mlolli
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lunedì 30 novembre 2015
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agghiacciante
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Davvero non riesco a credere ai commenti entusiastici e positivi, vedere questo film agghiacciante per me è stata una vera e propria tortura, non ho lasciato il cinema solo per rispetto verso la compagnia. Il film è poco credibile: è ovvio che il regista di finanza non sa nulla e non s'è neanche impegnato a studiarne l'ABC. Adora il concetto di "squali della finanza" ma non sa a cosa si riferisce. Da ciò ne derivano situazioni surreali che rendono la trama debole e poco credibile (per esempio il lavoro del protagonista nella realtà non esiste - le aziende in crisi pagano per ristrutturare ma nessuno ne vuole la proprietà, riunioni aziendali ridicole e improbabili, aziende che chiudono stabilimenti in 3 giorni dopo la morte dei proprietario etc.
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Davvero non riesco a credere ai commenti entusiastici e positivi, vedere questo film agghiacciante per me è stata una vera e propria tortura, non ho lasciato il cinema solo per rispetto verso la compagnia. Il film è poco credibile: è ovvio che il regista di finanza non sa nulla e non s'è neanche impegnato a studiarne l'ABC. Adora il concetto di "squali della finanza" ma non sa a cosa si riferisce. Da ciò ne derivano situazioni surreali che rendono la trama debole e poco credibile (per esempio il lavoro del protagonista nella realtà non esiste - le aziende in crisi pagano per ristrutturare ma nessuno ne vuole la proprietà, riunioni aziendali ridicole e improbabili, aziende che chiudono stabilimenti in 3 giorni dopo la morte dei proprietario etc. etc..). La costruzione della trama è lacunosa, molte cose che dovrebbero essere dialogate bisogna intenderle da lunghissime scene al rallentatore con musica "ispirata". le scene sono spesso lentissime da fare venire il latte alle ginocchia. I dialoghi tra il protagonista e la ragazza israeliana sono inconcludenti e lentisssssimi. Alcune battute intuisco che dovrebbero essere comiche da un paio di risate in sala, ma ricordano battute di anziani provinciali che sentivo nei bar negli anni '80. La recitazione di Mastrandrea è goffa e insicura (ma non credo sia colpa sua). Scene cult: A) quando l'elicottero atterra in mezzo alla festa per dare la notizia dell'incidente tutti gli invitati circodano l'elicottero e saltano su e giù come imbecilli per un quarto d'ora!! (ma il regista è mai stato ad una festa? Ha visto cose simili?) B) la scena finale con gli skateboard - un quarto d'ora in slow motion con musica "cool" che equivale a iniettare 1KG di piombo fuso nelle vostre ginocchia. Un film costruito e confezionate male con poca cura e poco lavoro da parte di un regista provinciale che non ha molto da dire.
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(di bizantino73)
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flyanto
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venerdì 4 dicembre 2015
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dalla crisi alla ricerca della propria felicità
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Sarebbe facile poter mollare tutto e rifarsi un'esistenza secondo i propri principi morali e desideri, abolendo anche ogni compromesso ma, purtroppo, nella vita reale ciò non è sempre possibile, quando affatto realizzabile, soprattutto nel campo del lavoro.
Ed è così che, invece, si comporta il personaggio del film "La Felicità è un Sistema Complesso" , interpretato da Valerio Mastrandrea, il quale è un giovane ed abile uomo assunto al servizio di importanti aziende al fine di indurre al licenziamento i dirigenti poco operativi. Molto stimato nel proprio ambiente lavorativo, il suddetto uomo, pur non approvando completamente i meccanismi e le azioni dei suoi capi ed, in generale, di tutto un sistema produttivo quanto mai spietato e menefreghista e teso solo al successo ed al fatturato, egli però riesce a "convivere" con tutto ciò ed a mantenere un certo agiato status sociale.
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Sarebbe facile poter mollare tutto e rifarsi un'esistenza secondo i propri principi morali e desideri, abolendo anche ogni compromesso ma, purtroppo, nella vita reale ciò non è sempre possibile, quando affatto realizzabile, soprattutto nel campo del lavoro.
