luigi chierico
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lunedì 8 dicembre 2014
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un chiaro di luna e nulla piu’
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Una colossale delusione,a salvarlo soltanto delle magnifiche riprese in grandangolo,a schermo pieno.Posti bellissimi,incantevoli,o,per dirla con Woody Allen,magici.Di magico non c’è altro, uno spicchio di luna attraverso un enorme caleidoscopio appena aperto su un infinito firmamento non ha proprio nulla di magico,molto meglio in “Ricordami ancora”.Bellissime sono le auto d’epoca del 1928,che nel loro splendore,percorrono percorsi polverosi della Costa Azzurra, rimanendo sempre ben lucide,salvo a fermarsi durante un temporale.Le strade sono panoramiche e mostrano la bellezza di un mare incontaminato quale doveva essere circa cento anni fa,all’epoca in cui si svolge questa modesta storia.Ancora più belli ed incantevoli luoghi,ricche dimore delle due famiglie con cui si incontra il protagonista del film Stanley Crawford,ottimamente interpretato da Colin Firth,il regista pare abbia voluto girare questo film solo a questo scopo,se così è bisogna dargli merito di averci trasportato in ville e giardini meravigliosi con fiori,piante ed alberi degni dei più ricchi giardini botanici quale ad esempio quello di Monet a Giverny in Francia.
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Una colossale delusione,a salvarlo soltanto delle magnifiche riprese in grandangolo,a schermo pieno.Posti bellissimi,incantevoli,o,per dirla con Woody Allen,magici.Di magico non c’è altro, uno spicchio di luna attraverso un enorme caleidoscopio appena aperto su un infinito firmamento non ha proprio nulla di magico,molto meglio in “Ricordami ancora”.Bellissime sono le auto d’epoca del 1928,che nel loro splendore,percorrono percorsi polverosi della Costa Azzurra, rimanendo sempre ben lucide,salvo a fermarsi durante un temporale.Le strade sono panoramiche e mostrano la bellezza di un mare incontaminato quale doveva essere circa cento anni fa,all’epoca in cui si svolge questa modesta storia.Ancora più belli ed incantevoli luoghi,ricche dimore delle due famiglie con cui si incontra il protagonista del film Stanley Crawford,ottimamente interpretato da Colin Firth,il regista pare abbia voluto girare questo film solo a questo scopo,se così è bisogna dargli merito di averci trasportato in ville e giardini meravigliosi con fiori,piante ed alberi degni dei più ricchi giardini botanici quale ad esempio quello di Monet a Giverny in Francia.Sebbene l’occhio goda nel vedere tanta ricca vegetazioni,il film cade nell’esagerazione.Accanto a Colin Firth il regista ha scelto Emma Stone,di magrezza piena,nella parte della giovanissima illusionista,Sophie Baker.Il soggetto,dello stesso regista, è talmente povero che non va anticipato.Si salva la sceneggiatura a cui ci ha abituato Woody Allen,battute di spirito,frasi fatte,ironia e sarcasmo alla portata di chiunque.Le frasi sono tante da poterle ricordare e citare,ma si perdono nella lettura del film che non solo non ha una sua morale,un messaggio,anzi priva l’uomo dei suoi sogni.
Non vi è persona al mondo che non si illuda,e piaccia illudersi,sia nell’amore ed eterna fedeltà,sia nel successo o in una vincita,ma per tutti in un mondo migliore, in un al di là,nel Paradiso. L’ illusione diventa fede,diventa certezza. Con questo film Woody Allen vuol mettere in fuga ogni sogno,ogni illusione,non farci credere più a nulla.Non ci sono ideali,come non ci sono trucchi,non c’è nulla di mistero nella creazione,così non vi è magia neanche in questo suo”Magic in the Midnight”.Se la magia è far scattare la scintilla dell’amore,far scoccare il dardo dalla faretra di Eros,bene allora la magia esiste per davvero. Ma il regista è un materialista non un sognatore, occorre provare che tutto quello a cui assistiamo,dalle stelle,alla nascita,dalla vita alla morte ha una sua naturale e razionale spiegazione.In questo,a suo modo ci riesce nell’intendo, allorché Stanley,illudendosi di poter credere alla magia,aveva incontrato la felicità. Sono tanti i Wood Allen al mondo e li compatisco,
rimangono con i piedi per terra senza mai rivolgere gli occhi in alto.
