enzo70
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domenica 18 dicembre 2016
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alla fine della proiezione, spettatori delusi
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Dolan, uno dei più promettenti registi sulla scena internazionale, porta sul grande schermo un’opera teatrale ad atto unico di Jean-Luc Lagarce. Louis è un giovane artista di successo che non torna a casa da 12 anni; ma la morte incombe ed allora Louis deve tornare a casa per comunicare alla famiglia che la prossima lontananza sarà quella definitiva. La madre, la sorella, il fratello e la cognata lo attendono con ansia ed affetto, ma questi due sentimenti verranno sovrapposti, generando una continua conflittualità. Il film di Dolan utilizza lo strumento del dialogo monodirezionale, in cui, sostanzialmente, la famiglia comunica a Louis un disagio profondo, con toni diversi a seconda delle caratteristiche caratteriali del componente famigliare.
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Dolan, uno dei più promettenti registi sulla scena internazionale, porta sul grande schermo un’opera teatrale ad atto unico di Jean-Luc Lagarce. Louis è un giovane artista di successo che non torna a casa da 12 anni; ma la morte incombe ed allora Louis deve tornare a casa per comunicare alla famiglia che la prossima lontananza sarà quella definitiva. La madre, la sorella, il fratello e la cognata lo attendono con ansia ed affetto, ma questi due sentimenti verranno sovrapposti, generando una continua conflittualità. Il film di Dolan utilizza lo strumento del dialogo monodirezionale, in cui, sostanzialmente, la famiglia comunica a Louis un disagio profondo, con toni diversi a seconda delle caratteristiche caratteriali del componente famigliare. Louis diventa prima una sorta di spugna che assorbe le emozioni dei parenti, ma l’incapacità di mettere ordine nei diversi segnali che gli arrivano dalla famiglia non gli consentiranno di confessare la vera ragione del suo arrivo. Il regista cerca di mantenere l’impianto originale dell’opera teatrale, dando ampio spazio ai silenzi ed agli sguardi; ma il risultato, a mio avviso, è deludente, in quanto al film manca una valenza narrativa. A mio avviso, ho detto, ma devo registrare che alla fine dello spettacolo, e si trattava di una sala di un cinema che propone solo pellicole d’autore, quindi con una platea attrezzata, ho sentito vari, boh, chissà, mah. E probabilmente il giudizio più sincero è quello degli spettatori.
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monitore film
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sabato 17 dicembre 2016
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uno dei peggiori film dell'anno
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Film stucchevole e immaturo dal punto di vista narrativo e registico, che oscilla tra dialoghi fiume senza direzione e improvvise accensioni visive in stile videoclip. Grandi gli attori ma spaesati in personaggi poco credibili (tranne Cassel in un ruolo interessante) o inesistenti. Il protagonista è, poi, un non personaggio con il quale non ci si identifica, non ci si emoziona, ma ci si annoia in abbondanza. Perfino i drammatici conflitti esistenziali scomodati in questo film lasciano indifferenti. Bello l'aspetto tecnico, sia sonoro che fotografico, ma non basta a sopportare la noia. Gran premio al festival di Cannes.
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maumauroma
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sabato 17 dicembre 2016
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e'solo la fine del mondo
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Louis, giovane e affermato drammaturgo decide di tornare dopo dodici anni a trovare i suoi parenti, per rivelare loro di essere gravemente malato e di avere ormai poco tempo da vivere e anche per cercare di appianare vecchie incomprensioni che lo avevano spinto un tempo a lasciare la sua famiglia. Ma, una volta varcato l' uscio della casa familiare, si trovera' davanti la rappresentazione di quella tragedia che non avrebbe mai voluto o potuto scrivere. I personaggi sono una madre epidermicamente superficiale di carattere, avvizzita da un tempo parodisticamente esaltato da un trucco fuori ruolo, che non ha mai voluto o potuto capire, un fratello maggiore corroso dall'invidia per il successo di Louis, divorato da mille frustrazioni, in conflitto contro tutto e contro tutti,, una sorella minore in perenne crisi esistenziale, una cognata debole, inerme e rassegnata.
