alessandro vanin
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lunedì 1 settembre 2014
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bel film peccato per il finale
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Una piccola impresa meridionale è una diverrtente commedia (ma non solo) diretta da Rocco Papaleo. Un prete quasi cinquantenne ritorna alla sua piccola città del sud dalla madre per dirle che ha appena abbandonato la tonaca. La madre per la vergogna lo costringe anandare lontano dal paese nel faro abbandonato di proprietà di famiglia. Ma la solitudine dell'ex prete non duerà a lungo. Altre persone per sottrrsi ai giudizi della gente del paese verranno al faro. L'improvvisata convivenza darà a tutti la possibilità darà a tutti la possibilità di riflettere sulla loro vita. Il film ha la capacità di trattare temi seri come la famiglia, il rapporto genitori figli adulti, il matrimono, il lavoro e pure la morte con leggerenza ma senza per questo essere superficiale.
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Una piccola impresa meridionale è una diverrtente commedia (ma non solo) diretta da Rocco Papaleo. Un prete quasi cinquantenne ritorna alla sua piccola città del sud dalla madre per dirle che ha appena abbandonato la tonaca. La madre per la vergogna lo costringe anandare lontano dal paese nel faro abbandonato di proprietà di famiglia. Ma la solitudine dell'ex prete non duerà a lungo. Altre persone per sottrrsi ai giudizi della gente del paese verranno al faro. L'improvvisata convivenza darà a tutti la possibilità darà a tutti la possibilità di riflettere sulla loro vita. Il film ha la capacità di trattare temi seri come la famiglia, il rapporto genitori figli adulti, il matrimono, il lavoro e pure la morte con leggerenza ma senza per questo essere superficiale. Bellissima la colonna sonora e tra l'altro la musica ricopre un ruolo importantissimo nell'arco di tutto il film, Un vero peccato che il finale con la sua "morale" abbia tolto molto al film. Papaleo doveva fermarsi quando i protagonisti avevano realizzato il loro progetto. Il finale ha un po' rovinato il film altrimenti avrei votato "ottimo film"
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ludovico.iaquinta
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mercoledì 23 luglio 2014
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poco coinvolgente
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Il film è sopravvalutato..lascia poco spazio all'immaginazione..brutte le musiche, tempistiche in ritardo in alcune scene musicali..trama senza fondo e personaggi a volte fuori luogo. Aspettavo di meglio dato il cast (a mio parere sprecato) e gli incassi ( oltre 3.000.000 € ) . A conti fatti direi che il film è senza un vero senso, ne vale il discorso finale di don costantino alla sorella.
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trammina93
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domenica 29 giugno 2014
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piuttosto scarso
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Per me non raggiunge la sufficienza questo film. Mi aspettavo un film più divertente, invece di battute divertenti ce ne sono davvero poche, si possono contare sulle dita di una mano. Magari la prima metà è anche guardabile ma la seconda fa venire l'orticaria. Era carino il mistero creatosi su chi fosse l'uomo mistetioso con cui era scappata la moglie di Arturo (Riccardo Scamarcio), nonchè sorella di don Costantino (Rocco Papaleo) ed è stata sorprendente la scelta di inventarsi che fosse lesbica e che la sua amante fosse Valbona (Sarah Felberbaum). Certo però non mi aspettavo che da lì in poi il film fosse un inno all'omosessualità.