L’autore non tiene conto della magia dei numeri,della matematica,della perfezione della rete di un ragno,del regno delle api,del mistero del cervello umano.
Smascherare il mago non significa dimostrare che non vi sia qualcosa di magico attorno all’uomo,lo dice nel film ma in conclusione il mago non esiste.Lo spettatore razionale ci perviene sin dal primo momento;dubita ingenuamente Stanley:“come fa a sapere tutte queste cose!”dimentico che non si può sapere solo ciò che non è mai stato.
Invito Woody ed i suoi estimatori a leggere il libro di Renzo Allegri “Rol. Il grande veggente” 1903-1994, e le testimonianze di Maria Luisa Giordano.
Se è tutto falso W.A.non ci rubi i sogni.
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vincenzo ambriola
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lunedì 8 dicembre 2014
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topi incantati alla corte di woody
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Un famoso prestigiatore è chiamato in causa per smascherare una giovane veggente che sta imperversando sulla Costa Azzurra, dove opera insieme a sua madre a danno di facoltosi creduloni. L'abilità della veggente è tale da sconvolgere il prestigiatore e a fargli rinnegare anni di scientifica scetticità verso l'arcano, la fede e tutto ciò che non ricade sotto l'ala protettrice della scienza e della razionalità. Film leggero, recitato sopra le righe, senza slanci emotivi, perfetto nelle ambientazioni e nella scelta della colonna sonora (jazz, ovviamente), non riesce a suscitare vere emozioni ma una semplice curiosità su come andrà a finire la vicenda, su quale trucco Woody Allen userà per stupirci.
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Un famoso prestigiatore è chiamato in causa per smascherare una giovane veggente che sta imperversando sulla Costa Azzurra, dove opera insieme a sua madre a danno di facoltosi creduloni. L'abilità della veggente è tale da sconvolgere il prestigiatore e a fargli rinnegare anni di scientifica scetticità verso l'arcano, la fede e tutto ciò che non ricade sotto l'ala protettrice della scienza e della razionalità. Film leggero, recitato sopra le righe, senza slanci emotivi, perfetto nelle ambientazioni e nella scelta della colonna sonora (jazz, ovviamente), non riesce a suscitare vere emozioni ma una semplice curiosità su come andrà a finire la vicenda, su quale trucco Woody Allen userà per stupirci. Colin Firth appare a disagio nella parte del prestigiatore: la mimica facciale tradisce l'estraneità verso il personaggio, le battute che dette da Woody sarebbero micidiali diventano banali e scontate. Emma Stone, nei panni della veggente, sembra persa e fuori luogo, ingenua quando dovrebbe sedurre e piatta quando dovrebbe stupire con le sue doti paranormali. Un insuccesso, una caduta di stile? No, è sempre il vecchio Woody Allen che non rinuncia alle sue idee, alle sue storie, ai suoi paesaggi e alle sue musiche e noi, come topi incantati, gli andiamo dietro ricordando e sperando di rivedere vecchi successi nel suo ultimo nuovo film.
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maramaldo
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lunedì 22 dicembre 2014
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la cometa di allen
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Periodicità: un annetto o giù di lì. Caratteristiche : non lascia tracce, dopo breve apparizione si perde nel meritato oblio. Come si forma: per alcuni a seguito di una o più sponsorizzazioni raccolte a cui si applica attorno una vicenda; favorito il Made in Italy; un indizio stavolta si trova osservando il muso delle vintage car, luccicanti anche dopo aver corso negli allora polverosi sentieri della Corniche. Altri attribuiscono il parto dell'opera all'influenza dello psicanalista di W.A. il quale gli raccomanda di stare a stretto contatto continuo con quelle attrici che hanno il potere di procurargli travagli creativi.
