m.barenghi
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martedì 19 febbraio 2013
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ma è fiction o documentario?
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E' da sempre buona abitudine di Hollywood usare il cinema per "riscrivere" la storia e ripulire i propri armadi dai numerosi scheletri che vi albergano. Così per decenni è stata scritta la storia nazionale a base di neri subumani (Griffith!!) e indiani cattivi. In politica estera il film "di guerra" ha sempre esaltato le doti di altruismo ed eroismo yankee, anche quando i tempi (Vv. "berretti verdi") conducevano irrimediabilmente a risultati penosi.
Quello che spiazza nel pur ottimo film della Bigelow è proprio il fatto che la storia, in questo caso, venga addirittura SCRITTA: si tratta delle operazioni di intelligence (torture comprese) che hanno condotto allo snidamento e annientamento di Osama Bin Laden, ricostruite con una precisione documentaristica della quale però, data la assoluta segretezza e prevalente illegalità delle stesse, a noi spettatori non verrà mai dato di sapere quanto veritiera.
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E' da sempre buona abitudine di Hollywood usare il cinema per "riscrivere" la storia e ripulire i propri armadi dai numerosi scheletri che vi albergano. Così per decenni è stata scritta la storia nazionale a base di neri subumani (Griffith!!) e indiani cattivi. In politica estera il film "di guerra" ha sempre esaltato le doti di altruismo ed eroismo yankee, anche quando i tempi (Vv. "berretti verdi") conducevano irrimediabilmente a risultati penosi.
Quello che spiazza nel pur ottimo film della Bigelow è proprio il fatto che la storia, in questo caso, venga addirittura SCRITTA: si tratta delle operazioni di intelligence (torture comprese) che hanno condotto allo snidamento e annientamento di Osama Bin Laden, ricostruite con una precisione documentaristica della quale però, data la assoluta segretezza e prevalente illegalità delle stesse, a noi spettatori non verrà mai dato di sapere quanto veritiera.
La riflessione della Bigelow verte proprio su questi temi scottanti: a quanti di noi hanno gridato allo scandalo ai tempi di Abu Ghraib viene mostrato con assoluta credibilità che, se non fai così, tanto vale non mettercisi nemmeno! Il fine giustifica i mezzi, machiavellicamente; e se devi raggiungere il RISULTATO (cioè liberare l'occidente dal proprio incubo più che vendicare i 3.000 morti delle Torri Gemelle) ogni mezzo è lecito. Quanto poi al fatto che l'incubo sia realmente finito ce lo dirà la storia (se Al Qaida è stata realmente decapitata e messa allo scoperto, la sua attività terroristica dovrebbe cessare più o meno del tutto, come successe per le Brigate Rosse negli ultimi anni '70) ma ora è ancora troppo presto: perchè ricordiamoci che in fin dei conti il cadavere in questione, di cui la CIA dice di essersi prontamente sbarazzata, è stato visto soltanto dagli autori dell'operazione. Ed il suo proprietario era il rampollo di una straricchissima casata di arabi, amici intimi per giunta -oltre che soci in affari - della famiglia Bush.
Il senso di vuoto assoluto che attanaglia la protagonista nella scena finale è stretto parente dell'incapacità del protagonista di "Hurt locker" di vivere senza l'adrenalina a mille, e costituisce il vero nucleo poetico del film. Vicino come non mai alle incertezze dello spettatore che non saprà mai fino a che punto credere a questo "documentario"
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catcarlo
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martedì 19 febbraio 2013
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zero dark thirty
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E’ vero: sono partito prevenuto. Non lo si dovrebbe fare, lo so, ma un film che narra la caccia e l’uccisione di Osama Bin Laden uscito a ridosso delle elezioni negli Stati Uniti (per quanto io abbia tifato Obama) qualche cattivo pensiero lo suscita. La visione non smentisce i sospetti, anche se le qualità cinematografiche della pellicola consentono per un lunghissimo tempo di passarci sopra. Dopo un prologo con le voci dell’undici settembre, l’agente della CIA Maya – cui Jessica Chastain offre un’interpretazione monolitica in cui le emozioni faticano a filtrare a parte la bella scena finale – viene catapultata sul ‘fronte orientale’ e, grazie a un’intuzione, trova fra l’immensa mole di dati e di piste il bandolo della matassa che conduce al nemico pubblico numero uno.
