ste*f
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sabato 21 settembre 2013
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da evitare
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Un consiglio per tutti coloro che in questo periodo non se la passano bene, non andate a vedere questo film, vi metterà ancora più ansia e nervosismo di quello che già avete...l'unica scena rassicurante è quella finale, ma serve a ben poco,dal momento che per la quasi totalità del film si rischia un malore...io stavo per alzarmi e andare via.
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tittitutti
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sabato 21 settembre 2013
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magnifico!
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Un'opera estremamente poetica. L'empatia come vitamina dell'anima
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nino quincampoix
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giovedì 19 settembre 2013
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un rimpiazzo per amelio?
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alla fine del film mi sono domandato se fosse il bisogno di chiamare il personaggio di Albanese a rimpiazzare anche il regista del film! provocazione a parte, il film è in alcuni punti troppo lento, pesante e irrisolto per definirlo, a mio parere, un film finito/completo
il personaggio di Albanese è urticosamente buono, come al solito circondato da un mondo di cattivi e usurpatori, davanti ai quali lui sorride
il fatto che decida, ad esempio, di donare il denaro guadagnato al capo arrogante e di prendere però la "paghetta" dal figlio, lo rende un individuo "disperato" piuttosto che "pieno di speranze" come ho letto in giro
mancano ragioni - se non plausibili, almeno verosimili - a molte delle azioni che compie<
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alla fine del film mi sono domandato se fosse il bisogno di chiamare il personaggio di Albanese a rimpiazzare anche il regista del film! provocazione a parte, il film è in alcuni punti troppo lento, pesante e irrisolto per definirlo, a mio parere, un film finito/completo
il personaggio di Albanese è urticosamente buono, come al solito circondato da un mondo di cattivi e usurpatori, davanti ai quali lui sorride
il fatto che decida, ad esempio, di donare il denaro guadagnato al capo arrogante e di prendere però la "paghetta" dal figlio, lo rende un individuo "disperato" piuttosto che "pieno di speranze" come ho letto in giro
mancano ragioni - se non plausibili, almeno verosimili - a molte delle azioni che compie
(mi rimane ancora oscura la scelta della miniera in Albania)
il rapporto con il figlio è l'elemento forse più interessante e ne esce fuori un quadro della gioventù odierna alquanto triste
(e trai giovani attori, mi ha colpito positivamente proprio Rendina)
la scena che salverei però dalla mia critica è quella della biblioteca, per la sua naturale spontaneità (unico momento piacevole del film)
fotografia (di Bigazzi) bellissima
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filippo catani
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giovedì 19 settembre 2013
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un uomo che non si arrende
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Milano ai giorni nostri. Un uomo divorziato di lavoro fa il rimpiazzo cioè in pratica sostituisce chi in un determinato giorno non può andare a lavorare per un qualsiasi motivo. Questo "servizio" è gestito però dalla criminalità. L'uomo intanto riuscirà anche a fare la conoscenza di una ragazza problematica.
Come recita il film nel suo inizio ci troviamo nella Milano dei giorni nostri di cui però vediamo la parte lontana dal centro e dalle vie della moda. Tornatore ci mostra un personaggio che deve fare i conti con una vita difficilissima segnata dal divorzio con la moglie, un rapporto complicato con il figlio e una abitazione che in pratica è una stanberga attaccata alla ferrovia.
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Milano ai giorni nostri. Un uomo divorziato di lavoro fa il rimpiazzo cioè in pratica sostituisce chi in un determinato giorno non può andare a lavorare per un qualsiasi motivo. Questo "servizio" è gestito però dalla criminalità. L'uomo intanto riuscirà anche a fare la conoscenza di una ragazza problematica.