Pregi della pellicola: scenografie (ville, giardini, panorami da brochure turistica); costumi (realizzati dalla fedele Sonia Grande, di eleganza ed estro squisiti).
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Periodicità: un annetto o giù di lì. Caratteristiche : non lascia tracce, dopo breve apparizione si perde nel meritato oblio. Come si forma: per alcuni a seguito di una o più sponsorizzazioni raccolte a cui si applica attorno una vicenda; favorito il Made in Italy; un indizio stavolta si trova osservando il muso delle vintage car, luccicanti anche dopo aver corso negli allora polverosi sentieri della Corniche. Altri attribuiscono il parto dell'opera all'influenza dello psicanalista di W.A. il quale gli raccomanda di stare a stretto contatto continuo con quelle attrici che hanno il potere di procurargli travagli creativi.
Pregi della pellicola: scenografie (ville, giardini, panorami da brochure turistica); costumi (realizzati dalla fedele Sonia Grande, di eleganza ed estro squisiti).
In questi panni fini si cala (e ci resta) Colin Firth (Stanley) in un'azzeccata versione Anni 20 del pirla pretenzioso. Perfetto, ci avrà messo del suo, l'Oscar.
Altrettanto perfetto nel ruolo dichiarato dell'imbecille Hamish Linklater (Brice) cui un minimo di carattere, un millimetro di spessore non avrebbero fatto male. E quella specie di mandolino, per favore, faglielo strimpellare una volta sola! Ma lo suoinava Mia Farrow ne La rosa purpurea del Cairo. Allora? Nostalgia (di Mia) o riciclo (dell'ukulele)?
Riciclato senz'altro lo spunto dell'illusionismo. Dopo Calderon de la Barca, Leopardi, Pirandello e chissà quanti altri, si attendeva una parola definitiva sul conflitto tra realtà ed illusione.
Ma ci sono messaggi, simbolismi...Sicuro. Ogni lavoro di Allen contiene allusioni oppure un sostrato da cui trapelano le sue nevrosi le quali, però, finchè riteniamo che siano sue soltanto ce lo fanno trovare spassoso. Stavota, no. Intanto, stanco e svogliato, ha sprecato trama e tema degni di Shakespeare: "Rivale invidioso ordisce macchinazione ai danni di uno sciocco con l'ausilio di perfida incantatrice ma, beffa del destino, sicario e vittima fall in love". Cosa fa il Nostro? Non volendosi impegnare a delineare un costrutto narrativo, con l'azione (si fa per dire) che langue, fa sedere Colin Firth e gli fa snocciolare delle chiacchiere tra cui una manfrina che si voleva irriverente (la preghiera per la zia) per farci scoprire che l'essre umano, preso da strizza, si rivolge al Cielo tra dubbio e speranza che ciò funzioni.
Ed ora la mia teoria.. Il vecchio Woody ha montato il film solo pensando a lei, Emma Stone. Infischiandosi - come di solito con le sue muse - di spiegarle come (e se) recitare. Francamente, non serviva. Basta un brillio dello smeraldo di quegli occhi di ghiaccio scandinavo per creare tutto il magic che volete. E senza sforzo Emma dà corpo, leggiadro e vibrante, ad un classico dell'immaginario romantico: simulatrice subdola, bugiarda sfrontata ma tenera, sentimentale, cuore innocente. Vera, Sophie, nel vissutoi riprovevole e patetico che racconta. Autentica, nei suoi tratti appena appena plebei in contrasto felice con la melensa distinzione che l'attornia.
E se tutto ciò non bastasse: charleston, dixieland, whisky a volontà...
Old America à la Cote d'Azur. Sembra il piatto di un rinomato chef. E lo è.Ed è piaciuto. In sala, qualcuno ha pure applaudito.
Fatevene una ragione. Non tutto si spiega con la ragione.
