fabian t.
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mercoledì 10 dicembre 2014
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woody allen in piena forma
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Storia frizzante, scorrevole, leggera, funzionale ed efficace. Tutto il film si avvale di splendide scenografie dai meravigliosi tocchi cromatici e dalla lodevole cura dei dettagli. L'ottima recitazione e la perfetta struttura dialogica, costituita da un'arguta e irresistibile sintassi fraseologica, rendono questo delizioso film un piccolo grande capolavoro. Non solo una piacevole commedia, però, bensì una studiata sottolettura postromantica con cui si analizza con intelligenza e creatività il rapporto tra razionale e irrazionale presente in ciascuno di noi. Insomma, un Woody Allen in piena forma. Assolutamente consigliato.
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frankdamiano
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martedì 3 febbraio 2015
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woody allen, è sempre magia!
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Il caro Woody Allen non si smentisce neanche questa volta. Non è il suo miglior film dicono, forse è vero, anche se non è chiaro perché il film successivo deve essere migliore di quello precedente, è come chiedere a una coppia appena sposata di la stessa passione carnale dei primi tempi, giorno dopo giorno, sappiamo invece che, ahimè, avverrà l'esatto contrario. Detto ciò, si sa, un film deve intrattenere, incassare quattrini e perché no smuovere l'anima e farci pensare e "Magic in the moonlight" ci riesce bene. Woody Allen non mostra la risposta al tema, se non la sua, ma ci fornisce tutti gli elementi affinché ognuno alla fine del film, e si spera nella propria vita, possa fare la sua scelta: essere cinici e razionali su tutto ciò che ci circonda e accade oppure guardare gli eventi con un altro approccio, più spirituale, come se tutto avesse un senso al di là dei dogmi religiosi.
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Il caro Woody Allen non si smentisce neanche questa volta. Non è il suo miglior film dicono, forse è vero, anche se non è chiaro perché il film successivo deve essere migliore di quello precedente, è come chiedere a una coppia appena sposata di la stessa passione carnale dei primi tempi, giorno dopo giorno, sappiamo invece che, ahimè, avverrà l'esatto contrario. Detto ciò, si sa, un film deve intrattenere, incassare quattrini e perché no smuovere l'anima e farci pensare e "Magic in the moonlight" ci riesce bene. Woody Allen non mostra la risposta al tema, se non la sua, ma ci fornisce tutti gli elementi affinché ognuno alla fine del film, e si spera nella propria vita, possa fare la sua scelta: essere cinici e razionali su tutto ciò che ci circonda e accade oppure guardare gli eventi con un altro approccio, più spirituale, come se tutto avesse un senso al di là dei dogmi religiosi. Come un mago domina la tecnica dell'illusionismo per stupire gli spettatori allo stesso modo tutti noi, con consapevolezza, possiamo stupirci per un evento della natura o un incontro "casuale" con qualcuno grazie alla magia, non in quanto numero d'illusionismo ma quell'antidoto che ci concede una tregua dall'arida quotidianità. Con consapevolezza? Sì, perché essa non significa soltanto sapere chi siamo e chi vogliamo essere bensì saper scegliere le proprie illusioni.
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killbillvol2
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martedì 3 marzo 2015
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magic in the cinema
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I risultati di Woody Allen, nell'ultimo decennio, come tutti ben sanno, sono stati a dir poco altalenanti. Però, dopo l'abbaglio italiota preso con To Rome With Love (dopo il quale si inneggiava alla totale degenerazione del suo talento), aveva stupito con un atto di accusa e denigrazione di tutta la società e l'umanità col bellissimo Blue Jasmine. Così, Allen aveva ridestato l'attenzione e riacceso la speranza verso il suo cinema (nichilista e privo di speranza) e ha tenuto fede al suo patto col diavolo, sfornando a distanza di un anno, un nuovo film.
