bericopredieri
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giovedì 5 novembre 2015
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cortellesi contro tutti.
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Ho visto una anteprima di questo film qualche giorno fa. Bene, devo dire che ultimamente anche il cinema italiano comincia ad trasporre sul grande schermo le tematiche sociali che più ci affliggono in questo critico periodo della nostra storia. Ancora troppo poco a dire il vero, troppi film cinepattoni buoni per tutte le stagioni ancora circolano. Questo film le tematiche più scottanti le affronta tutte, la mancanza di lavoro in primis, la mancanza di casa, la mancanza di un sostegno economico che ti priva di ogni più elementare necessità (il frigo vuoto, la morosità nel pagare affitti, bollette e quant'altro...), le crisi di coppia, il doloroso problema delle scommesse, del gioco, che rovina tante famiglie.
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Ho visto una anteprima di questo film qualche giorno fa. Bene, devo dire che ultimamente anche il cinema italiano comincia ad trasporre sul grande schermo le tematiche sociali che più ci affliggono in questo critico periodo della nostra storia. Ancora troppo poco a dire il vero, troppi film cinepattoni buoni per tutte le stagioni ancora circolano. Questo film le tematiche più scottanti le affronta tutte, la mancanza di lavoro in primis, la mancanza di casa, la mancanza di un sostegno economico che ti priva di ogni più elementare necessità (il frigo vuoto, la morosità nel pagare affitti, bollette e quant'altro...), le crisi di coppia, il doloroso problema delle scommesse, del gioco, che rovina tante famiglie... Tutto questo il film lo affronta, non in punta di piedi, ma con una forza devastante, come devastante è la prova di una grandissima Paola Cortellesi, il cui bellissimo viso si trasfigura sequenza dopo sequenza, fino a diventare la maschera di disperazione delle sequenze finali. Forse un po' sottovalutata come attrice cinematografica, qui dà prova di una grandissima capacità di coinvolgimento emotivo, dal riso alla rabbia, e che alla fine ti strappa pure qualche lacrima. Insieme a Suburra il miglior film italiano del 2015.
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casomai21
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mercoledì 4 novembre 2015
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paola delle meraviglie e dei diritti della donna
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La cosceneggiatrice e attrice protagonista Paola Cortellesi non smette di sorprendere per bravura in questa versione cinematografica di un testo presentato per due anni a teatro e che la vede come attrice protagonista.Un' interpretazione drammatica della storia di Luciana che nel momento in cui corona il suo desiderio di maternità perde un umile e mal retribuito lavoro dipendente in una picola azienda della provincia laziale. Quello che rende inaccettabile oltre la causa del licenziamento è il cinismo del datore di lavoro e l'avversione nei confronti di questa sua nuova condizione da parte di donne come lei,le compagne di lavoro che evitano questo fatale incidente in un'epoca, in cui la maternità è tutelata in ogni settore pubblico con il diritto, dopo la gravidanza a rioccupare il posto di lavoro temporaneamente abbandonato.
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La cosceneggiatrice e attrice protagonista Paola Cortellesi non smette di sorprendere per bravura in questa versione cinematografica di un testo presentato per due anni a teatro e che la vede come attrice protagonista.Un' interpretazione drammatica della storia di Luciana che nel momento in cui corona il suo desiderio di maternità perde un umile e mal retribuito lavoro dipendente in una picola azienda della provincia laziale. Quello che rende inaccettabile oltre la causa del licenziamento è il cinismo del datore di lavoro e l'avversione nei confronti di questa sua nuova condizione da parte di donne come lei,le compagne di lavoro che evitano questo fatale incidente in un'epoca, in cui la maternità è tutelata in ogni settore pubblico con il diritto, dopo la gravidanza a rioccupare il posto di lavoro temporaneamente abbandonato. Vengono a definisi nel film due Italie, quella aperta e umilmente dignitosa e quella retrograda, misogena e reazionaria, affetta da pregiudizio verso la diversità, da mobbing verso chi deroga da precise regole sul posto di lavoro e terrorizzata dal rischio di perdere un seppur precario posto di lavoro. In tal senso, ci conforta il fatto che non è questione di età non saper capire i tempi , in quanto due anziani personaggi del film, la madre di Antonio,dallo spiccato ed elegante accento veneto, il personaggio interpretato da Fabrizio Bentivoglio e ed il professore pensionato in piazza che osservano la realtà e ad essa si adeguano con nostalgia e rassegnazione in un paese senza treni e collegato ai grandi centri dalla sola linea automobilistica Cotral.La storia del poliziotto Bentivoglio, frustrato ed isolato viene ad incrociarsi a fine film con quella di Luciana, ormai prossima al parto e corre parallela racchiudendo rimorsi e fragilità, senso di inadeguatezza e ingenuità e subisce la scelta dei turni di servizio,più ingrati insieme ad una poliziotta ,collega di lavoro, anch'essa altrettanto incapace di difendersi dal male. La situazione della protagonista è anch'essa aggravata da un marito immaturo(Alessandro Gassmann), fedifrago e incapace di seguire le problematiche di una donna in gravidanza,oltre che a ricoprire un qualunque lavoro dipendente e sufficientemente remunerativo da garantire le spese di affitto e di sussistenza.Tuttavia Luciana riceve solidarietà da altre donne del film, proponendole anche in gravidanza di lavorare ad occasionali servizi catering e dandole affetto.Ma a Luciana non basta vuole lavoro e maternità senza dover scegliere tra le due strade la meno dolorosa e reagendo passa all'attacco furibondo.