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cesare premi
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venerdì 16 gennaio 2015
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gradevolmente mediocre
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Magic in the moonlight presenta indubbiamente qualche elemento di interesse nell'idea generale e nelle scene iniziali, che ci mettono di fronte a sbalorditivi spettacoli di magia, sparizione, levitazione. Interessante anche il filo narrativo principale del film, ovvero il tentativo da parte del famoso mago e prestigiatore Stanley Crawford di smascherare l'ennesima sedicente medium (la giovane e attraente americana Sophie Baker), così come l'ambientazione tra una Costa Azzurra e una Provenza d'antan (siamo negli anni Trenta del Novecento). Tuttavia presto subentra un sentimento di déjà vu, la percezione di un vizio di manierismo da parte di un regista che più che mettere il timbro della sua inconfondibile cifra stilistica ripete stancamente se stesso.
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Magic in the moonlight presenta indubbiamente qualche elemento di interesse nell'idea generale e nelle scene iniziali, che ci mettono di fronte a sbalorditivi spettacoli di magia, sparizione, levitazione. Interessante anche il filo narrativo principale del film, ovvero il tentativo da parte del famoso mago e prestigiatore Stanley Crawford di smascherare l'ennesima sedicente medium (la giovane e attraente americana Sophie Baker), così come l'ambientazione tra una Costa Azzurra e una Provenza d'antan (siamo negli anni Trenta del Novecento). Tuttavia presto subentra un sentimento di déjà vu, la percezione di un vizio di manierismo da parte di un regista che più che mettere il timbro della sua inconfondibile cifra stilistica ripete stancamente se stesso. Il film scorre via gradevolmente e alla fine il roccioso razionalismo di Stanley dovrà capitolare di fronte alle straordinarie performance paranormali di Sophie (anche se il prosieguo ci riserva una sorpresa inaspettata), così come il suo cinismo misantropico e il suo disincanto dovranno capitolare di fronte alla fresca giovinezza e fascinazione di lei. Il film procede a grandi passi, e senza troppe pretese, verso la sua conclusione romantico-sentimentale; ma quando ti capita di riuscire a indovinare con un attimo di anticipo quasi tutte le scene che si preparano vuol dire che qualcosa non funziona a dovere. Comincio seriamente a pensare che Woody Allen dia il meglio di sé nei film drammatici piuttosto che nelle commedie, dove più evidente è l'effetto manieristico.
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ultimoboyscout
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venerdì 23 gennaio 2015
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seconda tappa francese per woody.
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Costa Azzurra, anni '20: a un distinto gentiluomo inglese, di professione illusionista di gran successo, scettico all'inverosimile, viene affidato l'arduo incarico di smascherare una medium di cui si dice abbia doti divinatorie. Ma l'uomo è fermamente convinto che sia solo una delle tante ciarlatane in circolazione e che ha già sbugiardato in passato, solo più affascinante delle altre. Dopo "Midnight in Paris", Woody Allen, ormai di casa e a suo agio in Europa, torna per la seconda volta in Francia, non discostandosi troppo da quelli che sono i suoi standard ormai consolidati, quali garbatissimi imprevisti sentimentali, magia (presentissima nella sua più recente filmografia, ma anche in passato) e un cast cha varia da film a film.