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Louis, giovane e affermato drammaturgo decide di tornare dopo dodici anni a trovare i suoi parenti, per rivelare loro di essere gravemente malato e di avere ormai poco tempo da vivere e anche per cercare di appianare vecchie incomprensioni che lo avevano spinto un tempo a lasciare la sua famiglia. Ma, una volta varcato l' uscio della casa familiare, si trovera' davanti la rappresentazione di quella tragedia che non avrebbe mai voluto o potuto scrivere. I personaggi sono una madre epidermicamente superficiale di carattere, avvizzita da un tempo parodisticamente esaltato da un trucco fuori ruolo, che non ha mai voluto o potuto capire, un fratello maggiore corroso dall'invidia per il successo di Louis, divorato da mille frustrazioni, in conflitto contro tutto e contro tutti,, una sorella minore in perenne crisi esistenziale, una cognata debole, inerme e rassegnata. Un groviglio di rancori, di angosce, di sensi di colpa smerigliati nella violenza dei sentimenti . Luis tentera' con ognuno di loro un approccio verso una speranza di dialogo, ma finira' per fungere soltanto da catalizzatore negativo, accentuando addirittura quelle laceranti, terribili e soffocanti incomprensioni. Decidera' di uscire da quella casa senza aver nemmeno potuto accennare alla sua malattia, ma scegliera' di morire in liberta' piuttosto che consumare la propria esistenza dentro quella famiglia diventata un nido di serpenti . Quest'ultima opera di Xavier Dolan appare esremamente cupa e disperata, quasi senza speranza. Il concetto di famiglia ne esce drammaticamente frantumato. La struttura del film e' prettamente teatrale, e l'utilizzo continuo di stupendi giochi di luce che scolpiscono i primi piani dei protagonisti conferma la maestria del giovane regista canadese. Anche se tale maestria, a volte, rischia di sconfinare nel mero esercizio di stile. Bravi tutti gli attori, anche se la Cotillard sembra a volte un po' fuori ruolo. Ottima la scelta delle musiche
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emanuele 1968
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sabato 17 dicembre 2016
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miserie famigliari
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Troppi primi piani, film buio, teso.
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francesco2
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venerdì 16 dicembre 2016
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dolan pretenzioso
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Premetto: prima di "Mommy", fche mi ha colpito molto, sconoscevo
il cinema di Dolan. Ma uno dei motivi per cui il film succitato funzionava
cosi bene era l'imprevedibilità delle parti in "tragedia": per chi non lo abbia
visto, mi limito a sootolineare come, costruttivamente, si (con?)fondessero
amicizia, maternità e (forse) "sorellanza".
In quest'opera, invece, i ruoli appaiono codificati almeno in due casi:
se il personaggio della nipote appare più interessante, la madre è una
signora di mezz'età tipica del cinema francese, al contempo provocatoria
e protettiva, ed il fratello un invidioso incompreso, il cui (non) rapporto
col protagonista, tra l'altro, viene "analizzato "troppo spesso tramite delle
scene madri, a volte fastidiose.
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Premetto: prima di "Mommy", fche mi ha colpito molto, sconoscevo
il cinema di Dolan. Ma uno dei motivi per cui il film succitato funzionava
cosi bene era l'imprevedibilità delle parti in "tragedia": per chi non lo abbia
visto, mi limito a sootolineare come, costruttivamente, si (con?)fondessero
amicizia, maternità e (forse) "sorellanza".
In quest'opera, invece, i ruoli appaiono codificati almeno in due casi:
se il personaggio della nipote appare più interessante, la madre è una
signora di mezz'età tipica del cinema francese, al contempo provocatoria
e protettiva, ed il fratello un invidioso incompreso, il cui (non) rapporto
col protagonista, tra l'altro, viene "analizzato "troppo spesso tramite delle
scene madri, a volte fastidiose.