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E’ vero: sono partito prevenuto. Non lo si dovrebbe fare, lo so, ma un film che narra la caccia e l’uccisione di Osama Bin Laden uscito a ridosso delle elezioni negli Stati Uniti (per quanto io abbia tifato Obama) qualche cattivo pensiero lo suscita. La visione non smentisce i sospetti, anche se le qualità cinematografiche della pellicola consentono per un lunghissimo tempo di passarci sopra. Dopo un prologo con le voci dell’undici settembre, l’agente della CIA Maya – cui Jessica Chastain offre un’interpretazione monolitica in cui le emozioni faticano a filtrare a parte la bella scena finale – viene catapultata sul ‘fronte orientale’ e, grazie a un’intuzione, trova fra l’immensa mole di dati e di piste il bandolo della matassa che conduce al nemico pubblico numero uno. Ovviamente, all’inizio nessuno le dà retta ed è solo grazie a una cocciuta testardaggine, ai limiti dell’ossessione, che l’Agenzia si decide a seguire le sue indicazioni: si deve però muovere il direttore in persona – James Gandolfini in una parte piccola ma efficace. Lo sviluppo dell’investigazione è narrato in circa due ore in cui dominano i caratteri del cinema di spionaggio, tra false piste, errori fatali – ci va di mezzo la Jessica di Jennifer Ehle, assai più empatica della protagonista – tanta pazienza e un pizzico di inevitabile corruzione. La sceneggiatura di Mark Boal procede attraverso una serie di capitoletti, in apparenza poco legati fra loro ma che consentono uno spostamento progressivo che avvicina sempre più al bersaglio: Bigelow inquadra il tutto in maniera fredda, quasi documentaristica, ma le belle scene di colorata vita quotidiana in Pakistan non evitano la rigida divisione fra buoni e cattivi. In tutto questo si inserisce anche una questione troppo presto abbandonata: presenti quasi solo nel segmento iniziale – quindi riferite alla prima metà dello scorso decennio – le scene di tortura sono brutali, ma la condanna non è proprio chiarissima, lasciando la non gradevolissima impressione che le sevizie, pur non essendo una bella cosa, a volte, servano. In esse si distingue l’agente Dan impersonato da un bravo Jason Clarke, che dà vita a un personaggio interessante diviso com’è tra bisogno di normalità e compiti violenti. Finito il suo lavoro e tornato a casa, però, sparisce quasi dal radar: uno dei pregi del film è il fatto che il punto di vista e il motore della storia siano prettamente femminili, ma a volte questo ha come conseguenza l’eclissarsi delle figure maschili. Dopo centoventi minuti di robusto intrigo internazionale –che non spiegano i peana della critica e le nomination multiple, ma sanno comunque avvincere – inizia la missione notturna destinata a stanare Bin Laden dalla sua casa-fortino: quasi tre quarti d’ora di visori a infrarossi, porte fatte saltare e colpi di grazia a corpi già cadaveri che sembrano non finire mai. A parte la bella sequenza del volo notturno in elicottero, per il resto i tempi potevano venir tranquillamente dimezzati senza perdita di informazioni e con un notevole guadagno di ritmo narrativo. Qualcuno, forse appassionato di tattiche di commando, considera questa la parte migliore del film, ma per me finisce per danneggiarne il giudizio complessivo: ‘Zero dark thirty’ è un buon lavoro, anche coraggioso nell’affrontare una materia ancora viva, ma che non riesce a essere all’altezza delle aspettative.
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muttley72
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martedì 19 febbraio 2013
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film documentaristico: non è "the hurt locker"
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Il film della Bigelow (che tanto ho atteso) è bello, ma non come possono sperare i patiti dell'azione adrenalinica.