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Costa Azzurra, anni '20: a un distinto gentiluomo inglese, di professione illusionista di gran successo, scettico all'inverosimile, viene affidato l'arduo incarico di smascherare una medium di cui si dice abbia doti divinatorie. Ma l'uomo è fermamente convinto che sia solo una delle tante ciarlatane in circolazione e che ha già sbugiardato in passato, solo più affascinante delle altre. Dopo "Midnight in Paris", Woody Allen, ormai di casa e a suo agio in Europa, torna per la seconda volta in Francia, non discostandosi troppo da quelli che sono i suoi standard ormai consolidati, quali garbatissimi imprevisti sentimentali, magia (presentissima nella sua più recente filmografia, ma anche in passato) e un cast cha varia da film a film. Sotto la maschera da commedia romantica, il rgista newyorchese inscena uno dei suoi dibattiti filosofici preferiti, quello sulla supremazia della ragione sull'intuito, lo scontro tra scettici e credenti, incarnati rispettivamente da un decadente e perfettamente malinconico Colin Firth e da una sensualissima fata ammaliatrice come Emma Stone, incredibilmente ben calata nei tempi filmici di Allen (e già scritturata per il suo prossimo lavoro). Pellicola non brutta ma che alla lunga stufa, gli ultimi venti minuti sono di una lentezza spaventosa, il ritmo scende di troppi giri e la storia stagna ma è impossibile non notare i bellissimi abiti di scena e una luce che sembra rubata dai quadri degli impressionisti dell'epoca, con splendidi sfarfallii tendenti all'arancio. L'alchimia tra i due protagonisti è la cosa migliore della pellicola, nonostante siano diversissimi, tanto british lui quanto teen pop lei, riuscendo a far rompere all'amore gli schemi rigidissimi della disillusione e della misantropia. Oltre alla magia, il regista non rinuncia al jazz, altra sua grande passione ma soprattutto, attraverso questo film, Allen dimostra come il vero incantesimo sia trovare l'inaspettato, indipendentemente dalla forma cui si mostra: amore o verità.
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fexy96
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domenica 7 dicembre 2014
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appagante per l'animo
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Una commedia leggera e rilassante. Un divertente spaccato di una surreale situazione. Un film che fa bene all'animo e che fa staccare da ogni pensiero. Un film di cui ci si innamora. Emma Stone e Colin Firth superbi, a volte purtroppo affiancati da attori non all' altezza. Woody più leggero del solito, ma comunque con dialoghi densi di significato e degni del miglior filosofo. Consigliatissimo.
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great steven
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domenica 7 agosto 2016
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verboso e non riuscito secondo le intenzioni.
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MAGIC IN THE MOONLIGHT (USA, 2014) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da COLIN FIRTH, EMMMA STONE, SIMON MCBURNEY, HAMIS LINKLATER, EILEEN ATKINS, MARCIA GAY HARDEN, JACKI WEAVER, ERICA LEERHSEN
Stanley Crawford è un famoso illusionista che gira l'Europa portando in giro gli spettacoli nei quali smaterializza e rimaterializza animali e persone dietro pannelli e all'interno di sarcofaghi. Uomo egocentrico e pessimista, metodico e razionale, diventa terribilmente scettico ogniqualvolta si scontra con l'inspieabile. Durante una sua tournée a Berlino (siamo nel 1928); l'amico e collega Howard, che si è sempre roso per non essere al livello di Stanley, gli propone di fare un lavoretto già svolto in passato: smascherare un falso medium.
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MAGIC IN THE MOONLIGHT (USA, 2014) diretto da WOODY ALLEN. Interpretato da COLIN FIRTH, EMMMA STONE, SIMON MCBURNEY, HAMIS LINKLATER, EILEEN ATKINS, MARCIA GAY HARDEN, JACKI WEAVER, ERICA LEERHSEN
