giovanni
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lunedì 2 agosto 2021
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senza commento musicale. che piacere!
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Nulla da aggiungere agli ottimi giudizi già espressi da tutti i commentatori. Rilevo soltanto il grande piacere di non dover ascoltare il solito commento musicale in sottofondo perché non c'è. La musica c'è, ma fa parte del racconto ed è significativa. Per quasi tutto il film si sentono soltanto i dialoghi e i suoni dell'ambiente, così vivi da sembrare reali. Solo alla fine, pochi secondi prima dei titoli di coda, c'è sottofonfo musicale. Qui ci può anche stare, ma se ne poteva fare a meno: la suspense sul futuro (pace o travaglio?) ci avrebbe guadagnato.
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domenica 1 agosto 2021
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razza ebrea??????
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Cito testualmente la sua recensione : "La futura suora è in realta di razza ebrea " . Razza ebrea???? Sicuro sicuro? A me, sin dal liceo, risulta che ci sia la razza umana, composta da varie popolazioni, tra cui quella ebraica...
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mercoledì 19 febbraio 2020
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le parole sono pietre
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Gentile Giovanni Ottone, razza ebraica era un termine utilizzato lo scorso secolo dai nazisti e oggi da qualche nostalgico .E' stato scientificamente appurato da molto tempo che nella specie umana, l'unica razza è appunto quella umana. In questo caso andrebbe utilizzato religione, tradizione, ecc. Romano Alidori
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mercoledì 19 febbraio 2020
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le parole sono pietre
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Gentile Ottone, di razza ebrea ne parlavano i nazisti il secolo scorso e qualche nostalgico oggi.La scienza ha dimostrato da tempo che nella specie umana esiste una sola razza, appunto quella umana. Altrimenti si può parlare di etnia, religione, ecc. Romano Alidori
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luivig
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mercoledì 18 luglio 2018
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in una sola parola…cinema!
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Geometria delle immagini. Intensità della storia. In una sola parola…Cinema!!!
Pawlikowski gira in modo sublime, ed anche se lo fa ammiccando (con referenza) a Polanski, Kieślowski, Haneke e forse Bresson, lo fa in modo speciale. Ida è un omaggio al cinema e un grido di storia. Il film si guarda con occhi e cuore e facendo l’elenco dei temi trattati ci si accorge che, in questo meraviglioso bianco e nero delle immagini, si annidano tante cose.
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Geometria delle immagini. Intensità della storia. In una sola parola…Cinema!!!
Pawlikowski gira in modo sublime, ed anche se lo fa ammiccando (con referenza) a Polanski, Kieślowski, Haneke e forse Bresson, lo fa in modo speciale. Ida è un omaggio al cinema e un grido di storia. Il film si guarda con occhi e cuore e facendo l’elenco dei temi trattati ci si accorge che, in questo meraviglioso bianco e nero delle immagini, si annidano tante cose. La fede, la famiglia, la ricerca delle proprie radici, l’antisemitismo, il socialismo, l’amore, la gioventù, la guerra…la vita.
Il gioco del doppio che si riflette nella diversità delle due donne (Ida e Wanda) tende ad unirsi quando il richiamo alla famiglia si fa forte, specie se si tratta di una famiglia ebrea, sottoposta a quanto di più efferato il destino poteva riservare.
Tutto ciò, negli anni sessanta, in una Polonia segnata dalle cicatrici dei campi di sterminio, e dalle ferite che ancora sanguinano nelle coscienze e nel pensiero.
E poi il cinema. L’architettura delle immagini, ognuna folgorante e precisa, la fotografia delle scene, la musica, la colonna sonora, che come si diceva ieri dopo il film, è scelta con cura e studiata ad arte.
Forma e sostanza che in alcune sequenze raggiungono altissimi livelli: l’uomo inginocchiato nella fossa scavata per recuperare i resti dei genitori di Ida, il concedersi di Ida alla vita nel suo giro avvolta nella tenda, la sequenza del suicidio di Wanda. Quest’ultima mi ha colpito molto. La macchina da presa si ferma e la osserva. Non la segue. E’ Wanda che esce ed entra dalla scena. C’è la musica del disco.Apre la finestra, spegne una sigaretta, scompare, riappare con un cappotto, si lancia nel vuoto.
