camillalavazza
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giovedì 15 marzo 2018
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raffinato e profondo
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“Il filo nascosto” è un capolavoro di sottigliezza psicologica, una costruzione perfetta, curata in modo maniacale in ogni particolare, come un abito d’alta moda, ma non si limita all’apparenza di una superba confezione, arriva a scavare nella profondità di dinamiche relazionali complesse e ossessive (altro che le 50 sfumature! e senza mostrare nemmeno una scena di sesso) con assoluta credibilità, pur nell’eccezionalità di tali comportamenti.
A qualcuno la storia parrà sconcertante e, forse, ai più giovani ed inesperti della varietà delle relazioni umane, certi comportamenti potrebbero apparire risibili, qualche signora potrebbe tenere a mostrare ad alta voce di dissociarsi (siamo pur sempre in epoca post-Weinstein e sembra poco chic - non uso questo termine a caso - immedesimarsi e parteggiare per una donna - a prima vista - succube di un uomo anaffettivo fino alla crudeltà mentale).
Il film induce invece a riflettere sulla natura dei sentimenti, sul filo (eccolo qui) sottile che separa l’amore dal controllo, il gioco dalla realtà.
È lui il più forte? Non fa che affermarlo per tutto il tempo e di certo lo è, per cultura, stato sociale, denaro, consapevolezza del valore della propria arte, ma siamo ben oltre il rapporto tra il pigmalione e la sua creatura.
Non voglio svelare il colpo di scena, ma penso di non rovinare il finale evidenziando un indizio di come poi si svilupperà il loro rapporto nel momento in cui lei, “più realista del re”, va a recuperare l’abito indossato indegnamente da una riccona ubriaca, sfilandoglielo senza tante cerimonie, mentre lui, che pure avrebbe voluto farlo ma non ne ha avuto il coraggio, rimane sulla soglia. D’altronde è un uomo che scarica le proprie amanti tramite la sorella (interpretata da una magnifica Lesley Manville) ben contenta di intrattenere con lui un rapporto privilegiato, per quanto anche per lei il fratello rimanga un mistero inaccessibile.
È in seguito a questa prova assurda, sopra le righe, a questa reazione che pare spropositata (ma non lo è) che lui le dice un semplice ma preziosissimo “grazie”, per poi ricominciare a maltrattarla come prima.
Ma un segnale è stato lanciato. Lui predilige il silenzio, il suo isolamento rimane impenetrabile, tra loro prevale il non detto, ma non bisogna dimenticare che è un uomo che cuce i suoi segreti nelle fodere delle giacche, nei risvolti degli abiti, in piccole etichette che recano messaggi nascosti, destinati a rimanere tali per tutti, fuorché per colei che è capace di cogliere la sfida.
Inutile dire che solo dei grandissimi interpreti potevano rendere ogni sfumatura di personalità tanto articolate e che tutti ne sono stati pienamente all’altezza.
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rob8
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sabato 28 luglio 2018
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andamento lento e silenzi prolungati
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Un’opera acclamata dalla critica e nominata all’Oscar, dove peraltro ha raccolto solo il riconoscimento ai costumi. Un film classico, che non nasconde la sua ascendenza hitchcockiana, citando esplicitamente Rebecca. Un film formalista, nelle inquadrature come nello sviluppo narrativo; nella recitazione del primo attore come negli abiti che il suo personaggio crea; nel ridondante commento musicale come nella messa in scena curatissima.
Perché allora il regista non ci ha convinto? Perché ha conferito alla pellicola un andamento lento fino all’estenuazione e ai dialoghi silenzi prolungati, senza essere Bergman. Perché si è compiaciuto della sua maestria figurativa, senza dare vero calore ad ambienti e personaggi.
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Un’opera acclamata dalla critica e nominata all’Oscar, dove peraltro ha raccolto solo il riconoscimento ai costumi. Un film classico, che non nasconde la sua ascendenza hitchcockiana, citando esplicitamente Rebecca. Un film formalista, nelle inquadrature come nello sviluppo narrativo; nella recitazione del primo attore come negli abiti che il suo personaggio crea; nel ridondante commento musicale come nella messa in scena curatissima.