Il film termina forse con alcuni eccessi nel prolungare la scena più drammatica nell'indecisione e nel ritardo dei protagonisti a gestire l'emergenza.
Il linguaggio usato è il romanesco che si contrappone ai dialoghi in un raffinato accento veneto del personaggio Antonio,un superbo Bentivoglio con la madre. Nell'inquadratura finale del film con una sorridente Paola Cortellesi con sullo sfondo tralicci e prati soleggiati ed in fiore lascia il finale aperto in senso ottimistico o meno nel dubbio per lo spettatore ,se il bambino che si vede calciare la palla anni dopo è cresciuto con un solo genitore o con entrambi...
grazie Paola Cortellesi e Massimiliano Bruno da Domenico casomai21
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zarar
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lunedì 16 novembre 2015
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torneranno mai i film nostrani a essere i primi?
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Non si può immaginare questo film proiettato a Londra, o a Vienna, o a New York: è un film che non si libera dello stile provinciale della vecchia commedia all’italiana, di una “storia de noantri” all’amatriciana, nonostante le velleità drammatiche e l’introduzione di temi di bruciante attualità. Peccato, perché si capisce che Paola Cortellesi potrebbe essere spesa molto meglio altrove e che anche Alessandro Gassman meriterebbe di più. Lo spettatore non può non apprezzare i loro sforzi e finisce con il fare il tifo per i due attraverso le vicissitudini di una sceneggiata strappalacrime con bonus finale. In fondo, come dice giustamente Umberto Eco, è impossibile sottrarsi al fascino di un romanzo d’appendice.
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Non si può immaginare questo film proiettato a Londra, o a Vienna, o a New York: è un film che non si libera dello stile provinciale della vecchia commedia all’italiana, di una “storia de noantri” all’amatriciana, nonostante le velleità drammatiche e l’introduzione di temi di bruciante attualità. Peccato, perché si capisce che Paola Cortellesi potrebbe essere spesa molto meglio altrove e che anche Alessandro Gassman meriterebbe di più. Lo spettatore non può non apprezzare i loro sforzi e finisce con il fare il tifo per i due attraverso le vicissitudini di una sceneggiata strappalacrime con bonus finale. In fondo, come dice giustamente Umberto Eco, è impossibile sottrarsi al fascino di un romanzo d’appendice. Ma questo non impedisce di vederne i difetti. Che dire della modestia delle sfumature e della prevedibilità delle sciagure ad orologeria? La protagonista Luciana è un angelo senza macchia: radioso, poi tragico, poi vendicatore, ma angelo sempre, senza se e senza ma, anche se la Cortellesi fa salti mortali per dargli sostanza umana; il marito Stefano veste i panni classici e rigorosamente stereotipati di un tenero incosciente fannullone a responsabilità zero; la malasorte anima puntualmente la trama, nella forma super classica di amici infidi e padroni delle ferriere spietati. Il film ignora l’arte sublime del procedere per sottrazione di facili emozioni: la triste storia di base non basta, è rincalzata dalle deprimenti vicende di un transessuale incompreso e solitario e di un poliziotto sfigato a cui non ne va bene una. Troppo. Nello stile “un pizzico di questo, una manciatina di quello” entrano in gioco ‘caratteri’ da commediola (gli amici, la mamma, la padrona di casa), piccole gag modeste di stile casereccio (Radio Maria via lavandino e water), personaggetti presunti simbolici (il professore, il bimbo con pistola giocattolo) la cui significatività resta un punto interrogativo. Il mirabolante finale pulp è il colpo di grazia per lo spettatore indifeso.