Il motivo è presto detto: essendo un film che, dichiaratamente, cerca di ricostruire i reali eventi che hanno condotto alla morte di Osama Bin Laden per come realmente si sono svolti (o come gli USA dicono che si sono svolti), non si poteva aggiungere nella sceneggiatura "elementi aggiuntivi", che avrebbero snaturato la natura "documentaristica" del film. Il clima che si "respira" in questo film è, per capirci, simile a quello dei film tipo "Munich" (che narrava le operazioni del Mossad israeliano contro i terroristi palestinesi dopo l'attentato alle Olimpiadi di Monaco).
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Il film della Bigelow (che tanto ho atteso) è bello, ma non come possono sperare i patiti dell'azione adrenalinica.
Il motivo è presto detto: essendo un film che, dichiaratamente, cerca di ricostruire i reali eventi che hanno condotto alla morte di Osama Bin Laden per come realmente si sono svolti (o come gli USA dicono che si sono svolti), non si poteva aggiungere nella sceneggiatura "elementi aggiuntivi", che avrebbero snaturato la natura "documentaristica" del film. Il clima che si "respira" in questo film è, per capirci, simile a quello dei film tipo "Munich" (che narrava le operazioni del Mossad israeliano contro i terroristi palestinesi dopo l'attentato alle Olimpiadi di Monaco).
La differenza tra un film "(liberamente) ispirato ai fatti" ed un film che "ricostruisce gli eventi avvenuti" non è da poco. In tal caso essendo gli eventi segreti, nessuno saprà mai il grado di veridicità della versione dataci dagli USA, ma il film si basa fedelmente su tale versione, senza ulteriori "ricami" nella sceneggiatura.
Il film dura molto e solo nella parte finale (quella dell'operazione puramente militare) regala momenti di azione (con i Navy Seals): non che il resto della pellicola sia soporifero, ma è più che altro un film spy-thriller (fatto di interrogatori, intelligence, investigazioni, pedinamenti, lotte tra i vari livelli di comando della CIA, escalation di attentati terroristici a cui far fronte). La protagonista è una agente donna della CIA che cura un filone di indagine che poi si rivelerà quello giusto....
Per i fatti sopra detti "Zero dark thirty" non è paragonabile a "The Hurt locker" (più avvincente e spettacolare), poichè quest'ultimo, pur essendo molto credibile in ogni dettaglio, è pur sempre una storia liberamente "sceneggiata" (e sugli artificieri!) e che non deve quindi attenersi a fatti storici.
Fatte queste premesse il film è curato, credibile, realistico, ma "essenziale" e (vista la sua notevole lunghezza) mai noioso.
Chi non ama i film di "intelligence"/"spy story" (quelli fatti di pedinamenti, indagini, interrogatori, ore piccole passate sulla scrivania, foto segnaletice, ecc) farà bene a non cimentarsi nella visione, perchè dovrà "reggere" per 2 ore e mezza...(o per 2 ore, se leviamo l'ultima mezz'ora che più "movimentata").
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pressa catozzo
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martedì 19 febbraio 2013
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far west far east
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Politicamente corretto. Ma se diamo Oscar a questo film.... Almeno un leone d argento a vacanze di natale.
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michele
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lunedì 18 febbraio 2013
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il capolavoro della bigelow
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ZERO DARK THIRTY di Kathryn Bigelow
A volte per recensire un'opera, sia essa cinematografica, artistica, letteraria o di altro genere non sono necessarie molte parole, ma basta un verbo, un articolo indeterminativo e un sostantivo. Questo è il caso di Zero Dark Thirty perché il film della Bigelow 'E' UN CAPOLAVORO!'. Non ci si limita mai a questo però, in quanto, sia per puro piacere personale sia soprattutto per rispetto nei confronti del lettore è corretto andare avanti e giustificare il nostro giudizio. Zero Dark Thirty è una parola in codice, usata nel gergo militare per indicare una qualsiasi ora della notte in cui avviene un'importante operazione militare, in questo caso quella dell'assalto da parte del corpo militare americano dei Navy Seals al bunker nel quale si trovava nascosto il terrorista numero uno: Osama Bin Laden.
