inall3
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lunedì 1 dicembre 2014
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può esistere un mondo senza ingiustizia?
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Può esistere un mondo senza ingiustizia e senza dolore?
Tu come lo costruiresti?
The Giver-Il mondo di Jonas, diretto da Philipp Noyce, con cast autorevole (Meryl Streep , Katie Holmes, Jeff bridges i volti più noti) raffigura un prototipo di società tesa all’ideale di uguaglianza sociale, dove le persone senza libertà ed indipendenza vivono in un “mondo uniforme”: uomini e donne privati della loro storia, emozioni e colori della vita sconfiggono passioni e violenza, realizzando un mondo senza guerra, senza conflitti, senza dolore.
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Può esistere un mondo senza ingiustizia e senza dolore?
Tu come lo costruiresti?
The Giver-Il mondo di Jonas, diretto da Philipp Noyce, con cast autorevole (Meryl Streep , Katie Holmes, Jeff bridges i volti più noti) raffigura un prototipo di società tesa all’ideale di uguaglianza sociale, dove le persone senza libertà ed indipendenza vivono in un “mondo uniforme”: uomini e donne privati della loro storia, emozioni e colori della vita sconfiggono passioni e violenza, realizzando un mondo senza guerra, senza conflitti, senza dolore. Possibile?
Tratto dall’omonimo best seller di Lois Lowry, la storia innesca riflessioni interessanti sulla vita, il suo inizio e la sua fine, chiamata nel film “congedo”, sulla libertà “Quando la gente ha la possibilità di scegliere, fa scelte sbagliate!” (Meryl Streep), sulla memoria e sugli affetti, rievocando 1984 di George Orwell, il Grande Fratello e i totalitarismi .
Ma chi è Jonas? Il giovane Custode delle memorie dell’Umanità che sconvolgerà i piani della società futuristica..
Nota positiva: nel mondo di Jonas, non devi cercare lavoro! Il consiglio dei saggi sceglie per te! Nella “Cerimonia dei Dodici” a ciascun dodicenne viene asseganto il lavoro che svolgerà per il resto della vita, in base all’analisi bio-attitudinale dell’essere…
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jean bob
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martedì 25 novembre 2014
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2,58
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2,58 su 5 penso sia un voto azzeccato per questo film.
L'utente "il beppe nazionale" ha un po' riassunto il film, deducendone un finale frettoloso e alquanto affrettato. Sembrano sinonimi, ma non sono usati come tali in questa frase.
Il film è carino, a mio parere. Ritengo che ogni fuilm che ti lascia un interrogativo o una riflessione, seppur piccola e/o breve, sia meritevole di essere vista.
Utilizzerei due aggettivi per riassumerlo.
Due aggettivi ossimorici ma riferiti a due aspetti differenti. Il primo è originale, per quanto riguarda la forma, il secondo è banale, per quanto riguarda il contenuto.
Le pellicole a stampo orwelliano devono spingersi un po' oltre l'altura, verrebbe da dire un po' oltre il Confine, per raggiungere una compliance valida da parte della critica, altrimenti rischiano di essere delle riproposizioni trite e ritrite in cui finisci molto per apprezzare interpretazioni, fotografia, regia, rimanendo un po' deluso della sceneggiatura.
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2,58 su 5 penso sia un voto azzeccato per questo film.
L'utente "il beppe nazionale" ha un po' riassunto il film, deducendone un finale frettoloso e alquanto affrettato. Sembrano sinonimi, ma non sono usati come tali in questa frase.
Il film è carino, a mio parere. Ritengo che ogni fuilm che ti lascia un interrogativo o una riflessione, seppur piccola e/o breve, sia meritevole di essere vista.
Utilizzerei due aggettivi per riassumerlo.
Due aggettivi ossimorici ma riferiti a due aspetti differenti. Il primo è originale, per quanto riguarda la forma, il secondo è banale, per quanto riguarda il contenuto.
Le pellicole a stampo orwelliano devono spingersi un po' oltre l'altura, verrebbe da dire un po' oltre il Confine, per raggiungere una compliance valida da parte della critica, altrimenti rischiano di essere delle riproposizioni trite e ritrite in cui finisci molto per apprezzare interpretazioni, fotografia, regia, rimanendo un po' deluso della sceneggiatura.