Perché allora il regista non ci ha convinto? Perché ha conferito alla pellicola un andamento lento fino all’estenuazione e ai dialoghi silenzi prolungati, senza essere Bergman. Perché si è compiaciuto della sua maestria figurativa, senza dare vero calore ad ambienti e personaggi. Perché ha ambientato la storia negli anni Cinquanta, ma nella preoccupazione di apparire troppo glamour nel rievocare i tempi d’oro dell’haute coûture, ha vanificato la collocazione storica della vicenda.
Così il motivo del diffuso apprezzamento verso il film ci è rimasto davvero nascosto.
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mariateresa
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lunedì 20 agosto 2018
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la vita ( e l'emozione) sono altrove.
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Che cos'è un capolavoro?
Un'opera formalmente perfetta? Un lavoro ineccepibile e magistralmente costruito? Per me un capolavoro è tutto ciò che mi risuona dentro e mi emoziona.
Nel caso de "Il filo nascosto", opera acclamata da molti, non solo non v'è immedesimazione possibile per lo spettatore ma nemmeno mai vibra in chi guarda un filo di umana pietas per anime così drammaticamente imprigionate in blocchi e nevrosi.
Cosa ci comunica questo film? Quale il messaggio?
Che l'amore è patologia o meglio insondabile incontro di patologie diverse? Che ogni rapporto è perfetto a modo proprio ed in modo incomprensibile ad altri ? Che scaltrezza e folle disincanto, lucidità ed ossessione sono essi stessi "rapporto"? Manipolare è forse amare? Subire è amare? Indurre è costruire?
Aver bisogno non è desiderare ed aperture e morbidezze o sono intrinseche e generosamente offerte e svelate o non sono.
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Che cos'è un capolavoro?
Un'opera formalmente perfetta? Un lavoro ineccepibile e magistralmente costruito? Per me un capolavoro è tutto ciò che mi risuona dentro e mi emoziona.
Nel caso de "Il filo nascosto", opera acclamata da molti, non solo non v'è immedesimazione possibile per lo spettatore ma nemmeno mai vibra in chi guarda un filo di umana pietas per anime così drammaticamente imprigionate in blocchi e nevrosi.
Cosa ci comunica questo film? Quale il messaggio?
Che l'amore è patologia o meglio insondabile incontro di patologie diverse? Che ogni rapporto è perfetto a modo proprio ed in modo incomprensibile ad altri ? Che scaltrezza e folle disincanto, lucidità ed ossessione sono essi stessi "rapporto"? Manipolare è forse amare? Subire è amare? Indurre è costruire?
Aver bisogno non è desiderare ed aperture e morbidezze o sono intrinseche e generosamente offerte e svelate o non sono.
Quanto può amare chi è costretto a soffrire per sentire e chi approfitta di tale devianza? E quanto, stilisticamente parlando, può essere credibile un personaggio che irrompe nella vita del protagonista come un raggio di sole, scarmigliato, irriverente e selvatico, che colpisce per innocenza e ruvida genuinità, salvifico come un balsamo e onestamente cristallino fino alla goffaggine e finisce col trasformarsi(quasi)in angelo della morte svelando un'anima più dannata e noir del con-dannato e nerissimo protagonista?
Immenso protagonista senza ombra di dubbio nella magistrale interpretazione di un inarrivabile Daniel Day-Lewis scarnificato e puro fino all'essenza. Recitazione di livelli altissimi che procede per sottrazione piuttosto che per aggiunte, mai ridondante o echeggiante, sublime nella assenza di manierismi ed artifici, che comunica col non comunicato, e che con il non detto trama allo spettatore la sua rete fitta, incalzante e captante. Interprete supremo che non fa ma è il film stesso e che resiste perfino ad un doppiaggio a tratti e forse volutamente inappropriato che rende "l'umanità " del protagonista ancora più intollerabile e fuori contesto, odiosa nel suo trattenere picchi di fiato e di vita.
