joker 91
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giovedì 7 novembre 2013
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se questa la chiamate commedia
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Un film mediocre. Una commedia super-risibile con un Papaleo che dirige un cast totalmente fuori parte,la bobulova è una grandissima attrice ed in questa pellicola non si salva nemmeno lei,scamarcio è sempre il solito. Se queste sono le vette comiche del cinema italiano io non ho parole,rapresentazioni dell'italiano medio meridionale continue con sullo sfondo tra vizi e virtù un paesaggio bellissimo,forse solo l'ambientazione si salva ma non per meriti registici.
Papaleo delude pur essendo un bravissimo attore,spaventoso pensare che un film di questo tipo piaccia. L'italia è caduta in basso
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plania
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mercoledì 6 novembre 2013
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povero cinema italiano!
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Uno dei film più brutti degli ultimi mesi. Veramente nulla da salvare. Non si ride quando si potrebbe, si ride quando le cose si fanno serie (la scena finale del prete che trascina la folla fuori dalla chiesa in cui si svolgono le nozze gay è davvero risibile). L'impressione è che il difetto sia nel manico perchè anche gli attori sembrano assai poco convinti...e far recitare male la Bobulova è davvero un'impresa titanica!
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akela87
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mercoledì 6 novembre 2013
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piccola impresa di sonno
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un film più lento forse non esiste... fà venire sonno e le battute sono scontate
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sally spectra
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martedì 5 novembre 2013
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molto bello
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Mi stupisco del fatto che qualcuno ha definito questo film brutto. Evidentemente quando esce una commedia, si pensa che debba fare ridere. Consiglio a questi signori di andare a vedere Checco Zalone che ha una comicità molto più diretta e adatta ad un pubblico con pochissime pretese. Rocco Papaleo si dimostra innanzitutto un attore formidabile. Le scene in cui lui è presente sono sicuramente quelle meglio riuscite. Il film in ogni caso è delizioso, delicato e sottile. Non certo adatto ad una visione consumistica del mordi-ridi-e fuggi. E' un film che propende verso la commedia d'autore, quella fatta bene, discreta, che fa sorridere e mai ridere. Quella che fa riflettere e quella recitata in maniera sottile, senza quelle enfatizzazioni che riescono a smuovere il pubblico meno colto e che irritano quello più preparato.
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Mi stupisco del fatto che qualcuno ha definito questo film brutto. Evidentemente quando esce una commedia, si pensa che debba fare ridere. Consiglio a questi signori di andare a vedere Checco Zalone che ha una comicità molto più diretta e adatta ad un pubblico con pochissime pretese. Rocco Papaleo si dimostra innanzitutto un attore formidabile. Le scene in cui lui è presente sono sicuramente quelle meglio riuscite. Il film in ogni caso è delizioso, delicato e sottile. Non certo adatto ad una visione consumistica del mordi-ridi-e fuggi. E' un film che propende verso la commedia d'autore, quella fatta bene, discreta, che fa sorridere e mai ridere. Quella che fa riflettere e quella recitata in maniera sottile, senza quelle enfatizzazioni che riescono a smuovere il pubblico meno colto e che irritano quello più preparato.
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daniele frantellizzi
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martedì 5 novembre 2013
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la poetica di de andré su pellicola
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La poetica di De André rivisitata e trasposta su pellicola: è questa la prima sensazione che si ha nell’assistere al nuovo film di Rocco Papaleo. Un prete spretato, una (ex) prostituta, un marito tradito, due ragazze omosessuali, una bimba che invece di andare a scuola fa la manovale nell’impresa di famiglia, gestita da due padri, dei quali uno è un ex circense di nome...Jennifer (“perché Gennaro era poco artistico”). Insomma, nell’assistere alla sfilata di coloriti personaggi allestita da Papaleo, impossibile non pensare alle tante figure cantate dal maestro genovese, dall’arcinota Bocca di Rosa in poi, con la disillusione e la marginalità sociale come tratto comune.
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La poetica di De André rivisitata e trasposta su pellicola: è questa la prima sensazione che si ha nell’assistere al nuovo film di Rocco Papaleo. Un prete spretato, una (ex) prostituta, un marito tradito, due ragazze omosessuali, una bimba che invece di andare a scuola fa la manovale nell’impresa di famiglia, gestita da due padri, dei quali uno è un ex circense di nome...Jennifer (“perché Gennaro era poco artistico”). Insomma, nell’assistere alla sfilata di coloriti personaggi allestita da Papaleo, impossibile non pensare alle tante figure cantate dal maestro genovese, dall’arcinota Bocca di Rosa in poi, con la disillusione e la marginalità sociale come tratto comune.