Banale non significa che il conteuto che suscita e tratta sia banale, ma il modo in cui è stato strutturato ed elaborato nel film.
Se il tentativo di questo film fosse spingere lo spettatore a stare dalla parte di Jonas, è un tentativo vacuo.
La casa di Babbo Natale o del Mulino Bianco infrescata di neve, non è il mondo reale. E' solo una parte.
La mia risposta alla domanda che il protagonista pone al termine del film non è una risposta positiva.
Film carino ma che svanisce in modo rapido. L'avrei intitolato 2,58.
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il beppe nazionale
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lunedì 6 ottobre 2014
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un solo errore rovina una buona pellicola
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Vi sono comunità da qualche parte nel mondo, sopra gli altipiani, in cui regna l'ordine assoluto e la serenità. Comunità in cui domina la parità dei diritti e delle opportunità, dove nessuno ha la possibilità di ergersi al di sopra degli altri e dove nessuno avrà mai motivo di invidiare qualcuno. L'umanità pare qui aver raggiunto un nuovo stadio evolutivo in cui si è sbarazzata della negatività propria della sua natura, ma si tratta solo di un inganno. Un gruppo di oligarchi, chiamati Anziani, ha dato vita a questo tipo di società cancellando le memorie del passato e inibendo le emozioni più primitive dell'uomo.
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Vi sono comunità da qualche parte nel mondo, sopra gli altipiani, in cui regna l'ordine assoluto e la serenità. Comunità in cui domina la parità dei diritti e delle opportunità, dove nessuno ha la possibilità di ergersi al di sopra degli altri e dove nessuno avrà mai motivo di invidiare qualcuno. L'umanità pare qui aver raggiunto un nuovo stadio evolutivo in cui si è sbarazzata della negatività propria della sua natura, ma si tratta solo di un inganno. Un gruppo di oligarchi, chiamati Anziani, ha dato vita a questo tipo di società cancellando le memorie del passato e inibendo le emozioni più primitive dell'uomo.
Jonas è un ragazzo come tanti che viene scelto per essere il nuovo custode della memoria, ovvero l'unica persona nella comunità a cui è permesso di... essere umano. Il custode infatti conosce l'umanità per come la conosciamo noi, con i suoi tratti belli e i suoi tratti terribili, e deve consigliare gli Anziani. Per una persona abituata a vivere in un mondo asettico come Jonas, ricevere le memorie del passato non si rivela affatto semplice. Dolore, divertimento, desiderio, ribellione, morte sconvolgono le fondamenta stesse dell'animo di Jonas, che dopo il trauma decide di liberare i suoi concittadini. Per farlo dovrà scappare oltre i Confini della Memoria, una barriera che impedisce alla sua gente di sapere la verità.
Fin da subito bisogna dire che Noyce ben rappresenta e descrive la distopia di Lowry, con una certa cura al dettaglio che incuriosisce spettatore grado per grado. Le usanze, le alienanti relazioni interpersonali, le barbarie legalizzate sotto il nome di 'congedo' costituiscono uno sfondo coerente. Allo stesso modo, è interessante seguire l'evoluzione emotiva di Jonas.
Il cast si compone di nomi importanti che, se escludiamo la Streep (non per suo demerito), danno solidità ai personaggi e all'atmosfera generale. La Holmes suscita un'antipatia esasperante, Skarsgard incute un freddo timore, Bridges si fa desiderare come mentore. Thwaites attua una performance in linea con i suoi colleghi coetanei, senza spiccare per particolari doti espressive o sceniche.
Il punto dolente di The Giver è la lunghezza: venti minuti in più avrebbero posto rimedio alla disastrosa lacuna che vizia la sceneggiattura. Invece Noyce bypassa completamente il passato da recuperare in un punto essenziale: il momento in cui la comunità è stata fondata. Non si sa chi l'abbia edificata, non si sa cosa ci sia nel resto del mondo, non si capisce il senso di una barriera che contenga le memorie. Jonas compie una viaggio (un po' troppo) estremo fino al Confine, dopodichè dona la conoscenza alla sua gente semplicemente varcando la barriera olografica. In più, una volta terminata la sua maratona si trova davanti a uno chalet abitato, presumibilmente, da persone comunissime.