Opera che si presta a svariate e molteplici letture e che comunica di volta in volta attraverso sfumature e linguaggi diversi (da vedere e da rivedere se non si resta abbattuti dalla lentezza e l'inazione esasperanti, da un respiro d'insieme claustrofobico a tratti ed a tratti volutamente mortificante e da un escamotage risolutore che non rende giustizia alla raffinatezza delle premessea) ma, forse proprio per questo, opera che resta lontana e straniante. Lo spettatore può solo guardare, non si parteggia, non si spera, non ci si auspica, non si desidera, non si brama nemmeno quell'azione che ben presto si intuisce, non arriverà mai. Si resta dal di qua; E mai ci sarà risposta all'unica domanda possibile al di là di ogni sospensione di giudizio o classificazione: chi davvero ha agito sull'altro? Chi conduce a sé?
La mia simpatia va tutta al contenuto ed imperturbabile dottore probabilmente avvezzo alle bizzarrie del bel mondo al quale solo marginalmente appartiene. È lui lo sguardo "altro" del film, è lui che con la sua schiettezza e concretezza scientifica non esita a conferire all'umile cameriera ,compagna di fatto del nevrotico stilista, quel ruolo sociale più che affettivo che per tutto il film le viene malignamente negato ma che i fatti senza ombra di dubbio sanciscono, destando con l'inaspettato appellativo stupore e malcelata stizza nell'algida e ieratica sorella del protagonista . È lui, medico normale ma non ordinario, del tutto estraneo alla vicenda narrata e ben lontano dall'essere soggiogato da fascinazioni, manie e nevrosi che piuttosto esamina, che non a caso raccoglie intime confidenze e velate allusioni della imprevedibile musa ormai sempre più dentro la storia. Storia di cui la donna condivide ormai stranezze e tensioni e su cui poggia uno sguardo sempre più morbido, giustificatorio e acritico. Donna alla fine cardine portante di quella precaria impalcatura umana e familiare che dall'esterno non è riuscita né a scalfire né a smussare. È lui che sentiamo un po' noi nel suo sguardo turbato da investigatore incuriosito ma mai sedotto e soprattutto non ancora assuefatto alle insospettabili morbosità dell'animo umano. Emblematica la scena finale ....gruppo di famiglia allargata che racconta di un "amore" a suo modo funzionante e che diventa "carne e futuro".... nota per nulla melensa ma definirei quasi inquietante nel decretare la legittimità di un equilibrio ossimoricamente fondato sul reciproco e condiviso squilibrio mentale, di una complicità malata che assurge a ruolo di rapporto solo in virtù del perturbante evento non fatale ma umanamente prodotto. Anche qui ritorna uno sguardo neutro e distante....una vaghezza di cose imperfette e stonate. La vita è altrove. La vita è altro. E noi restiamo lontani ed intatti.
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mauridal
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giovedì 29 aprile 2021
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psyco drama
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Quando la storia di un uomo , uno stilista di moda di alta classe, fissato sul lavoro, intransigente con sé e con gli altri, si intreccia con la vita di una donna più giovane ma una semplice cameriera , bella e sorridente ,soprattutto docile e acquiescente, allora le due storie diventano un film come questo , che di nascosto non ha solo il motivo dei comportamenti di Reynolds ,il grande sarto ma anche il misterioso sorriso di Alma la docile ragazza, che grazie alle sue perfette misure diventa la musa ispiratrice dei vestiti di alta moda dello stilista.