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I risultati di Woody Allen, nell'ultimo decennio, come tutti ben sanno, sono stati a dir poco altalenanti. Però, dopo l'abbaglio italiota preso con To Rome With Love (dopo il quale si inneggiava alla totale degenerazione del suo talento), aveva stupito con un atto di accusa e denigrazione di tutta la società e l'umanità col bellissimo Blue Jasmine. Così, Allen aveva ridestato l'attenzione e riacceso la speranza verso il suo cinema (nichilista e privo di speranza) e ha tenuto fede al suo patto col diavolo, sfornando a distanza di un anno, un nuovo film. E le critiche sono ricominciate, più aspre che mai. In America lo si massacra, ma si sa che l'ebreo newyorchese più famoso del mondo non è ben visto in patria, dalla quale si è parecchio allontanato per rifugiarsi in Europa (come il regista di Hollywood Ending), culla della cultura e delle civiltà, ma anche disposta a dargli l'appoggio dell'ente del turismo. Questo era il grandissimo rischio di Magic In The Moonlight, commedia ambientata tra Berlino, Londra e, soprattutto, la Costa Azzurra. Ed è stato proprio correndo questo altissimo e terribile pericolo che Woody Allen ha dimostrato di non aver perso il suo tocco, di rimanere, ancora oggi dopo quarant'anni di carriera e 79 anni sul groppone, quello che è sempre stato: un genio. Non perché quest'ultima opera sia particolarmente geniale, nuova o illuminante, ma è originale nel panorama del cinema alleniano, soprattutto dopo l'accurato ritratto della disperazione e dell'inutilità della vita visto nella "Triste Jasmine". Magic In The Moonlight è un film prevedibile dall'inizio alla fine, persino nei colpi di scena. Ma allora perché si sta col fiato sospeso per tutta la sua durata? Perché non si distoglie mai lo sguardo? E perché si ride ancora per battute vecchie trent'anni? Perché il tutto è perfetto, tutto è al posto giusto, i movimenti (di macchina e degli attori) sono calibrati al millimetro. Perché Colin Firth si dimostra ancora una volta un grandissimo attore (non sempre supportato dalla sua controparte femminile, Emma Stone) e perché i dialoghi sono ancora una volta meravigliosi. In pratica, perché siamo davanti a un film di Woody Allen. Fratello minore (ma forse maggiore nella qualità) di Midnight In Paris e pronipote delle sophisticated comedy degli anni 30 con echi del teatro di Wilde, Magic In The Moonlight ha ancora nel suo epicentro gli anni 20, ritratti nel loro splendore (ci sono persino balli che sembrano usciti dalla casa di Gatsby), prima che la guerra rovini la loro illusione e la spensieratezza.
Ha azzeccato chi ha detto che questo potrebbe essere un testamento per il regista: la vita non ha senso, non c'è niente dopo la morte, ma la magia, noostante tutto, esiste. La magia dell'amore che serpeggia e si fa strada ovunque, prima o poi, e che riesce a corrompere perfino il misantropo Firth (che altri non è che lo stesso Allen), ma anche la magia del cinema che riesce a illudere come fanno i protagonisti. Il film sa che lo spettatore è credulone come i Catledge e ci gioca continuamente, fino all'ultimo. Poi Allen riconferma la sua ragione e il suo nichilismo, senza però la tragicità dei suoi film drammatici o de La Rosa Purpurea del Cairo (con il quale condivide il tema dell'inganno). Di conseguenza esso rimane intaccato dal sentimento più irrazionale e privo di senso che esista, il quale è visto, al contrario di Match Point (o altre opere del regista), come riconciliazione. "Il mondo può anche essere del tutto privo di scopo, ma non del tutto privo di magia" dice la Zia Vanessa nel finale. Tentativo di autoconsolazione, ora che "l'unico supereroe esistente" si sta avvicinando? Forse, anche se non lo sapremo mai con esattezza. Nel frattempo ci godiamo un altro bellissimo film, e non importa se tutto si riduce ancora una volta al vecchio whatever works. In fondo, finché funziona, perché ci dovremmo preoccupare?
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marcello bardini
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lunedì 15 dicembre 2014
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woody, ti prego, torna ad impegnarti
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C'era una volta.... — Un bravo regista! — diranno subito i miei piccoli lettori. — No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un signore che faceva film ogni volta che usciva di casa, come Stephen King e Andrea Vitali scrivono un romanzo nuovo alla settimana.