Eppure, è proprio nella (ri)definizione di questo nucleo familiare che
questo film trova il primo momento di interesse: Louis dovrebbe svolgere
un ruolo latente presso il proprio nucleo familiare, forse quello di un padre,
forse -più semplicemente- quello di "assente ingiustificato": il tempo, del
resto, è un elemento-chiave nel film, come ben esemplifica la scena in assoluto
migliore -a giudizio di chi scrive: le lancette di un grosso orologio da parete, ed il loro
incedere dolce ma, allo stesso tempo, inesorabile. Per il protagonista è qualcosa "da
guadagnare", per i due fratelli qualcosa che è già stato perso, e bisogna ri-guadagnare
in una ri-scoperta di qualcuno che era scomparso. Un'altra differenza sostanziale con
"Mommy", che invece rappresentava un cinema di scoperta - nelle relazioni sociali, nella
definizione di "sessualità," ecc. Solo la madre, ripeto, ha un approccio apparentemente
diverso: forse non è possibile riscoprire qualcuno che si conosce profondamente come
un figlio, tuttavia nella sua assenza di isterirmi, appare come sottratta allo scorrere
del tempo stesso. Una figura eterea, al pari forse di Louis con cui sembra avere una
complicità particolare. E la storia -solo quella del film?- termina sinuosamente, come
faceva sperare anche l'inizio, prima di annoiarci- parzialmente- con le urla di Antoine ed i
dialoghi pretenziosi.
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stefano capasso
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giovedì 15 dicembre 2016
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il dolore degli incompresi
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Louis è un giovane drammaturgo che ha raggiunto il successo lontano da casa, dove non torna da 12 anni. Sta morendo e per questa ragione ha deciso di tornare a trovare la sua famiglia, coltivando un vago sentimento di riscatto.
Ma l’incontro si rivelerà più complesso del previsto; la famiglia, ricomposta per l’occasione, torna ad essere il luogo di antichi e irrisolti conflitti, dove regna assoluta l’incapacità comunicare.
Xavier Dolan affronta il tema familiare focalizzando l’attenzione sui sentimenti di incomprensione e di inadeguatezza che caratterizzano tutti i personaggi. E per rendere partecipe lo spettatore, letteralmente lo molesta usando il linguaggio dell’esasperazione, lasciandolo costantemente senza riferimenti e confuso, incapace di comprendere come i personaggi sullo schermo.
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Louis è un giovane drammaturgo che ha raggiunto il successo lontano da casa, dove non torna da 12 anni. Sta morendo e per questa ragione ha deciso di tornare a trovare la sua famiglia, coltivando un vago sentimento di riscatto.
Ma l’incontro si rivelerà più complesso del previsto; la famiglia, ricomposta per l’occasione, torna ad essere il luogo di antichi e irrisolti conflitti, dove regna assoluta l’incapacità comunicare.
Xavier Dolan affronta il tema familiare focalizzando l’attenzione sui sentimenti di incomprensione e di inadeguatezza che caratterizzano tutti i personaggi. E per rendere partecipe lo spettatore, letteralmente lo molesta usando il linguaggio dell’esasperazione, lasciandolo costantemente senza riferimenti e confuso, incapace di comprendere come i personaggi sullo schermo.
Sembra che anche il regista, al pari dei suoi protagonisti, voglia manifestare la sua necessità di destare l’attenzione sul suo lavoro, su di se; usa tutti i mezzi a disposizione per farlo raggiungendo una potenza espressiva che spesso è solo formale e fuori luogo.
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pascale marie
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giovedì 15 dicembre 2016
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magnifico xavier dolan
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E' solo la fine del mondo l'ho trovato intenso, bellissimo e i personaggi stupendi. Straordinario Louis: il suo sguardo, occhi persi e intensi e il suo silenzio che dice di più di ogni parola. L'uscita da casa di spalle, una porta che si chiude senza sbattere, in silenzio. Xavier Dolan è come sempre magnifico. Bravissimo. Assolutamente da vedere.
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pascale marie
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giovedì 15 dicembre 2016
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magnifico xavier dolan
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E' solo la fine del mondo l'ho trovato intenso, bellissimo e i personaggi stupendi. Straordinario Louis: il suo sguardo, occhi persi e intensi e il suo silenzio che dice di più di ogni parola. L'uscita da casa di spalle, una porta che si chiude senza sbattere, in silenzio. Xavier Dolan è come sempre magnifico. Bravissimo. Assolutamente da vedere.
