Titolo internazionale | Radiance |
Anno | 2017 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Giappone, Francia |
Durata | 101 minuti |
Regia di | Naomi Kawase |
Attori | Masatoshi Nagase, Noémie Nakai, Tatsuya Fuji, Ayame Misaki, Chihiro Ohtsuka Kazuko Shirakawa, Nobumitsu Ônishi, Mantarô Koichi, Saori. |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 24 maggio 2017
Misako incontra un uomo che sta perdendo la vista. Con lui scoprirà la vera essenza delle cose.
CONSIGLIATO SÌ
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Mizako deve "scrivere un film", ovvero trasporre le immagini in parole per una platea di non vedenti. Prima della stesura del testo definitivo, quindi, ne incontra periodicamente un gruppo scelto per sottoporre al loro parere i suoi scritti. Tra questi è particolarmente critico Nakamori, un fotografo che sta perdendo rapidamente la vista. Dall'iniziale scontro, tra lui e Mizako nasce un'intesa.
La vita è effimera, come un tramonto che in un attimo svanisce sotto la linea dell'orizzonte. Il protagonista del film al centro di Radiance (Hikari il titolo originale) vuole abbracciare la sua amata, perché questa gli manca già, nel momento stesso in cui la sta stringendo tra le proprie mani. Di lei non rimane che una statua di sale, spazzata dalla marea.
La perdita della vi(s)ta corrisponde a quella della vita stessa per Nakamori, un fotografo, privato improvvisamente della propria passione. Le soggettive, sfocate e quasi indistinguibili, del punto di vista di Nakamori rappresentano una lenta e inesorabile agonia. È impossibile catturare la vita, che scorre a velocità incontrollabile, e occorre rifugiarsi nella memoria, in ciò che è stato ed è stato testimoniato, da una fotografia o dal cinema. Questo sembra volerci dire Kawase Naomi in un film che prosegue la sua tendenza recente verso un gusto più popolare e appetibile. Come nel caso di Le ricette della signora Toku, il linguaggio di Radiance si serve di simboli e di sensazionalismi semplici da decifrare. Nella sceneggiatura trovano spazio frasi come "la macchina fotografica è il mio cuore", senza risultare fuori contesto, tanto il registro è chiaramente orientato su un piano di grande accessibilità.
Il triplice livello su cui si snoda la storia - ricordi personali di Mizako, il racconto incluso nel film e scritto da Mizako stessa, la relazione tra Mizako e Nakamori - accosta in maniera autoesplicativa gli agenti atmosferici e le trasformazioni emozionali dei personaggi, che mutano di pari passo con il variare della luce. È quest'ultima la vera protagonista del film, che si manifesta nel tramonto, momento in cui l'uomo è obbligato a confrontarsi con se stesso e con la propria natura, effimera al pari del sole calante. La luce è quasi un personaggio a se stante in Radiance ed è egregio il lavoro di Dodo Arata, che sfrutta illuminazione e riflessi per connotare il mutamento nell'animo dei protagonisti. Ma è troppo poco per elevare una storia altrimenti esile, in cui la componente familiare della protagonista è poco sviluppata e in cui in troppi momenti ha la meglio una melensaggine new age.
È curioso riscontrare come la stessa Kawase potrebbe far tesoro dei consigli che vengono impartiti a Mizako dal gruppo dei revisori non vedenti: non bisogna raccontare troppo né troppo poco, né riempire il tutto con didascaliche descrizioni. E soprattutto, si potrebbe aggiungere, è lecito pretendere di più da chi osserva, o ascolta.
Misako fa un lavoro particolare. Scrive e legge le descrizioni delle scene dei film per il pubblico non vedente. È un lavoro complesso, deve essere in grado di farlo con la sensibilità del non vedente, che è piuttosto diversa dalla sua, e per far questo lavora in equipe proprio con un gruppo di non vedenti. Tra questi c’è un celebre fotografo che sta via via perdendo [...] Vai alla recensione »