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Per me non raggiunge la sufficienza questo film. Mi aspettavo un film più divertente, invece di battute divertenti ce ne sono davvero poche, si possono contare sulle dita di una mano. Magari la prima metà è anche guardabile ma la seconda fa venire l'orticaria. Era carino il mistero creatosi su chi fosse l'uomo mistetioso con cui era scappata la moglie di Arturo (Riccardo Scamarcio), nonchè sorella di don Costantino (Rocco Papaleo) ed è stata sorprendente la scelta di inventarsi che fosse lesbica e che la sua amante fosse Valbona (Sarah Felberbaum). Certo però non mi aspettavo che da lì in poi il film fosse un inno all'omosessualità. Non sono omofoba e non lincerò mai una coppia di omosessuali che vedo per strada però da qui ad inneggiarli ci passa un treno perchè se fossimo tutto omosessuali il genere umano si estinguerebbe non potendo riprodursi. Dal momento in cui si è scoperto di quest'amore omosessuale, la trama è stata incentrata quasi soloo su quello, con scene di sdolcinerie, romantichierie, baci tra le due che dopo un pò ti stufano. Per poi arrivare al finale anch'esso incentrato su quest'amore lesbo, con le due donne che giungono da una nave, vestite da sposa, tutto in stile spose fantasma e vengono dichiarate "unite come perdona e persona". Che dire se non: mah? Il resto della trama era poco solido, nulla di intrippante, nulla da cui ricavare gag divertenti, neanche la trovata della compagnia girovagante dei due uomini e la bambina che aiutano nella ristrutturazione Papaleo e gli altri. Scamarcio era molto sotto tono in questo film, non ha brillato come il suo solito, gli ho visto fare parti decisamente migliori (basti pensare Mine vaganti, Romanzo criminale ma anche Il rosso e il blu per rimanere in tema di commedie), quindi a mio avviso è sprecato per qiesto film visto il suo talento. Papaleo non mi ha mai fatto ridere troppo, non mi fa impazzire il suo accento nè la sua comicità e infatti neanche in questo film m'è piaciuto.Chi ha prevalso sugli altri in quanto a bravura ed un bel ruolo è Barbora Bobulova, che tra l'altro secondo me ha dato anche prova di avere un'ottima voce nel canto su questo film. Inoltre la Bobulova è stata l'unica che mi ha fatto uscire qualche sorriso, sarà che la sua storia è l'unica che hanno potuto sfruttare per qualche gag divertente, essendo la prostituta su cui tutti hanno i pregiudizi. Al di là di questo il film per me è da bocciare proprio.
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enzo70
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sabato 12 aprile 2014
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un bel film a cui manca qualcosa
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Papaleo si è creato un mondo narrativo nell’ambito del cinema italiano, ponendo al centro dei suoi film alcuni temi che, alla fine, funzionano. Basilicata coast to coast è stato un piccolo gioiello, per la capacità di dare un senso ad un viaggio nella bellissima terra di origine del regista attore lucano. E sulla scia di quel film, una piccola impresa meridionale, ambientato in Puglia (in realtà il tutto è stato girato in Sardegna, l’unica regione in cui quegli spazi ci sono) racconta delle vicissitudini di una famiglia meridionale alle prese con un prete spretato, un uomo lasciato dalla moglie per una donna, una madre che fa la madre del sud, una prostituta russa, due uomini ed una bambina con un problema di affidamento.
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Papaleo si è creato un mondo narrativo nell’ambito del cinema italiano, ponendo al centro dei suoi film alcuni temi che, alla fine, funzionano. Basilicata coast to coast è stato un piccolo gioiello, per la capacità di dare un senso ad un viaggio nella bellissima terra di origine del regista attore lucano. E sulla scia di quel film, una piccola impresa meridionale, ambientato in Puglia (in realtà il tutto è stato girato in Sardegna, l’unica regione in cui quegli spazi ci sono) racconta delle vicissitudini di una famiglia meridionale alle prese con un prete spretato, un uomo lasciato dalla moglie per una donna, una madre che fa la madre del sud, una prostituta russa, due uomini ed una bambina con un problema di affidamento. Insomma gli ingredienti per un film che può far ridere ci sono tutti e questo, in realtà, è il mestiere di Papaleo. E poi ci sta questo faro in mezzo al mare che l’inventiva del meridionale trasforma da un rudere, o poco di più, in un bellissimo resort; ecco la piccola impresa meridionale, fatta da inventiva e voglia di costruire. Ma, purtroppo, un bel progetto si perde dietro una sceneggiatura poco lineare che fa perdere punti a questo film.