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[+] a zarar
(di maynardi araldi)
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(di miriama)
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parsifal
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giovedì 22 novembre 2018
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sorrisi dolenti
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Massimiliano Bruno , con la collaborazione di Paola Cortellesi, interprete ed autrice, cura la regia e la sceneggiatura di questo film, tratto da una pieces teatrale a sua volta estrapolata da un racconto di Vincenzo Fiore , " Esilio Metafisico". La narrazione inizia in paese della Tuscia, Anguillara Sabazia, grazioso ed apparentemente ridente. Si scoprirà presto che le vite di cui si narra , al di là della routine quotidiana e delle amicizie decennali, sono tutt'altro che spensierate. Luciana ( P. Cortellesi), è una giovane operaia che lavora presso un'industria tessile. Sposata con Stefano ( A.Gassman) eterno adolescente, immaturo ed incapace di assumersi le proprie responsabilità, vive di piccoli scambi commerciali, spesso dall'esito negativo.
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Massimiliano Bruno , con la collaborazione di Paola Cortellesi, interprete ed autrice, cura la regia e la sceneggiatura di questo film, tratto da una pieces teatrale a sua volta estrapolata da un racconto di Vincenzo Fiore , " Esilio Metafisico". La narrazione inizia in paese della Tuscia, Anguillara Sabazia, grazioso ed apparentemente ridente. Si scoprirà presto che le vite di cui si narra , al di là della routine quotidiana e delle amicizie decennali, sono tutt'altro che spensierate. Luciana ( P. Cortellesi), è una giovane operaia che lavora presso un'industria tessile. Sposata con Stefano ( A.Gassman) eterno adolescente, immaturo ed incapace di assumersi le proprie responsabilità, vive di piccoli scambi commerciali, spesso dall'esito negativo.Per cui il menage familiare pesa tutto sulle spalle di lei. IL giorno in cui scoprirà di essere rimasta incinta ( dopo due aborti spontanei) sarà per lei una gioia, destinata a svanire presto , a causa delle crescenti difficoltà imposte dai tempi critici in cui vive. Perderà il posto e verrà sostituita da una ragazza che lei stessa aveva presentato al principale. Le viene promesso che riprenderà presto a lavorare, ma non sarà così. Si adatterà a lavorare presso un servizio di catering, ma anche questo avrà una breve durata. Le difficoltà si sommeranno ed una ad una, mineranno il suo equilibrio psichico. Nel frattempo si affaccia un'altra storia, quella di Antonio Zanzotto, ( F.Bentivoglio) poliziotto veneto, spedito ad Anguillara per punizione , dopo aver commesso dei gravi errori in servizio.Emarginato dai superiori, deriso dai colleghi con serie difficoltà di dattamento, cerca conforto nella presenza di MAnuela ( I.C.Di Monte) parrucchiera a domicilio, gentile ed espansiva.Ma la conoscenza rivela un lato inaspettato con cui doversi confrontare... Luciana, dopo aver scoperto il tradimento di Stefano, ormai satura di tutto si reca , nottetempo alla fabbrica in cui lavorava e forzando il blocco delle gaurdie giurate, affronta i dirigenti che l' hanno licenziata. Inizia la vera e propria scena madre, magnificamente interpretata dalla Cortellesi, attrice ed interprete di grande spessore. Trasposizione riuscita, anche se strizza l'occhio al grande pubblico.