Per una serie di (s)fortunati eventi, tali personaggi si ritrovano tutti a condividere la propria esistenza negli angusti spazi di un vecchio faro (dismesso anche lui, ovviamente). Dopo un iniziale e reciproco scetticismo, in cui si studiano e si respingono vicendevolmente, ecco prevalere la volontà e l’esigenza di fare fronte comune nei confronti delle difficoltà della vita, e da “Corte dei Miracoli” diventano una sorta di grande famiglia. La piccola impresa meridionale del titolo si trasforma da edile (ristrutturazione del faro con il fine di farne un resort per turisti) in umana: la vera impresa da raggiungere, ambita da tutti, è infatti il reinserimento sociale.
Qui e là, degli sprazzi di splendida musicalità, a sottolineare una sorta di comunione di intenti tra arte e disillusione, nell’abbandono dello spirito che caratterizza tutti i protagonisti.
Il tutto sarebbe interessante, a tratti perfino poetico, se non fosse per una sceneggiatura frammentata e confusa, per una regia scialba, e per dei dialoghi spesso fuori tempo, alla continua ricerca di inutili gag comiche. Nella prima parte si fatica a contenere sbadigli, spenti solo da alcuni bei paesaggi marini e da un intenso Scamarcio nei panni di un talentuoso ed introverso pianista. In seguito, i ritmi si alzano ed abbassano in un continuo saliscendi di interesse: ad uno sguardo d’insieme, si ha la sensazione di un film sfilacciato, assemblato in fretta, quasi alla rinfusa e senza la giusta convinzione.
Papaleo è una vera delusione (nel ruolo di regista, ma anche come attore), la sempre affascinante Barbara Bobulova sembra messa lì per una questione di mera decorazione estetica, Sarah Felberbaum è brava, ma abbastanza ordinaria...gli unici che provano a far cambiare marcia al film sono una vivace Claudia Potenza, davvero accattivante nella sua estrosa espressività, e soprattutto una maestrale Giuliana Lojodice, catalizzatrice di tutte le dinamiche, decisamente una spanna sopra tutti gli altri nel dar vita al suo personaggio, una piccola (grande) capofamiglia meridionale.
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zrtstr
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lunedì 4 novembre 2013
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una banalità sconcertante
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Attori gestiti in modo alquanto dubbio, trama pressapochista, scenegiatura ridicola, temi affrontati con poca ironia e leggerezza, montaggio patetico... insomma la cosa che stupisce di più di questo film è che possa ricevere dei commenti positivi da critica e pubblico. Sinceramente una delusione da un Papaleo che dopo "Basilicata Coast to Coast" non ne ha azzeccate molto (compresa la brutta partecipazione a Sanremo).
Quello che fa più arrabbiare è che film del genere sono un puro esercizio commerciale ... messi su senza alcuno spirito artistico e senza nessuna volontà di arrivare al pubblico se non al suo portafoglio.
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francescacesca
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lunedì 4 novembre 2013
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meno male c'e' mia sorella! :d
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A vedere questo film sono stata trascinata da mia sorella.
Nè il trailer nè l'aver letto la trama mi avevano incuriosito.
Meno male c'è mia sorella!!!!!!
Questo film mi è piaciuto veramente tanto! Bravissimi tutti, da Papaleo a Scamarcio. Meravigliosa la Bobulova!
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rosalba bilotta
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domenica 3 novembre 2013
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l'amore, se vero e sincero, va oltre ogni barriera
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Il film di Rocco Papaleo “Una piccola impresa meridionale”, uscito lo scorso mese nelle sale cinematografiche italiane, narra il coraggio del cambiamento quando si è veri e sinceri nei confronti di se stessi e con le persone con cui ci si relaziona quotidianamente.
Il Faro Capo San Marco rappresenta un punto d’incontro di anime in viaggio, un rifugio lontano dalle critiche e dai pregiudizi del paese, ma anche un luogo di evoluzione del singolo e del gruppo, in cui si prendono decisioni importanti per vivere meglio il presente e per star bene in futuro.
Apparentemente, giungono al Faro persone con un destino segnato, afflitte da un dolore, da un imprevisto, da una scelta, che trovano, però, il coraggio di essere se stesse e si impegnano a perseguire la verità, anche facendo i conti con i pregiudizi e gli stereotipi, dati dalla società.
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Il film di Rocco Papaleo “Una piccola impresa meridionale”, uscito lo scorso mese nelle sale cinematografiche italiane, narra il coraggio del cambiamento quando si è veri e sinceri nei confronti di se stessi e con le persone con cui ci si relaziona quotidianamente.