Stanley Crawford è un famoso illusionista che gira l'Europa portando in giro gli spettacoli nei quali smaterializza e rimaterializza animali e persone dietro pannelli e all'interno di sarcofaghi. Uomo egocentrico e pessimista, metodico e razionale, diventa terribilmente scettico ogniqualvolta si scontra con l'inspieabile. Durante una sua tournée a Berlino (siamo nel 1928); l'amico e collega Howard, che si è sempre roso per non essere al livello di Stanley, gli propone di fare un lavoretto già svolto in passato: smascherare un falso medium. Nella fattispecie, si tratta di Sophie Baker, giovanotta affascinante, che si vanta di saper comunicare con gli spiriti dei defunti e di leggere nel pensiero. Stanley accetta senza riserve, già convinto che l'impresa avrà un successo immediato e completo. Ma quel che non sa è di esser stato coinvolto in un enorme scherzo particolaregiato ed elaborato, i cui artefici altri non sono che gli stessi Howard e Sophie, intenzionati a distruggere l'armatura di raziocinio e pragmatismo con la quale il bravo ma troppo rigido illusionista tenta di spiegare i fenomeni del mondo. Inizialmente persuaso che Sophie Bakr sia una reale sensitiva, Stanley cade sempre più nel profondo della trappola sentimentale che lei gli tende, cedendo alle sue lusinghe e al suo fascino, finché lei stessa non si accorge di amare lui a sua volta. Fra la delusione dello sconfitto Howad (perché l'amico di una vita, al termine, sventerà il suo ben architettato ma non infallibile imbroglio) e i sagi insegnamenti di Vanessa, la zia di Stanley, sullo sfondo della meravigliosa riviera della Francia meridionale, i due protagonisti scopriranno le leggi di una chimica terrena che li guiderà sulla strada di un amore certamente insolito e fuori dagli schemi, ma non per questo meno intenso. Fra i film del regista newyorkese realizzati negli anni 2010, è senza dubbio il meno riuscito, e non solo perché Firth non è un attore alleniano. I suoi difetti vanno ricercati nell'eccessiva verbosità e magniloquenza dei dialoghi, nella recitazione stereotipata e forzata della magior parte degli interpreti, nella leziosità e smanceria dei sentimenti che si instaurano fra i personai e anche nella ricerca sfrenata e sfibrante di una happy end che non fa altro che risultare zuccherosa e al limite del buonismo. Non manca comunque di scene gustose che non lesinano su gag onestamente divertenti e azzeccate: ad esempio, la sequenza del chiaro di luna al planetario, che dà il titolo alla pellicola, e i molteplici balli che infittiscono la trama di tanto in tanto meritano senz'altro una lode seria e attenta per il montaggio e la musica che le accompagnano. Ma nel complesso il film è troppo parlato e manca di momenti riflessivi che, ai fini della trama, sarebbero stati utili, mentre la stessa sovrabbonda di una quantità morbosa di carne al fuoco per il desiderio a briglia sciolta di aprire troppe porte e spiegare troppe cose, per altro con un tono pagliaccesco che trasforma l'intera opera in un raccontino in chiave burlesca che non assolve i compiti che il suo autore si era prefisso. Fra i suoi pochissimi pregi, si possono però indicare la godibile ambientazione negli anni '20 che, fra musica jazz d'epoca e vestiti tipici, porta lo spettatore in un universo che ormai appartiene al passato e che fa rivivere, anche per chi allora non c'era, un'atmosfera pregna di quella stupefacente magia che doveva essere, come già sottolineato, la finalità principale negli obiettivi di Allen, regista e sceneggiatore, ma che invece ha trovato materialmente un'attuazione solo parziale e molto, molto singhiozzante. Quanto al reparto femminile, E. Stone risulta troppo sdolcinata, mielosa e carina per un ruolo dal quale sarebbe invece stato interessante trarre un carico di gelida malia e spietata femminilità in stile dark lady, mentre la brava Harden appare decisamente sprecata in un ruolo da comprimaria che non va di tanto oltre il cammeo. Il suo significato si apre indubbiamente all'ottimismo e alla speranza, ma la sua pretesa di spiegare l'occulto e l'irrazionale, o addirittura il senso di quel presunto, ipotetico mondo oscuro che esula dalla comprensione umana, rende la relativa messinscena alquanto arrogante e superficiale. Un'altra piccola consolazione risiede nell'abituale e immancabile nevrosi dei personaggi: quantomeno da quest'aspetto, si capisce che abbiamo a che fare col cinema di Allen! Un W. Allen che, però, ultimamente, si sta facendo troppo metafisico e, al contempo, sentimentale; per quanto gli ultimi Midnight in Paris, To Rome With Love e Blue Jasmine non abbraccino nel mondo più assoluto questo reistro. Infatti, Magic in the Moonlight non regge con essi il confronto, rivelandosi di caratura inferiore.