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shaque
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martedì 24 novembre 2015
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speranze e sogni
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Film che in fase di promozione viene presentato come una commedia agrodolce, ma si tiene su toni decisamente amari strappando appena qualche sorriso. Finale che più dare una speranza alle "nuove generazioni" tra il difficile problema del lavoro e la gioia improvvisa di crescere un figlio, regala un sogno con un finale da favola per piccini. Bravi decisamente gli attori con una Cortellesi poliedrica ed il solito Gassmann e la chicca di Bentivoglio. Tra cinepattoni e commedie volgari, può essere visto ma non aspettatevi un capolavoro! Del resto c'è gente che come tale definisce persino Pretty Woman, per cui.....
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antonietta dambrosio
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giovedì 10 dicembre 2015
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la legge del più forte in scena
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Non sono gli ultimi ad essere i primi, rimangono ultimi nella scala di una società che ancora confonde il verbo essere con il verbo avere, ma quegli ultimi sanno ritagliarsi uno spazio di felicità eretto sulla pazienza, sulla fiducia, sui sogni nutriti di amore. E’ Luciana (una quasi matura Paola Cortellesi) al centro di questo mondo posto leggermente di fianco, lavora in una piccola fabbrica di parrucche, ed è la moglie innamorata di Stefano (un Alessandro Gassmann vero anche nel ruolo del belloccio fannullone), un uomo disoccupato che ama Luciana a suo modo e vive di scommesse con se stesso pur di non sottostare alle regole di un padrone. Abitano ad Anguillara, un luogo dove si vive nel conforto del calore umano fatto di incontri tra amici, di parole scambiate tra vicini, e dove la piazza è ancora il centro di raccolta di generazioni a confronto, ma è anche il luogo dove si muore a causa di radiazioni pericolose.
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Non sono gli ultimi ad essere i primi, rimangono ultimi nella scala di una società che ancora confonde il verbo essere con il verbo avere, ma quegli ultimi sanno ritagliarsi uno spazio di felicità eretto sulla pazienza, sulla fiducia, sui sogni nutriti di amore. E’ Luciana (una quasi matura Paola Cortellesi) al centro di questo mondo posto leggermente di fianco, lavora in una piccola fabbrica di parrucche, ed è la moglie innamorata di Stefano (un Alessandro Gassmann vero anche nel ruolo del belloccio fannullone), un uomo disoccupato che ama Luciana a suo modo e vive di scommesse con se stesso pur di non sottostare alle regole di un padrone. Abitano ad Anguillara, un luogo dove si vive nel conforto del calore umano fatto di incontri tra amici, di parole scambiate tra vicini, e dove la piazza è ancora il centro di raccolta di generazioni a confronto, ma è anche il luogo dove si muore a causa di radiazioni pericolose. Luciana è felice, e mentre nutre con pazienza e fiducia il sogno di diventare madre, guarda con gioia i bambini della sua cara amica, sorride, anche all’ozio di Stefano, al professore che la chiama la figlia di Mario mentre le ricorda di quanto Mario avesse tradito sua madre. Ma sorride di quel sorriso che nasce dal senso del dono, perché Luciana nel suo piccolo sa donare. Sorride quando entra in fabbrica a Bruno (Stefano Fresi), la guardia giurata che l’accoglie all’ingresso ogni mattina, ed anche all’arrivista cui offre l’opportunità di affiancarla in fabbrica, ma che non esita a tradirla quando le rivela di essere incinta, e diffondendo la notizia della gravidanza fa in modo che quel contratto a tempo determinato di Luciana, che le veniva rinnovato da dieci anni, diventi suo. Poi c’è Antonio, un poliziotto veneto trasferito ad Anguillara per una colpa che si trascina dal suo arrivo fino al tragico epilogo, e si intuisce sin dalla prima scena che il peso della sua colpa e la stanchezza di Luciana esploderanno in uno scontro frontale. E’ la legge del più forte che va in scena nella pellicola di Massimiliano Bruno, che sarebbe stata anche credibile se si fosse fermata allo strazio di due persone abbandonate dalla società, alla disperazione di una donna a cui hanno rubato il sogno di una vita semplice, fatta di amore e poche cose, di educazione, di fiducia e sorriso, e al contegno di un uomo costretto ad espiare una colpa che tanto somiglia al rispetto per la vita umana. Se solo Bruno non avesse fatto predicare la messa a citofoni e lavandini e si fosse fermato a questo, avremmo sentito il disagio e l’orrore di Luciana, il suo rimpianto per non essere stata capace di seguire l’insegnamento di suo padre che le raccomandava di non farsi pecora altrimenti il lupo l’avrebbe fatta a pezzi, avremmo provato sdegno nei confronti di tutti i lupi di questa commedia che spesso sconfina nella farsa fino a toccare la tragedia. Avremmo sentito la solitudine di un uomo che si sarebbe fermata al senso di colpa e di impotenza se Bruno non l’avesse mischiata alla solitudine di Manuela (Irma Carolina di Monte), per raccontarci di un altro scarto della società. Se si vuole dire tanto si rischia di non dire nulla. E se si esagera con la finzione si corre il rischio che lo strazio di una storia così dura possa lasciare spazio ad un sorriso scettico. Una storia che fa male ma concediamoci il sogno che l’ultima scena sia quella vera.