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Quando la storia di un uomo , uno stilista di moda di alta classe, fissato sul lavoro, intransigente con sé e con gli altri, si intreccia con la vita di una donna più giovane ma una semplice cameriera , bella e sorridente ,soprattutto docile e acquiescente, allora le due storie diventano un film come questo , che di nascosto non ha solo il motivo dei comportamenti di Reynolds ,il grande sarto ma anche il misterioso sorriso di Alma la docile ragazza, che grazie alle sue perfette misure diventa la musa ispiratrice dei vestiti di alta moda dello stilista. Intanto l’ambientazione è perfetta di una Londra anni Cinquanta ,nobile ,con gente agiata, signore ricche , è ben descritta nei minimi particolari , nei dettagli delle belle inquadrature , e dunque il film ha una fotografia raffinata ed elegante proprio come dovevano essere gli abiti di Reynold, e quindi il regista forse ha voluto confezionare un film alla stregua del racconto narrato, adeguando il linguaggio del film alla ricerca della perfezione formale e della bellezza ideale del protagonista. Ma interviene, la misteriosa storia dell’incontro tra i due personaggi, lo stilista e la cameriera , incontro fatale che complica il film di implicazioni Psicologiche , che solo uno specialista potrebbe analizzare , ma che qui limiterei al semplice fatto collaudato dell’artista e la sua musa , che da semplice modella diviene una creatura indispensabile per la vita sia creativa che personale dell’artista. Potrebbe la storia del film concludersi qui. Ma Anderson, insiste sui personaggi e su Reynold in particolare che grazie all’ottima interpretazione dell’attore Daniel Day Lewis, restituisce un uomo tormentato , difficile da trattare, che solo Alma e Cyril, una ambigua figura di sorella socia , donna anch’essa assai difficile, riescono a contenere. Dunque film intriso di aspetti psicologici , che spiegano il finale di abdicazione del protagonista Reynold stilista , all’amore di Alma , che sposerà con abito sontuoso .Bella interpretazione della graziosa Alma l’attrice Wicky Krieps . ( mauridal )
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carloalberto
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lunedì 5 marzo 2018
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pericolosamente
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“Pericolosamente” è un atto unico di Eduardo del 1938 in cui il protagonista della commedia spara alla moglie con una scacciacani, la moglie si spaventa e per lo scampato pericolo diventa affettuosa e mansueta, i due si riappacificano e vivono d’amore e d’accordo, a patto che l’uomo torni a spararle. Nel Il filo nascosto la situazione si capovolge, ma il meccanismo è identico. La moglie avvelena il marito con una dose di funghi, studiata per non essere letale, lui sta male, torna bambino e ritrova in lei la madre da cui farsi coccolare, i due si amano teneramente, ma a condizione che lei lo avveleni nuovamente con un altro piatto di funghi trifolati al burro.
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“Pericolosamente” è un atto unico di Eduardo del 1938 in cui il protagonista della commedia spara alla moglie con una scacciacani, la moglie si spaventa e per lo scampato pericolo diventa affettuosa e mansueta, i due si riappacificano e vivono d’amore e d’accordo, a patto che l’uomo torni a spararle. Nel Il filo nascosto la situazione si capovolge, ma il meccanismo è identico. La moglie avvelena il marito con una dose di funghi, studiata per non essere letale, lui sta male, torna bambino e ritrova in lei la madre da cui farsi coccolare, i due si amano teneramente, ma a condizione che lei lo avveleni nuovamente con un altro piatto di funghi trifolati al burro. A parte questa trovata, nemmeno originale, il film è una serie di luoghi comuni imperniata sul vecchio clichè dell’uomo anziano, ricco e famoso, che si innamora di una giovane donna di modeste condizioni. Il cast è eccellente, Daniel Day Lewis nella parte dello stilista di successo, che veste regine e contesse, scapolo impenitente afflitto da complesso edipico e Vicky Krieps nella parte della cameriera del pub dove lui fa colazione, che diventa prima modella poi amante e infine moglie-madre, ma il film si rivela piuttosto noioso e inutile. Meglio Eduardo.
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ruzzante
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mercoledì 14 marzo 2018
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tanta noia ... ma con stile
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Film ben diretto, ben recitato, buoni i dialoghi e la sceneggiatura ma ... parecchio lento, diciamoci la verità. Per come la vedo io i romanzi, i film, devono raccontarci una storia, che può essere condita bene o male, presentata bene o male, addobbata in modo più o meno ricco, ma insomma la materia prima è la storia. Puoi essere lo chef più geniale del pianeta, ma con un pezzo di salsiccia e un etto di piselli non riuscirai a creare un capolavoro.
Lo stilista eccentrico, scapolo impenitente, conosce una cameriera e la lascia entrare lentamente nella sua vita e nel suo cuore, come lei fa con lui. Ma non sembrano fatti l'uno per l'altra.
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Film ben diretto, ben recitato, buoni i dialoghi e la sceneggiatura ma ... parecchio lento, diciamoci la verità. Per come la vedo io i romanzi, i film, devono raccontarci una storia, che può essere condita bene o male, presentata bene o male, addobbata in modo più o meno ricco, ma insomma la materia prima è la storia. Puoi essere lo chef più geniale del pianeta, ma con un pezzo di salsiccia e un etto di piselli non riuscirai a creare un capolavoro.