Anche io dico la mia su “Magic in the moonlight”, il nuovo film di Woody Allen.
Qualora non aveste voglia di arrivare alla fine di questo post, lo scrivo subito senza tanti fronzoli: non guardate questo film e usate quell’ora e mezza per dedicarvi a ben più proficue attività, siano esse in un bar o fra le lenzuola.
Ecco, Woody. Perché ci fai questo? Un famoso illusionista (Colin Firth) viene incaricato di smascherare una “veggente” (Emma Stone), la quale starebbe imbrogliando tutti i membri di una ricca famiglia americana in vacanza in Costa Azzurra.
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C'era una volta.... — Un bravo regista! — diranno subito i miei piccoli lettori. — No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un signore che faceva film ogni volta che usciva di casa, come Stephen King e Andrea Vitali scrivono un romanzo nuovo alla settimana.
Anche io dico la mia su “Magic in the moonlight”, il nuovo film di Woody Allen.
Qualora non aveste voglia di arrivare alla fine di questo post, lo scrivo subito senza tanti fronzoli: non guardate questo film e usate quell’ora e mezza per dedicarvi a ben più proficue attività, siano esse in un bar o fra le lenzuola.
Ecco, Woody. Perché ci fai questo? Un famoso illusionista (Colin Firth) viene incaricato di smascherare una “veggente” (Emma Stone), la quale starebbe imbrogliando tutti i membri di una ricca famiglia americana in vacanza in Costa Azzurra.
Niente da eccepire, al solito, sulla direzione degli attori. Tutti nella parte. Marcia Gay Harden (la mamma-manager della Stone) ed Eileen Atkins (la zia di Firth) da applausi. Forse Firth un po’ sopra le righe, ma il personaggio, d’altronde, lo richiede.
E per il resto?
Signori, si sbadiglia.
Stupisce come Woody riesca ad abbinare banalità da bacio Perugina (“Il mondo può anche essere del tutto privo di scopo, ma non del tutto privo di magia”) a battute comunque abbastanza interessanti (“Quello che non ci uccide, il più delle volte ci frega”). Alla fine, però, la zampata del vecchio leone non riemerge, ahimé, quasi mai. Fatta forse eccezione per il penultimo dialogo tra Firth e l’anziana zia.
Una commedia con qualche riflessione su magia e illusionismo, con lieto fine: spoilerino piccolo piccolo, scusate, ma tanto lo sapevate già. La banalità più becera, condita con una Costa Azzurra un po’ troppo da cartolina. Perdonam Woody ma, se proprio devo, mi riguardo “The prestige” o, se devo scegliere fra i tuoi, “Scoop”.
E, attenzione, non sto criticando il film leggero in genere, eh. Sono il primo a dire che ci vogliano anche quelli. Voglio dire, non che io passi il mio tempo a guardare solo Bergman o Kurosawa. Di tanto in tanto mi devo guardare anche il film con Steven Seagal, per staccare la mente. Il film di cui conosci ogni cosa ancora prima di vederlo, magari anche di bassa qualita, ma che proprio per questo ti fa sentire a casa. Però se vado a vedere Woody Allen mi aspetto qualcos’altro, ecco.
“Allen ripete sempre lo stesso film ogni anno, ma lo ripete bene”. E’ uno dei comandamenti del cinefilo. Con il quale non sono d’accordo, pur mettendo Woody tra i miei preferiti di sempre. Un anno fa scrissi che “Blue Jasmine” mi aveva davvero entusiasmato, con il suo livello quasi da “Match Point”. Allora, mi chiedo, perché invece di riciclare all’infinito (male) la magia (nel senso di “film che parla di magia”) di “Stardust Memories”, Woody non resta sul film quasi drammatico? Mah.