Noyce coltiva il suo pubblico in un dosatissimo alternarsi di misteri e risposte, per poi eliminare drasticamente le seconde e lasciare lo spettatore a se stesso. Lo stacco troppo netto contrasta con la continuità di tutta la prima parte del film, rovinandola con un finale insipido che solo un sequel potrebbe giustificare.
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mark0791
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sabato 4 ottobre 2014
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ennesimo universo distopico, ma ben fatto
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Di universi distopici la cinematografia è piena, da Blade runner a Matrix; da V per Vendetta a Gattaca; da Minority Report a Elysium.
Alcuni di quelli citati sono capolavori.
Questo film non lo è. Tuttavia, ha diversi spunti interessanti. In primo luogo, la distopia prende qui forma grazie al bianco e nero inziale che sfuma via via in colore man mano che il film avanza. Una chiara metafora per le emozioni del protagonista che emergono man mano con lo svilupparsi della trama, mentre le catene di una società in cui tutto il sentimento è represso si spezzano maglia dopo maglia.
In The Giver, i personaggi vivono in una società dove ogni persona occupa il suo posto; non ci sono vincitori né vinti; né migliori né peggiori.
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Di universi distopici la cinematografia è piena, da Blade runner a Matrix; da V per Vendetta a Gattaca; da Minority Report a Elysium.
Alcuni di quelli citati sono capolavori.
Questo film non lo è. Tuttavia, ha diversi spunti interessanti. In primo luogo, la distopia prende qui forma grazie al bianco e nero inziale che sfuma via via in colore man mano che il film avanza. Una chiara metafora per le emozioni del protagonista che emergono man mano con lo svilupparsi della trama, mentre le catene di una società in cui tutto il sentimento è represso si spezzano maglia dopo maglia.
In The Giver, i personaggi vivono in una società dove ogni persona occupa il suo posto; non ci sono vincitori né vinti; né migliori né peggiori. Nessuno stimolo alla competizione; l'ambizione è repressa, così come ogni tipo di sentimento o passione. Tutto è congelato in una perfezione asettica, tutto calcolato nei dettagli. Ma qualcuno si ribella a tutto ciò: il protagonista vuole scoprire cosa c'è oltre. E pian piano che le sue consapevolezze aumentano, ci si rende conto di come il mondo reale non sia deterministico come vorremmo. Tutto è lasciato al caso e, soprattutto, esistono la rabbia, l'odio, i ricordi, la passione e l'amore.
Senza guerra non può esserci pace. Senza odio, amore. Nonostante le aberrazioni del nostro mondo di oggi, c'è anche del bene. E forse vale la pena di provare, di sentire, di odiare e di amare, perché così è fatto l'uomo. E soprattutto, il mondo non è un'ampolla di vetro in cui siamo al sicuro da ogni tipo di delusione; il mondo è fuori, nel bene e nel male, e bisogna gettarcisi ed affrontarlo.
Ottima la scena finale in cui i ricordi, le passioni e sentimenti riaffiorano nella società, con gli abitanti che piangono, ridono, sentono di nuovo, mentre il colore esplode sullo schermo, e si vede una Meryl Streep (bravissima come sempre) con una lacrima che scende su di un viso imperscrutabile.
Nonostante il film possa a tratti essere considerato lento, nonostante alcune scene funzionino poco e nonostante il significato del film non sia esattamente una novità per i nostri giorni, usciti dalla sala resta dentro di noi il messaggio che il film vuole trasmettere.
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veritasxxx
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venerdì 3 ottobre 2014
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jonas e quella fantascienza già vista
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Da "La fuga di Logan" in poi, certa cinematografia americana ha sempre amato trattare il tema della società ideale del futuro in cui fame, povertà e violenza sono ricordi di un passato da dimenticare e dove l'umanità è mantenuta in vita in un bunker, protetta dai pericoli del mondo esterno e dove il grande fratello di turno (un computer, una setta di anziani o un ordine precostituito) decide il destino dei sopravvissuti di qualche evento catastrofico con regole molto rigide, pur garantendo la tranquillità e la procreazione della specie. "Il mondo di Jonas" riprende questo modello adattandolo al gusto attuale del pubblico, ovvero con baldi giovani, apparentemente ragazzi qualunque nei quali ogni adolescente può identificarsi che, per caso, si ritrovano ad essere gli eletti che salveranno i destini del mondo o risveglieranno le coscienze dell'umanità fino a quel momento assopita in un sonno della ragione.
