Diane a les épaules

Diane è incinta e ha promesso il bambino a una coppia di amici gay, Thomas e Jacques. I due le stanno addosso, pieni di gratitudine e al tempo stesso preoccupati dalla leggerezza con cui Diane affronta tanto la gravidanza quanto la vita. Rifugiatasi nella vecchia casa di campagna della sua famiglia, la ragazza decide di restaurarla con l'aiuto di Fabrizio, operaio pragmatico che cela però una spiritualità tutta orientale. Nel corso dei mesi il pancione cresce e il rapporto tra i due si estende ben al di là dei lavori in cucina, mentre Thomas e Jacques diventano sempre più apprensivi. E tutto il peso ricade sulle spalle di Diane.

C'è un quartetto di personaggi alla base di Diane a les épaules: una donna e tre uomini che, per motivi diversi, si stringono attorno a una gravidanza "di cortesia".

Diane l'ha cercata ma probabilmente non desiderata, e in questa sfumatura c'è l'intera essenza del film d'esordio di Fabien Gorgeart, il quale senza troppi proclami tratteggia un ruolo di donna ricco di spunti. La sua Diane è animata da una determinazione sfocata ("non sono molto precisa") e da un'incertezza generosa. Non la vediamo decidere di regalare un figlio a due amici, né scoprire di esserci riuscita: Gorgeart, in un film dal ritmo dolce e rilassato, riserva gli stacchi più bruschi ad alcuni momenti chiave della gravidanza, che vengono accelerati e tralasciati per concentrarsi invece sulle fasi transitorie, di attesa e di riposo, di dubbio e di scoperta.

Diane a les épaules è un controcampo intrigante della complessa situazione familiare in Private Life di Tamara Jenkins, altro film che quest'anno ha detto molto sulla maternità surrogata, senza mai farne un "tema" ma riuscendo a evocarla con tanta micro-umanità. La fisicità ingombrante di Clotilde Hesme giganteggia placida sopra le teste di tre uomini tesi che vorrebbero essere genitori più di quanto non lo voglia lei. Eppure Diane se ne sta lì, a esercitarsi in giardino nel kung fu che non è kung fu, riprendendosi il suo tempo da chi vuole rubarglielo o affrettarlo, come fanno i partner, gli amici, forse la voce di una madre al telefono, e perfino il montaggio stesso.

In quel suo essere né subalterna né in opposizione alla gravidanza, Diane è un personaggio riuscito perché curiosamente trasversale al senso stesso di maternità, elemento che di conseguenza rende libero Diane a les épaules di essere la storia compiuta di un adulto in formazione piuttosto che di un bambino in arrivo. Le spalle citate nel titolo originale sono abbastanza larghe, ma al tempo stesso (una gag fisica che ritorna spesso nel corso della storia) sono mobili e dislocabili, e quindi ostinatamente sfuggenti e imprevedibili. 