Ed è così che, invece, si comporta il personaggio del film "La Felicità è un Sistema Complesso" , interpretato da Valerio Mastrandrea, il quale è un giovane ed abile uomo assunto al servizio di importanti aziende al fine di indurre al licenziamento i dirigenti poco operativi. Molto stimato nel proprio ambiente lavorativo, il suddetto uomo, pur non approvando completamente i meccanismi e le azioni dei suoi capi ed, in generale, di tutto un sistema produttivo quanto mai spietato e menefreghista e teso solo al successo ed al fatturato, egli però riesce a "convivere" con tutto ciò ed a mantenere un certo agiato status sociale. L'arrivo di una ragazza israeliana nella propria casa e la conoscenza con due ragazzi giovani, figli di una coppia di imprenditori morti improvvisamente in un incidente stradale, gli farà cambiare piano piano e radicalmente la visone d'insieme della propria esistenza e delle proprie personali aspirazioni.
La trama in sè, avrebbe degli spunti e delle considerazioni alquanto interessanti, ma la vicenda, così come si evolve e come, soprattutto, si conclude in realtà fa precipitare parecchio il film in quanto poco realistico e molto, appunto, idealista. Si è tutti d'accordo che il mondo dell'imprenditoria, soprattutto ad altissimi livelli, sia quanto mai spietato e crudele e pertanto noncurante del destino di quei lavoratori che, senza alcuna pietà saranno licenziati improvvisamente, ma, a mio parere, tutto ha un limite e nel caso specifico non credo affatto che in tempi di profonda crisi economica una situazione si risolva con soluzioni così drastiche e, a dir poco, idealiste sul piano pratico, come, invece, qui proposte.
Per quanto gli attori protagonisti, da Valerio Mastrandrea. a Giuseppe Battiston, per citarne solo due, ecc., risultino tutti bravi ed efficaci nella resa dei propri personaggi, essi però, non riescono affatto a risollevare le sorti di questa pellicola che via via assume dei connotati sempre più poco plausibili risultando così, nel suo complesso, quanto mai deludente e con un messaggio anche un poco fuorviante.
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zarar
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martedì 8 dicembre 2015
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troppi colori mal fusi fanno un grigio continuo
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Un unico, interminabile sbadiglio per questo film pretenzioso e improbabile, con pochissimi momenti di grazia. La favoletta di base è semplicistica ma - tutto sommato – non priva di una certa tensione e capace di creare aspettative: un complice dei predatori dell’alta finanza ha fatto una professione dell’eliminazione di dirigenti d’azienda incapaci e/o sull’orlo del fallimento così da consegnare le aziende ancora recuperabili in mano a pescecani dell’industria spregiudicati e spietati che sanno – loro sì – far funzionare l’economia. Vendica in questo modo la profonda frustrazione di avere avuto un padre fallito e irresponsabile come i personaggi di cui si sbarazza.
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Un unico, interminabile sbadiglio per questo film pretenzioso e improbabile, con pochissimi momenti di grazia. La favoletta di base è semplicistica ma - tutto sommato – non priva di una certa tensione e capace di creare aspettative: un complice dei predatori dell’alta finanza ha fatto una professione dell’eliminazione di dirigenti d’azienda incapaci e/o sull’orlo del fallimento così da consegnare le aziende ancora recuperabili in mano a pescecani dell’industria spregiudicati e spietati che sanno – loro sì – far funzionare l’economia. Vendica in questo modo la profonda frustrazione di avere avuto un padre fallito e irresponsabile come i personaggi di cui si sbarazza. Senonchè comincia ad avere dei dubbi su quel che fa, lo tormentano gli scrupoli di una coscienza via via sempre più infelice. Una spinta in più gliela dà una ‘fatina turchina’ di turno, una ragazza sbandata ma piena di una sua saggezza del cuore capitatagli tra capo e collo. Infine si arriva ad un momento chiave, in cui la crisi esploderà: chiamato ad ‘affogare’ more solito due ricchi e giovanissimi orfani eredi di una grande azienda, due ragazzi autentici e ‘puri’, su cui immediatamente si sono lanciati i soliti avvoltoi, comincerà a fare stranezze, fino a maturare un rifiuto del suo ruolo e a mandare all’aria le trame dei predatori: non si sa