L’unico aspetto positivo del film è che, usciti dalla sala, torna la voglia di andare a rivedere “The Big Lebowski” o “Tempi moderni”, in questi stessi giorni tornati al cinema per i nostalgici. O comunque, viene voglia di scommettere i soldi del biglietto nel prossimo di Ken Loach o di Tim Burton. Che come effetto collaterale non è male.
“Non va mai preso alla leggera un film di Woody Allen”, è un altro dei comandamenti del cinefilo. Ecco, io questo film non l’ho proprio preso. Punto.
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maria f.
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lunedì 15 dicembre 2014
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evviva i buoni film!
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Ci sono alcuni film che lasciano senza fiato per il contenuto dei dialoghi, ti attanagliano, non ti permettono di non riflettere, impongono un’analisi e tu sei letteralmente coinvolta, cullata, ciondolante, altre volte, turbata, tormentata, in ogni caso sempre arricchita.
Questo film è indubbiamente ben fatto, magnifici colori pastello, bellezze naturali ma, ahimè, per quanto si ravvisi che l’argomento trattato è nodale, l’autore non è mai riuscito ad approfondirlo, sviscerarlo, a far sì che fosse l’elemento trainante, il fulcro della storia.
I protagonisti, il cinico e scettico Stanley e la giovane e affascinante pseudo sensitiva Sophie sono impegnati entrambi a voler dimostrare il primo che l’illusione fa parte di questo mondo senza scomodare l’aldilà, e l’altra che credere in una vita ultraterrena dà gioia e appagamento.
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Ci sono alcuni film che lasciano senza fiato per il contenuto dei dialoghi, ti attanagliano, non ti permettono di non riflettere, impongono un’analisi e tu sei letteralmente coinvolta, cullata, ciondolante, altre volte, turbata, tormentata, in ogni caso sempre arricchita.
Questo film è indubbiamente ben fatto, magnifici colori pastello, bellezze naturali ma, ahimè, per quanto si ravvisi che l’argomento trattato è nodale, l’autore non è mai riuscito ad approfondirlo, sviscerarlo, a far sì che fosse l’elemento trainante, il fulcro della storia.
I protagonisti, il cinico e scettico Stanley e la giovane e affascinante pseudo sensitiva Sophie sono impegnati entrambi a voler dimostrare il primo che l’illusione fa parte di questo mondo senza scomodare l’aldilà, e l’altra che credere in una vita ultraterrena dà gioia e appagamento.
Stanley nonostante la sua visione materialista è affascinato dai risultati da lui medesimo appurati dei poteri paranormali di Sophie, sta sul punto di credere nell’esistenza di un mondo trascendente, ma poi scopre che quei fenomeni medianici sono stati costruiti ad arte dalla fascinosa ragazza, insomma la splendida giovane barava.
Si scaglia dunque contro Sophie la quale con molta energia e determinazione lo invita a registrare che - seppure per brevissimo tempo – il vagheggiamento, l’utopia di un possibile altro mondo terreno gli hanno regalato momenti di autentica e somma felicità.
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antonietta dambrosio
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giovedì 18 dicembre 2014
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magico allen
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Magic in the moonlight – recensione
Il titolo già lasciava presagire che l’ultimo film di Woody Allen ci avrebbe trascinato in un’atmosfera romantica e deliziosa. Siamo ancora una volta in Europa, tra la Provenza ed una raffinatissima e folgorante Costa Azzurra degli anni Venti, rifinita da Allen in ogni dettaglio, ed il bianco dei costumi, le note jazz, i salotti nei quali ci si fermerebbe per ore tra un drink ed una riflessione sul senso della vita, i verdi giardini, le eleganti auto che viaggiano su sinuosi tornanti accarezzati da mare e cielo che si uniscono fino a confondersi, sono la cornice di una delicatissima storia d’amore. Il magico chiaro di luna si riflette sul volto di un’incantevole medium che un gentiluomo inglese, arrogante e scettico, è pronto a smascherare.
