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Ultimo aggiornamento venerdì 1 dicembre 2017
CONSIGLIATO SÌ
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Rikard è autistico è gravemente deformato dalla nascita quando viene separato dalla madre. Trent'anni dopo si convince di poterla ritrovare se vince i Campionati Scandinavi di bocce. La sua fragile condizione fisica e l'ambiente ostile non distoglieranno Rikard dal tentare l'impossibile. Soprattutto con un gigante di 60 metri dalla sua parte.
Noto per i suoi cortometraggi inventivi e burleschi, Johannes Nyholm, continua a stupire con il suo primo lungometraggio presentato al Toronto International Film Festival.
The Giant è una commedia bizzarra e imprevedibile che sfugge a ogni classificazione. A metà tra realismo documentaristico e ambientazione fantasmagoria da saga fantasy, The Giant accosta ordinario e straordinario, denuncia sociale e fantasia in un commovente melodramma sulla discriminazione, sull'amore materno e la forza dei sogni. Dunque, una "commedia surrealista" come viene definita dal regista stesso che ama giocare con generi e toni.
Un certo senso di straniamento si insinua nello spettatore fin dalla prima apparizione di Rikard, presentata come figura grottesca perfettamente inserita in un reale ordinario. Sul viso deforme di Rikard che gioca a bocce si apre il film e immediatamente ripensiamo a Elephant Man. Il ragazzo dall'età indecifrabile che cammina barcollando e farfuglia parole incomprensibili è spesso oggetto di scherno e di discriminazione, ma il suo handicap non è il vero argomento del regista più interessato alla sua visione del mondo che alla percezione degli altri. È infatti attraverso l'unico occhio di Rikard che spesso vediamo la realtà, sfocata e tremolante. È attraverso il suo sguardo che vediamo immagini di sconfinati paesaggi nordici venire a interrompere l'azione, come fossero sogni a occhi aperti di Rikard. Il desiderio di libertà infine si personalizza nella visione del gigante, una versione macroscopica del ragazzo che gli fa rincontrare la madre e la felicità perduta. Tuttavia, l'intento del regista di esplorare l'inconscio di un emarginato non ha l'effetto sperato, scivolando verso una semplicistica visione della vita interiore di Rikard che rimane in fondo un personaggio piatto.
Ciò che sorprende di Nyholm è invece la combinazione di reale e fantastico, di autentico e artificiale che offre anche alla più folle delle fantasie una parvenza di verosimiglianza. Come il regista circonda l'attore principale Christian Andrén di non professionisti, così immerge la realtà nella fiaba e viceversa. Sulla dissonanza si fonda l'estetica di Nyholm.
Inoltre, The Giant è un film dalla forte connotazione svedese ma dalla musica e perfino un'etica presa in prestito allo Spaghetti Western. La convinzione di Rikard nella competizione come prova da superare perché l'ordine sia ricostituito ricorda la morale dei westerns di Sergio Leone che il regista amava vedere da bambino. D'altronde lo stesso Rikard può essere considerato come una parodia del cowboy macho che, invece di sparare colpi, lancia bocce, ma con la stessa precisione. Infine la musica è composta da Björn Olsson che secondo il regista è spesso definito l'Ennio Morricone del western svedese.
In fin dei conti tutto si tiene nel mondo fantastico. The Giant vuole essere un grande omaggio all'immaginazione "che può portarti lontano, dove niente più è rimasto", spiega Nyholm. In quella scintilla di speranza e il coraggio di andare avanti che si legge nello sguardo di Rikard, risiede la forza dell'immaginazione e, dunque, del racconto.