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ZERO DARK THIRTY di Kathryn Bigelow
A volte per recensire un'opera, sia essa cinematografica, artistica, letteraria o di altro genere non sono necessarie molte parole, ma basta un verbo, un articolo indeterminativo e un sostantivo. Questo è il caso di Zero Dark Thirty perché il film della Bigelow 'E' UN CAPOLAVORO!'. Non ci si limita mai a questo però, in quanto, sia per puro piacere personale sia soprattutto per rispetto nei confronti del lettore è corretto andare avanti e giustificare il nostro giudizio. Zero Dark Thirty è una parola in codice, usata nel gergo militare per indicare una qualsiasi ora della notte in cui avviene un'importante operazione militare, in questo caso quella dell'assalto da parte del corpo militare americano dei Navy Seals al bunker nel quale si trovava nascosto il terrorista numero uno: Osama Bin Laden. La storia attraversa un arco di tempo lungo dieci anni, dal Settembre 2001, evocato in maniera struggente con lo schermo completamente nero e il suono delle voci registrate delle vittime che dicono addio ai propri familiari, fino appunto al giorno della cattura, nel Maggio 2011, passando per tutti gli episodi di violenza e di terrorismo che hanno coinvolto il mondo in questa lotta sanguinosa, tra cui gli attentati di Londra del 2005. E' un thriller Zero Dark Thirty più che un film bellico, per molti tratti un film di spionaggio che tiene sempre alta la tensione, con un ritmo serrato, scene spettacolari, crude e anche violente, come quelle iniziali di tortura ai prigionieri trattate con un vivido realismo. La regia nonostante l'abbondanza di materiale, tutto sommato è ben calibrata e non si lascia mai prendere la mano da un'eccessiva dose di prorompente spettacolarità attraverso scene di esplosioni e conflitti a fuoco che, badate bene, non mancano e sono anche ben fatte, ma non dominano mai lo schermo, né sovrastano la narrazione in maniera esagerata. La capacità del film è sicuramente quella di coinvolgere sempre lo spettatore nella ricerca di un nemico invisibile, di farlo immedesimare in questa caccia all'uomo mettendo però da parte qualsiasi tipo di aspetto patriottico ed è qui che sicuramente la Bigelow vince la sua sfida. E' intelligente nel non cadere in questa trappola, potremmo dire 'politica', dove il trionfalismo per la cattura e l'uccisione del nemico numero uno degli Stati Uniti e ogni sorta di retorica o sentimentalismo pro-America non trovano mai spazio nelle oltre due ore e mezzo di pellicola, rinunciando saggiamente a costruire un happy ending finale nonostante l'obiettivo sia stato raggiunto. In questa rincorsa, attraversando l'Afghanistan, il Pakistan e anche con qualche tappa europea e oltre Atlantico, siamo guidati dalla tenacia e dalla determinazione di Maya, la protagonista principale del film (Jessica Chastain, candidata all'Oscar come migliore attrice protagonista) che dopo anni e anni di contatti e false piste scova il nascondiglio del capo di Al-Qaeda. In questa figura femminile così candida e pulita di aspetto, ma determinata e vincente dentro, si può notare, non tanto una metafora dell'America, come si potrebbe facilmente immaginare, ma una sorta di trasfigurazione della Bigelow stessa, di un alter-ego che ben si addice alla sua personalità registica così adrenalinica, ma ben capace di controllare ogni singola inquadratura e dotarla, nello stesso tempo, dal punto di vista della significazione, di una grande efficacia emotiva. Maya non cede mai alla disperazione, neanche quando rischia la vita, non si arrende di fronte alla morte di colleghi e amici e porta avanti il suo credo e il suo progetto con una determinazione mascolina, vincendo alla fine la sua battaglia contro tutti i pregiudizi e le perplessità nei suoi confronti. Anche Kathryn Bigelow vince la sua sfida cinematografica e alla grande!
