Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Italia, Francia |
Durata | 102 minuti |
Regia di | Alessandro Comodin |
Attori | Sabrina Seyvecou, Erikas Sizonovas, Luca Bernardi, Carlo Rigoni, Marco Giordana Paolo Viano, Marinella Cichello. |
MYmonetro | 3,29 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 6 giugno 2016
Tommaso e Arturo scappano nel bosco, la vita sembra andare meglio ma si muore sempre quando meno uno se l'aspetta.
CONSIGLIATO SÌ
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Tempo di guerra. Tommaso e Arturo fuggono nella boscaglia, elettrizzati dall'idea stessa della libertà riconquistata. La loro è un'immersione totale nella natura, con tanto di ritorno primordiale alla caccia e del recupero di un fucile da un cadavere abbandonato. Quel fucile però colpirà il bersaglio sbagliato, e la corsa di libertà avrà un tragico epilogo.
Tempo presente. Ariane, figlia di Dino, vive una quotidianità contadina all'interno della piccola comunità che la conosce da sempre. Ma anche Ariane ha un desiderio di fuga, e anche lei si addentrerà nei boschi, pur sapendo di andare incontro al pericolo di incontrare il lupo.
Le due epoche, e i due eventi, sono legati da un filo invisibile che ha poco a che fare con la razionalità e molto con le pulsioni vitali che animano le creature terrestri, siano esse uomini o fiere.
I tempi felici verranno presto è una favola surreale che parte da un attaccamento molto concreto alla terra, al fango, agli alberi, all'acqua, al cuore pulsante della fauna terrestre in tutte le sue forme. La cinepresa di Alessandro Comodin, che oltre che regista e sceneggiatore è operatore e montatore, e il cui lungometraggio precedente, L'estate di Giacomo, mostrava già una capacità singolare di filmare la comunione profonda fra uomo e natura, entra nel verde e nel fango, fende la boscaglia, si inerpica a doso di mulo, si infila in buche che potrebbero essere trappole ma anche porte di accesso verso un mondo diverso (interiore?), come avviene in un'altra favola iniziatica, Alice nel Paese delle Meraviglie.
Con un'aderenza partecipe e sensuale che ricorda quella di Nelle terre estreme (rievocato anche dalla grafica della locandina del film) e attraverso una serie di espedienti cinematografici, come il piano sequenza o il formato filmico alternato, Comodin ci immerge in un mondo arcaico di poche parole e molte immagini popolato di fantasmi non meno concreti delle persone vive, e di persone che attraversano la propria vita come fantasmi. Il mistero che avvolge la narrazione (e che confonderà anche lo spettatore) nasce dal rapporto fra l'essere umano e una natura che esercita un richiamo ancestrale e che esige per sé le sue vittime sacrificali. Comodin ci invita ad immergerci nel cuore della foresta e dello stagno senza troppo pensare, senza cercare di capire tutto ciò che accade, perché ciò che accade spesso non ha una spiegazione razionale ma è frutto di pulsioni che non sappiamo (e spesso non vogliamo) sopprimere.
Film ancora immaturo, i sentimenti e le sensazioni vanno legate da un nesso che porti ad una riflessione conclusiva altrimenti si perdono nel nulla della confusione. Lo spettatore ha bisogno di essere condotto e non solo provocato. Le riprese instabili e con luci e p. di bianco errate. Lo stile narrativo inesistente si capisce il senso solo alla fine.