Lo stilista eccentrico, scapolo impenitente, conosce una cameriera e la lascia entrare lentamente nella sua vita e nel suo cuore, come lei fa con lui. Ma non sembrano fatti l'uno per l'altra. Va bene, una "relazione complicata" raccontata con stile, sullo sfondo di pizzi e merletti, poca miseria e molta nobiltà ... ma c'è abbastanza materia per tirare fuori oltre due ore di riprese? Secondo me no, e la noia la fa da sovrana, infatti
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alejazz
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sabato 18 agosto 2018
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la moda inglese degli anni '50
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Film tratto dalla vera storia di uno dei principali fautori della moda inglese: Mr. Woodcock.
Egli insieme alla sorella dirige un importante atelier di Londra. Riesce a far affasciare molte donne ma lui, per rigorosa diligenza, non cede mai e pone il lavoro prima di ogni cosa.
A mio modo, risulta un film da vedere per la lunga trama che lo caratterizza, non affatto banale.
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Film tratto dalla vera storia di uno dei principali fautori della moda inglese: Mr. Woodcock.
Egli insieme alla sorella dirige un importante atelier di Londra. Riesce a far affasciare molte donne ma lui, per rigorosa diligenza, non cede mai e pone il lavoro prima di ogni cosa.
A mio modo, risulta un film da vedere per la lunga trama che lo caratterizza, non affatto banale. Le diverse battute concitanti che reggono i dialoghi mantengono il ritmo del film acceso.
Ho trovato positiva l'interpretazione del protagonista ovvero Mr. Woodcock (da parte di un poco noto Day-Lewis).
In sintesi mi sento di dire ciò.
Cosa mi è piaiuto:
- la trama
- l'attenzione per la fotografia tutta ambientata agli anni '50.
- i ruoli assunti dagli attori
Cosa non mi è piaciuto:
- ho trovato alcune scene un po' troppo scure. Nulla di che a prima analisi, ma hanno reso un po' difficile seguire con la stessa scorrevolezza alcune scene del film.
In conclusione suggerisco la scelta del film.
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giovannic
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domenica 25 novembre 2018
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phantom thread
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Dieci anni fa il volto di Day-Lewis era coperto di petrolio e la sagoma scura di Daniel Plainview si muoveva tra le linee orizzontali del deserto e quelle verticali delle trivelle. Gli staccati violenti dell’accompagnamento musicale seguivano i suoi passi lungo una regressione animalesca, verso la totale vittoria della materia sullo spirito. Alla seconda collaborazione con l’attore britannico, Anderson orchestra una sceneggiatura che porterà il protagnista a sperimentare una nuova regressione: si tratta però, questa volta, di un abbandono della materialità, della dimensione corporea, in favore del sentimento. L’aridità degli esterni del paesaggio americano si è col tempo evoluta nell’elegante sistema di interni delle Maison londinesi, un sistema che che si fonda sulle linee sinuose del corpo femminile.
