marcello1979
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sabato 10 dicembre 2016
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grande.. per il film e per l'età...
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Grande Film, potente, teso ..
Tutto in poco spazio, tre luoghi : un aeroporto, una macchina e un casa.. [+]
Grande Film, potente, teso ..
Tutto in poco spazio, tre luoghi : un aeroporto, una macchina e un casa..
Poche volte ho visto attori cosi' bravi interagire insieme contemporaneamente..
Ho apprezzato "Carnage".. ma questo è più potente; per il ritmo, l'aggressività, il linguaggio rude e per il lunghi silenzi..
Grande la Cotillard ma tutti bravissimi..
E questo "marziano" di un regista ..la sua prima opera eppure cosi' giovanissimo..
Applausi..
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domenico astuti
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venerdì 9 dicembre 2016
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scene di famiglia
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Sarà anche il doppiaggese che appiattisce tutto, sarà che gli attori ( tutti assai bravi ma fuori ruolo) risultano poco credibili nei loro personaggi ( Dalla mamma Nathalie Baye, una che dovrebbe essere una casalinga di una provincia sperduta, a Vincent Cassel, un omino senza importanza, con un lavoro modesto e frustrato verso il mondo intero, fino a Marion Cotillard, una casalinga sottomessa dal rude marito tutta presa dai figli e da una vita malinconica: forse la più credibile, ma salta agli occhi un’immedesimazione da attrice ), sarà per i corpo a corpo continui, e a volte gratuiti, tra i protagonisti e nei confronti del parente ritornato a casa dopo 12 anni, ma questo film ( fin troppo teatrale, lascia una genericità di luoghi, sentimenti e rapporti ) non riesce nel suo intento.
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Sarà anche il doppiaggese che appiattisce tutto, sarà che gli attori ( tutti assai bravi ma fuori ruolo) risultano poco credibili nei loro personaggi ( Dalla mamma Nathalie Baye, una che dovrebbe essere una casalinga di una provincia sperduta, a Vincent Cassel, un omino senza importanza, con un lavoro modesto e frustrato verso il mondo intero, fino a Marion Cotillard, una casalinga sottomessa dal rude marito tutta presa dai figli e da una vita malinconica: forse la più credibile, ma salta agli occhi un’immedesimazione da attrice ), sarà per i corpo a corpo continui, e a volte gratuiti, tra i protagonisti e nei confronti del parente ritornato a casa dopo 12 anni, ma questo film ( fin troppo teatrale, lascia una genericità di luoghi, sentimenti e rapporti ) non riesce nel suo intento. Cioè raccontare le incomprensioni, i piccoli e grandi drammi, di un interno familiare piccolo borghese di provincia che sembra scoppiare a ogni minuto ma che non riesce a risolvere proprio nulla. In tutto questo c’è il protagonista, malinconico di suo e per una ragione ben seria, che è venuto a comunicare una notizia ma che andrà via senza avere il coraggio e la possibilità di confessarla. Se non fosse per una regia elegante ma narcisista e distonica, uno scritto un po’ isterico che ha troppi profondi legami con la commedia canadese di Jean-Luc Lagarce, se non fosse per degli attori tutti molto glamour e carismatici ( ma sbagliatissimi ) si potrebbe definire questa storia con un termine di alcuni decenni fa: un vero polpettone. Ma in questo caso non c’è melodramma e in fondo risulta algido e poco empatico. Sembra come se lo spettatore giungesse ad ogni scena con qualche secondo di ritardo. E incredibilmente, il giovane regista canadese Xavier Dolan ( ventisette anni e all’attivo già sei film ), ha ottenuto all’ultimo Festival di Cannes, il Grand Prix Speciale della Giuria, un premio che dovrebbe essere assegnato per l’originalità o lo spirito di ricerca.
Una pura messa in scena teatrale, in cui al centro ci sono le schermaglie familiari e personali, un dramma però senza una profondità di analisi psicologica, come fosse la punta di un iceberg, o peggio si dà per scontato il back ground che ha portato a questi rapporti familiari. Un film un po’ presuntuoso, che Dolan gira come se già si sentisse un Fassbinder o un Cassavetes, tuttavia è ancora distante dal raggiungere la maturità artistica di quei due grandi registi del secolo scorso. Ma sembra che non gli sia nemmeno ben chiara la messa in scena che ha allestito, si perde nella direzione degli attori e nella complicata verbosità senza profondità e originalità, che in fondo non mostra mai una direzione narrativa.