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maynardi araldi
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sabato 14 novembre 2015
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gli ultimi per tre quarti
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“GLI ULTIMI SARANNO GLI ULTIMI” è un titolo che rifiuta di subire. Di subire cosa? Le illusioni consolatorie. E perfino il dettato Divino. Così, fin da subito lo spettatore rimane in attesa dell’inizio di un film che non sia al caramello. Di quelli che scatenerebbero la carie anche alla dentiera di plastica dentro il bicchiere. Trama. Una donna (cortellesi) vive con un marito cialtrone (gassmann) E’ lei a portare i soldi a casa col suo lavoretto precario. Ritagliando per entrambi un’occasione di sopravvivenza . Finché l’ esile equilibrio, si spezza. E succede a causa della gravidanza della protagonista. A questa prima trama si intreccia una seconda.
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“GLI ULTIMI SARANNO GLI ULTIMI” è un titolo che rifiuta di subire. Di subire cosa? Le illusioni consolatorie. E perfino il dettato Divino. Così, fin da subito lo spettatore rimane in attesa dell’inizio di un film che non sia al caramello. Di quelli che scatenerebbero la carie anche alla dentiera di plastica dentro il bicchiere. Trama. Una donna (cortellesi) vive con un marito cialtrone (gassmann) E’ lei a portare i soldi a casa col suo lavoretto precario. Ritagliando per entrambi un’occasione di sopravvivenza . Finché l’ esile equilibrio, si spezza. E succede a causa della gravidanza della protagonista. A questa prima trama si intreccia una seconda. Quella di un poliziotto (bentivoglio) screditato dai colleghi, invaghito di un trans, solitario e smarrito. Triste. Alla fine, le due vite, come prevedibile, s’incroceranno.
Il film di Massimiliano Bruno, per tre quarti non funziona. Sembra un film prodotto dalla Rai. Per la Rai. E da vedersi possibilmente su un canale della Rai (per chi possedesse ancora un televisore, ovviamente. E si desse pure la pena di accenderlo…) La regia è in funzione degli attori. Si direbbe “piatta come un marciapiede”, per dirla con Flaubert. E di certo non favorisce il film la presenza di quei personaggi secondari cartonati e fasulli come in una telenovela. La figura del transessuale, poi, del tutto superflua. Un taglio drammatico come quello dell’ottimo Bentivoglio avrebbe approfondito ben altri abissi. (basterebbe la scena con i colleghi negli spogliatoi) Ma un quarto di film -sottratti quei tre quarti di pellicola- è emozionante. Innanzitutto lo è la Cortellesi. Col suo monologo, che è spina dorsale della storia. Ma anche la camminata irruenta nella notte. Sul ciglio di una super strada. Dove si esplicita il titolo del film: ‘Gli ultimi.’ La cui consapevolezza escerbata non può che tradursi in una deflagrazione emotiva. Nella volontà di non subire. Di picchiare. Di non farsi pecora perché altrimenti il lupo se la mangia. Emozionante è il profilo basso, da vinto, di Bentivoglio. Bella e spiritosa la trovatina del rosario e delle ave marie emesse dai rubinetti, dai water, dai citofoni, dagli alberi di natale. (In coincidenza all’albero di natale la sala è esplosa in una risata) Suggestiva la canzone di Raf. Infinito. Che sottovoce, accompagnata da qualche improvvisato corista da platea, abbiamo canticchiato insieme.