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Dieci anni fa il volto di Day-Lewis era coperto di petrolio e la sagoma scura di Daniel Plainview si muoveva tra le linee orizzontali del deserto e quelle verticali delle trivelle. Gli staccati violenti dell’accompagnamento musicale seguivano i suoi passi lungo una regressione animalesca, verso la totale vittoria della materia sullo spirito. Alla seconda collaborazione con l’attore britannico, Anderson orchestra una sceneggiatura che porterà il protagnista a sperimentare una nuova regressione: si tratta però, questa volta, di un abbandono della materialità, della dimensione corporea, in favore del sentimento. L’aridità degli esterni del paesaggio americano si è col tempo evoluta nell’elegante sistema di interni delle Maison londinesi, un sistema che che si fonda sulle linee sinuose del corpo femminile. Sono le donne a popolare l’universo lavorativo di Raynolds Woodcock, sarto impeccabile e di successo, ma al contempo rappresentante di una concezione della moda che dovrà cedere il passo alle pretese “chic” della borghesia. Dedito alla sartoria fino dall’adolescenza, Raynolds è cresciuto lavorativamente al fianco della sorella Cyril e insieme condividono un’etica professionale fatta di norme ferree e sterilità affettiva. Il rapporto tra Raynolds e Cyril, durante la prima parte della pellicola, rappresenta tuttavia una falsa pista per lo spettatore: ci si illude di trovarsi di fronte ad una dinamica già incontrata in “The Master”, dove i coniugi Dodd riuscivano con cinismo ad esercitare il controllo su Freddie, il personaggio interpretato da Phoenix. Le possibilità che “Il Filo Nascosto” prosegua su questo tracciato, sono piegate dalla forza -sia sul piano della sceneggiatura che su quello dell’interpretazione- del personaggio di Alma. La donna alla quale inizialmente Raynolds si approccia con un controllo da Pigmalione, tentando di addomesticarla e inglobarla nel suo mondo di divieti, rappresenta la vera “sarta” della pellicola: è lei, in veste di narratrice, a sbrogliare la matassa di sentimenti che tormentano il protagonista, a tessere in crescendo l’intrico dei rapporti di forza all’interno della coppia. Attraverso la scrittura del personaggio di Alma, Anderson inverte quella che era stata una costante dei suoi precedenti lavori: a partire da “Sydney”, passando per “Magnolia” e “Il Petroliere”, fino al già citato “The Master”, i rapporti tra i personaggi principali ci venivano presentati in modo fortemente gerarchizzato, poco soggetti a cambiamenti nello svolgersi della trama. Alma invece, da creazione e musa, riesce a divenire per Raynolds un surrogato materno, vera artefice della sua resurrezione emozionale. Da parte sua Woodcock è privo della meschinità di Lancaster Dodd o della freddezza di Daniel Pleinview, personaggio pronto a sottostare ad un rito battesimale per puro interesse materiale: il rito di purificazione che Woodcock accetta negli ultimi minuti del film è reale e prevede una vera e propria rinuncia della fisicità, viene accolta la sofferenza della malattia per poter raggiungere la completezza dell’amore. Affrontando una tale complessità di moti interiori e relazioni tra personaggi, Anderson raggiunge forse, dal punto di vista della scrittura, l’opera più completa e misurata. Il lirismo e la giustapposizione delle scene che caratterizzavano fortemente “The Master”, vengono inglobati all’interno di una prosa narrativa dall’accuratezza sartoriale; la stasi descrittiva prevale sul dialogo, i silenzi tra i personaggi si fanno eloquenti e si rivelano spesso la forma di comunicazione più universale e intensa. Sono molte le scene che vedono Raynolds e Alma fronteggiarsi senza parlare, inquadrati insieme, frontalmente. Percepiamo lo spessore dei loro pensieri, il peso del loro silenzio, sebbene Anderson, tenendo fede ad uno dei suoi stilemi più evidenti, lasci raramente dei momenti di completo silenzio all’interno della pellicola. Alla luce di questo le composizioni di Jonny Greenwood acquisiscono se possibile ancora maggior rilevanza. Risultano essere qualcosa di più rispetto ad un semplice accompagnamento o strumento si spettacolarizzazione: la colonna sonora si fa portavoce del flusso ininterrotto di sentimenti inespressi verbalmente, diviene lo specchio delle percezioni e dei movimenti che agitano in modo costante i personaggi. Con la sintesi più pura dei mezzi espressivi cinematografici Anderson riesce a far parlare le immagini e il sonoro, aggirando la retorica verbale e narrativa.
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eugen
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sabato 29 luglio 2023
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film importante
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"Phantom Thread"(Paul Thomas Anderson,anche autore dii soggetto e screenplay, 2017)parla di un non giovanissimo stilista che negli anni 1950, a Londra, vive da solo con la sorella, immerso nel suo lavoro, dato che realizza abiti per signore e signorine della"jet society", con vari "passatempi amorosi". Conosce una giovane cameriera, che diventa ben presto sua modella e amante, ma anche , dopo un certo tempo , sua moglie. Lui e'una persona estreamente dominante, legatissima alla mermoria della madre, che conserva sempre nel cuore ma di cui conserva anche varie"relique"... La giovane moglie, con una miscela di "fugnhi velenosoi"l riduce in uno stato di malattia ma anche di subalternita', salvo poi consentrigli di "riemergere"con il suo carattere autoritario.