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robert eroica
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venerdì 9 dicembre 2016
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ma non e’ la fine del cinema
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Come annunciare la propria morte ? E’ questo l’interrogativo che porta avanti “E’solo la fine del mondo” del canadese ventisettenne Xavier Dolan che ha vinto il Gran Premio della Giuria all’ultima edizione del festival di Cannes. Il protagonista Louis (Ulliel), un autore teatrale di un certo successo, appena trentaquattrenne, torna dopo un’assenza di dodici anni, nella famiglia di origine. Il gravoso compito che lo attende è quello di rendere noto a tutti il suo passo d’addio (una malattia terminale, anche se non viene svelata). Lo attendono la madre (Baye), vedova, che vive assieme alla figlia piu’ piccola e più fragile (Seydoux) perché le è mancata troppo presto la figura paterna. Tra loro, per l’occasione si trova anche il fratello più anziano (Cassel) uomo violento e ottuso con la moglie Catherine (Cotillard) di cui viene presto a galla il lato più compassionevole.
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Come annunciare la propria morte ? E’ questo l’interrogativo che porta avanti “E’solo la fine del mondo” del canadese ventisettenne Xavier Dolan che ha vinto il Gran Premio della Giuria all’ultima edizione del festival di Cannes. Il protagonista Louis (Ulliel), un autore teatrale di un certo successo, appena trentaquattrenne, torna dopo un’assenza di dodici anni, nella famiglia di origine. Il gravoso compito che lo attende è quello di rendere noto a tutti il suo passo d’addio (una malattia terminale, anche se non viene svelata). Lo attendono la madre (Baye), vedova, che vive assieme alla figlia piu’ piccola e più fragile (Seydoux) perché le è mancata troppo presto la figura paterna. Tra loro, per l’occasione si trova anche il fratello più anziano (Cassel) uomo violento e ottuso con la moglie Catherine (Cotillard) di cui viene presto a galla il lato più compassionevole. Poche ore nel corso di una domenica qualunque, tra una portata e l’altra, in cui emergono antichi conflitti e vacue speranze di un futuro diverso. Come andrà a finire ? A guardare lo smarrimento ipnotico del protagonista lo si intuisce da subito, ma il punto debole di un film da camera come questo non è tanto nell’inadeguatezza di alcuni interpreti (Ulliel in primis ma anche il grezzo Vincent Cassel, abbonato ai ruoli di figlio di buona donna, è davvero pessimo) quanto nella struttura portante, nel testo teatrale d’origine. Una delle tante variazioni sugli “dei del massacro” (come recita il titolo di un’altra piece da cui Polanski trasse il sopravvalutatissimo “Carnage”) ma senza estro, senza slanci, pieno di battute a vanvera, senza echi interni, e una letterarietà che neanche nel Miller più bolso. Dolan si adegua facilmente alla materia, si accontenta di inserire un personaggio gay in un ambiente ostile (tanto perché i critici mangino la foglia della politica degli autori), piazza un paio di videoclip girati anche maluccio e guarda senza sforzi il risultato finale. Et Voila’ conquista i giurati. Che, senza ritegno, non si devono essere fatti orrore neanche davanti alla pesantissima metafora del passerotto, che fugge dalla pendola a muro.
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dibella
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venerdì 9 dicembre 2016
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sparerà la pistola?
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«se nel primo capitolo di un racconto compare una pistola bisogna che, prima o poi, la pistola spari» Anton Čechov
Nel primo atto di È solo la fine del mondo (film di Xavier Dolan tratto dall’omonima piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce) compare una dichiarazione d’intento da parte del protagonista: annunciare alla propria famiglia la propria fine.
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«se nel primo capitolo di un racconto compare una pistola bisogna che, prima o poi, la pistola spari» Anton Čechov
Nel primo atto di È solo la fine del mondo (film di Xavier Dolan tratto dall’omonima piéce teatrale di Jean-Luc Lagarce) compare una dichiarazione d’intento da parte del protagonista: annunciare alla propria famiglia la propria fine. Sparerà la pistola?
Louis sta morendo e dopo dodici anni di assenza ha deciso di fare ritorno verso tutto ciò che aveva abbandonato; ad attenderlo madre, sorella, fratello e cognata: intimi sconosciuti.