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Magic in the moonlight – recensione
Il titolo già lasciava presagire che l’ultimo film di Woody Allen ci avrebbe trascinato in un’atmosfera romantica e deliziosa. Siamo ancora una volta in Europa, tra la Provenza ed una raffinatissima e folgorante Costa Azzurra degli anni Venti, rifinita da Allen in ogni dettaglio, ed il bianco dei costumi, le note jazz, i salotti nei quali ci si fermerebbe per ore tra un drink ed una riflessione sul senso della vita, i verdi giardini, le eleganti auto che viaggiano su sinuosi tornanti accarezzati da mare e cielo che si uniscono fino a confondersi, sono la cornice di una delicatissima storia d’amore. Il magico chiaro di luna si riflette sul volto di un’incantevole medium che un gentiluomo inglese, arrogante e scettico, è pronto a smascherare. Stanley (Colin Firth, british dal cuore alla pelle) è un noto prestigiatore che indossa i panni di Wei Ling Soo nei suoi spettacoli di magia e viene invitato da Howard (Simon McBurney), vecchio amico e collega, a sconfessare Sophie (Emma Stone), impegnata a raggirare una ricca signora americana in vacanza con la famiglia sulla costa francese, mettendola in contatto con il suo amato marito defunto. Una tale assonanza tra immagini, parole, gesti e suoni donano all’ultima pellicola di Woody Allen carattere di sublime poesia, e mentre la magia dell’amore scolpisce l’animo di Stanley attraverso la luce del volto di Sophie, levigando anche gli spigoli più acuti del suo cinismo, l’inganno dell’amico Howard, al di là di ogni effettiva intenzione, si rivela capace di accorciare le distanze tra testa e cuore. Ed anche il più irremovibile nichilismo associato ad una saccente forma di misantropia cede sotto un cielo bianco di luna e sotto i colpi dell’ironia tagliente e buona dell’anziana zia Vanessa (un’energica Elieen Atkins). Forse nulla di nuovo per Allen, ma il suo morbido salto indietro nel tempo lungo un secolo è il numero di magia che ci ha reso parte di un mondo affascinante, e si sa, il Cinema, come le più belle forme d’amore, è capace di spostare i limiti di ogni realtà.
Antonietta D’Ambrosio
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[+] magica
(di grazia miccoli)
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mauridal
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giovedì 18 dicembre 2014
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woody allen artefice magico
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quando l'artista esprime il suo mondo attraverso le sue opere ,allora a volte accade che può riproporre per contenuti e linguaggio la stessa visione del mondo , nel cinema è accaduto per i grandi maestri, bergman, ford, fellini, anche per woody allen accade con il suo film magic moonlight dove racconta sempre del complicato rapporto degli uomini con le donne . Dunque tutti i personaggi del film ,dal finto magoStanley , alla incantata Sophie alla stessa zia Vanessa per finire con il piccolo brutto amico traditore del mago, per invidia e gelosia Howard, sono alias del piccolo grande Woody che ritrova in loro una parte di sè raccontando una semplice storia d'amore tra un uomo e una donna che da nemici , attraversando un tortuoso e complicato percorso, mentale e sentimentale con un fitto e raffinato dialogo, una serie di paesaggi meravigliosi , riescono a trovare una scintilla magica che li farà finalmente innamorare .
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quando l'artista esprime il suo mondo attraverso le sue opere ,allora a volte accade che può riproporre per contenuti e linguaggio la stessa visione del mondo , nel cinema è accaduto per i grandi maestri, bergman, ford, fellini, anche per woody allen accade con il suo film magic moonlight dove racconta sempre del complicato rapporto degli uomini con le donne . Dunque tutti i personaggi del film ,dal finto magoStanley , alla incantata Sophie alla stessa zia Vanessa per finire con il piccolo brutto amico traditore del mago, per invidia e gelosia Howard, sono alias del piccolo grande Woody che ritrova in loro una parte di sè raccontando una semplice storia d'amore tra un uomo e una donna che da nemici , attraversando un tortuoso e complicato percorso, mentale e sentimentale con un fitto e raffinato dialogo, una serie di paesaggi meravigliosi , riescono a trovare una scintilla magica che li farà finalmente innamorare . Sembrerebbe tutto semplice, se non fosse per l'intervento nevrotico di Woody che complica la storia con la sua visione pessima del mondo, degli uomini delle donne, della vita inutile quanto la morte, della religione inutile in quanto talmud da osservare insomma un bel pasticcio da sciogliere con un finale o da lettino con freud oppure con una magnifica donna da baciare , woody nel sua fantastica irrealtà sceglie questa.