Michele Iovine
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(di iankenobi)
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filippo catani
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lunedì 18 febbraio 2013
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una spy story d'autore
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Dopo i tragici attentati dell'11 settembre 2001, la Cia si mette sulle tracce dei terroristi responsabili della strage e di quello che definiscono subito il loro nemico numero 1 e cioè Osama Bin Laden. Dopo un lunghissimo lavoro di intelligence, durato per anni, le indagini porteranno al corriere di Bin Laden e alla sua residenza.
Partiamo subito dal dato di fatto che, come si è soliti dire, la storia viene scritta dai vincitori per cui la prospettiva dalla quale viene inquadrata la vicenda è ovviamente quella americana. Quì però troviamo subito il primo dei tanti aspetti positivi; il film non è un inno all'americanismo o al machismo. Infatti se si fosse voluto puntare su questo aspetto bastava chiamare un Statham qualsiasi e imbottire il film di slogan sulla difesa della pace del mondo e così via.
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Dopo i tragici attentati dell'11 settembre 2001, la Cia si mette sulle tracce dei terroristi responsabili della strage e di quello che definiscono subito il loro nemico numero 1 e cioè Osama Bin Laden. Dopo un lunghissimo lavoro di intelligence, durato per anni, le indagini porteranno al corriere di Bin Laden e alla sua residenza.
Partiamo subito dal dato di fatto che, come si è soliti dire, la storia viene scritta dai vincitori per cui la prospettiva dalla quale viene inquadrata la vicenda è ovviamente quella americana. Quì però troviamo subito il primo dei tanti aspetti positivi; il film non è un inno all'americanismo o al machismo. Infatti se si fosse voluto puntare su questo aspetto bastava chiamare un Statham qualsiasi e imbottire il film di slogan sulla difesa della pace del mondo e così via. La Bigelow sta bene alla larga da questa trappola che un film insidioso come questo le poteva far subito scattare alle caviglie decidendo di puntare sul lavoro di intelligence che ha portato al raggiungimento dell'obbiettivo. Per fare questo si mostrano successi e fallimenti e ovviamente si mostra come (purtroppo) spesso si sia ricorsi alla tortura e alle prigioni segrete per avere informazioni. Il tutto viene presentato in maniera neutra senza accuse o giustificazioni per lasciare il giudizio allo spettatore (il punto è infatti controverso e ha creato divisioni tra i presenti in sala con alcuni che invece vi hanno visto una sorta di giustificazione o quantomeno sottomissione della politica a queste pratiche). Un altro aspetto importante è il racconto della storia da un punto di vista femminile (la regista) con protagonista una donna (una splendida Chastain) che sacrifica tutta se stessa e tutta la sua vita privata per inseguire una intuizione e cercare di farsi accettare da un mondo completamente composto da uomini. Bella anche la ricostruzione finale "in tempo reale" del blitz nell'abitazione di Bin Laden. Insomma un film ben fatto, con una solida sceneggiatura e che lascia soddisfatto lo spettatore contemporaneo che ha assisstito allo svolgersi delle vicende in questi anni e che lo stimola a continuare a seguire gli eventi in corso.
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dave69
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domenica 17 febbraio 2013
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un bel film, alla pari di "the hurt locker"
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Gli americani sono ossessionati dalle guerre. Dopo anni di film sul Vietnam, adesso tocca all'11 settembre, e a tutto quello che ne è conseguito. La nona opera di Kathrytn Bigelow, la prima dopo il meritato Oscar vinto nel 2010 con "The hurt locker" (2008), è una cronaca semi-documentaristica dei 10 anni di caccia all'uomo che hanno separato la tragedia del World Trade Center dall'omicidio di Osama bin Laden (2 maggio 2011), avvenuto ad opera di una squadra di Navy Seal nella sua casa-rifugio ad Abbottabad. Film duro, algido e complesso, non immediato, che nella parte iniziale si disperde un po' nella meticolosa ricostruzione del lavoro di intelligence (torture incluse) e dei fatti di cronaca, per diventare poi pian piano sempre più efficace e coinvolgente, grazie anche all'ottima interpretazione di Jessica Chastain, abilissima nel rappresentare l'ossessione della giovane protagonista.