Come recita il film nel suo inizio ci troviamo nella Milano dei giorni nostri di cui però vediamo la parte lontana dal centro e dalle vie della moda. Tornatore ci mostra un personaggio che deve fare i conti con una vita difficilissima segnata dal divorzio con la moglie, un rapporto complicato con il figlio e una abitazione che in pratica è una stanberga attaccata alla ferrovia. Nonostante tutto intrepidamente il signor Pane mantiene il suo proverbiale ottimismo con il quale cerca di addolcire la realtà. La stessa medicina che cercherà di utilizzare con la figlia di una famiglia della Milano bene che non solo non riesce a trovare la propria strada ma non riesce nemmeno a trovare un briciolo di serenità. L'uomo inoltre dovrà confrontarsi con la malavita e con il nuovo compagno della moglie che nasconde uno spiacevole segreto. Un buon film retto magistralmente per intero dall'ottimo Albanese (il personaggio di Pane è quanto di più lontano da Cetto e si ritorna ad una interpretazione drammatica stile Giorni e nuvole) anche se in qualche punto il filo della trama pare un po' perdersi con qualche dialogo eccessivamente surreale. Bene anche Tornatore che dopo la Tortino dei migranti di Così ridevano ci regala la Milano dei lavoratori precari.
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(di luca d'ambrosio)
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biziobrescia
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giovedì 19 settembre 2013
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solo albanese
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C'è solo Albanese in questo film. Alle sue spalle c'è il figlio sassofonista e, dietro di loro, il nulla. Sinceramente è un peccato vedere una bella storia sciuparsi e proseguire piatta per l'intera durata del film
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friskiez
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mercoledì 18 settembre 2013
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noia e angoscia
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Film pessimo. Sono per principio contrario a giudicare un film senza vederlo fino alla fine ma questa volta non ce l'ho fatta: ho lasciato la sala a metà del secondo tempo. A parte la lentezza esasperante il film non comunica nulla, niente emozioni, niente risate, niente riflessioni. Triste, fotografia avvilente, atmosfera cupa anni 70, altro che inno al l'ottimismo!! Albanese non ne azzecca una, ricordate l'anno scorso il seguito di qualunquemente? È Amelio... Basta co Ste cose sociali, co sti reietti della società, non se ne può più di questo cinema pseudo impegnato sinistrorso a sfondo sociale. Anche a sinistra siamo entrati nel 21 secolo! Gli anni 60-70 sono finiti da un pezzo! Spero solo che in questo momento di crisi non abbiano preso finanziamenti statali, sarebbe veramente una pre
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Film pessimo. Sono per principio contrario a giudicare un film senza vederlo fino alla fine ma questa volta non ce l'ho fatta: ho lasciato la sala a metà del secondo tempo. A parte la lentezza esasperante il film non comunica nulla, niente emozioni, niente risate, niente riflessioni. Triste, fotografia avvilente, atmosfera cupa anni 70, altro che inno al l'ottimismo!! Albanese non ne azzecca una, ricordate l'anno scorso il seguito di qualunquemente? È Amelio... Basta co Ste cose sociali, co sti reietti della società, non se ne può più di questo cinema pseudo impegnato sinistrorso a sfondo sociale. Anche a sinistra siamo entrati nel 21 secolo! Gli anni 60-70 sono finiti da un pezzo! Spero solo che in questo momento di crisi non abbiano preso finanziamenti statali, sarebbe veramente una presa per il culo a quel l'universo di disagiati che vogliono raccontare!!
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no_data
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martedì 17 settembre 2013
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una delusione!
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Il film è stato una delusione. Antonio Albanese è un grande attore ma più di così non poteva fare. Anche gli altri due protagonisti (Ivo e Lucia) sembrano avere la stoffa dei bravi attori, ma la storia, disordinata, slegata, lentissima, non ha permesso probabilmente loro di dare il meglio di sè. Non mi è rimasto il ricordo di alcuna bella musica di fondo, fatta eccezione per il pezzo finale al sax.
Non si è riso, non ci si è commossi...
Il film ha cercato di evidenziare la situazione di molti lavoratori oggi, ma quotidianamente possiamo ascoltare dalla viva voce delle persone esperienze analoghe quando usciamo per strada.
Il genero del mio calzolaio ha perso il lavoro e fa il "portantino" su chiamata (porta le bare a spalla per le agenzie di pompe funebri.
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Il film è stato una delusione. Antonio Albanese è un grande attore ma più di così non poteva fare. Anche gli altri due protagonisti (Ivo e Lucia) sembrano avere la stoffa dei bravi attori, ma la storia, disordinata, slegata, lentissima, non ha permesso probabilmente loro di dare il meglio di sè. Non mi è rimasto il ricordo di alcuna bella musica di fondo, fatta eccezione per il pezzo finale al sax.
Non si è riso, non ci si è commossi...