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"Phantom Thread"(Paul Thomas Anderson,anche autore dii soggetto e screenplay, 2017)parla di un non giovanissimo stilista che negli anni 1950, a Londra, vive da solo con la sorella, immerso nel suo lavoro, dato che realizza abiti per signore e signorine della"jet society", con vari "passatempi amorosi". Conosce una giovane cameriera, che diventa ben presto sua modella e amante, ma anche , dopo un certo tempo , sua moglie. Lui e'una persona estreamente dominante, legatissima alla mermoria della madre, che conserva sempre nel cuore ma di cui conserva anche varie"relique"... La giovane moglie, con una miscela di "fugnhi velenosoi"l riduce in uno stato di malattia ma anche di subalternita', salvo poi consentrigli di "riemergere"con il suo carattere autoritario.domiante, dando possibilita' scarse alla sua partrner di divertirsi e di "uscie fuori". Il rapporto si rivela sempre molto complesso , legato alternativamente akka prevalenza di lei o di lui, dove un tacito accordo("coompromesso")obbliga tacitamente i due a non prevalere sull'altro(a). Questo"double bind", tenuto insieme appunto dal"Phantom Thread"e'sempre , paradossalmente scompensato ma proprio in questo"scompenso"trova un suo paradossale ma non fragile equiibrio, dove la mutua "comprensione"sempre "sbilanciata e disequilibrata"garantisce che non non scoppi una cirsi negativamette connotata. Al tutto garantiscono ill successo il prtagonista Dnaiel Day-.Lewis, la protagonista Vicky Krieps, entrambi di un'intensita fortissima, anche propria nella recirporca "difficolta'di darsi", very british ma non solo, Lesley Maniville, la sorella di lui, che rappresenta il"terzo incomodo", che non e'"coppia"ne'prosecuzione in altra forma della figura matenra, assolutameente domijnante in lui, ma semmai continuazione del fiktat paterno(padre di cui non parla mai nessuno, nel film), nel sneso del comando e dell'nterdizione, "nome del padre"che non parla quasi mai e si conferma come figura apparentemente assente nel rapporto tra i due amanti e poi coniugi ma sempre presente, in realta', e sorveglaitne(Foucault docet,,,,)e comunque molto piu' "aggettante"sul rapporto tra marito e moglie di quanto non dia a vedere, UNo di queif ilm che, senza clamori e provlami, segnano la storia del cinema piu'di tante opere troppo acclamate e troppo reclamizzate. Eugen
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gabriella
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lunedì 26 febbraio 2018
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breathtaking
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Mai come in questo film il ruolo dello stilista Reynold Woodcock è stato cucito addosso a Daniel Day Lewis in modo più appropriato e perfetto, ne ricalca cioè la sua personalità, il suo stile, la sua mania di precisione e perfezione al limite e oltre l'ossessione. L'attore inglese è noto per l'immersione totale nel ruolo che interpreta, ne diviene il personaggio, lo vive, lo esalta fino all'estraniamento da sè stesso, la scelta stessa di selezionare esclusivamente copioni che lo soddisfino, con conseguenza di una filmografia limitata, ma di eccellenza, lo rende perfetto nel ruolo dello stilista di abiti esclusivi, irripetibili.
Reynold Woodcock è un disigner inglese nella Londra degli anni 50, la sua maison vanta una clientela blasonata , le star del cinema e l'alta società, dirige la casa di moda con la sorella Cyril ( unimpeccabile , gelida e controllata Leslie Manville), la quale, oltre al resto è quella che lo libera dall'amante di turno ogni qualvolta lui si stanca della relazione, lo asseconda nelle sue manie e fa in modo che nulla venga a turbare la sua concentrazione, anche il solo rumore del tintinnio di un cucchiaino da tè.