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Da "La fuga di Logan" in poi, certa cinematografia americana ha sempre amato trattare il tema della società ideale del futuro in cui fame, povertà e violenza sono ricordi di un passato da dimenticare e dove l'umanità è mantenuta in vita in un bunker, protetta dai pericoli del mondo esterno e dove il grande fratello di turno (un computer, una setta di anziani o un ordine precostituito) decide il destino dei sopravvissuti di qualche evento catastrofico con regole molto rigide, pur garantendo la tranquillità e la procreazione della specie. "Il mondo di Jonas" riprende questo modello adattandolo al gusto attuale del pubblico, ovvero con baldi giovani, apparentemente ragazzi qualunque nei quali ogni adolescente può identificarsi che, per caso, si ritrovano ad essere gli eletti che salveranno i destini del mondo o risveglieranno le coscienze dell'umanità fino a quel momento assopita in un sonno della ragione. L'esempio più lampante, Hunger Games, ha fruttato guadagni milionari e allora perchè non sfruttare l'onda vincente con i vari Ender's game, Divergent et similia?
Il giovane Brenton Thwaites, già visto in Maleficent e Oculus, debutta nel ruolo di protagonista in compagnia di un cast di tutto rispetto: Meryl Streep nei panni della rigida sacerdotessa a capo della comunità, Jeff Bridges impegnato nel ruolo del donatore di memorie, Alexander Skarsgård e Katie Holmes nella parte dei genitori di Jonas. La storia comincia in un bianco e nero che ricorda certa fantascienza anni '50, quando la sceneggiatura dei film ambientati nel futuro non era solo un pretesto per mostrare gli ultimi ritrovati della tecnologia in fatto di effetti speciali, e lentamente ci mostra i colori mano a mano che Jonas acquisisce la capacità di vedere il passato e andare oltre la patina perfetta del mondo in cui è programmata la sua esistenza. Alcune trovate sono interessanti ma la gli eventi confluiscono inevitabilmente verso un finale un po' scontato e ingiustificato (Jonas attraversa il confine del suo mondo e...tutti improvvisamente si ricordano quanto è bello pomiciare e violare la legge?). I riferimenti Orwelliani, già trattati in maniera più sottile in altri film (e Brazil torna alla mente fornendo uno scomodo paragone con l'ingenuo The Giver), tengono in piedi una struttura narrativa che, alla lunga, non sta in piedi e si affretta ad incunearsi verso scene di azione e inseguimenti, forse per distrarre lo spettatore da una qualche carenza di fondo nella sceneggiatura. Sembra quasi un paradosso che, per proteggere l'umanità dagli orrori della storia passata, i suoi membri debbano dimenticare ciò che è successo grazie all'effetto di droghe, come se non sapere fosse un deterrente sufficiente a non lasciare aperta la possibilità che brutture come la guerra avvengano di nuovo, quando poi quella stessa società pratica l'omicidio legalizzato eliminando i bambini non abbastanza forti in stile antica Sparta.
Ma forse non sapere aiuta a commettere mostruosità, come facevano i nazisti che obbedivano solo agli ordini e non erano al corrente dell'esistenza dei campi di concentramento. Ed è questo il messaggio del film, che costituisce un monito per un certo revisionismo storico che vuole cancellare la memoria degli orrori del passato, che poi avvengono ancora quotidianamente sotto gli occhi di tutti.
Nonostante le sue buone intenzioni, Il mondo di Jonas rimane un prodotto di genere che non verrà ricordato tra i migliori del suo tipo e risulta destinato a cadere nel dimenticatoio delle produzioni ancorate alle mode del momento. Peccato, perchè alcune idee erano buone, ma il film soffre della sindrome da "blockbuster Hollywoodiano con attori noti per gente che non ama trame troppo complicate" e il regista Phillip Noyce (Ore 10: calma piatta, Sliver, Il collezionista di ossa) conferma di essere un buon direttore di action movies, ma certamente non un esperto di sociologia dell'evoluzione.