Il film ha cercato di evidenziare la situazione di molti lavoratori oggi, ma quotidianamente possiamo ascoltare dalla viva voce delle persone esperienze analoghe quando usciamo per strada.
Il genero del mio calzolaio ha perso il lavoro e fa il "portantino" su chiamata (porta le bare a spalla per le agenzie di pompe funebri..).
Il protagonista è troppo buono, mai un sussulto d'orgoglio, un moto di rabbia. Insomma: mi sono pure addormentata e non vedevo l'ora che il film finisse.
Peccato per i tre bravi protagonisti.
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flyanto
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martedì 17 settembre 2013
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il ritratto di un eroe positivo che non si arrend
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Film dove si narra di un uomo ormai di mezz'età, di nome Antonio Pane (interpretato da Antonio Albanese), il quale, perso il proprio lavoro stabile a causa della crisi e della recessione nella società contemporanea, si adopera con ogni mezzo ad impiegare le proprie giornate svolgendo dei lavori quanto mai precari e di ogni sorta (dal muratore, al fattorino porta pizze, al badante, allo scaricatore al mercato del pesce, ecc...). I suoi lavori consistono per lo più nel sostituire per un giorno o per pochissimi giorni quei lavoratori stabili che per vari motivi non possono recarsi ad espletare il proprio impiego ed ogni volta egli vi si reca ed svolge le proprie mansioni sostitutive con un entusiasmo ed una determinazione innati ed unici.
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Film dove si narra di un uomo ormai di mezz'età, di nome Antonio Pane (interpretato da Antonio Albanese), il quale, perso il proprio lavoro stabile a causa della crisi e della recessione nella società contemporanea, si adopera con ogni mezzo ad impiegare le proprie giornate svolgendo dei lavori quanto mai precari e di ogni sorta (dal muratore, al fattorino porta pizze, al badante, allo scaricatore al mercato del pesce, ecc...). I suoi lavori consistono per lo più nel sostituire per un giorno o per pochissimi giorni quei lavoratori stabili che per vari motivi non possono recarsi ad espletare il proprio impiego ed ogni volta egli vi si reca ed svolge le proprie mansioni sostitutive con un entusiasmo ed una determinazione innati ed unici. La sua buona predisposizione gli fa affrontare più o meno serenamente, non solo il problema pratico di venire pagato saltuariamente ed, ovviamente, in nero, ma anche tutti quelli legati sia alla figura del figlio, studente presso il Conservatorio e suonatore di saxofono, amorevole nei suoi confronti ma assai turbato psicologicamente, sia a quella dell' ex moglie la quale nel frattempo, dopo averlo abbandonato anni prima, si è messa insieme ad un altro uomo assai meglio posizionato di lui. In questa sua ultima pellicola Gianni Amelio presenta, partendo come pretesto dalla tematica della crisi e della mancanza di lavoro nella società contemporanea, il ritratto di un uomo che affronta il problema della disoccupazione e della precarietà, se non con puro ottimismo, con almeno una predisposizione positiva e quasi fiduciosa verso un futuro, forse, migliore. Si sa già che ciò non si avvera ma quello che al regista interessa rappresentare è soprattutto proprio lo spirito entusiasta con cui il protagonista lotta ed affronta il mare di avversità di cui è costituita la sua esistenza, quasi a voler dimostrare che, un atteggiamento simile, forse, rimane oggigiorno come l' unica soluzione al grave problema della perdita del lavoro e della conseguente dignità umana. Ed, infatti, alla fine di tutto, si rivelerà proprio Antonio Pane il più forte degli altri, diventandone per alcuni, quali, per esempio, il figlio, addirittura un solido sostegno. Antonio Albanese interpreta magnificamente il proprio ruolo e le sue espressioni stralunate e sorridenti risultano quanto mai esplicative di un certo modo di essere e di affrontare un' esistenza buia. A questo punto oserei affermare che il pregio del film, non scevro purtroppo di alcune incongruenze, viene determinato proprio dalla sua presenza.
