, Kim Seon-ho, Park Seon-Yong, Hyun-soo Song, Hong Suk-Yeon, Heo Sung-woo, Song Uk-Gyeong, Sang-tae Yeom, Do Yong-gu, Dok-Hyeon Yoo, Se-Woong Yoon, Kwak Young-Woong. |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento venerdì 23 marzo 2018
La dinastia Qing attacca il regno di Injo che decide di combattere rimanendo asserragliato nella sua città fortificata. Ma qualcuno spera in una trattativa che porti la pace.
CONSIGLIATO SÌ
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Joseon, 1636. Per sfuggire all'invasione dell'impero Ching, il re Injo si rifugia, con quel che resta del suo esercito, in una fortezza isolata nel Nord del Paese. Mentre il gelo e la fame spossano il popolo coreano, il re cerca consiglio sul da farsi: il Ministro Choi spinge per ottenere una pace dignitosa con il Khan, mentre il Ministro Kim non si arrende ai barbari invasori.
Gli ultimi anni di cinema sudcoreano hanno rivisitato ogni aspetto della storia del proprio Paese e della dinastia di Joseon.
La seconda invasione Manchu del 1636 rimane una delle pagine più tragiche per la Corea: oltre al numero di morti lasciati sul campo, l'umiliazione vissuta dal monarca Injo resta un'onta irredimibile. Come in operazioni analoghe degli ultimi anni, che hanno riscosso un notevole successo di pubblico e di critica, in particolare Masquerade, il regista Hwang Dong-hyuk (Silenced, Miss Granny) intende rivisitare una pagina di storia e riabilitare personaggi condannati dalla medesima. Nella fattispecie il Ministro Choi, tramandato ai posteri come un traditore, e interpretato da un Lee Byung-hun che lavora di sottrazione.
È evidente fin da subito come The Fortress prenda le parti di Choi e veda nel suo estremo tentativo di ricorrere alla diplomazia, rimasto tragicamente inascoltato, una mossa disperata per salvare il proprio popolo dalla disfatta. Ma Injo, a cui dà vita un'altra star come Park Hae-il, paga con un prezzo elevato la sua indecisione sulla direzione da prendere. Gli intrighi di corte, e in modo particolare le continue richieste dei funzionari reali, rivolte al monarca ma spesso riguardanti la vita dei colleghi accanto a loro, sono riprodotti con mirabile attenzione al dettaglio. Hwang preferisce rischiare di tediare lo spettatore con il ricorso a un pattern ripetuto più volte, pur di rimanere verosimile e fedele alla ricostruzione storica. Un merito, ma anche un rischio per la riuscita generale di The Fortress, che risulta fatalmente minato da un ritmo lentissimo.
Allo spettatore è richiesta una pazienza non comune, sia per la scarsità di azione - il primo scontro tra gli eserciti avviene nella seconda metà del film - che per la concentrazione necessaria per l'ascolto degli interventi a corte, che spesso celano secondi fini e abili trucchi di retorica. Difficile dire se quel che vediamo in The Fortress possa rappresentare un'allegoria del presente, che vede la Corea affiancata da una Cina in continua espansione economica, ma la suggestione fornita da alcuni cortocircuiti tra passato e presente induce a qualche sospetto in questo senso.
Nonostante un cambio di registro radicale rispetto alle opere precedenti, Hwang dimostra di sapersi muovere agevolmente nell'ambito del dramma storico in costume, specie grazie a una memorabile sequenza di apertura. Un fatto di sangue ripreso in campo lunghissimo, con un richiamo pittorico a Kurosawa Akira, che dona alla sciagura susseguente un senso di ineluttabile contrappasso per il regno di Joseon. Gelide e inquietanti le musiche, al solito pregevoli, di Ryuichi Sakamoto.
Più che un film a me sembra di aver visto un reality. Bruce Willis farebbe bene a godersi la sua lauta pensione. Ormai i suoi ultimi film sono davvero deprimenti.