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sailormoon22
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giovedì 2 ottobre 2014
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un teen movie che commuove
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Non capisco le recensioni negative nei confronti di questo film meraviglioso!Mi sono iscritta apposta per spezzare una lancia a suo favore!Intanto astenersi gente strampalata fissata con film pesanti in monodialogo e con sensi contorti....e anche finti critici intelletuali incavolati con il mondo intero e in particolare quello del cinema commerciale!Ovviamente qua si tratta di un teen movie per cui se non siete amanti del genere filate dritto perchè non è una pellicola che fa per voi!Io l'ho trovato stupendo con tante sfaccetatture e mi ha fatto molto pensare a ció che siamo e ció che abbiamo.Le 2 ore volano perchè cè molta azione,cè ovviamente la stroria d'amore ma anche quel senso di verità nuda e cruda di cui spesso ci dimentichiamo.
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Non capisco le recensioni negative nei confronti di questo film meraviglioso!Mi sono iscritta apposta per spezzare una lancia a suo favore!Intanto astenersi gente strampalata fissata con film pesanti in monodialogo e con sensi contorti....e anche finti critici intelletuali incavolati con il mondo intero e in particolare quello del cinema commerciale!Ovviamente qua si tratta di un teen movie per cui se non siete amanti del genere filate dritto perchè non è una pellicola che fa per voi!Io l'ho trovato stupendo con tante sfaccetatture e mi ha fatto molto pensare a ció che siamo e ció che abbiamo.Le 2 ore volano perchè cè molta azione,cè ovviamente la stroria d'amore ma anche quel senso di verità nuda e cruda di cui spesso ci dimentichiamo.Pone delle tematiche estremamente attuali e che toccano un pó tutti noi.Non vi annoierete davvero.Ve lo straconsiglio!
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pier delmonte
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mercoledì 1 ottobre 2014
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tutto sommato....
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In un mondo perfetto si scopre che mancano alcune cose potenzialmente pericolose come amore, gioia e la musica e il dolore e i baci, in questo film lo spettatore si chiede continuamente in quale mondo vorrebbe vivere e se l’obiettivo del romanziere Lowry e’ questo ci puo’ stare, se l’obiettivo invece dei produttori e’ quello di regalarci una perla cinematografica, beh, ho i miei dubbi. Ma Meryl Streep e Jeff Bridges sono stati pagati per recitare in questa pellicolas? Mmh, da vedere insieme ad amici e mocciosi mangiando crostata e bevendo aranciata!
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eva.00
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domenica 28 settembre 2014
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una boccata d'aria fresca.
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In un mondo moderno decisamente grigio e governato dall'ingiustizia, la violenza e la sofferenza, i colori stanno nelle piccole cose: in un tramonto, nei petali di un fiore, nelle voci allegre dei bambini che giocano in un parco. A volte dimentichiamo quanta bellezza e quanto amore ci circonda, tendiamo a passarci sopra, a darlo per scontato. Il significato stesso di un film come questo, sta nella decisione di Jonas: scegliere tra i colori e il dolore, oppure il grigio e la tranquillità. Il prezzo da pagare per vivere una vita senza sofferenze era troppo alto, era troppo privarsi dei piaceri e delle gioie che la vita può regalarci, quelle che ci formano, ci danno emozioni, ci fanno sentire vivi.
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In un mondo moderno decisamente grigio e governato dall'ingiustizia, la violenza e la sofferenza, i colori stanno nelle piccole cose: in un tramonto, nei petali di un fiore, nelle voci allegre dei bambini che giocano in un parco. A volte dimentichiamo quanta bellezza e quanto amore ci circonda, tendiamo a passarci sopra, a darlo per scontato. Il significato stesso di un film come questo, sta nella decisione di Jonas: scegliere tra i colori e il dolore, oppure il grigio e la tranquillità. Il prezzo da pagare per vivere una vita senza sofferenze era troppo alto, era troppo privarsi dei piaceri e delle gioie che la vita può regalarci, quelle che ci formano, ci danno emozioni, ci fanno sentire vivi... Voi cosa avreste scelto?