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daniele grano
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domenica 9 marzo 2014
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una piccola impresa per un piccolo film
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La seconda fatica cinematografica di Rocco Papaleo può definirsi in tutto e per tutto "un'occasione sprecata".
La trama è, tutto sommato, accattivante: un ex prete (Rocco Papaleo), per sfuggire alle malelingue del piccolo paesino meridionale dove è nato e cresciuto, si rifugia nell'abbandonato faro di famiglia.
A fargli compagnia arriveranno nell'ordine: una ex "top escort" (Barbara Bobulova); suo cognato (Riccardo Scamarcio), abbandonato dalla moglie scappata con la badante di sua madre, sorella dell'ex prostituta; una famiglia di imprenditori edili/circensi napoletani; a completare il quadro, la stessa madre di Papaleo, scappata dal paese per la vergogna.
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La seconda fatica cinematografica di Rocco Papaleo può definirsi in tutto e per tutto "un'occasione sprecata".
La trama è, tutto sommato, accattivante: un ex prete (Rocco Papaleo), per sfuggire alle malelingue del piccolo paesino meridionale dove è nato e cresciuto, si rifugia nell'abbandonato faro di famiglia.
A fargli compagnia arriveranno nell'ordine: una ex "top escort" (Barbara Bobulova); suo cognato (Riccardo Scamarcio), abbandonato dalla moglie scappata con la badante di sua madre, sorella dell'ex prostituta; una famiglia di imprenditori edili/circensi napoletani; a completare il quadro, la stessa madre di Papaleo, scappata dal paese per la vergogna.
Il cast è di tutto rispetto, con attori in grandissima forma (in particolare, le forme della Bobulova sono molto spesso generosamente offerte al pubblico) ed ambientazione e fotografia sono spettacolari, in un ipotetico paese al confine fra Basilicata e Puglia, anche se il film, in realtà, è stato girato in Sardegna, a capo San Marco.
Manca però qualcosa: i dialoghi sono slegati tra loro, la narrazione non è scorrevole; il ritmo è lento, molto lento, al punto che lo spettatore, senza alcuno sforzo particolare, può prevederne il finale, quasi scontato.
Nonostante la verve comica di Papaleo sia viva e intatta, il comico lucano cade negli stessi errori di "Basilicata Coast to Coast", cercare di creare un'opera collettiva e musicale, originale ed anticonformista, senza dare il giusto peso al filo narrativo ed alla sua messa in scena.
Alla domanda: Consigliato? la risposta è Nì, ma forse anche No.
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liuk!
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sabato 22 febbraio 2014
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lasciato andare
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Le potenzialitá di questa pellicola sarebbero state notevoli in quanto la trama é interessante, la location meravigliosa ed il cast ben assortito. Purtroppo manca verve, la commedia si perde per strada senza pungere senza far sorridere, senza alcuna emozione. Soprattutto nel finale si ha la sensazione di qualcosa di abbandonato a se stesso quasi senza regia, un lavoro incompiuto che si spegne nell'indifferenza di tutti, anche degli attori.
Provaci ancora Rocco, puoi fare di meglio.
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ale01
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lunedì 17 febbraio 2014
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stupendo .
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Bel film, delicato e senza retorica. Si raccontano storie credibili anche se enfatizzate e...non ci si imbarazza di essere italiani con pregi e difetti! Grazie Rocco Papaleo.Continua così anche se purtoppo non siamo molti ad aver apprezzato e intuito il valore di questa pellicola!