Folgorante. Essenziale. Diretto.
Cosa si desidera di più da un film?
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ennio
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giovedì 26 ottobre 2017
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ritorno al passato, anche cinematografico
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Molto bello. Le atmosfere, i dialoghi, i paesaggi non solo ci riportano negli anni '60, ma la stessa tecnica cinematografica lo fa risultare un film DEGLI anni '60, nella sua migliore accezione. Il dualismo virtù/vizio-Narciso/Boccadoro è disegnato in modo molto efficace: la zia amante di tutti i vizi e la ragazza che vuol farsi suora. Alla fine entrambe si avvicineranno al proprio opposto, ma sarà la zia a perdere l'occasione di amare qualcosa che va al di là dei propri vizi carnali, e non sarà in grado di sopportarlo, mentre la ragazza conoscerà l'amore di un uomo, seppur per un solo giorno.
Ho imprecato un pò per il bianco e nero, che secondo me non dovrebbe MAI esistere nel cinema moderno, ma in questo contesto ci può stare.
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Molto bello. Le atmosfere, i dialoghi, i paesaggi non solo ci riportano negli anni '60, ma la stessa tecnica cinematografica lo fa risultare un film DEGLI anni '60, nella sua migliore accezione. Il dualismo virtù/vizio-Narciso/Boccadoro è disegnato in modo molto efficace: la zia amante di tutti i vizi e la ragazza che vuol farsi suora. Alla fine entrambe si avvicineranno al proprio opposto, ma sarà la zia a perdere l'occasione di amare qualcosa che va al di là dei propri vizi carnali, e non sarà in grado di sopportarlo, mentre la ragazza conoscerà l'amore di un uomo, seppur per un solo giorno.
Ho imprecato un pò per il bianco e nero, che secondo me non dovrebbe MAI esistere nel cinema moderno, ma in questo contesto ci può stare.
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onufrio
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mercoledì 25 ottobre 2017
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anna, le origini di una suora
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Oscar al miglior film straniero nel 2015, il film racconta la storia di Anna, una giovane ragazza pronta a prendere i voti, ma invitata dalla madre superiora, prima di compiere la propria scelta, ad andare in visita dall'unica parente: la zia Wanda, magistrato con un passato da combattente nella resistenza antinazista, ormai 50enne caduta fra i vizi dell'alcol e dei piaceri carnali, la quale racconta ad Anna le sue vere origini, Anna in verità è Ida, ed è di origini ebree, ed i suoi genitori sono morti durante il secondo conflitto mondiale. Inizierà così un viaggio alla ricerca dei compianti genitori, un viaggio che porterà Ida a riflettere anche sul proprio futuro.
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Oscar al miglior film straniero nel 2015, il film racconta la storia di Anna, una giovane ragazza pronta a prendere i voti, ma invitata dalla madre superiora, prima di compiere la propria scelta, ad andare in visita dall'unica parente: la zia Wanda, magistrato con un passato da combattente nella resistenza antinazista, ormai 50enne caduta fra i vizi dell'alcol e dei piaceri carnali, la quale racconta ad Anna le sue vere origini, Anna in verità è Ida, ed è di origini ebree, ed i suoi genitori sono morti durante il secondo conflitto mondiale. Inizierà così un viaggio alla ricerca dei compianti genitori, un viaggio che porterà Ida a riflettere anche sul proprio futuro.
