Ida

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Una futura suora scopre le sue origini ebree. Valutazione 3 stelle su cinque

di Great Steven


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martedì 13 dicembre 2016

 

IDA (POLONIA, 2014) diretto da PAWEL PAWLIKOWSKI. Interpretato da AGATA KULESZA, AGATA TRZEBUCHOWSKA, DAWID OGRODNIK, JOANNA JULIG, JERZY TRELA

Polonia, 1962. Negli anni del regime socialista, la giovane Anna Grusz, orfana e cresciuta in un convento di provincia, sta per prendere i voti e farsi definitivamente suora di clausura, quando la madre superiora la avverte che l'unica sua parente ancora in vita, l'ex procuratrice generale Wanda Grusz, sorella della sua defunta madre, desidera conoscerla e ha alcune cose importanti di cui metterla al corrente. Col permesso delle alte sfere ecclesiastiche del monastero, Anna va a casa della zia e, tramite lei, scopre le sue origini ebree e il suo vero nome: Ida Levenstejn. I caratteri delle due donne non potrebbero essere più diversi: mentre la nipote, da brava monaca in divenire, è timorata di Dio, devota al proprio velo e lungi dal formulare comportamenti peccaminosi, la zia è invece volitiva, incline agli eccessi, grande fumatrice e bevitrice, lussuriosa, loquace e un po' arrogante, ma il rapporto fra le due, col tempo, migliora e dà i suoi frutti, soprattutto perché l'obiettivo del loro viaggio lungo le campagne autunnali della Polonia è appunto quello di recuperare informazioni sul passato dei genitori di Ida, rinchiusi in un campo di concentramento durante la Seconda Guerra Mondiale, uccisi da un individuo misterioso e sconosciuto e forse sepolti in un grande bosco al limitare del lager stesso. Fra una festa orgiastica in un bar dove suona un autostoppista munito di sassofono che chiede un passaggio a Ida e Wanda e che si innamora della prima dopo averle parlato di sé e numerose capatine presso le fattorie agresti in cui abitano persone potenzialmente fonti di informazioni preziose, le due donne arriveranno a scoprire la verità: l'assassino dei genitori di Ida (la stessa Wanda non conobbe mai bene il cognato) non è colui che entrambe sospettavano, ma il figlio, ebreo anch'egli internato nel campo di sterminio e incaricato di eliminare i loro corpi. Il viaggio termina senza che Ida si sia liberata del suo gravoso fardello, tanto più che Wanda, depressa e preda di rimorsi attanaglianti, si suicida defenestrandosi. Al funerale, Ida piange la morte della sua ultima parente, ma può consolarsi iniziando una relazione amorosa con Esi, il musicista conosciuto sulla strada, che sembra interessato a farsi una nuova vita con lei. Rimasto nelle sale italiane per pochissimo tempo (quattordici o al massimo quindici giorni), eppure premiato con l'Oscar 2015 per il miglior film straniero, girato in un bianco e nero non efficacissimo ma non certo privo di un fascino cromatico che ha una considerevole delicatezza, è un film sicuramente fuori dagli schemi di ragionamento con cui pubblico, critica e cineasti intendono il cinema d'oggigiorno, e i motivi di questa argomentazione abbondano a non finire, ma il suo pregio migliore è quello di privilegiare la drammaticità di una storia senza insistere sugli accenti tragici fini a sé stessi, finendo per raccontare con un'insospettabile originalità un dietro alle quinte della Shoah nazista dopo circa vent'anni dalla conclusione della stessa mediante l'utilizzo di numerosi elementi che ben si inseriscono in un contesto efficiente e descritto con perizia: pathos, un leggero pizzico di sarcasmo pungente, tema della memoria storica affiancata a quella personale, dolori che riemergono nel ricordo e fanno male, famiglie divise da cause di forza maggiore, tentativo di recuperare affetti troppo a lungo dimenticati ma mai sopiti del tutto. Una protagonista sotto le righe, che partecipa ai silenzi del film, che in certi casi portano inevitabilmente alla noia, ma in altir fungono positivamente da serbatoio di suspense e arricchiscono la vicenda di sentimenti, pazienza e significati profondi, trasmessi in gran parte dal volto imperscrutabile e monocorde di Ida, quasi sempre ripresa con la tonaca indosso, raramente sorridente, con gli occhi timidi e impauriti, spesso arrendevole e facile a sottomettersi al corso degli eventi, e in questo si contrappone con efficacia a Wanda, la cui latente prepotenza e il cui carattere deciso e ardente fanno da contraltare agli incontri coi piccoli personaggi che popolanb questa pellicola, tutti individui sconfitti dall'esistenza, ma pronti a spiegare i motivi di tale sconfitta e desiderosi di condividere quelle poche cose belle che, ciononostante, son riusciti ad estrarre dal manto freddo e nevoso di un inverno che dura da una vita intera e che finisce per congelare e sotterrare tutto, senza possibilità di ritrovare mai più le emozioni e gli oggetti rilevanti (esplicativa è, in tal senso, la scena dove il figlio del contadino ricoverato in ospedale, armato di pala e santa pazienza, dissotterra la tomba in cui, tanti anni prima, seppellì gli sfortunati genitori di Ida, ammettendo di esserne stato lui il reale omicida). A tratti ondivago e con qualche indugio di troppo, ma realizzato bene quantomeno per quel che riguarda la coerenza della sceneggiatura, che si mantiene con costanza su un tratteggio sobrio, e la scelta di un cast di attori non famosi che sanno il fatto loro e lo dimostrano recitando con tranquillità e languore, quasi si stessero addomesticando, ma mai sottotono.

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