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Mai come in questo film il ruolo dello stilista Reynold Woodcock è stato cucito addosso a Daniel Day Lewis in modo più appropriato e perfetto, ne ricalca cioè la sua personalità, il suo stile, la sua mania di precisione e perfezione al limite e oltre l'ossessione. L'attore inglese è noto per l'immersione totale nel ruolo che interpreta, ne diviene il personaggio, lo vive, lo esalta fino all'estraniamento da sè stesso, la scelta stessa di selezionare esclusivamente copioni che lo soddisfino, con conseguenza di una filmografia limitata, ma di eccellenza, lo rende perfetto nel ruolo dello stilista di abiti esclusivi, irripetibili.
Reynold Woodcock è un disigner inglese nella Londra degli anni 50, la sua maison vanta una clientela blasonata , le star del cinema e l'alta società, dirige la casa di moda con la sorella Cyril ( unimpeccabile , gelida e controllata Leslie Manville), la quale, oltre al resto è quella che lo libera dall'amante di turno ogni qualvolta lui si stanca della relazione, lo asseconda nelle sue manie e fa in modo che nulla venga a turbare la sua concentrazione, anche il solo rumore del tintinnio di un cucchiaino da tè.
L'incontro con Alma ( che ha il volto fresco e spontaneo di Vicky Krieps, così lontano dalle sofisticate ricercatezze delle clienti dell'atelier),cameriera in un breakfast, segnerà una svolta inaspettata nella vita di Reynolds, malgrado il suo intento iniziale è rivolto alla ragazza allo stesso modo delle altre donne, l'ispirazione del momento, un corpo da vestire, da riempire , se lo riterrà opportuno ( la scarsità di seno di lei), fino al momento in cui tutto questo gli verrà a noia.Ma Alma dimostra da subito un carattere fermo e un profondo senso di sè stessa, disposta a concedere, ma non a barattare i suoi gusti personali o affermare di dire ciò che pensa in cambio dell'approvazione di un lui sempre più egocentrico e capriccioso, non abituato a essere contraddetto. Lei ne intuirà le sue fragilità nel tumulto delle sue esigenze, della ossessiva richiesta di non distrazione, solo profanando la sacralità del tempio di alta moda dove tutto viene eseguito con precisione chirurgica, potrà accedere alla sua inaccessibilità. Diventerà lo strappo sul vestito, la grinza sul tessuto, la sforbiciata sbieca, capirà che per ricucire il rapporto dovrà prima scucirlo,prima che la noia e la stanchezza abbiano il sopravvento, la loro unione dovrà essere intossicata per essere disintossicata e dargli di nuovo ossigeno. Gli regalerà l'incertezza, l'imprevisto, il non sapere come andrà a finire, gli permetterà di aprirsi all'amore facendo in modo che lui abbia bisogno di lei e si affidi a lei completamente, spazzando via, almeno per il momento le sue barriere emotive. E' un gioco sottile, sotterraneo,in cui le regole trovano spazi per nuovi equilibri nelle asimmetrie dei sentimenti,è una sfida di potere e seduzione, che rimane però in una sofisticata compostezza, senza mai esasperare i toni, anche se le pulsioni arrivano a bruciare sotto la pelle, lo spettatore. Il film di Paul Thomas Anderson è un autentico capolavoro, la prova sia attoriale che registica è opera di alta classe, è la firma autorevole di un artista , di un artigiano pregiato del cinema. Se Daniel Day Lewis , come annunciato, con questo film sancirà il suo ritiro dalle scene, lo farà in grande stile, anche se il cinema rimpiangerà un attore del suo livello.
Mi associo anch'io a fare il tifo per lui la notte degli oscar, credo che nonostante ci siano effettivamente degli ottimi film in gara, nessuno può tenere il passo a questo magistrale lavoro. Posso capire che alcuni film ( si è parlato ad esempio di "Tre manifesti a Ebbing Missouri) , per l'attualità del contenuto possano essere favoriti, così come capisco che certi film abbiano l'urgenza di raccontare e portare alla luce certi avvenimenti, però quando si parla di cinema e premi cinematografici, ritengo che il premio lo meriti chi ha realizzato o interpretato film che rimarranno nella storia E Il filo nascosto è sicuramente uno di questi.
N:B. Non sempre Daniel day Lewis ha avuto dei doppiatori all'altezza del compito, ma purtroppo in questo film è stata fatta la scelta meno azzeccata.
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