SULLA SCENEGGIATURA
Sicuramente il titolo porta un certo peso, che ci riporta alle origini del celebre agente di Ian Flemming.
Il terzo film della serie per Daniel Craig, che all'inizio di questa pellicola appare un po' consumato, quasi invecchiato, dipendente da alcool e sesso.
Il film si apre ad un buon ritmo, che vede l'agente 007 all'inseguimento di un criminale per recuperare un prezioso hard disk contenente informazioni sulle coperture degli agenti dell'MI6. Non è chiaro il perchè ma M questa volta sembra non fidarsi del suo agente, appare decisa e accanita, noncurante delle sorti di Bond. Infatti è Bond ad essere colpito dal fuoco amico e viene dato per morto.
Una bella occasione, un'uscita di scena grazie a cui ci sarebbero i presupposti per abbandonare la professione di agente segreto.
Ma presto un nuovo nemico attacca l'agenzia e in particolare M (la storica Judi Dench di tutti gli 007 precedenti e non solo).
Così il tema della morte e resurrezione pone 007 nella condizione di rinascita, di distacco dal passato, che lo vede abbandonare la dipendenza dall'alcool (ma non dal sesso). La rinascita viene evidenziata dal continuo ritorno del confronto tradizione/innovazione e allontana i numerosi gadget tecnologici a favore di oggetti più semplici ed ordinari.
Bond non esita a resuscitare dai morti per soccorrere M, con cui è nato nel tempo un reciproco rapporto d'affetto familiare. Pur sapendo cosa significa continuare a fare questo mestiere e sconsigliandolo alla collega Moneypenny (la bellissima Naomie Harris - "28 giorni dopo", la Dea Calipso in "Pirati dei Caraibi")
Raoul Silva (un eccezionale Javier Bardem) è l'opposto dicotomico di Bond in tutto e per tutto, un altro prodotto dell'MI6 di M.
Egli incarna l'uomo tradito, corroso più dalla vendetta che non dall'acido cianidrico ingerito per sfuggire al nemico. Un uomo che quasi allo stile del Joker di "Batman Dark Knight" cerca di distruggere M psicologicamente prima che fisicamente.
L'irruzione improvvisa del pericolo Silva costringe Bond ad un taglio netto col passato, nonostante il percorso di salvezza è connotato da elementi del passato, quali lo stesso skyfall delle radici Bondiane e un'Aston Martin DB5 del Bond-Connery, che riaccende nello spettatore il ricordo delle tante pellicole dedicate all'agente britannico durante gli ultimi 50 anni.
Dovendo dare uno spaccato psicologico di questo tipo il ritmo del plot non poteva che risultare altalenante, rallentando notevolmente in certi punti.
La prospettiva e le atmosfere cambiano quindi rispetto ai due capitoli precedenti con Craig, ritrovando lo stile di Connery e Brosnan.
Ciononostante il risultato si fa apprezzare: l'adrenalina manca un po' ma c'è; la fotografia è sublime, anche se si poteva dare dei tagli più rapidi in alcune scene d'azione mediande l'uso di handycam.
SUL DOPPIAGGIO
Torna Francesco Prando al doppiaggio di James Bond, che calza semper perfettamente; Stella Musy segue le orme del padre, doppia Naomie Harris; ultimo ma non meno importante segnalerei Roberto Pedicini, che per il doppiaggio Javier è stato veramente fenomenale.
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