Il Faro Capo San Marco rappresenta un punto d’incontro di anime in viaggio, un rifugio lontano dalle critiche e dai pregiudizi del paese, ma anche un luogo di evoluzione del singolo e del gruppo, in cui si prendono decisioni importanti per vivere meglio il presente e per star bene in futuro.
Apparentemente, giungono al Faro persone con un destino segnato, afflitte da un dolore, da un imprevisto, da una scelta, che trovano, però, il coraggio di essere se stesse e si impegnano a perseguire la verità, anche facendo i conti con i pregiudizi e gli stereotipi, dati dalla società.
Il personaggio principale è un prete che, all’età di 55 anni, decide di confessare, alla madre e al paese, di aver avuto una relazione con una donna e di averla amata e, per questo motivo, di non poter più fare il sacerdote. Dice, infatti, <<Non potevo stare nell’ambiguità con me stesso e con Dio. Avevo una relazione con una donna>>.
La Signora Stella, inizialmente, è una mamma distrutta dal dolore e dalla vergogna data dal fatto che il figlio prete vuole sciogliere i suoi voti e la figlia Rosamaria, sposata, ha lasciato il marito per fuggire con l’amante donna di cui si è perdutamente innamorata e grazie alla quale ha trovato il coraggio di scegliere di gridare il proprio amore e il riconoscimento del diritto di amare, senza differenze di genere.
Il marito di Rosamaria che, in confessione, rivela di essersi sposato solo per dare gioia alla famiglia, pur non amando più la donna con la quale si è accostato al sacramento del matrimonio. Disistimato dal padre, vive alimentando in sé la passione per la musica jazz, senza essere compreso.
Una escort, apparentemente gioiosa e felice, che va in pensione a 40 anni e chiede alla sorella Valbona e a Don Costantino di essere ospitata nel Faro. Il giorno canta la canzone di Caterina Caselli “Sole spento”; la sera guarda le foto dei suoi clienti, immaginando che tutti quegli uomini la sognino.
Un Faro ha il compito di illuminare la rotta dei naviganti, di indicare una via di luce anche nelle tenebre della notte, di dare speranza nel giungere ad una meta, anche se si è in viaggio da diverso tempo.
Con la rinascita del Faro avviene, in ogni personaggio del film “Una piccola impresa meridionale”, un’evoluzione radicale: la mamma accetta l’amore che la figlia prova per una donna; il prete, sempre più convinto della scelta di sciogliere i voti, sceglie di sposare in pubblico due donne che si amano e impara un mestiere che lo porterà ad inserirsi nel tessuto sociale come cittadino; il ragazzo, prima sposato e inghiottito in un ruolo scelto da altri, matura e torna a suonare in pubblico, progettando il suo futuro basato sul talento e sulla voglia di amare nuovamente; la prostituta diventa imprenditrice, perché investe il suo denaro nella ristrutturazione del Faro, e corona il suo sogno d’amore decidendo di sposarsi con un uomo che la ama; la donna, che ha lasciato il marito per amare un’altra donna, si sente più forte e viva perché ha il coraggio di gridare il suo amore per la sua compagna e di lottare perché venga riconosciuto anche dagli altri.
L’amore, se vero e sincero, va oltre ogni barriera, quando si ha il coraggio di viverlo, indipendentemente dai ruoli, dal genere e dalle scelte passate e pregresse rispetto ai bisogni presenti dell’Io.
Viva l’amore dunque, perché chi ama non deve vergognarsi di esternare ciò che prova e che fa sentire vivi.
Se non si sceglie di abbracciare il nuovo che ormai esiste dentro sè, la coltre di silenzi, di bugie, di rinunce, di dolore, farà morire lentamente, e farà sentire inesistenti e spenti, chi ancora è in vita.
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leocolangelo
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domenica 3 novembre 2013
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orrendo e noioso
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Che dire..... due ore di noia totale, battute e trama prevedibili e poco realistiche' estrema accentuazione del rapporto lesbo tra due protagoniste, non una risata in tutta la proiezione, conclusione.....vade retro!!!!!! Evitatelo
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olimanu
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domenica 3 novembre 2013
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una storia piacevolmente statics
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Questa storia mi ha piacevolmente sorpresa. Tutto si svolge attorno a un vecchio faro non piú funzionante, ogni personaggio si trova legato a esso per scappare dalle situazioni della propria vita, per scappare dall'opinione del paese che ti soffoca
Un prete spretato, una sorella che diventa lesbica, una ex prostituta...ogni personaggio ti regala qualcosa che porti via con te uscendo dal cinema.
Da vedere asolutamente
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