se si salveranno, i ragazzi e lui, ma usciranno insieme da un tunnel (metaforicamente e nell’immagine filmica) verso una realtà nebbiosa, ma comunque liberatoria. Il protagonista potrà così recuperare in modo positivo il ruolo paterno e buttare alle ortiche una perversa scelta professionale che non ha più ragione di essere. Le ambizioni del regista sono grandi e possono essere riassunte nella pretesa di tradurre in un film simbolicamente dissociato tra reale e surreale, tra commedia e dramma, tra diversi modi espressivi e diversi ritmi (lentissimo/velocissimo), tra immagine e invadente colonna sonora, la dissociazione interiore del personaggio principale, fino ad una ricomposizione finale che dovrebbe ricostruire l’unità della coscienza sua e dello spettatore partecipe . Sfortunatamente non ci riesce. L’azione filmica non è ‘simbolicamente dissociata’, è solo rovinosamente e noiosamente disarticolata e implausibile, lenta e verbosa. Gli attori sono deboli (Mastandrea per la maggior parte del film sembra non sapere bene che parte recitare, raggiungendo il suo peggio quando – nel registro ‘commedia’ - imita Verdone e persino arieggia un certo Troisi; la fatina turchina, mal diretta, ha due espressioni in tutto e più che straniera sembra balbuziente (che differenza dalla Yaron de “La sposa promessa”!), gli orfani sono misticamente inespressivi; i caratteri secondari fin troppo espressivi, macchiettistici…) Come tutte le opere mal riuscite, è troppo piena di troppe cose: proliferazione di temi e storie intrecciate, piccole e grandi sperimentazioni tecniche, contaminazioni di genere, citazioni, simbologie a gogo, ecc. ecc., il tutto mal cucito insieme. Per sfondo e argomento il film richiama alla memoria “Il capitale umano” di Virzì; ma – come si suol dire – non c’è confronto. Una scena almeno merita una citazione: quella del protagonista che – ignaro di essere già licenziato, si vede troncare sul più bello quella che dovrebbe essere la scena madre delle sue dimissioni: un piccolo pezzo di bravura registica
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joecondor
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mercoledì 25 novembre 2015
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straordinario mastandrea...assolutamente da vedere
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Una gran bella storia...film molto piacevole,spiazzante come giusto che sia leggero ma che assume le sembianze di una bella poesia grazie alle musiche straordinarie...che accompagnano i toni del film.Si ride ,non si ride,si è spiazzati e qui Zanassi fà centro.Non dico altro ma andatelo a vedere con Suburra 2 grandi bei film.Aggiungo una grande sceneggiatura e Valerio Mastandrea ,grandissimo attore che in questa interpretazione ci regala un'altro personaggio da ricordare Enrico Giusti.....assolutamente da premiare con David o Nastro d'Argento...contornato anche da Battiston più marginale ma bravo e Hadas Yaron,bravissima figura femminile.
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gianleo67
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venerdì 8 aprile 2016
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torta di noi o...pasticcio di lui?
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Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) è il factotum di un ufficio legale incaricato di facilitare la vendita di aziende importanti sull'orlo del crac finaziario da parte di imprenditori tanto svogliati quanto inadeguati . Il suo proverbiale cinismo però viene messo in seria crisi quando deve convincere i due giovani orfani di una coppia di facoltosi industriali a cedere le loro quote di maggioranza a vantaggio di una cordata internazionale capeggiata da un zio scaltro e opportunista. A peggiorare le cose ci si mette la stralunata e instabile fidanzata israeliana che il fratello gli molla nel salotto di casa.
Fare il copia-incolla del cinema grottesco e irriverente alla Paul Thomas Anderson (Punch-Drunk Love - 2002) piuttosto che riprodurre in chiave nostrana lo spaesamento dell'uomo contemporaneo di fronte alle scelte etiche al tempo della globalizzazione (Up in the Air - 2009 - Jason Reitman), non era sicuramente il compitino facile facile che ti aspetteresti per una commedia tutta italiana che cerca di sfuggire alla prevedibilità un pò oziosa di quattro amici in crisi attorno ad un tavolo che va per la maggiore di questi tempi.