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eva.00
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domenica 28 settembre 2014
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una boccata d'aria fresca.
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In un mondo moderno decisamente grigio e governato dall'ingiustizia, la violenza e la sofferenza, i colori stanno nelle piccole cose: in un tramonto, nei petali di un fiore, nelle voci allegre dei bambini che giocano in un parco. A volte dimentichiamo quanta bellezza e quanto amore ci circonda, tendiamo a passarci sopra, a darlo per scontato. Il significato stesso di un film come questo, sta nella decisione di Jonas: scegliere tra i colori e il dolore, oppure il grigio e la tranquillità. Il prezzo da pagare per vivere una vita senza sofferenze era troppo alto, era troppo privarsi dei piaceri e delle gioie che la vita può regalarci, quelle che ci formano, ci danno emozioni, ci fanno sentire vivi.
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In un mondo moderno decisamente grigio e governato dall'ingiustizia, la violenza e la sofferenza, i colori stanno nelle piccole cose: in un tramonto, nei petali di un fiore, nelle voci allegre dei bambini che giocano in un parco. A volte dimentichiamo quanta bellezza e quanto amore ci circonda, tendiamo a passarci sopra, a darlo per scontato. Il significato stesso di un film come questo, sta nella decisione di Jonas: scegliere tra i colori e il dolore, oppure il grigio e la tranquillità. Il prezzo da pagare per vivere una vita senza sofferenze era troppo alto, era troppo privarsi dei piaceri e delle gioie che la vita può regalarci, quelle che ci formano, ci danno emozioni, ci fanno sentire vivi... Voi cosa avreste scelto?
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mario nitti
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domenica 28 settembre 2014
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poco di nuovo da dire su un tema sfruttato
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Il film appartiene al filone della fantascienza distopica, dove si immagina un futuro in cui la società abbia sviluppato tratti malati, deformi. In questo caso il mondo dopo la catastrofe si è organizzato in modo perfetto, ciascuno ha il proprio ruolo, nessuno mente mai, tutti mettono al primo posto il bene della società: per ottenere questo risultato si sono dovuti però cancellare i ricordi e le emozioni. Un ragazzo diventa l’accoglitore di memorie e scopre “il mondo dimenticato”, capisce l’inadeguatezza del prezzo pagato per evitare ogni conflitto, e decide di lottare per cambiare le cose.
Viene da dire: “Di nuovo?” Il tema è già stato toccato altre volte e anche la soluzione di girare l’inizio “simbolicamente” in bianco e nero è già vista.
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Il film appartiene al filone della fantascienza distopica, dove si immagina un futuro in cui la società abbia sviluppato tratti malati, deformi. In questo caso il mondo dopo la catastrofe si è organizzato in modo perfetto, ciascuno ha il proprio ruolo, nessuno mente mai, tutti mettono al primo posto il bene della società: per ottenere questo risultato si sono dovuti però cancellare i ricordi e le emozioni. Un ragazzo diventa l’accoglitore di memorie e scopre “il mondo dimenticato”, capisce l’inadeguatezza del prezzo pagato per evitare ogni conflitto, e decide di lottare per cambiare le cose.
Viene da dire: “Di nuovo?” Il tema è già stato toccato altre volte e anche la soluzione di girare l’inizio “simbolicamente” in bianco e nero è già vista. Fa niente. Quanti film sulla box sono stati girati? Eppure spesso hanno aggiunto il proprio pezzetto, a volte sono stati grandi capolavori. Se lo spunto è interessante difficilmente un giorno si potrà dire: “Ormai è stato detto tutto”. Il punto però è proprio questo. Il film dispone di discreti effetti e di un buon cast, con Maryl Streep e Jeff Bridges, ma non ha nulla di nuovo da dire e quindi, cercando di nasconderlo, dice troppo: molte spiegazioni sono affidate alle parole e si abusa di collage di immagini emozionanti. Non basta a dare colore: alla fine resta un prodotto grigio, che tenta di accalappiare i più giovani con una storia che ha per protagonisti ragazzi molto carini che si amano proprio tanto e il cui legame è capace di vincere le regole del mondo degli adulti. Non è davvero molto e si poteva fare meglio.
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