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johnny1988
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domenica 7 dicembre 2014
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sospiro di sollievo
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A dispetto di quella che si può considerare una stagione tipicamente grama di titoli come il mese di Dicembre, in cui si accumulano cinepanettoni, cartoons e prodotti commerciali freschi di festival, questo Natale ci riserva titoli con distribuzioni di rado reperibili nelle sale, come Microcinema, Parthenos, Good Films. Con l'impressione - da qui a un po' di tempo - di percepire un risveglio culturale da e verso il cinema narrativo. In questo ampio menu, tuttavia, il gusto personale e l'affetto per certi autori prevale sulla novità e l'essai, così ho deputato questo sabato a "Magic in the Moonlight", un po' con la speranza di rinverdire il giudizio su Woody Allen degli ultimi lavori, un po' per affetto, un po' per esigenza.
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A dispetto di quella che si può considerare una stagione tipicamente grama di titoli come il mese di Dicembre, in cui si accumulano cinepanettoni, cartoons e prodotti commerciali freschi di festival, questo Natale ci riserva titoli con distribuzioni di rado reperibili nelle sale, come Microcinema, Parthenos, Good Films. Con l'impressione - da qui a un po' di tempo - di percepire un risveglio culturale da e verso il cinema narrativo. In questo ampio menu, tuttavia, il gusto personale e l'affetto per certi autori prevale sulla novità e l'essai, così ho deputato questo sabato a "Magic in the Moonlight", un po' con la speranza di rinverdire il giudizio su Woody Allen degli ultimi lavori, un po' per affetto, un po' per esigenza. Complice un cast assortito e un Colin Firth sulla cresta dell'onda, Woody Allen strizza l'occhio agli addetti del suo cinema anni '80. Rispuntano l'arcadica natura di "Una Commedia Sexy in una Notte di Mezza Estate", la nostalgia felliniana di "Radio Days" e "Broadway Danny Rose", la dimensione evanescente di "Alice", il bisogno di evadere dalla "geometria logica", che sia uno scavalcamento di schermo, un trucco di magia, o un viaggio nelle diverse epoche. Pur lontano dalla maestria di "Ombre e Nebbia" - era poi il '92! - Magic in the Moonlight persegue il filo rosso di Woody Allen, del bisogno della menzogna, dell'atto profondamente umano - ma non meschino - di consolarsi dalla prospettiva della morte, della noluntas tanto cara ai filosofi "romantici" cui il regista dedica il suo pensiero da oltre 40 anni. Tornano a calcare il palcoscenico le incarnazioni della filosofia empirica, della psicoanalisi, della ragion pura e del deterrente di ogni logica, l'amore. Il sentimento, in quest'opera viene elaborato come il frutto di un mero trucco di magia, capace di scalfire anche un razionalista pervicace come il mago protagonista. Ancora una volta, Allen si misura con la triste "disillusione" e le contraddizioni comiche del mondo adulto, con la malinconia passiva che si trasforma in sentimento attivo. Il metodo rimane il più antico e mediterraneo: il riso, la catarsi. Ottima, come sempre, la fotografia di Darius Khondji, già autore in Delicatessen, Io Ballo da Sola, Amour e Seven. Fermo restando di non assistere a un capolavoro, Woody Allen pare ancora in grado di sognare e farci un po' sognare, forse le idee gli arrivano negli intervalli fra un ciak e l'altro in cui si appisola.
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flaw54
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domenica 7 dicembre 2014
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il solito inutile woody
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Stessa musica, stessi colori, stessi dialoghi:una noia mortale! Allen non sa più essere se stesso e ripete ormai sempre lo stesso film. I tempi di Crimini e misfatti e soprattutto fi Match point sono ormai lontani. Il filo della storia è assai tenue ( e questo è un eufemismo), gli attori ormai sono interscambiabili, tanto non hanno più una loro identità. Mi meraviglio del fatto che Colin Firth ed Emma Stone accettino queste parti. Il film poteva svolgersi sul lettino di uno psicanalista con Allen che parla e il medico cge ascolta. Solo il livello lessicale dei dialoghi è talvolta divertente, ma sicuramente troppo barocco ed eccessivamente ricercato. Ma il realismo non è una finalità dell'ormai sbiadito Woody!
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