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mtonino
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mercoledì 24 maggio 2017
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la vita travolta dal passato che ritorna
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Ida di Pawel Pawlikowski è un film polacco del 2013 pluripremiato che colpisce già dalle prime immagini: prima di tutto le inquadrature spesso fisse per quasi tutto il film e una composizione del quadro molto particolare, i personaggi e soprattutto la protagonista, infatti, si trovano i margini dell'inquadratura, il resto del quadro è occupato principalmente dal freddo è bellissimo paesaggio polacco. La storia, ambientata all’inizio degli anni sessanta, racconta di Anna una novizia, abbandonata in convento appena nata, che sta per pronunciare i voti, ma viene a sapere dell'esistenza di una zia e viene quasi costretta dalla madre superiora a farle visita prima di diventare suora.
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Ida di Pawel Pawlikowski è un film polacco del 2013 pluripremiato che colpisce già dalle prime immagini: prima di tutto le inquadrature spesso fisse per quasi tutto il film e una composizione del quadro molto particolare, i personaggi e soprattutto la protagonista, infatti, si trovano i margini dell'inquadratura, il resto del quadro è occupato principalmente dal freddo è bellissimo paesaggio polacco. La storia, ambientata all’inizio degli anni sessanta, racconta di Anna una novizia, abbandonata in convento appena nata, che sta per pronunciare i voti, ma viene a sapere dell'esistenza di una zia e viene quasi costretta dalla madre superiora a farle visita prima di diventare suora. Da lei scoprirà di chiamarsi in realtà Ida e di essere ebrea. Questo incontro le porterà ad affrontare un viaggio per scoprire il luogo di sepoltura dei genitori alla fine del quale le loro vite non saranno più le stesse.
I due personaggi femminili sono agli antipodi: la zia, un giudice del popolo, è disillusa dalla causa del partito e si concede all’alcool e alle attenzioni degli uomini che incontra, Ida che ha sempre vissuto in convento è chiusa e timorosa del mondo circostante. Come in Viridiana di Bunuel, la zia cerca di indirizzare (senza cattiveria) la nipote verso i piaceri della vita (che sacrificio è se non hai provato?). Le convinzioni di entrambe saranno messe a dura prova dal viaggio che affronteranno e avranno conseguenze inevitabili e diversissime sulle due donne.
Il tema della vicenda personale delle due donne s’intreccia con la situazione di un paese, la Polonia reduce da una guerra devastante che deve fare i conti con il proprio passato. Forse è proprio questo il fulcro del film: il passato che non si può dimenticare e che torna a scombinare le esistenze di chi vuole fuggire da esso.
La composizione del quadro colpisce subito l’attenzione grazie anche al formato 1.37:1 utilizzato per le riprese che non è usato frequentemente questo, infatti, era il formato utilizzato principalmente all’epoca del cinema muto.
Le inquadrature sono rigorose con un bianco e nero luminoso e ricco di contrasti, poche panoramiche e un’attenzione maniacale all’equilibrio della composizione, un rigore geometrico che soffoca lo spettatore e costringe la protagonista in inquadrature sbilanciate, con uno spazio in alto innaturale che la opprime.
Questa scelta troverà un senso nel finale, dove la camera fissa si sostituirà alla macchina da presa a mano che accompagnerà Ida in un piano sequenza finalmente al centro dell’inquadratura.
Un ottimo film secondo il mio parere, impreziosito dalle intense interpretazioni delle attrici principali e da una colonna sonora che alterna Jazz e musica classica.
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great steven
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martedì 13 dicembre 2016
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una futura suora scopre le sue origini ebree.
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IDA (POLONIA, 2014) diretto da PAWEL PAWLIKOWSKI. Interpretato da AGATA KULESZA, AGATA TRZEBUCHOWSKA, DAWID OGRODNIK, JOANNA JULIG, JERZY TRELA
Polonia, 1962. Negli anni del regime socialista, la giovane Anna Grusz, orfana e cresciuta in un convento di provincia, sta per prendere i voti e farsi definitivamente suora di clausura, quando la madre superiora la avverte che l'unica sua parente ancora in vita, l'ex procuratrice generale Wanda Grusz, sorella della sua defunta madre, desidera conoscerla e ha alcune cose importanti di cui metterla al corrente.