Un intenso contrasto sostiene l’opera ultima del regista canadese e i suoi personaggi, quello tra la consapevolezza psicologica di essere una famiglia e il dovere pratico di doverlo dimostrare (agli altri e a se stessi). I tempi teatrali della vita devono però essere rispettati prima che il cucù suoni, e così Louis -sensibile drammaturgo omosessuale- sta cercando di sincronizzare il momento perfetto per motivare la propria dissonante presenza. Dolan (ri)costruisce i rapporti familiari attraverso incontri-scontri che danno vita a flussi impetuosi di infelici (ma vive) esistenze e che si esauriscono lungo il tempo di una canna-sigaretta.
L’impostazione teatrale del film, lenta e possente, esplode all’improvviso in potenti sequenze cinematograficamente pure: i ricordi di Louis o il suo perdersi nei più minuti e poetici dettagli di quel mondo che sta solo per finire. Nell’impossibilità di capire e di dire, quando l’eccesso sfrenato di parole ed emozioni porta all’afasia, tutti sembrano aver capito e recitato in tempo la propria parte.
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boffese
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venerdì 9 dicembre 2016
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dolan e' la fine del mondo
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Dolan , arista ormai affermato anche in Italia , dopo il bellissimo Mommy e il fantastico" ripescato Lawrence Anyways , esce nei nostri cinema con E' solo la fine del mondo , ultimo vincitore del Gran Prix a Cannes.
La storia per la prima volta non nasce da un soggetto del talento canadese , ma viene da un pièce teatrale di Lagarce,poi risceneggiata dallo stesso regista.
Un adattamento molto difficile da portare in sala , ma grazie anche ad un cast sopra le righe , riesce a far emozionare lo spettatore dal primo all ultimo minuto.
La storia e' di quelle gia' viste e sentite , alcuni le chiamano " Home Coming", cioe' piu' semplicemente un ritorno a casa dopo anni . Poi pero' quello che tocca Dolan ,non puo' essere semplicemente una storia come le altre, il ragazzo del Quebec, quello che filma diventa oro.
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Dolan , arista ormai affermato anche in Italia , dopo il bellissimo Mommy e il fantastico" ripescato Lawrence Anyways , esce nei nostri cinema con E' solo la fine del mondo , ultimo vincitore del Gran Prix a Cannes.
La storia per la prima volta non nasce da un soggetto del talento canadese , ma viene da un pièce teatrale di Lagarce,poi risceneggiata dallo stesso regista.
Un adattamento molto difficile da portare in sala , ma grazie anche ad un cast sopra le righe , riesce a far emozionare lo spettatore dal primo all ultimo minuto.
La storia e' di quelle gia' viste e sentite , alcuni le chiamano " Home Coming", cioe' piu' semplicemente un ritorno a casa dopo anni . Poi pero' quello che tocca Dolan ,non puo' essere semplicemente una storia come le altre, il ragazzo del Quebec, quello che filma diventa oro. La sua capacita' di catturare le emozioni degli sguardi e'fenomenale, nonostante il film e' colmo d'isterismi , quello che piu' colpisce allo stomaco sono gli sguardi e i silenzi assordanti di Louis , interpretato dal bravissimo e sconosciuto ai piu', Gaspard Ulliel.
Il film e' meno elegante e stilistico di Lawrence Anyways e meno magnetico e coraggioso di Mommy , ma ha una sua anima forte , che colpisce lo spettatore con un pugno forte allo stomaco per tutti i 95 minuti .
Xavier Dolan non sbaglia un colpo e dai suoi 6 film finora girati , viene fuori un lato artistico che pochissimi hanno , un saper emozionare grazie a stacchi musicali , slow motion e una regia originale che non perde neanche un piccolo particolare per far emozionare.
Siamo di fronte ad uno dei pochi contemporanei che potra' scrivere il suo nome tra i grandi del cinema mondiale.
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boffese
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venerdì 9 dicembre 2016
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dolan e' la fine del mondo
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Dolan , arista ormai affermato anche in Italia , dopo il bellissimo Mommy e il fantastico" ripescato Lawrence Anyways , esce nei nostri cinema con E' solo la fine del mondo , ultimo vincitore del Gran Prix a Cannes.
La storia per la prima volta non nasce da un soggetto del talento canadese , ma viene da un pièce teatrale di Lagarce,poi risceneggiata dallo stesso regista.
Un adattamento molto difficile da portare in sala , ma grazie anche ad un cast sopra le righe , riesce a far emozionare lo spettatore dal primo all ultimo minuto.