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Enrico Giusti (Valerio Mastandrea) è il factotum di un ufficio legale incaricato di facilitare la vendita di aziende importanti sull'orlo del crac finaziario da parte di imprenditori tanto svogliati quanto inadeguati . Il suo proverbiale cinismo però viene messo in seria crisi quando deve convincere i due giovani orfani di una coppia di facoltosi industriali a cedere le loro quote di maggioranza a vantaggio di una cordata internazionale capeggiata da un zio scaltro e opportunista. A peggiorare le cose ci si mette la stralunata e instabile fidanzata israeliana che il fratello gli molla nel salotto di casa.
Fare il copia-incolla del cinema grottesco e irriverente alla Paul Thomas Anderson (Punch-Drunk Love - 2002) piuttosto che riprodurre in chiave nostrana lo spaesamento dell'uomo contemporaneo di fronte alle scelte etiche al tempo della globalizzazione (Up in the Air - 2009 - Jason Reitman), non era sicuramente il compitino facile facile che ti aspetteresti per una commedia tutta italiana che cerca di sfuggire alla prevedibilità un pò oziosa di quattro amici in crisi attorno ad un tavolo che va per la maggiore di questi tempi. La scommessa di Zanasi autore e sceneggiatore quindi, appare sin da subito irta degli ostacoli e delle trappole che la messa a dimora di idee tanto estroverse potevano comportare in termini di originalità del racconto e tenuta del registro, quest'ultimo sempre in bilico tra gli slanci del sarcasmo e le difficili riflessioni della parabola morale. Va da sè che l'operazione è perfettamente riuscita ma il paziente è immancabilmente morto, se è vero che tutto sembra gravare sulle spalle di un volenteroso Valerio Mastandrea costretto in un personaggio che tra un terminal e l'altro, tra una festa e l'altra e tra un briefing e l'altro sorvola sulle brutture etiche dell'industria 2.0 e delle scalate finaziarie dei saldi di fine stagione con la naturalezza di chi è dotato di un'arte di convincimento di cui restano perennemente oscure le reali virtù e le profonde motivazioni legate ad una tara familiare di consanguinei che sembrano darsela a gambe levate alle prime difficoltà.
Film dal registro comico fuori sincrono e continuamente indeciso sulla strada da intraprendere, il film di Zanasi è una singolare sommatoria di difetti cinematografici che vanno dall'inconsistenza di una trama pretestuosa e improbabile all'insopportabile bozzettismo dei personaggi (primum inter pares un laccatissimo e affettato Giuseppe Battiston) fino a rasentare il ridicolo di una paternale sulle virtù sociali di una responsabilità industriale in capo a giovani rampolli inebetiti dagli studi di filosofia, dalle torte di Nonna Papera e dalle nutrite compagnie di fankazzisti dediti alla filosofia del trekking e dello skateboarding senza pensieri al suono di musichette da videoclip che hanno rotto gli zebedei (troppe zeta e troppe k possona fare veramente male!). Non si salva nemmeno la inevitabile sottotrama sentimentale col tocco esotico di una protagonista femminile dal nome impronunciabile e dal dolcissimo accento anglofono (una graziosa Hadas Yaron), che condivide lo spaesamento etico e la fuga dal tormentato ambiente familiare con un ospite solitario e introverso che sta messo peggio di lei. Unica scena degna di nota quella in cui un istrionico e sornione Mastandrea intona una divertente e orecchiabile 'Torta di noi' sotto l'effetto di una manifesta incoscienza etilica. Se la felicità è un sistema complesso, figuriamoci il cinema; quest'ultimo però, basta farselo scrivere dai professionisti del mestiere. Due candidature ai David di Donatello: a Giuseppe Battiston come Migliore attore non protagonista ed a Torta di noi come Migliore canzone originale. Avrebbe detto il buon Peppino De Filippo: "...e ho detto tutto". Finanziamenti pubblici a catinelle; come dire piove sempre sul bagnato!
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alex2044
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martedì 1 dicembre 2015
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zanasi mastandrea che accoppiata !