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donato prencipe
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venerdì 19 dicembre 2014
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non c'è magia!
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La Francia degli anni '30 diventa l'ultima location del film di Woody Allen, il regista abbandona nuovamente la tanto amata Manhattan per realizzare la sua nuova commedia in Provenza, tra sole e profumo di lavanda, che la rendono una delle mete più suggestive in cui voler vivere. La trama e il significato del film è tutta nel titolo “Magic in the moonlight” (la magia al chiaro di stelle), adducendo a pensare come le stelle possano evocare magia quando le si osserva, ma al tempo stesso il loro luccichio può trarre in inganno, creando illusioni e sensazioni che si fondono con la realtà.
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La Francia degli anni '30 diventa l'ultima location del film di Woody Allen, il regista abbandona nuovamente la tanto amata Manhattan per realizzare la sua nuova commedia in Provenza, tra sole e profumo di lavanda, che la rendono una delle mete più suggestive in cui voler vivere. La trama e il significato del film è tutta nel titolo “Magic in the moonlight” (la magia al chiaro di stelle), adducendo a pensare come le stelle possano evocare magia quando le si osserva, ma al tempo stesso il loro luccichio può trarre in inganno, creando illusioni e sensazioni che si fondono con la realtà. Il nostro protagonista Stanley Crawford è interpretato da Colin Firth (Il discorso del re), vestendo i panni di un famoso illusionista inglese che per vivere incanta la gente con i suoi spettacoli di magia. La sua famosa arte di creare e mascherare incondizionatamente qualunque illusione viene chiamata in causa per cercar di svelare l'inganno, lì dove sembra davvero non esserci. Il mistero che dovrà cercare di portare alla luce è rappresentato da Sophie Baker interpretata dalla graziosa Emma Stone (The amazing spider-man), che svolge il ruolo di una sensitiva, che con il suo fascino e le sue sedute spiritiche cerca di contattare persone scomparse da tempo e di portare alla luce segreti mai stati svelati e che solamente lei è grado di evocare. Lei, donna passionale e seducente, vive parlando di spiritualità e di un mondo terreno coeso all'aldilà, in stretto contatto con ciò che non può essere spiegato con la logica ma solo attraverso le sensazioni. Lui, invece, uomo, cinico e pragmatico nel giudicare tutto ciò che lo circonda, vive come se tutto al mondo potesse essere spiegato con l'indice di razionalità e boriosità che lo contraddistingue. Il rapporto tra i due scivola in un vortice di utopia e realtà, lusinghe ed abbagli, con l'amore a fare da mediatore. Il geniale artista americano ci ha abituati a ben altro, in questa commedia non traspare nulla di originale eccetto il paesaggio che lo fa da sfondo, la storia non sembra regalare la magia menzionata nel suo titolo e la superficialità con cui viene elaborata la trama non lo rende di certo un film all'altezza dei suoi precedenti. Nonostante risulti una commedia per nulla brillante, i due attori protagonisti dimostrano un certo feeling, calandosi perfettamente nelle rispettive figure di buon ammaliatrice lei e spietato realista lui.
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no_data
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lunedì 12 gennaio 2015
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magic with woody
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Il titolo che ho scelto non è casuale.Il mio rapporto con Woody Allen vorrebbe essere solo di amore ma a volte costringe anche ad esserci dell'odio(To rome with Love).Il fillm inizia con il grande prestigiatore Wei ling Soo (Colin Firth)che viene coinvolto dall suo amico di sempre a scovare l'ennesima veggente truffatrice (Emma Stone),L'ambientazione anni 20 è molto amata da Woody,esempio è in Midnight in Paris,ma questa volta l'ambientazione è nella Provenza Francese.