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pepito1948
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lunedì 16 settembre 2013
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milano, italia
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Uscito dal contesto storico-letterario di Camus (l’Algeria agli inizi delle lotte per l’indipendenza), Amelio si rituffa nell’Italia di oggi, quella di una crisi che morde in senso orizzontale ed a tutto campo, in cui mancano tante cose utili o necessarie: solidarietà, contiguità sociale, colori (anche interiori) e soprattutto lavoro, e ce ne sono tante di cui vorremmo fare a meno, come la scarsa qualità della vita, la solitudine, la mancanza di protezione, la deriva culturale, la difficoltà di relazionarsi e di realizzarsi.
In una Milano in cui queste contraddizioni sono visivamente ben messe in rilievo, in un’atmosfera brunita, quasi metallica, si muove un uomo di mezza età, prototipo ai confini della surrealtà della precarietà odierna.
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Uscito dal contesto storico-letterario di Camus (l’Algeria agli inizi delle lotte per l’indipendenza), Amelio si rituffa nell’Italia di oggi, quella di una crisi che morde in senso orizzontale ed a tutto campo, in cui mancano tante cose utili o necessarie: solidarietà, contiguità sociale, colori (anche interiori) e soprattutto lavoro, e ce ne sono tante di cui vorremmo fare a meno, come la scarsa qualità della vita, la solitudine, la mancanza di protezione, la deriva culturale, la difficoltà di relazionarsi e di realizzarsi.
In una Milano in cui queste contraddizioni sono visivamente ben messe in rilievo, in un’atmosfera brunita, quasi metallica, si muove un uomo di mezza età, prototipo ai confini della surrealtà della precarietà odierna.
Albanese fa il rimpiazzatore, sostituisce chi per qualche motivo si assenta temporaneamente dal lavoro, senza farsi domande, senza voler sapere che succederà domani, e soprattutto senza disperazione. Lo fa e basta, accettando con convinta accondiscendenza una realtà mutevole, spesso spietata, che tutto decide senza chiedergli nulla e senza fornire prospettive predefinite.
Albanese non ha famiglia se non un figlio su cui convoglia i suoi affetti, non ha relazioni importanti, e quando ci prova ad instaurarne, forze endogene si oppongono inesorabilmente, non ha progettualità o aspettative di nuove conquiste, accontentandosi di una vita frammentata, discontinua, di tappare buchi aperti da altri, di rapporti mutevoli e fugaci. Ma ha uno strumento di autogestione del proprio essere raramente riscontrabile, che è la consapevolezza di accettare con pacifica adesione la mutevolezza del vivere giorno per giorno, insinuandosi anche per poco nelle brevi pause altrui con leggerezza, se non con il sorriso. Solo negli affetti che contano sa che non può permettersi una rassegnata passività, deve coltivare la relazione con intelligenza e con un equilibrato interventismo; ed i fatti lo premieranno, quando il figlio, grazie anche all’azione e la vicinanza del padre, riuscirà ad imporsi con il suo talento secondo le sue regole, e forse gestirà la sua vita secondo linee continue, così come quella del padre resterà frammentata ed andrà avanti per segmenti, di tempo, di spazio, di affetti.
Metafora di una società involuta, perennemente irrisolta, ossessionata da stridenti ossimori come ricchezza e povertà, socialità e solitudine, modernità ed arretratezza, Amelio lancia un grido di speranza, lo svelamento di possibilità sia pure tra le pieghe e nella frantumazione spesso violenta di una comunità che lascia intravedere angoli, aree recondite, sprazzi recettivi in cui potersi rifugiare sempre galleggiando e senza mai farsi sopraffare dalla irta e spesso disumana dimensione della precarietà. E lo sguardo finale, monitorio e incoraggiante insieme, verso la macchina da presa è un chiaro invito al pubblico a tener conto di questa strada.
Albanese si conferma attore versatile e capace di vestire i panni di un personaggio drammatico non meno di quando indossa le sue esilaranti maschere sociali. Così come suggestivo è il “clima” creato da Amelio intorno ai personaggi e la sua bravura nel valorizzarne la resa artistica, tenendoli sempre per mano e modulando i toni di atmosfera attraverso i colori, sbiaditi ma sempre appropriati.
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eruannon
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domenica 15 settembre 2013
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da vedere
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La realtà di oggi e la capacità nel saperla affrontare. Albanese eccezionale, soprattutto nelle pause di silenzio in cui la sua espressione rende l'idea di ciò che si sta pensando. Bel film.
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