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gufoparlante
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giovedì 19 dicembre 2013
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una bella storia sprecata dalla regia
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Un vero peccato. La storia è interessante e offre spunti per dialoghi godibili. Purtroppo la bravura degli artisti non riesce a compensare la sciatteria della sceneggiatura e la scarsa qualità della regia. In particolare mi ha indignato la scena del funerale, dove in presenza del defunto, i suoi figli e gli amici ne approfittano per farsi quattro risate. E la scena del finto matrimonio gay è assolutamente fuori luogo. Come invitare a cena un club di vegetariani e offrire loro capretti arrostiti sulla fiamma viva. Un film lento, anzi, lentissimo nella parte centrale, che non sfrutta il potenziale comico dei personaggi e delle situazioni.
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antonello chichiricco
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mercoledì 13 novembre 2013
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la seconda armata brancapapaleone
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Chi si aspetta “decolli mozzafiato” o “ritmi incalzanti” non vada a vedere questo film.
In un mondo-cinema così modernamente e nevroticamente spottizzato, digitalizzato, effettato e fichizzato in 3D, (avevo appena visto “Gravity”) sentivo un bisogno di analogica distensione e ho scelto questa pellicola, sperando in una favola rilassante. E l’ho trovata. Non simpaticamente squinternata e itinerante come quella dell’armata BrancaPAPALEOne di “Basilicata coast to coast” ma circo-stanziale nel suo conglomerato miscelante di vari personaggi avversi e relative diversità, idee, speranze, pensieri. Papaleo, è ormai chiaro, è un convinto sacerdote di suggestiva, poetica, intelligente sgangheratezza (non finto trasgressiva), a mio avviso efficace antidoto contro l’esasperatismo tecno-razionale di una sofisticata società autoreferenzialmente stupida come l’attuale.
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Chi si aspetta “decolli mozzafiato” o “ritmi incalzanti” non vada a vedere questo film.
In un mondo-cinema così modernamente e nevroticamente spottizzato, digitalizzato, effettato e fichizzato in 3D, (avevo appena visto “Gravity”) sentivo un bisogno di analogica distensione e ho scelto questa pellicola, sperando in una favola rilassante. E l’ho trovata. Non simpaticamente squinternata e itinerante come quella dell’armata BrancaPAPALEOne di “Basilicata coast to coast” ma circo-stanziale nel suo conglomerato miscelante di vari personaggi avversi e relative diversità, idee, speranze, pensieri. Papaleo, è ormai chiaro, è un convinto sacerdote di suggestiva, poetica, intelligente sgangheratezza (non finto trasgressiva), a mio avviso efficace antidoto contro l’esasperatismo tecno-razionale di una sofisticata società autoreferenzialmente stupida come l’attuale. Ed entrambe queste sue due prime opere ne sono un inequivocabile manifesto, un manifesto che come un tappeto volante con un proprio “ritmo” sintonico e ammaliante fa “decollare” i suoi papaleotipi verso una dimensione ormai per noi definibile “magica” (in quanto utopica) ma in realtà smascheratamente e genuinamente naturale.
Arguto il parallelismo fra il recupero dei diversi soggetti umani, culturalmente e ideologicamente distanti e disadattati, ad una armoniosa dimensione comunitaria finalmente valorizzativa dei singoli, e il riciclo di vari oggetti e rifiuti destinati alla spazzatura risorti a nuovo utile splendore per arredare con fantasia il fatiscente scalcinato faro sul mare, proscenio della vicenda, anch’esso rimesso a nuovo e tirato a specchio, sorta di Torre di Babele alla rovescio, aggregante tante rinate dissomiglianze in un unico linguaggio affratellante di comuni intenti e propositive convergenze.
Il prete reazionario col suo codazzo di pecoranti disgustati che abbandona il matrimonio di anime libere mi piace vederlo come l’uscita di scena dalla storia, piccola del film, e grande dell’umanità di quell’ancora maggioritario esercito di vigliacchi e di imbecilli che frenano la vera emancipazione della società umana.
Bravi gli interpreti, con uno Scamarcio sempre meno bambolo sciupa-bambole e sempre più attore, ed una Giuliana Lojodice gigantessa di grande recitazione. Scenografia e fotografia di eccellente fattura.