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pascale marie
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giovedì 15 dicembre 2016
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magnifico xavier dolan
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E' solo la fine del mondo l'ho trovato intenso, bellissimo e i personaggi stupendi. Straordinario Louis: il suo sguardo, occhi persi e intensi e il suo silenzio che dice di più di ogni parola. L'uscita da casa di spalle, una porta che si chiude senza sbattere, in silenzio. Xavier Dolan è come sempre magnifico. Bravissimo. Assolutamente da vedere.
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fabiofeli
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lunedì 12 dicembre 2016
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"quanto tempo? ..."
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Louis (Gaspard Ulliel), scrittore affermato di drammi teatrali torna nella provincia del Quebec, dopo una assenza di 12 anni, per annunciare ai familiari che ha i giorni contati. I suoi si meravigliano per quel ritorno e lo pressano per conoscere il motivo della interruzione della sua assenza da casa; hanno ricevuto da lui solo cartoline per auguri di compleanno. La risposta è in un sorriso enigmatico o in due-tre parole che non dicono niente, come gli rimprovera la madre (Nathalie Baye); neanche la sorella minore Suzanne (Léa Seydoux), lasciata bambina e ritrovata donna, né il fratello maggiore Antoine (Vincent Cassel) comprendono il motivo della visita. Solo la cognata Catherine (Marion Cotillard) sembra intuire qualcosa: gli rivolge una domanda diretta – “Quanto tempo? …” –, ma la risposta resta sospesa.
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Louis (Gaspard Ulliel), scrittore affermato di drammi teatrali torna nella provincia del Quebec, dopo una assenza di 12 anni, per annunciare ai familiari che ha i giorni contati. I suoi si meravigliano per quel ritorno e lo pressano per conoscere il motivo della interruzione della sua assenza da casa; hanno ricevuto da lui solo cartoline per auguri di compleanno. La risposta è in un sorriso enigmatico o in due-tre parole che non dicono niente, come gli rimprovera la madre (Nathalie Baye); neanche la sorella minore Suzanne (Léa Seydoux), lasciata bambina e ritrovata donna, né il fratello maggiore Antoine (Vincent Cassel) comprendono il motivo della visita. Solo la cognata Catherine (Marion Cotillard) sembra intuire qualcosa: gli rivolge una domanda diretta – “Quanto tempo? …” –, ma la risposta resta sospesa. Emergono tutti i conflitti familiari: le insofferenze, i rancori, le frustrazioni del fratello maggiore schiacciato dalla personalità brillante del minore e della sorella più piccola scarsamente considerata. E il momento dell’annuncio sembra non arrivare mai nella situazione giusta per la rivelazione …
Dolan accende e fa esplodere come mortaretti gli scontri familiari punteggiati da ricorrenti esclamazioni volgari per rafforzare il proprio punto di vista; stringe la camera su primi e primissimi piani dirigendo nella baraonda con la solita notevole efficacia attori navigati come Cassel e la Cotillard, ma anche la bravissima Seydoux, a suo tempo protagonista de La vita di Adele di Kechiche, Palma d’oro 2013 a Cannes; interrompe le sequenze di campi e controcampi inventando movimenti di macchina avvolgenti che fanno perdonare un superfluo “ralenti” che dovrebbe precedere la rivelazione: è forse l’unica scivolata che invece di accrescere la tensione, sfilaccia l’azione. Con questa pellicola, che ha un impianto teatrale ed è girato quasi tutto in interni, Dolan ha colto il gran premio della Giuria a Cannes 2016, confermando il valore del suo grande talento dopo Tom à la ferme e Mommy; la storia scorre liscia: trama, dialoghi, montaggio e fotografia – compresa quella dei paesaggi canadesi “sporcati” dalla ripresa dall’interno dell’auto nel giro dei due fratelli in cerca di sigarette – producono un film da non perdere.
Valutazione *** e ½
FabioFeli
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