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Il titolo è bellissimo ed il film non tradisce le premesse . Gianni Zanasi si conferma regista di razza e con l'aiuto importante di un Valerio Mastandrea sempre più bravo confeziona un film intelligente ,ironico , spiritoso ma anche profondo . Dimostrando ai retori di turno che si può fare critica sociale senza cadere nel piagnisteo banale con concetti quali : come è cattivo il mondo oppure come fa schifo questa società . Riuscendo anzi ad essere più accattivanti narrando i fatti anche i più dolorosi con il sorriso sulle labbra e senza per questo rinunciare alla denuncia anche dura delle esagerazioni insite nel sistema in cui viviamo .
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Il titolo è bellissimo ed il film non tradisce le premesse . Gianni Zanasi si conferma regista di razza e con l'aiuto importante di un Valerio Mastandrea sempre più bravo confeziona un film intelligente ,ironico , spiritoso ma anche profondo . Dimostrando ai retori di turno che si può fare critica sociale senza cadere nel piagnisteo banale con concetti quali : come è cattivo il mondo oppure come fa schifo questa società . Riuscendo anzi ad essere più accattivanti narrando i fatti anche i più dolorosi con il sorriso sulle labbra e senza per questo rinunciare alla denuncia anche dura delle esagerazioni insite nel sistema in cui viviamo . Il cinismo è bandito ed anzi è additato come uno dei peggiori atteggiamenti dell'animo umano . Detto della interpretazione capolavoro di Mastandrea si può aggiungere che gli altri attori anche i più periferici sono all'altezza della situazione . Con una menzione particolare per Giuseppe Battiston , una spalla perfetta e non solo , e la conferma della bravura di Hadas Yaron , tenera e sensibile , per la quale non penso ci si sbagli a prefigurare un futuro luminoso . Insomma Gianni Zanasi ha fatto di nuovo centro . Un'ottima notizia, la sua riconferma , per il cinema italiano.
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nanni
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giovedì 3 dicembre 2015
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la felicità è un sistema complesso
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Un giovanissimo rampollo borghese si ritroverà, suo malgrado, alla testa dell'importante gruppo multinazionale di famiglia.
In quello stesso mondo vive e lavora Enrico Giusti (Valerio Mastrandrea)che nel tentativo di espiare le colpe del genitore vivrà un altro se stesso.
Sullo sfondo, il fratello di Enrico Giusti e la sua ex fidanzata sono rappresentativi delle giovani, spaesate confuse, fragili, generazioni che o tentano di suicidarsi o, nella migliore delle ipotesi, si danno alla fuga.
Tutto il film ruota intorno all'idea precisa che non sono gli uomini a fare la Storia ma è la Storia che, invece, utilizzandoli realizza i suoi scopi.
A partire da quel presupposto il film ha la pretesa, riuscendoci, di indagare le contraddizioni insanabili che nascono dall'incrocio di quel piano con quello personale, intimo e privato della vita di tutti i giorni.
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Un giovanissimo rampollo borghese si ritroverà, suo malgrado, alla testa dell'importante gruppo multinazionale di famiglia.
In quello stesso mondo vive e lavora Enrico Giusti (Valerio Mastrandrea)che nel tentativo di espiare le colpe del genitore vivrà un altro se stesso.
Sullo sfondo, il fratello di Enrico Giusti e la sua ex fidanzata sono rappresentativi delle giovani, spaesate confuse, fragili, generazioni che o tentano di suicidarsi o, nella migliore delle ipotesi, si danno alla fuga.
Tutto il film ruota intorno all'idea precisa che non sono gli uomini a fare la Storia ma è la Storia che, invece, utilizzandoli realizza i suoi scopi.
A partire da quel presupposto il film ha la pretesa, riuscendoci, di indagare le contraddizioni insanabili che nascono dall'incrocio di quel piano con quello personale, intimo e privato della vita di tutti i giorni.
Si può essere persone perbene, capaci di prendersi cura degli altri mentre allo stesso tempo si è attori incolpevoli del massacro sociale planetario?
L'importante, centrale e oramai ineludibile riflessione di Zanasi si rivela anche fortemente contraddittoria (la cosa non ci preoccupa anzi ha il merito di arricchire il dibattito)perchè mentre prova a fare , definitivamente, il funerale a quel soggettivismo rivoluzionario novenetesco che, oggi possiamo dire, tanti danni ha fatto, allo stesso tempo, come portatore di un'offerta politica largamente assimilabile a quella della decrescita felice, volente o nolente lo riesuma.