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IDA (POLONIA, 2014) diretto da PAWEL PAWLIKOWSKI. Interpretato da AGATA KULESZA, AGATA TRZEBUCHOWSKA, DAWID OGRODNIK, JOANNA JULIG, JERZY TRELA
Polonia, 1962. Negli anni del regime socialista, la giovane Anna Grusz, orfana e cresciuta in un convento di provincia, sta per prendere i voti e farsi definitivamente suora di clausura, quando la madre superiora la avverte che l'unica sua parente ancora in vita, l'ex procuratrice generale Wanda Grusz, sorella della sua defunta madre, desidera conoscerla e ha alcune cose importanti di cui metterla al corrente. Col permesso delle alte sfere ecclesiastiche del monastero, Anna va a casa della zia e, tramite lei, scopre le sue origini ebree e il suo vero nome: Ida Levenstejn. I caratteri delle due donne non potrebbero essere più diversi: mentre la nipote, da brava monaca in divenire, è timorata di Dio, devota al proprio velo e lungi dal formulare comportamenti peccaminosi, la zia è invece volitiva, incline agli eccessi, grande fumatrice e bevitrice, lussuriosa, loquace e un po' arrogante, ma il rapporto fra le due, col tempo, migliora e dà i suoi frutti, soprattutto perché l'obiettivo del loro viaggio lungo le campagne autunnali della Polonia è appunto quello di recuperare informazioni sul passato dei genitori di Ida, rinchiusi in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale, uccisi da un individuo misterioso e sconosciuto e forse sepolti in un grande bosco al limitare del lager stesso. Fra una festa orgiastica in un bar dove suona un autostoppista munito di sassofono che chiede un passaggio a Ida e Wanda e che si innamora della prima dopo averle parlato di sé e numerose capatine presso le fattorie agresti in cui abitano persone potenzialmente fonti di informazioni preziose, le due donne arriveranno a scoprire la verità: l'assassino dei genitori di Ida (la stessa Wanda non conobbe mai bene il cognato) non è colui che entrambe sospettavano, ma il figlio, ebreo anch'egli internato nel campo di sterminio e incaricato di eliminare i loro corpi. Il viaggio termina senza che Ida si sia liberata del suo gravoso fardello, tanto più che Wanda, depressa e preda di rimorsi attanaglianti, si suicida defenestrandosi. Al funerale, Ida piange la morte della sua ultima parente, ma può consolarsi iniziando una relazione amorosa con Esi, il musicista conosciuto sulla strada, che sembra interessato a farsi una nuova vita con lei. Rimasto nelle sale italiane per pochissimo tempo (quattordici o al massimo quindici giorni), eppure premiato con l'Oscar 2015 per il miglior film straniero, girato in un bianco e nero non efficacissimo ma non certo privo di un fascino cromatico che ha una considerevole delicatezza, è un film sicuramente fuori dagli schemi di ragionamento con cui pubblico, critica e cineasti intendono il cinema d'oggigiorno, e i motivi di questa argomentazione abbondano a non finire, ma il suo pregio migliore è quello di privilegiare la drammaticità di una storia senza insistere sugli accenti tragici fini a sé stessi, finendo per raccontare con un'insospettabile originalità un dietro alle quinte della Shoah nazista dopo circa vent'anni dalla conclusione della stessa mediante l'utilizzo di numerosi elementi che ben si inseriscono in un contesto efficiente e descritto con perizia: pathos, un leggero pizzico di sarcasmo pungente, tema della memoria storica affiancata a quella personale, dolori che riemergono nel ricordo e fanno male, famiglie divise da cause di forza maggiore, tentativo di recuperare affetti troppo a lungo dimenticati ma mai sopiti del tutto. Una protagonista sotto le righe, che partecipa ai silenzi del film, che in certi casi portano inevitabilmente alla noia, ma in altir fungono positivamente da serbatoio di suspense e arricchiscono la vicenda di sentimenti, pazienza e significati profondi, trasmessi in gran parte dal volto imperscrutabile e monocorde di Ida, quasi sempre ripresa con la tonaca indosso, raramente sorridente, con gli occhi timidi e impauriti, spesso arrendevole e facile a