La storia e' di quelle gia' viste e sentite , alcuni le chiamano " Home Coming", cioe' piu' semplicemente un ritorno a casa dopo anni . Poi pero' quello che tocca Dolan ,non puo' essere semplicemente una storia come le altre, il ragazzo del Quebec, quello che filma diventa oro.
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Dolan , arista ormai affermato anche in Italia , dopo il bellissimo Mommy e il fantastico" ripescato Lawrence Anyways , esce nei nostri cinema con E' solo la fine del mondo , ultimo vincitore del Gran Prix a Cannes.
La storia per la prima volta non nasce da un soggetto del talento canadese , ma viene da un pièce teatrale di Lagarce,poi risceneggiata dallo stesso regista.
Un adattamento molto difficile da portare in sala , ma grazie anche ad un cast sopra le righe , riesce a far emozionare lo spettatore dal primo all ultimo minuto.
La storia e' di quelle gia' viste e sentite , alcuni le chiamano " Home Coming", cioe' piu' semplicemente un ritorno a casa dopo anni . Poi pero' quello che tocca Dolan ,non puo' essere semplicemente una storia come le altre, il ragazzo del Quebec, quello che filma diventa oro. La sua capacita' di catturare le emozioni degli sguardi e'fenomenale, nonostante il film e' colmo d'isterismi , quello che piu' colpisce allo stomaco sono gli sguardi e i silenzi assordanti di Louis , interpretato dal bravissimo e sconosciuto ai piu', Gaspard Ulliel.
Il film e' meno elegante e stilistico di Lawrence Anyways e meno magnetico e coraggioso di Mommy , ma ha una sua anima forte , che colpisce lo spettatore con un pugno forte allo stomaco per tutti i 95 minuti .
Xavier Dolan non sbaglia un colpo e dai suoi 6 film finora girati , viene fuori un lato artistico che pochissimi hanno , un saper emozionare grazie a stacchi musicali , slow motion e una regia originale che non perde neanche un piccolo particolare per far emozionare.
Siamo di fronte ad uno dei pochi contemporanei che potra' scrivere il suo nome tra i grandi del cinema mondiale.
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goldy
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venerdì 9 dicembre 2016
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ribadisce
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Dolan si conferma come regista assertore di abitare un mondo privo di senso. Già in Mom aveva dichiarato che si vive in un mondo privo di speranza pieno di gente che spera. Qui ribadisce il suo convincimento restringendo il concetto di disperazione all'interno dei membri di una famiglia. Se ne escde raggelati e anche provati dalle urla insopportabili di persone che parlano e non ascolta mai. Appunto gent senza speranza.
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howlingfantod
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giovedì 8 dicembre 2016
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trattenere, tacere...vedere
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Se qualcuno non conosce il cinema di Dolan e le tematiche fortemente drammatiche che affronta nei suoi film e magari dopo dieci minuti o meno se ne volesse uscire dalla sala, perché il film è lento, senza costrutto, il suggerimento sarebbe quello di soffermarsi unicamente sulle interpretazioni degli attori difficili da poter classificare distintamente e quindi da oscar collettivo, dalla madre Natalie Baye, alla bellissima Léa Seydoux, al tenebroso e sempre duro ed insensibile Vincent Cassell (ma poi si capisce che non è così) all’eterea di lui moglie Marion Cotillard fino al protagonista principale, il meno conosciuto ma anche lui bravissimo Gaspard Ulliel, che interpreta il ruolo del fratello omosessuale che se ne è andato dodici anni prima in città per fuggire dal mondo evidentemente angusto familiare e dedicarsi alla sua vocazione artistica.