Le caratteristiche dei personaggi si delineano subito:Colin Firth che interpreta la razionalità e il cinismo più sfrenato affiancati ad un'Emma Stone romantica e imprevedibile .
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Il titolo che ho scelto non è casuale.Il mio rapporto con Woody Allen vorrebbe essere solo di amore ma a volte costringe anche ad esserci dell'odio(To rome with Love).Il fillm inizia con il grande prestigiatore Wei ling Soo (Colin Firth)che viene coinvolto dall suo amico di sempre a scovare l'ennesima veggente truffatrice (Emma Stone),L'ambientazione anni 20 è molto amata da Woody,esempio è in Midnight in Paris,ma questa volta l'ambientazione è nella Provenza Francese.
Le caratteristiche dei personaggi si delineano subito:Colin Firth che interpreta la razionalità e il cinismo più sfrenato affiancati ad un'Emma Stone romantica e imprevedibile .
Pur essendo la persona più scettica della terra,il grande prestigiatore si dovrà ricredere non trovando spiegazione a quelli che paiono tutto meno che giochi di prestigio.
Il film gioca tra il rapporto del razionale con l'irrazionale ,il cast è perfetto :Colin Firth attore affermato e per grandissime interepretazioni drammatiche come nel "Discorso del re" ma anche più goliardiche come ad esempio nel "Diario di Bridjet Jones",Emma Stone anche ,a mio parere promettente attrice che ci ha deliziato in "Crazy Stupid Love" e che ha saputo confrontarsi anche con colossal Hollywodiani come "Gangestr Squad" o "The amazing Spiderman".
Proprio la bravura degli attori riesce a caratterizzare i personaggi e a far si che la finizione sia minima.Magic in the Moonlight ti trasporta per 2 ore nella Provenza Francese anni 20 e ti fa interrogare su dove voglia andare a parare il film.
E Woody non è mai completamente irrazionale.
Ho trovato questo film carino e coinvolgente e ho amato Colin Firth come poche altre volte.Il confilitto che viene affrontato nel film lo affrontiamo anche noi sulla religione,sulle passsioni..il tutto alleggerito da toni sgarcianti ,costumi che rasentano la perfezione ed una macchina da presa gestita alla Woody.
Non è "Io e Annie",non è Manhattan ,ma di certo non siamo a livelli bassi.
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enzo70
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venerdì 20 gennaio 2017
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l'ennesima magia del caro vecchio woody allen
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Da qualche anno la narrazione di Woody Allen ha cambiato ritmo; il regista newyorkese si è sempre più allontanato dell’irriverenza dei primi film che lo ha reso uno dei più celebri autori del mondo per passare ad un racconto più semplice ed elegante, nella traccia della tradizione degli autori letterari nordamericani. Magic in the moonlight si colloca esattamente in questa dinamica, un film molto lineare, con un ottimo Colin Firth che interpreta il ruolo di un gentlemen inglese che oltre ad esercitare, per piacere, l’arte dell’illusionismo nei teatri trova grande piacere nello smascherare le menzogne dei suoi colleghi che fanno passare un’arte per un potere magico.
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Da qualche anno la narrazione di Woody Allen ha cambiato ritmo; il regista newyorkese si è sempre più allontanato dell’irriverenza dei primi film che lo ha reso uno dei più celebri autori del mondo per passare ad un racconto più semplice ed elegante, nella traccia della tradizione degli autori letterari nordamericani. Magic in the moonlight si colloca esattamente in questa dinamica, un film molto lineare, con un ottimo Colin Firth che interpreta il ruolo di un gentlemen inglese che oltre ad esercitare, per piacere, l’arte dell’illusionismo nei teatri trova grande piacere nello smascherare le menzogne dei suoi colleghi che fanno passare un’arte per un potere magico. E così si trova ad indagare nello splendido scenario della costa azzurra sugli effettivi poteri di una bellissima donna di cui, chiaramente, si innamora. Allen ha ritrovato la vena artistica degli esordi, confermata dalla successione di film degli ultimi anni; l’artista vero può cambiare registro. Come ha fatto Woody Allen e come confermato da questo film fresco e gradevole.
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