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mauribianu
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lunedì 16 novembre 2015
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il minestrone di bruno
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Gli ultimi saranno gli ultimi è un film destinato al solo pubblico affezionato di Bruno, il quale non riesce con questa pellicola, sempre che ne avesse avuto voglia, a conquistarsi nuovo pubblico. Del resto il film è un minestrone surgelato dal finto sapore drammatico dove, per strappare una lacrimuccia ma pure un sorrisetto, il regista ci mette tuttl gli ingredienti possibili. Il licenziamento, la maternità con aborti pregressi, il vivere di espedienti pur di non andare a lavorare, il transessualismo - del tutto inutile nella pellicola - il confronto fra ricco e povero, il pregiudizio e il provincialismo, la crisi del lavoro e della economia, il tradimento - poco utile allo svolgersi della vicenda - la crisi identitaria delle persone, la presenza della chiesa - seppur proviene da water di una casa - l'inquinamento eletromagnetico, due guardie della security impacciate, il dialetto romano delle borgate, un paio di sederi rotondi e tanta musica messa a caso.
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Gli ultimi saranno gli ultimi è un film destinato al solo pubblico affezionato di Bruno, il quale non riesce con questa pellicola, sempre che ne avesse avuto voglia, a conquistarsi nuovo pubblico. Del resto il film è un minestrone surgelato dal finto sapore drammatico dove, per strappare una lacrimuccia ma pure un sorrisetto, il regista ci mette tuttl gli ingredienti possibili. Il licenziamento, la maternità con aborti pregressi, il vivere di espedienti pur di non andare a lavorare, il transessualismo - del tutto inutile nella pellicola - il confronto fra ricco e povero, il pregiudizio e il provincialismo, la crisi del lavoro e della economia, il tradimento - poco utile allo svolgersi della vicenda - la crisi identitaria delle persone, la presenza della chiesa - seppur proviene da water di una casa - l'inquinamento eletromagnetico, due guardie della security impacciate, il dialetto romano delle borgate, un paio di sederi rotondi e tanta musica messa a caso..e chi più ne ha più ne metta. Ed il regista ne ha più di tutti. Non pago e tracotante, passa dal dramma al melodramma, inzeppandoci qualche risata, per arrivare fino all'assurdo finale dove il minestrone di Bruno si riversa tutto nell'ultima scena. La scena finale infatti è una summa del film e chiarisce la scarsa volontà del regista di spostare la sua attenzione su un modo nuovo di fare il suo cinema: una maternità che arriva tra violenza e risatine, tra serio e faceto, tra musica e rallenty. Dopo un ora e mezza di melodramma, la nostra protagonista partorisce, li in mezzo ad una sala, con tutti i protagonisti del film presenti e con una ferita da arma da fuoco sul torace. Nessuno potrebbe partorire in quelle condizioni se non l'eroina di Bruno.
La protagonista, Paola Cortellesi, ci presenta una interpretazione manierata e sempre più eccessiva e, come nelle migliori caratteristiche della commedia, le espressioni facciali ce le mette proprio tutte. Da imitatrice di gran qualità, come del resto è effettivamente lei, già dopo i primi minuti del film, quando gli verrà detto che è stata licenziata, la sua faccia si storce in una posizione tenuta per bene 10 minuti di pellicola. Sembra essere stata colpita da peresi, ma tranquilli, si tratta di tecnica stanislawskiana. Nella scena finale invece, mentre le si rompono le acque, tra l'altro ha anche una pistola in mano puntata sul suo datore di lavoro, la Cortellesi si lancia ( e le fa pure bene) in una carrellata di urla doloranti, pianto, lacrime e pietismo. E' a questo punto che arriva l'altro protagonista del film, il poliziotto in crisi con il suo lavoro, interpretato benissimo da Bentivoglio, che farà partire il colpo che ferirà la protagonista. A questo punto, chissà se complice proprio il proiettile del poliziotto, la protogonista partorisce in un rallenty estenuante che avvoge tutte le azioni degli altri protagonisti in questa scena. Come non bastasse il tutto è accompagnato da un ultimo brano musicale tronfio e diatralmente opposto da quello che ci si aspetterebbe da un film drammatico e da una scena così. Ma è chiaro che questo non è un film drammatico d'autore e non lo vuole essere. Il film si confermerà di certo al botteghino e probabilmente vincerà qualche premio, del resto l'impegno economico, gli attori chiamati a lavorarci, e i produttori, reclameranno qualche statuetta: Tanto minestrone non lo si può buttare.