Le scene del ballo alla stazione ed, ancor di più, quella di Enrico che, finalmente , dorme a terra sono rivelatrici di quell'offerta politica.
Il film, bello, che tenta per la prima volta di sciogliere gli equivoci intorno a queste difficili problematiche, con un Mastrandrea in grande forma, soave e "quasi" mattatore è da vedere!!
Ciao Nanni
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giulia
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mercoledì 25 novembre 2015
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la felicità da una prospettiva capovolta
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Ho visto il nuovo film di Gianni Zanasi in anteprima al 33TFF. Il film è una divertente commedia esistenziale che affronta temi importanti della vita con sorriso e leggerezza. Enrico Giusti, interpretato da un Mastandrea strepitoso, è un personaggio opaco nella vita privata e brillante nel suo lavoro. E' il classico "tagliatore di teste" ma il suo lavoro è molto di più: nel licenziare manager incompetenti e sempre più spesso figli di papà (ritratto della nostra classe dirigente), Enrico affronta, a suo modo, una lotta generazionale contro un padre-dirigente in bancarotta, fuggito dalle proprie responsabilità in Canada. Sulla delusione scaturita da questo drammatico evento e sul conseguente vuoto esistenziale, Enrico oppone la sua vita da uomo responsabile, uomo sicuro di sè, a cui le mani non sudano mai per insicurezza e paura.
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Ho visto il nuovo film di Gianni Zanasi in anteprima al 33TFF. Il film è una divertente commedia esistenziale che affronta temi importanti della vita con sorriso e leggerezza. Enrico Giusti, interpretato da un Mastandrea strepitoso, è un personaggio opaco nella vita privata e brillante nel suo lavoro. E' il classico "tagliatore di teste" ma il suo lavoro è molto di più: nel licenziare manager incompetenti e sempre più spesso figli di papà (ritratto della nostra classe dirigente), Enrico affronta, a suo modo, una lotta generazionale contro un padre-dirigente in bancarotta, fuggito dalle proprie responsabilità in Canada. Sulla delusione scaturita da questo drammatico evento e sul conseguente vuoto esistenziale, Enrico oppone la sua vita da uomo responsabile, uomo sicuro di sè, a cui le mani non sudano mai per insicurezza e paura. Ma la prospettiva con cui guardare seriamente la vita si capovolge con l'incontro di due ragazzini, incarnazione probabile di un'ideale classe dirigente futura, e grazie ad una giovane donna, dotata di una femminilità differente. Una persona autentica come anche lui riscoprirà di essere. "La felicità è un sistema complesso" si basa sulla storia di personaggi strampalati e teneri, impersonati da un coro di attori efficaci che, tra ironia e inadeguatezza, ci dimostrano che gli eventi drammatici possono certamente capovolgere la nostra vita, ma che la felicità si può trovare anche guardando da questa prospettiva capovolta, molto spesso complessa da capire, proprio come la felicità. Film assolutamente da vedere!
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enrico danelli
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mercoledì 15 giugno 2016
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le grandi fughe. desolante.
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Il filo conduttore di questo film è la fuga davanti alle responsabilità che il destino ci impone: il padre di Enrico, il fratello di Enrico, i vari imprenditori che Enrico convince a "mollare", il giovane Bertini (nella droga) e alla fine anche Enrico stesso (dimissioni) e Achrinoam (se ne va senza neppure salutare), i due personaggi positivi del film, tutti prima o poi fuggono. Quello che è più grave non si resce a capire neppure verso cosa fuggano, ma solo da cosa fuggono Gli unici a non fuggire sono alcune macchiette troppo ottuse per avere qualche moto di ribellione (lo zio e il vecchio Bertini) e i due fratelli Lievi, troppo giovani per capire veramente la situazione (alla fine comunque anche Filippo Lievi capisce che la delocalizzazione (idealisticamente da lui osteggiata) è una buona ineluttabile scelta, già voluta e preparata dai genitori).