sottomettersi al corso degli eventi, e in questo si contrappone con efficacia a Wanda, la cui latente prepotenza e il cui carattere deciso e ardente fanno da contraltare agli incontri coi piccoli personaggi che popolanb questa pellicola, tutti individui sconfitti dall'esistenza, ma pronti a spiegare i motivi di tale sconfitta e desiderosi di condividere quelle poche cose belle che, ciononostante, son riusciti ad estrarre dal manto freddo e nevoso di un inverno che dura da una vita intera e che finisce per congelare e sotterrare tutto, senza possibilità di ritrovare mai più le emozioni e gli oggetti rilevanti (esplicativa è, in tal senso, la scena dove il figlio del contadino ricoverato in ospedale, armato di pala e santa pazienza, dissotterra la tomba in cui, tanti anni prima, seppellì gli sfortunati genitori di Ida, ammettendo di esserne stato lui il reale omicida). A tratti ondivago e con qualche indugio di troppo, ma realizzato bene quantomeno per quel che riguarda la coerenza della sceneggiatura, che si mantiene con costanza su un tratteggio sobrio, e la scelta di un cast di attori non famosi che sanno il fatto loro e lo dimostrano recitando con tranquillità e languore, quasi si stessero addomesticando, ma mai sottotono.
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lamoreaitempidelcolera
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sabato 27 agosto 2016
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dio attraverso un sassofono
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La storia travagliata della Polonia si intreccia con quella delle due donne, protagoniste intense del film.
Un Paese martoriato prima dal regime nazista e poi da quello sovietico fa da sfondo alla vita di Anna, giovanissima e verginale suora, e alla vita di Wanda, rigido magistrato nei suoi tempi migliori e disillusa cinquantenne dopo.
Tre sono i Massimi Sistemi che circoscrivono le vite delle persone: il Pregiudizio antisemita - lo Statalismo comunista - la Chiesa cattolica.
Tutti e tre succhiano sangue e vita, energia e individualità.
Un sassofono e il suo suono sensuale e maschile fa da contraltare ai tre "Massimi Sistemi": la musica jazz rappresenta il pensiero divergente, la via traversa, la tangente alla parabola della vita.
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La storia travagliata della Polonia si intreccia con quella delle due donne, protagoniste intense del film.
Un Paese martoriato prima dal regime nazista e poi da quello sovietico fa da sfondo alla vita di Anna, giovanissima e verginale suora, e alla vita di Wanda, rigido magistrato nei suoi tempi migliori e disillusa cinquantenne dopo.
Tre sono i Massimi Sistemi che circoscrivono le vite delle persone: il Pregiudizio antisemita - lo Statalismo comunista - la Chiesa cattolica.
Tutti e tre succhiano sangue e vita, energia e individualità.
Un sassofono e il suo suono sensuale e maschile fa da contraltare ai tre "Massimi Sistemi": la musica jazz rappresenta il pensiero divergente, la via traversa, la tangente alla parabola della vita. La sua direzione è ogni volta da definire, perchè quello che di certo c'è è l'urgenza di non fare promesse, di non giurare fedeltà cieca, di non offrire se stessi in sacrificio per una causa suprema decisa da altri, lontani da noi, a prescindere da noi.
Grazie alla musica, Anna accetta serenamente di essere Ida, prende carico su di sè della sua nuova e dolorosa identità, dopo aver prima voluto conoscere, sperimentato, guardato, toccato...
Wanda resta schiacciata, pur avendo amministrato con rigore la Giustizia Umana; Ida si salva, ma dopo aver capito quello che era in palio, la posta in gioco.
Alla fine del suo percorso di conoscenza, Ida sceglie l'Assoluto, assecondando in modo consapevole la sua vocazione.
Il film ha per tema la VITA come percorso di formazione, come viaggio, che può portare a perdersi per sempre o a salvarsi per sempre.
Unica condizione che fa la differenza è SAPERE. sapere quello che siamo, accettarlo e costruire su questo.
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