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[+] e anche per oggi...
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shingo tamai
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giovedì 19 gennaio 2017
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la triste italia
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Alle 2 stelle ne andrebbe aggiunta un'altra metà.
Buona commedia drammatica sullo stato attuale del nostro Paese,dove sopravvivere ha preso nettamente il sopravvento sul vivere.
Le storie raccontate sono due e vanno ad intrecciarsi tra di loro,anche se solo nella parte finale,con il problema del precariato e dell'infelicità sugli scudi.
Ci sono delle verità incofutabili come quelle che siamo ancora in tempi tristissimi dove la gravidanza può diventare un problema sociale al pari di intraprendere una relazione con persone dello stesso sesso.
La storia con la Cortellesi e Gassmann è indubbiamente più accattivante,meglio strutturata e credibile di quella con il buon Bentivoglio,che anche nella parte finale mi sembra uscire di scena con troppa superficialità e poca chiarezza.
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Alle 2 stelle ne andrebbe aggiunta un'altra metà.
Buona commedia drammatica sullo stato attuale del nostro Paese,dove sopravvivere ha preso nettamente il sopravvento sul vivere.
Le storie raccontate sono due e vanno ad intrecciarsi tra di loro,anche se solo nella parte finale,con il problema del precariato e dell'infelicità sugli scudi.
Ci sono delle verità incofutabili come quelle che siamo ancora in tempi tristissimi dove la gravidanza può diventare un problema sociale al pari di intraprendere una relazione con persone dello stesso sesso.
La storia con la Cortellesi e Gassmann è indubbiamente più accattivante,meglio strutturata e credibile di quella con il buon Bentivoglio,che anche nella parte finale mi sembra uscire di scena con troppa superficialità e poca chiarezza.
Ma è proprio la lunga scena finale che non convince moltissimo con troppi colpi di scena,prese di posizione reiterate,isteria allo stato puro e con la poco credibile presenza di tutti i protagonisti coinvolti,che fanno fatica addirittura a "convivere"nelle inquadratura principale.
Tutto sommato ho apprezzato quanto visto,nonostante il minestrone finale,grazie alla bravura degli attori e a tematiche che non possono lasciarci indifferenti.
Sul fatto dell'originalità ,purtroppo nulla di nuovo,sono problemi che ci portiamo appresso da quasi un trentennio.
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ennio
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mercoledì 21 novembre 2018
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nè carne nè pesce
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La grande crisi economica di un decennio fa ha avuto come strascico positivo un filone cinematografico non inedito ma riscoperto, quello che parla delle difficoltà economiche della gente "normale". I francesi hanno fatto dei buoni film in materia, e oltremanica cito i sempre tosti film di Ken Loach. Anche da noi pellicole come "Giorni e nuvole" e "Sette minuti" sono risultate apprezzabili per l'impegno sociale e le recitazioni.
"Gli ultimi saranno ultimi" invece non sa dove andare a parare. Tanto è vero che la critica a volte lo inserisce nel genere commedia altre in quello drammatico. Il film si dipana al 70% sul filone commediola per poi virare in tragedia, in modo poco verosimile ed esagerato.
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La grande crisi economica di un decennio fa ha avuto come strascico positivo un filone cinematografico non inedito ma riscoperto, quello che parla delle difficoltà economiche della gente "normale". I francesi hanno fatto dei buoni film in materia, e oltremanica cito i sempre tosti film di Ken Loach. Anche da noi pellicole come "Giorni e nuvole" e "Sette minuti" sono risultate apprezzabili per l'impegno sociale e le recitazioni.
"Gli ultimi saranno ultimi" invece non sa dove andare a parare. Tanto è vero che la critica a volte lo inserisce nel genere commedia altre in quello drammatico. Il film si dipana al 70% sul filone commediola per poi virare in tragedia, in modo poco verosimile ed esagerato. Non c'è una vera indagine sul mondo del lavoro e le sue contraddizioni, si calca la mano invece su prevedibili temi sentimentali e per lunghi tratti sembra di stare in un cinepanettone natalizio condito di battutine spiritose. La Cortellesi è appena bravina in una parte drammatica, Gassman è invece del tutto fuori ruolo, sa solo fare il guascone ma sembra Christian De Sica.
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