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Gli americani sono ossessionati dalle guerre. Dopo anni di film sul Vietnam, adesso tocca all'11 settembre, e a tutto quello che ne è conseguito. La nona opera di Kathrytn Bigelow, la prima dopo il meritato Oscar vinto nel 2010 con "The hurt locker" (2008), è una cronaca semi-documentaristica dei 10 anni di caccia all'uomo che hanno separato la tragedia del World Trade Center dall'omicidio di Osama bin Laden (2 maggio 2011), avvenuto ad opera di una squadra di Navy Seal nella sua casa-rifugio ad Abbottabad. Film duro, algido e complesso, non immediato, che nella parte iniziale si disperde un po' nella meticolosa ricostruzione del lavoro di intelligence (torture incluse) e dei fatti di cronaca, per diventare poi pian piano sempre più efficace e coinvolgente, grazie anche all'ottima interpretazione di Jessica Chastain, abilissima nel rappresentare l'ossessione della giovane protagonista. Intendiamoci: non è un capolavoro, ma di sicuro è un film nettamente al di sopra della media. 5 nomination agli Oscar (film, migliore attrice, sceneggiatura originale, montaggio, sonoro). Da vedere. ^_^
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peninsula.eu
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domenica 17 febbraio 2013
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quasi-capolavoro
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Film straordinario, al momento (Febbraio 2013) il migliore dell'anno, imperdibile per chi ama il genere spionaggio. Bigelow gonfia di testosterone, si stenta a credere che sia una donna. Facce da duri stupende. Trama a decollo lento ma inesorabile. Ricostruzione del blitz eccezionalmente accurata (il palazzo di Bin Laden è indentico alle foto ufficiali). Brillanti le trovate (quasi umoristiche) del top-executive C.I.A. convertito all'Islam e dell'Area 51. Jessica Chastain fantastica, protagonista da Oscar. Superbo Gandolfini nei panni di Leon Panetta. Voto: 8½
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matte 77
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domenica 17 febbraio 2013
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bello!
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Bellissimo film. Come ha detto David Letterman: "Ho già visto film belli come Zero Dark Thirty, ma mai nessuno più bello". Fantastica la recitazione di Jessica Chastain che si merita assolutamente l'Oscar. Perfetta come sempre la regia di Kathryn Bigelow.
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seba pavia
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venerdì 15 febbraio 2013
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no grazie!
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Mi aspettavo molto di più. Film lungo, superficiale e pretenzioso. La Bigelow insiste sui primi piani di questa nuova Julia Roberts, che orgogliosa e frigida annoia con una sola espressione melensa, spesso sembra di vedere Mangia Prega Ama. Il vero tema del film è il femminismo fallico, le solite donne con le palle quadrate, perchè non cominciare a sfoggiare delle ovaie quadrate?
Molto superficiale nel trattare la drammaticità del soggetto, parliamo di più di 200mila morti tra Iraq e Afganistan! In due ore e mezza non si chiede mai perchè questa gente sia così disperata da farsi saltare in aria, non si chiede che ruolo abbiano gli USA in queste guerre crudeli e ingiuste.
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Mi aspettavo molto di più. Film lungo, superficiale e pretenzioso. La Bigelow insiste sui primi piani di questa nuova Julia Roberts, che orgogliosa e frigida annoia con una sola espressione melensa, spesso sembra di vedere Mangia Prega Ama. Il vero tema del film è il femminismo fallico, le solite donne con le palle quadrate, perchè non cominciare a sfoggiare delle ovaie quadrate?
Molto superficiale nel trattare la drammaticità del soggetto, parliamo di più di 200mila morti tra Iraq e Afganistan! In due ore e mezza non si chiede mai perchè questa gente sia così disperata da farsi saltare in aria, non si chiede che ruolo abbiano gli USA in queste guerre crudeli e ingiuste. Totalmente nulla della cultura islamica. Poco rispetto anche per la tortura che viene strumentalizzata per catalizzare, per poco, l'attenzione degli spettatori.
Bella la fotografia cruda e le scene nel traffico.
Incredibile che un film del genere possa ricevere consensi e premi.
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(di carro)
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