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Se qualcuno non conosce il cinema di Dolan e le tematiche fortemente drammatiche che affronta nei suoi film e magari dopo dieci minuti o meno se ne volesse uscire dalla sala, perché il film è lento, senza costrutto, il suggerimento sarebbe quello di soffermarsi unicamente sulle interpretazioni degli attori difficili da poter classificare distintamente e quindi da oscar collettivo, dalla madre Natalie Baye, alla bellissima Léa Seydoux, al tenebroso e sempre duro ed insensibile Vincent Cassell (ma poi si capisce che non è così) all’eterea di lui moglie Marion Cotillard fino al protagonista principale, il meno conosciuto ma anche lui bravissimo Gaspard Ulliel, che interpreta il ruolo del fratello omosessuale che se ne è andato dodici anni prima in città per fuggire dal mondo evidentemente angusto familiare e dedicarsi alla sua vocazione artistica. Lo scopo del ritorno per un pranzo in famiglia dovrebbe essere secondo le sue intenzioni quella di annunciare la sua imminente morte, ma da subito la tensione inesplosa, i rancori le recriminazioni fra di loro e da parte soprattutto del fratello maggiore Antoine (Vincent Cassell) per il suo essere mancato in tutti quegli anni, le domande della sorella minore Suzanne (Léa Seydoux) che non ha potuto veder crescere, tendono come in un marchingegno perfetto ad aumentare progressivamente la tensione ed il livello emotivo. A questo punto chi non è già fuggito dalla sala per i motivi di cui sopra dovrebbe essere rimasto incantato dalle superbe interpretazioni, dai primi piani ossessivi, drammatici ed estenuanti in un chiaroscuro che rende una fotografia come nei quadri di scuola fiamminga del seicento, sempre girati in interni oppressivi, come oppressiva è del resto tutta la storia dall’inizio alla fine. Eppure tutto questo a livello cinematografico è trattato con la maestria di un autore ormai maturo e che riesce ad avere un controllo totale sul mezzo espressivo, trattenendo, (le emozioni e per gran parte la rabbia) togliendo (ogni vano orpello retorico che avrebbe potuto far scadere il tutto in un melodramma), tacendo, come taciuta è alla fine la notizia devastante che doveva essere il motivo del ritorno a casa di Louis. Solo Catherine (Marion Cotillard) moglie di Antoine, per una sua sensibilità particolare sembra aver intuito il vero motivo di quella visita, ma tace, come tutte le più grandi verità forse devono essere taciute. Una grande lezione di cinema.
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mattia li puma
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giovedì 8 dicembre 2016
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silenzi, sguardi e rimpianti
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Xavier Dolan torna al cinema con un film dal titolo apparentemente preoccupante e catastrofico; prima che inizi il film si potrebbe pensare,leggendo il titolo, a chissà quale tragedia, ma non ci sono morti, non ci sono disastri naturali, non ci sono battaglie nè guerre, c'è il nucleo sociale più semplice dell'umanità: la famiglia.
Il giovane Dolan, con la sua bravura dietro la macchian da presa, inquadra una famiglia di basso rango e bastano solo pochi sguardi perchè gli spettatori capiscano quanta rabbia e sofferenza ci sia dietro ogni membro della famiglia ognuno con un dolore, ognuno con un rimpianto: dalla figlia (Suzanne) alla madre (Martine) rimasta vedova ,fino al fratello maggiore(Antoine) che potrebbe sembrare quello forte, insensibile e duro.
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Xavier Dolan torna al cinema con un film dal titolo apparentemente preoccupante e catastrofico; prima che inizi il film si potrebbe pensare,leggendo il titolo, a chissà quale tragedia, ma non ci sono morti, non ci sono disastri naturali, non ci sono battaglie nè guerre, c'è il nucleo sociale più semplice dell'umanità: la famiglia.
Il giovane Dolan, con la sua bravura dietro la macchian da presa, inquadra una famiglia di basso rango e bastano solo pochi sguardi perchè gli spettatori capiscano quanta rabbia e sofferenza ci sia dietro ogni membro della famiglia ognuno con un dolore, ognuno con un rimpianto: dalla figlia (Suzanne) alla madre (Martine) rimasta vedova ,fino al fratello maggiore(Antoine) che potrebbe sembrare quello forte, insensibile e duro.
Louis il figlio che tutti "ammirano" se ne è andato ed è tornato a casa dopo dodici anni.
Tutti sono felici, si preparano a riceverlo e a festeggiare questo giorno, fino a quando Louis non annuncia la fine della sua "inaspettata" visita.
Alla domanda dei familiari "Perchè sei tornato?" Louis non risponde, tutti pendono dalle sue labbra, da qualsiasi suono potrebbe uscire per capire di più della sua vita.
Tra momenti d'ansia, malinconia, e brevi attimi di apparente gioia si assiste, in un gioco fatto di non detti e silenzi, che valgono più di mille parole, alla distruzione di un mondo interiore costernato dal rapido fluire del tempo e dai profondi rimpianti.
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francesco2
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mercoledì 23 novembre 2016
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cos'è la tecnica?
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Nella vera "tecnica", secondo me, le scene madri esistono ove strettamente necessarie, e mi pare che in questo film ce ne siano troppe, insieme a personaggi non sempre
irresistibili (Il fratello, per esempio). Permettimi queste osservazioni, anche se le pochissime righe che hai scritto mi paiono decisamente belle e sentite.
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