Un film in fin dei conti nemmeno tanto favola, o forse favola, sì, ma come le più belle favole istruttiva metafora di realtà.
Antonello Chichiricco
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antonello chichiricco
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mercoledì 13 novembre 2013
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seconda armata brancapapaleone
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Chi si aspetta “decolli mozzafiato” o “ritmi incalzanti” non vada a vedere questo film.
In un mondo-cinema così modernamente e nevroticamente spottizzato, digitalizzato, effettato e fichizzato in 3D, (avevo appena visto “Gravity”) sentivo un bisogno di analogica distensione e ho scelto questa pellicola, sperando in una favola rilassante. E l’ho trovata. Non simpaticamente squinternata e itinerante come quella dell’armata BrancaPAPALEOne di “Basilicata coast to coast” ma circo-stanziale nel suo conglomerato miscelante di vari personaggi avversi e relative diversità, idee, speranze, pensieri. Papaleo, è ormai chiaro, è un convinto sacerdote di suggestiva, poetica, intelligente sgangheratezza (non finto trasgressiva), a mio avviso efficace antidoto contro l’esasperatismo tecno-razionale di una sofisticata società autoreferenzialmente stupida come l’attuale.
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Chi si aspetta “decolli mozzafiato” o “ritmi incalzanti” non vada a vedere questo film.
In un mondo-cinema così modernamente e nevroticamente spottizzato, digitalizzato, effettato e fichizzato in 3D, (avevo appena visto “Gravity”) sentivo un bisogno di analogica distensione e ho scelto questa pellicola, sperando in una favola rilassante. E l’ho trovata. Non simpaticamente squinternata e itinerante come quella dell’armata BrancaPAPALEOne di “Basilicata coast to coast” ma circo-stanziale nel suo conglomerato miscelante di vari personaggi avversi e relative diversità, idee, speranze, pensieri. Papaleo, è ormai chiaro, è un convinto sacerdote di suggestiva, poetica, intelligente sgangheratezza (non finto trasgressiva), a mio avviso efficace antidoto contro l’esasperatismo tecno-razionale di una sofisticata società autoreferenzialmente stupida come l’attuale. Ed entrambe queste sue due prime opere ne sono un inequivocabile manifesto, un manifesto che come un tappeto volante con un proprio “ritmo” sintonico e ammaliante fa “decollare” i suoi papaleotipi verso una dimensione ormai per noi definibile “magica” (in quanto utopica) ma in realtà smascheratamente e genuinamente naturale.
Arguto il parallelismo fra il recupero dei diversi soggetti umani, culturalmente e ideologicamente distanti e disadattati, ad una armoniosa dimensione comunitaria finalmente valorizzativa dei singoli, e il riciclo di vari oggetti e rifiuti destinati alla spazzatura risorti a nuovo utile splendore per arredare con fantasia il fatiscente scalcinato faro sul mare, proscenio della vicenda, anch’esso rimesso a nuovo e tirato a specchio, sorta di Torre di Babele alla rovescio, aggregante tante rinate dissomiglianze in un unico linguaggio affratellante di comuni intenti e propositive convergenze.
Il prete reazionario col suo codazzo di pecoranti disgustati che abbandona il matrimonio di anime libere mi piace vederlo come l’uscita di scena dalla storia, piccola del film, e grande dell’umanità di quell’ancora maggioritario esercito di vigliacchi e di imbecilli che frenano la vera emancipazione della società umana.
Bravi gli interpreti, con uno Scamarcio sempre meno bambolo sciupa-bambole e sempre più attore, ed una Giuliana Lojodice gigantessa di grande recitazione. Scenografia e fotografia di eccellente fattura.
Un film in fin dei conti nemmeno tanto favola, o forse favola, sì, ma come le più belle favole istruttiva metafora di realtà.
Antonello Chichiricco
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