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Il filo conduttore di questo film è la fuga davanti alle responsabilità che il destino ci impone: il padre di Enrico, il fratello di Enrico, i vari imprenditori che Enrico convince a "mollare", il giovane Bertini (nella droga) e alla fine anche Enrico stesso (dimissioni) e Achrinoam (se ne va senza neppure salutare), i due personaggi positivi del film, tutti prima o poi fuggono. Quello che è più grave non si resce a capire neppure verso cosa fuggano, ma solo da cosa fuggono Gli unici a non fuggire sono alcune macchiette troppo ottuse per avere qualche moto di ribellione (lo zio e il vecchio Bertini) e i due fratelli Lievi, troppo giovani per capire veramente la situazione (alla fine comunque anche Filippo Lievi capisce che la delocalizzazione (idealisticamente da lui osteggiata) è una buona ineluttabile scelta, già voluta e preparata dai genitori). Film veramente attuale e realistico a tratti (la classe dirigente per elezione ereditaria in questo paese nel 50% dei casi rovina quelo che di buono hanno fatto i genitori), con buoni elementi tematici in evidenza (il rapporto umano anche negli affari è fondamentale) purtroppo rovinato da alcune lungaggini e scene insulse (la levitazione dei corpi di Enrico e Achrinoam (Zanasi ha voluto scopiazzare Youth di Sorrentino ?) che senso avrebbe in questo contesto ?), così da apparire scompaginato e pretenzioso, più che problematico e analitico.
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sandra76
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lunedì 30 novembre 2015
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regia e attori in stato di grazia..da non perdere!
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Il nuovo film di Gianni Zanasi è di quelli da non perdere, un film vivo e vibrante, leggero ed emozionante, un film in cui si ride si piange in un flusso continuo di immagini, musica e improvvise deviazioni.
L'ironia di Non pensarci qui esplode e diventa un'emozione sottile che resta dentro a lungo.
Zanasi ama i suoi attori e li porta il più possibile verso una naturalezza che nel cinema italiano non vediamo praticamente mai.
Valerio Mastandrea, alter ego del regista dai tempi di Non pensarci è un attore di grandissimo talento, ma in questo film costruito interamente su di lui raggiunge veramente il massimo e non ti stancheresti mai di guardarlo (ma questo discorso vale per tutti gli attori di questo film, che non vorresti lasciare mai: da Giuseppe Battiston che qui ha una piccola parte ma il cui sguardo liquido è di quelli che non dimentichi, agli esordienti Filippo De Carli e Camilla Martini), l'altra potenza del film è Hadas Yaron (già intensa Sposa promessa) che ha un'energia rara che con capisci ma cogli subito, che appena arriva illumina la scena, che senza apparentemente fare nulla ti aggancia piano piano e vorresti saperne di più, semplicemente è una grandissima attrice.
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Il nuovo film di Gianni Zanasi è di quelli da non perdere, un film vivo e vibrante, leggero ed emozionante, un film in cui si ride si piange in un flusso continuo di immagini, musica e improvvise deviazioni.
L'ironia di Non pensarci qui esplode e diventa un'emozione sottile che resta dentro a lungo.
Zanasi ama i suoi attori e li porta il più possibile verso una naturalezza che nel cinema italiano non vediamo praticamente mai.
Valerio Mastandrea, alter ego del regista dai tempi di Non pensarci è un attore di grandissimo talento, ma in questo film costruito interamente su di lui raggiunge veramente il massimo e non ti stancheresti mai di guardarlo (ma questo discorso vale per tutti gli attori di questo film, che non vorresti lasciare mai: da Giuseppe Battiston che qui ha una piccola parte ma il cui sguardo liquido è di quelli che non dimentichi, agli esordienti Filippo De Carli e Camilla Martini), l'altra potenza del film è Hadas Yaron (già intensa Sposa promessa) che ha un'energia rara che con capisci ma cogli subito, che appena arriva illumina la scena, che senza apparentemente fare nulla ti aggancia piano piano e vorresti saperne di più, semplicemente è una grandissima attrice.
Colonna sonora strepitosa in ogni brano, originale (Niccolò Contessa) e non.
Film meraviglioso divertente e profondo nella sua leggerezza che consiglio a tutti perché, cito, Zanasi ''ha qualcosa da dire'' (ma soprattutto da mostrare, perché questo film è cinema e se ne sentiva la mancanza).
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